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Associazione mafiosa: la Cassazione e il sistema lombardo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di associazione mafiosa. La sentenza analizza la configurabilità di un nuovo sodalizio criminale, definito “sistema mafioso lombardo”, operante come una confederazione orizzontale di diverse componenti criminali storiche. La Corte ha confermato la validità della ricostruzione del Tribunale, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari, e ha respinto le doglianze della difesa come tentativi di rivalutazione del merito, non ammessi in sede di legittimità.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Mafiosa: La Cassazione sul “Sistema Lombardo” e i Nuovi Sodalizi Criminali

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 18946 del 2025, offre un’importante analisi sulla configurabilità di una moderna associazione mafiosa nata dalla fusione e collaborazione di diverse organizzazioni criminali storiche. Il caso esamina la struttura del cosiddetto “sistema mafioso lombardo”, confermando la validità di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un soggetto ritenuto partecipe di questo nuovo e complesso sodalizio. Questa decisione ribadisce principi fondamentali in materia di criminalità organizzata e procedura penale.

I Fatti del Processo

Il procedimento nasce dall’appello del Pubblico Ministero contro un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) che aveva inizialmente respinto la richiesta di custodia in carcere per un indagato. Il Tribunale del Riesame, accogliendo l’appello, ha invece applicato la misura detentiva, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza per i reati di partecipazione ad associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.) e altri delitti fine. L’indagato, tramite il suo difensore, ha quindi proposto ricorso per cassazione, contestando sia la configurabilità stessa dell’associazione sia aspetti procedurali legati all’appello del PM.

La Struttura dell’Associazione Mafiosa Lombarda

Il cuore della vicenda giudiziaria risiede nell’identificazione di una nuova entità criminale definita “sistema mafioso lombardo”. Secondo la ricostruzione accolta dai giudici, non si tratterebbe di una semplice filiale dei clan storici (come ‘Ndrangheta, Camorra e mafia siciliana), ma di un’autonoma associazione confederativa con una struttura orizzontale. In questo modello, i vertici delle diverse componenti operano sullo stesso livello, creando un consorzio che, pur attingendo al “capitale sociale” e alla forza intimidatrice delle mafie di origine, agisce come un soggetto unitario e indipendente.

Gli elementi caratterizzanti di questa associazione mafiosa includevano:

* Scopi e Metodi Mafiosi: L’utilizzo della forza di intimidazione per commettere delitti contro il patrimonio, controllare attività economiche, infiltrare il tessuto sociale e politico, e condizionare il libero mercato.
* Struttura Autonoma: Pur mantenendo legami con le “case madri”, gli associati godevano di un’elevata indipendenza decisionale, perseguendo gli interessi del nuovo sodalizio lombardo.
* Cassa Comune: L’esistenza di un fondo comune, alimentato dai proventi illeciti, destinato a finanziare le attività associative e a sostenere i sodali detenuti, a conferma dell’unicità e dell’autonomia organizzativa del gruppo.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha basato il proprio ricorso su tre principali motivi:

1. Erronea Applicazione della Legge: Si contestava l’individuazione stessa dell’associazione mafiosa, sostenendo che il Tribunale avesse confuso il prestigio criminale di singoli individui (come il padre del ricorrente) con la natura mafiosa dell’intero sodalizio. Mancava, secondo la difesa, una prova concreta dell’esternazione del metodo mafioso da parte della nuova entità.
2. Violazione di Norme Processuali: Veniva eccepita l’inammissibilità dell’appello del Pubblico Ministero, ritenuto generico e non sufficientemente specifico nel contestare le motivazioni del GIP che aveva negato la misura.
3. Insussistenza delle Esigenze Cautelari: Si lamentava la genericità delle argomentazioni a sostegno del pericolo di recidiva, basate su mere asserzioni e senza considerare la posizione personale dell’indagato, incensurato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. In primo luogo, ha giudicato l’appello del Pubblico Ministero pienamente ammissibile, in quanto sufficientemente specifico nel contrapporre una lettura alternativa e argomentata delle risultanze investigative rispetto a quella del GIP. La Corte ha sottolineato che la specificità di un atto di impugnazione va valutata nel suo complesso.

Nel merito, gli Ermellini hanno affermato che le censure della difesa si risolvevano in un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte non può riesaminare le prove, ma solo verificare la correttezza logica e giuridica della motivazione del provvedimento impugnato. Il Tribunale del Riesame, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione ampia, logica e coerente nel descrivere la struttura e l’operatività del “sistema mafioso lombardo” e il ruolo del ricorrente al suo interno.

La Corte ha ritenuto plausibile e ben argomentata la ricostruzione di un’associazione autonoma, dotata di un proprio pactum sceleris e capace di utilizzare il metodo mafioso, manifestato attraverso la forza intimidatrice dei suoi componenti, già noti nei rispettivi territori di riferimento. Di conseguenza, anche le doglianze relative alle esigenze cautelari sono state respinte, essendo la custodia in carcere una misura quasi automatica in presenza di gravi indizi per reati di associazione mafiosa, ai sensi dell’art. 275, comma 3, c.p.p.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio giuridico: la capacità delle organizzazioni criminali di evolversi, creando strutture nuove e complesse che, pur attingendo alla “tradizione” delle mafie storiche, operano come entità autonome. La configurabilità di un’associazione mafiosa non richiede necessariamente una struttura verticistica e piramidale, potendo manifestarsi anche in forme confederative e orizzontali. Per la giustizia, la sfida consiste nel riconoscere e contrastare queste nuove manifestazioni della criminalità organizzata, applicando correttamente gli strumenti normativi esistenti, come l’art. 416-bis c.p. Per gli operatori del diritto, questa decisione sottolinea che il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per rimettere in discussione l’analisi dei fatti compiuta dai giudici di merito, ma solo per denunciare vizi di legittimità.

Può esistere una nuova associazione mafiosa composta da membri di clan storici come ‘Ndrangheta, Camorra e Cosa Nostra?
Sì. La sentenza conferma che può configurarsi un’associazione mafiosa nuova e autonoma, con una propria struttura e finalità, anche se i suoi membri provengono da diverse organizzazioni criminali storiche. L’elemento cruciale è che il nuovo sodalizio operi in modo indipendente, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo per perseguire i propri scopi illeciti.

Quali sono gli elementi che caratterizzano un’associazione come “mafiosa” ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen.?
Secondo la ricostruzione accolta dalla Corte, gli elementi caratterizzanti sono: l’utilizzo della forza di intimidazione del vincolo associativo, la condizione di assoggettamento e omertà che ne deriva, il compimento di delitti, il controllo di attività economiche, l’infiltrazione nel tessuto sociale ed economico e l’esistenza di una struttura organizzativa stabile con una cassa comune.

Perché la Cassazione ha rigettato il ricorso pur in presenza di critiche alla ricostruzione dei fatti?
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso perché il suo compito non è rivalutare le prove o i fatti (giudizio di merito), ma controllare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della decisione impugnata (giudizio di legittimità). Poiché la motivazione del Tribunale è stata ritenuta logica, coerente e giuridicamente corretta, le critiche della difesa, miranti a una diversa interpretazione degli elementi probatori, sono state considerate inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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