Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15691 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15691 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/01/2025
associazione, al fine di affermare la natura di quest’ultimo di associazione unitaria e distinta dalle singole compagini storiche, finalizzata alla realizzazione di un programma comune e al soddisfacimento d’interessi almeno in parte condivisi, come evidenziato, in particolare, dalla costituzione e dalla gestione, sin dal 2018, di società con cui svolgere affari in commistione tra i vari
partecipi, operazioni compiute con modalità sempre analoghe, applicando regole e logiche condivise, e dirette alla continua ricerca di nuove opportunità di profitto, nei settori piø disparati (principalmente l’edilizia, accedendo agli incentivi statali), profitto da conseguire anche con metodi illeciti, e a cui potessero accedere tutti i vari partecipi. Tra le operazioni indicative in merito l’ordinanza valorizza la costituzione, nel 2021, della RAGIONE_SOCIALE da parte di soggetti appartenenti alle diverse associazioni di riferimento, la collaborazione di alcuni indagati in operazioni finanziarie illecite gestite da gruppi operativi diversi, alcune vicende estorsive, la gestione condivisa di un’arma da sparo.
La struttura Ł stata descritta non già come organizzata in senso verticistico, bensì orizzontale, nell’ambito della quale ciascun gruppo si impegnava di volta in volta a trovare la migliore sintesi tra interessi, anche contrapposti, per assicurare continuità nelle relazioni ed il massimo profitto in ragione della condivisione della ragione fondativa del gruppo, che assume, pertanto, i contorni tipici dell’affectio societatis. Significativa, a quest’ultimo proposito, Ł stata ritenuta la controversia ‘Pace Amico’ in cui, a prescindere dall’origine dei rapporti debito credito, tutti i soggetti coinvolti, hanno accettato la possibilità di una composizione unitaria anche a discapito delle rispettive pretese pur di «trovare la quadra» e continuare a «guadagnare tutti», evitando di farsi la guerra e, per tale via riuscire, garantirsi la buona riuscita degli affari illeciti in corso di interesse comune.
Il sistema mafioso lombardo, dunque, pur mutuando la natura mafiosa dell’organizzazione della forza d’intimidazione da quella dei suoi singoli componenti, come tali conosciuti nei vari territori di operatività e riferimento, Ł stata descritta come gruppo autonomo e di tale caratteristica sono pienamente consapevoli i suoi componenti, i quali, pur essendo di estrazione criminale diversa, in una delle conversazioni intercettate espressamente convengono sulla loro appartenenza ad «una famiglia unica».
Si Ł, poi, adeguatamente motivata la natura mafiosa dell’associazione, con indicazione degli elementi ritenuti a conforto della capacità di esternazione della forza intimidatrice. Il Tribunale, diversamente dal Giudice per le indagini preliminari, l’ha ritenuto dimostrata dall’uso di minacce e violenze in molte delle operazioni compiute dall’associazione e ha osservato il sodalizio non avesse bisogno di gesti eclatanti, essendo composto da soggetti già noti come esponenti di criminalità organizzata e facenti ancora capo ai rispettivi sodalizi di origine, i quali sfruttavano, per intimidire, anche la fama delle consorterie storiche di rispettiva provenienza
1.3. Quanto alla posizione del ricorrente nell’ambito del descritto sodalizio, NOME COGNOME già condannato alla pena nel 1997 per aver fatto parte dell’associazione per delinquere denominata cosa nostra e di un’associazione volta al narcotraffico, uomo d’onore della famiglia di Castelvetrano – avrebbe svolto il ruolo di raccordo tra il sistema mafioso lombardo e NOME COGNOME, latitante fino al 2023.
In tale veste avrebbe: i) impartito precise direttive volte alla risoluzione di controversie tra gli associati svolgendo la funzione di mediatore per conto della famiglia trapanese dei Pace nella controversia con NOME COGNOME, a fronte della quale attività avrebbe percepito un compenso mensile di circa 2000 €; ii) avrebbe posto a disposizione gli uffici della RAGIONE_SOCIALE e del bar Las Vegas, per lo svolgimento di summit nel corso dei quali si discuteva delle attività illecite con gli altri associati, cui egli stesso reiteratamente partecipato.
1.4. Ritenuti sussistenti i gravi indizi, riguardo alle esigenze cautelari, il Tribunale ha reputato concrete e attuali sia l’esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen., sia il pericolo di fuga e d’inquinamento probatorio, rimarcando come fossero ravvisabili quelle di eccezionale rilevanza, alla stregua della pericolosità del sodalizio di appartenente e del ruolo di vertice che il ricorrente in esso esprime.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore di fiducia avv. COGNOME e deduce due motivi di ricorso, di seguito riassunti nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 187, 190, 191, 192, 127 e 319 cod. proc. pen., in punto di ritenuta non acquisibilità della documentazione prodotta dalla difesa nel corso dell’udienza del 20 marzo 2024, con correlata lesione del diritto a fornire la prova contraria rispetto alla nuova documentazione prodotta dall’Accusa.
Premette il ricorrente che, in vista della celebrazione di detta udienza camerale, in data 14 marzo, il Pubblico ministero aveva depositato presso la cancelleria del Tribunale del riesame una memoria riguardante la posizione dell’indagato, ove erano indicati elementi investigativi successivi alla richiesta di applicazione della misura cautelare personale, ed era allegata documentazione riguardante i provvedimenti d’interdittiva antimafia adottati nei confronti della figlia dell’imputato, titolare del bar Las Vegas, luogo di riunione del ritenuto sodalizio. All’udienza camerale la difesa dell’indagato manifestava al Tribunale l’intenzione di depositare documentazione (consistente nelle sentenze relative alla modifica e alla cessazione delle misure di sicurezza e prevenzione precedentemente emesse nei confronti dello stesso indagato, nonchØ la pronuncia sopravvenuta del Tar Lombardia riguardante l’interdittiva antimafia), al fine di contrastare le produzioni documentali del Pubblico ministero. L’interesse della difesa a confutare l’assunto accusatorio e i nuovi elementi di prova prodotti dalla Pubblica accusa, era frustrato dalla decisione del Tribunale del riesame, motivata in palese violazione del principio del contraddittorio e in violazione delle disposizioni processuali sopra richiamate e dell’art. 6 CEDU.
Ad avviso del ricorrente, i precedenti giurisprudenziali alla cui stregua il Tribunale ha ritenuto di non acquisire la documentazione difensiva riguarderebbero fattispecie differenti e, in particolare, l’ipotesi in cui le parti abbiano depositato tout court memorie e documenti senza l’osservanza del termine di cinque giorni precedenti all’udienza. Al contrario, nel caso di specie, la produzione documentale della difesa era conseguenza diretta e immediata del deposito di atti effettuato dal Pubblico ministero, svolto in data 14 marzo 2024, ossia un giorno prima della scadenza del termine dei cinque giorni. In detta ipotesi non vi sarebbe stato spazio per il rispetto da parte della difesa del termine di cinque giorni per produrre utilmente la documentazione in replica al deposito della pubblica accusa, se non quello del giorno dell’udienza in camera di consiglio.
A conferma di tale tesi si richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui il termine ‘memoria’ di cui all’articolo 127, comma 2, cod. proc. pen. – applicabile in virtø del richiamo fatto dall’articolo 310, cod. proc. pen. – riguarderebbe esclusivamente gli atti delle parti e non la produzione documentale, svincolata dai limiti temporali fissati per la presentazione delle memorie. Si richiama, infine, quanto osservato in motivazione nella recente sentenza Sez. U, n. 15403 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME Rv. 286155 – 01, secondo cui la regola dell’articolo 127, comma 2, cod. proc. pen. Ł quella di assicurare la garanzia dell’effettività del contraddittorio camerale che consente alle parti di partecipare all’udienza e formulare le proprie conclusioni in riferimento a uno stato degli atti del quale abbiano potuto prendere previamente conoscenza.
2.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. in punto di ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di cui al capo 1) della imputazione provvisoria e della partecipazione ad esso del ricorrente.
Si lamenta che il Tribunale avrebbe utilizzato il remoto trascorso giudiziario dell’indagato, siccome condannato per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. con sentenza irrevocabile nel 1998, senza avere riguardo alle successive vicende conseguenti detta sentenza: i) nel dicembre del 2000 la Corte di appello di Milano aveva riconosciuto l’affievolimento della pericolosità sociale dell’indagato, riducendo la durata della misura della sorveglianza speciale cui era sottoposto; ii) nel
maggio 2002 il magistrato di sorveglianza di Pavia aveva dichiarato la cessazione della pericolosità sociale dell’indagato revocando la misura di sicurezza della libertà vigilata.
L’ordinanza impugnata, dunque, non avrebbe indicato elementi, se non di tipo suggestivo, per affermare che l’indagato abbia continuato a far parte del sodalizio anche in epoca successiva e attuale.
Si avversano, inoltre, gli elementi che il Tribunale del riesame ha posto a fondamento dell’affermazione della partecipazione dell’indagato al sodalizio.
Quanto alla diatriba COGNOMECOGNOME si lamenta l’erroneità dell’affermazione, priva di concreta base indiziaria, secondo cui l’indagato avrebbe percepito una somma di denaro per tale sua attività di mediazione e, comunque, una percentuale degli utili ricavati dai COGNOME nelle loro attività.
Sottolinea l’assenza della contestazione all’indagato di c.d. reati-spia dai quali inferire il suo ruolo di partecipe, addirittura con ruolo apicale. Sotto tale profilo, non avrebbero alcun rilievo gli episodi descritti nell’ordinanza – quello del furto a COGNOME e quello della perdita dell’alloggio popolare di Zappiello – che riguarderebbero la sola figura di NOME e che non si comprende come possano costituire espressione della forza intimidatrice dell’associazione, se non attraverso un travisamento delle risultanze processuali.
In particolare, quanto al furto del veicolo, emergerebbe dalle indagini che NOME si era adoperato per verificare la possibilità di rintracciare il veicolo, ma che si era dovuto immediatamente arrendere all’evidenza dell’impossibilità di reperirlo; ciò a riprova dell’assenza in capo allo stesso di quella forza capace di “governare” il territorio, invece attribuita dal Tribunale.
Analoghe considerazioni varrebbero con riferimento alla richiesta proveniente da NOME COGNOME, pregiudicato, che si era visto privato dell’alloggio all’esito di una condanna penale e aveva chiesto ausilio all’indagato. Anche in questo caso le indagini hanno chiarito che l’indagato si era limitato a richiedere un appuntamento al sindaco del Comune in esito al quale suggeriva a COGNOME o di parlare con l’impiegata comunale che si occupava di queste problematiche, ovvero di rivolgersi a un avvocato specializzato in risoluzioni di quel genere di controversie.
Nell’ultima parte del ricorso si avversa la motivazione del Tribunale del riesame riguardo alla ritenuta esistenza di un “macro-sodalizio” e, comunque, alla partecipazione a esso del ricorrente.
Conclusivamente, il Tribunale del riesame avrebbe inquadrato la figura dell’indagato quale partecipe, con ruolo di vertice, nel nuovo sistema mafioso esclusivamente sulla base del suo passato criminale per il quale egli Ł stato condannato, ma riabilitato riacquistando i diritti civili.
2.3. Il difensore di NOME COGNOME avv. COGNOME in data 7 gennaio 2025, ha depositato motivi nuovi, articolati in 18 punti.
Nei primi quindici motivi la difesa ha riproposto, ulteriormente articolandole, le censure del ricorso principale, mentre nei motivi da sedici a diciotto ha avversato la motivazione dell’ordinanza in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari del pericolo di reiterazione, del pericolo di fuga, infine d’inquinamento probatorio.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha prospettato il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e, in conseguenza, i motivi nuovi (a proposito dei quali, v. infra sub 4), non superano il vaglio di ammissibilità.
¨ inammissibile il primo motivo di ricorso, non avendo il ricorrente assolto al doveroso onere di indicarne l’attitudine dei documenti di cui Ł stata inibita la produzione a disarticolare il
ragionamento logico posto a fondamento della decisione.
1.1. Non Ł superfluo premettere che la scansione temporale indicata nel ricorso Ł corretta, sicchØ per l’udienza di riesame, fissata per il 20 marzo 2024, il Pubblico ministero, nel rispetto dei prescritti cinque giorni e, segnatamente, un giorno prima dalla scadenza di detto termine, ha depositato una memoria con indicazione di elementi investigativi successivi alla richiesta di applicazione della misura cautelare personale e documentazione a conforto (provvedimenti d’interdittiva antimafia adottati nei confronti della figlia dell’imputato, titolare del bar Las Vegas, luogo in cui si sarebbero verificate alcune riunioni del sodalizio).
All’udienza del 20 marzo la difesa non si Ł opposta alla nota prodotta dall’Accusa (p. 40 del provvedimento impugnato), ma ha chiesto – al fine di contrastare le produzioni documentali del Pubblico ministero – di produrre le sentenze inerenti alla modifica e cessazione delle misure di sicurezza e prevenzione precedentemente emesse nei confronti dell’indagato), produzione cui il Pubblico ministero non ha prestato il consenso. ¨ appena il caso di evidenziare come la sentenza del Tar riguardante l’interdittiva antimafia Ł stata prodotta dalla difesa dopo che il Tribunale del riesame si era già pronunciato (vedi p. 41 ordinanza impugnata), prima del deposito della motivazione; si tratta, dunque, di produzione che, in disparte la irrilevanza del dato, certamente non Ł tempestiva.
1.2. Ciò premesso in fatto, quanto alla questione giuridica prospettata dal ricorrente, già Sez.U, n.18339del31/03/2004, COGNOME, Rv.227357 – 01 aveva statuito che «Nel procedimento conseguente all’appello proposto dal Pubblico ministero contro l’ordinanza reiettiva della richiesta di misura cautelare personale, Ł legittima la produzione di documentazione relativa ad elementi probatori “nuovi”, preesistenti o sopravvenuti, sempre che, nell’ambito dei confini segnati dal devolutum, quelli prodotti dal Pubblico ministero riguardino lo stesso fatto contestato con l’originaria richiesta cautelare e in ordine a essi sia assicurato nel procedimento camerale il contraddittorio delle parti, anche mediante la concessione di un congruo termine a difesa, e quelli prodotti dall’indagato, acquisiti anche all’esito di investigazioni difensive, siano idonei a contrastare i motivi di gravame del Pubblico ministero ovvero a dimostrare che non sussistono le condizioni e i presupposti di applicabilità della misura cautelare richiesta».
Piø di recente, Sez. U, n. 15403 del 30/11/2023, dep. 2024, Rv. 286155 – 01 hanno chiarito che «Nel giudizio di appello cautelare, celebrato nelle forme e con l’osservanza dei termini previsti dall’art. 127 cod. proc. pen., possono essere prodotti dalle parti elementi probatori “nuovi” nel rispetto del contraddittorio e del principio di devoluzione, contrassegnato dalla contestazione, dalla richiesta originaria e dai motivi contenuti nell’atto di appello».
¨ stato rilevato, al riguardo, che il rinvio operato dall’art. 310, comma 2, cod. proc. pen. alle «forme» previste dall’art. 127 c.p.p., comporta il recepimento delle regole dettate da tale ultima disposizione per la celebrazione dell’udienza camerale. In tale prospettiva, i nova sono destinati a essere veicolati attraverso le memorie da depositare sino a cinque giorni prima dell’udienza. Se, però, ciò Ł esatto e se Ł condivisibile l’altra puntualizzazione della sentenza citata, secondo la quale al Pubblico ministero, nello svolgimento del contraddittorio, non può essere negato il diritto di presentare materiale informativo inedito a confutazione dei nova prodotti dalla difesa, non Ł dato intendere quando, se non all’udienza, il Pubblico ministero (o l’indagato, nel caso di iniziativa della pubblica accusa) potrebbe o presentare nuovi elementi a controprova o chiederne l’acquisizione al giudice, posto che il suo termine dovrebbe intendersi come ormai decorso. Si Ł, cioŁ, condivisibilmente osservato che, una volta introdotti elementi di flessibilità istruttoria nel rispetto del contraddittorio, la previsione di termini preclusivi, in assenza di un potere d’intervento del giudice, rischia di realizzare una disarmonia decisionale non facilmente comprensibile.
In via generale e astratta, dunque, la motivazione del Tribunale del riesame appare in frizione
con il principio del contraddittorio, ciò anche perchØ il pur doveroso onere per le parti di consultare il fascicolo processuale non consente, se il deposito avviene allo scadere del termine, la predisposizione di una seria e adeguata prova contraria all’interno del medesimo termine.
1.3. E, tuttavia, nel caso di specie il motivo svolto dal ricorrente Ł inammissibile per genericità, poichØ egli non ha in alcun modo chiarito nØ quale rilevanza sfavorevole avrebbero avuto, nel percorso decisionale del Tribunale, i documenti prodotti dall’Accusa (e, anzi, l’ordinanza impugnata sembra affermare che la nota del Pubblico ministero era funzionale a «rettificare una circostanza di cui anche la difesa assume il carattere erroneo»), nØ quale favorevole efficacia dimostrativa sarebbe riconducibile – rispetto al concreto apparato argomentativo dell’ordinanza impugnata, sia riguardo al compendio indiziario riguardante il ricorrente, sia rispetto alla specifica documentazione prodotta dal Pubblico ministero – alla documentazione che il Tribunale ha ritenuto di non acquisire.
Segnatamente, a pag. 4 del ricorso, s’indicano, come elementi nuovi prodotti dal P.M., i) l’interrogatorio di NOME COGNOME (che, secondo quanto precisato a pag. 2, non viene considerato come obiettivo della richiesta, come, del resto, confermato dai documenti che si vogliono produrre); ii) i documenti sopravvenuti all’interdittiva dell’esercizio commerciale di proprietà della figlia dell’NOME COGNOME. A fronte di tanto, il ricorrente non ha chiarito l’incidenza delle sentenze riguardanti la modifica e alla cessazione delle misure di sicurezza/prevenzione in precedenza emesse nei confronti del ricorrente e, osserva il Collegio, le conclusioni raggiunte rispetto alle misure di sicurezza e/o di prevenzione sono, a fronte della genericità della deduzione, del tutto irrilevanti nel procedimento de quo.
Concludendo sul punto, osserva il Collegio che il ricorrente si Ł inammissibilmente limitato a lamentare la mancata acquisizione, da parte del Tribunale per il riesame, della documentazione suindicata, senza indicarne la decisività e l’attitudine ad incidere, disarticolandola, sulla motivazione del provvedimento impugnato.
Per la stessa ragione, riguardante l’a-specificità della doglianza, la mancata acquisizione della documentazione richiesta dalla difesa non Ł suscettibile di riverberare i suoi effetti sull’utilizzabilità della nuova produzione documentale del Pubblico ministero, cui peraltro la difesa ha prestato il consenso, alla stregua del principio secondo cui «In tema di ricorso per cassazione, Ł onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì l’incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato» (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME, Rv. 243416 – 01).
Del pari inammissibile Ł il secondo motivo di ricorso – involgente sotto piø profili la gravità indiziaria dell’esistenza del sodalizio, la sua natura mafiosa, infine della partecipazione del ricorrente- siccome rivalutativo, a-specificio e teso a sollecitare una non consentita rivisitazione della provvista indiziaria.
2.1. Com’Ł noto, in Sezioni Unite n. 11 del 23/02/2000, Audino, Rv. 215828 si Ł statuito che «in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a questa Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie».
L’arresto costituisce, ormai, patrimonio comune della giurisprudenza di legittimità che l’ha
ribadito, fra le molte, con Sez. 2 n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 e Sez. 1, n. 30416 del 25/09/2020, in motivazione. Occorre avere anche riguardo alla specificità della valutazione compiuta nella fase cautelare, dovendosi sempre tenere conto della «diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato» (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, Rv. 264213, tra le molte conformi).
Inoltre, questa Corte, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che avversano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento».
Corollario di tale consolidato approccio Ł il principio, ribadito anche dal massimo consenso di questa Corte – che viene in rilievo nel procedimento in esame, in cui le prove sono costituite in larga parte da captazioni di conversazioni – secondo cui, in tema d’intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01). A ciò va aggiunto che il contenuto d’intercettazioni, telefoniche o ambientali, dalle quali emergono elementi di accusa nei confronti dell’indagato, anche quando sono captate fra terzi, può costituire fonte diretta di prova della sua colpevolezza senza necessità di riscontri, ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., fatto salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica (tra tante, Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, COGNOME, Rv. 268414).
Sempre in via preliminare, va tenuto presente che, secondo recenti arresti della giurisprudenza di legittimità, «Ai fini della qualificazione ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen. di una nuova ed autonoma formazione criminale Ł necessario accertare se il sodalizio: a) abbia conseguito fama e prestigio criminale, autonomi e distinti da quelli personali dei singoli partecipi, in guisa da essere capace di conservarli anche nel caso in cui questi ultimi fossero resi innocui; b) abbia in concreto manifestato capacità di intimidazione, ancorchØ non necessariamente attraverso atti di violenza o di minaccia, nell’ambito oggettivo e soggettivo, pur eventualmente circoscritto, di effettiva operatività; c) abbia manifestato una capacità di intimidazione effettivamente percepita come tale e abbia conseguentemente prodotto un assoggettamento omertoso nel “territorio” in cui l’associazione Ł attiva» (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Rv. 279555-17).
2.2. Quanto poi all’ulteriore tema che viene in rilievo nello scrutinio del presente ricorso, ovverosia quello dello standard motivazionale richiesto in caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello de libertate, della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, la giurisprudenza di questa Corte non Ł uniforme. In alcune pronunce, anche recenti, si Ł affermato che «In caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello de libertate, della precedente decisione del primo
giudice reiettiva della domanda cautelare, non Ł richiesta una motivazione rafforzata, in ragione del diverso standard cognitivo che governa il procedimento incidentale, ma Ł necessario un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, non potendosi ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale» (Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, COGNOME Rv. 284982 – 04; Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, M., Rv. 279593 – 01). Vi Ł poi un altro indirizzo, che il Collegio ritiene preferibile, secondo cui «In tema di appello cautelare, la riforma in senso sfavorevole all’indagato della decisione impugnata impone al tribunale, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, un rafforzato onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative evidenziate dal primo giudice, essendo necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata» (Sez. 1, n. 47361 del 09/11/2022, COGNOME, Rv. 283784. In motivazione, la Corte ha precisato che, pur non essendo necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, dell’insostenibilità della decisione riformata, ogni divergente valutazione adottata dal tribunale deve essere comunque dotata di maggiore persuasività e credibilità razionale).
In ogni caso, sia pure con diversità di accenti, entrambi gli orientamenti richiedono, per il caso in cui il tribunale della libertà accolga la domanda cautelare, riformando in sede di appello ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. la decisione di rigetto del Giudice per le indagini preliminari, un percorso motivazionale articolato, che tenga conto degli argomenti a sostegno della decisione liberatoria impugnata, se interferenti con i presupposti della divergente valutazione adottata in appello, configurandosi altrimenti un vizio di motivazione.
Scrutinata alla luce dei principi sin qui sintetizzati, l’ordinanza resiste alle censure contenute nel secondo motivo di ricorso.
3.1. Muovendo dall’ultima considerazione, in punto di motivazione dotata di maggiore persuasività, l’indicato obbligo di riconsiderazione Ł stato adeguatamente soddisfatto dal Tribunale e l’ordinanza in punto di gravità indiziaria, risulta assolutamente congrua, esaustiva e immune da profili di manifesta illogicità oltre che puntualmente ancorata alle emergenze acquisite di cui ha dato conto in termini del tutto adeguati.
Inoltre – quanto a NOME COGNOME – la provvista indiziaria si Ł arricchita di nova introdotti dalla Pubblica accusa successivamente all’epoca dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, sicchØ il Tribunale non solo ha reso una motivazione “rafforzata”, ma ha anche deciso sulla scorta di un piø ampio compendio indiziario.
3.2. La cognizione del Tribunale ha compreso tutte le risultanze fattuali, non limitandosi a una lettura atomistica degli indizi, ma valorizzandoli attraverso una analisi unitaria, evidenziando, in primo luogo, le plurime criticità presenti nell’apparato giustificativo con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva escluso la sussistenza degli elementi costitutivi del reato associativo, ponendo in risalto gli errori di metodo, oltre che di natura logica e giuridica.
Al riguardo il Tribunale ha rilevato che, ponendosi ripetutamente in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, quel Giudice aveva: i) operato una valutazione frazionata degli indizi, parcellizzando e isolando gli elementi offerti dall’accusa; ii) negletto le precedenti condanne irrevocabili di molti indagati per violazione dell’art. 416-bis cod. pen., ritenendo decisiva l’epoca risalente di consumazione dei reati associativi pur in assenza di elementi dimostrativi dell’intervenuto recesso, quanto mai indispensabile, secondo le massime di esperienza, per un effettivo allontanamento dal contesto criminale mafioso; iii) considerato ostative ai fini della configurabilità dell’affectio societatis le contrapposizioni e i contrasti intervenuti tra gli indagati del reato associativo, pur trattandosi, secondo l’esperienza giudiziaria, di eventi fisiologici nella vita di
ogni gruppo delinquenziale, specie se di natura mafiosa; iv) svalutato la circostanza, pur data per accertata, del pagamento delle spese a favore dei sodali detenuti; v) ritenuto irrilevanti i numerosi summit tra i medesimi esponenti di vertice, nonostante il contenuto delle conversazioni intercettate nel corso delle riunioni dia conto, in modo chiaro, delle dinamiche e delle singole appartenenze ad un complesso organismo associativo dedito anche ad attività illecite; vi) sottovalutato i pur dimostrati legami degli indagati con le mafie storiche; vii) enfatizzato l’assenza di rituali di iniziazione, trascurando che per entrare in questa originale e ulteriore realtà criminale i contatti fra gli esponenti erano funzionali alla trattazione di singoli affari.
3.3. Ha poi, con motivazione scevra da fratture razionali, chiarito le ragioni sulla scorta delle quali ha ritenuto che il materiale investigativo raccolto consentiva di affermare la sussistenza di gravi indizi del delitto contestato al capo 1), inteso come costituzione di una associazione aventi le seguenti caratteristiche: i) essere legata a uno specifico territorio; ii) essere costituita tra soggetti già appartenenti o comunque collegati alle mafie storiche, denominate cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra; iii) essere autonoma rispetto ai clan di provenienza degli associati coi quali, tuttavia, questi ultimi i continuano a mantenere rapporti; iv) essere dotata di struttura orizzontale e di una cassa comune; v) essere finalizzata alla commissione sia dei reati tipici dei sodalizi mafiosi (estorsione, traffico di sostanze stupefacenti), sia alla costituzione di società dedite a attività lecite, in particolare nel settore dell’edilizia, ma la cui illiceità riguardava la provenienza del denaro investito ovvero la gestione e il raggiungimento dello scopo di profitto, posto a servizio del sodalizio stesso.
Nel valutare i gravi indizi, il Tribunale si Ł occupato esaustivamente delle questioni concernenti la sussistenza di un vincolo associativo e all’esercizio e all’esternalizzazione del metodo mafioso, oggetto delle censure, a contenuto meramente confutativo, del ricorrente.
3.4. La stabilità del vincolo tra gli associati e la sua tendenziale permanenza, Ł stato desunto dalla continuità e frequenza degli incontri, dall’apporto comune di capitali e mezzi al fine di un comune fine di profitto, dall’esistenza di una cassa comune, dalla consapevolezza delle condotte criminose, anche gravi, commesse da altri sodali, e dal frequente richiamo degli indagati stessi all’esistenza di un’associazione costituita in quel territorio, e di cui sarebbero partecipi. Così, ad esempio, riguardo alla creazione della RAGIONE_SOCIALE, e le affermazioni di singoli indagati sull’attività di COGNOME quale «epicentro di molti equilibri», sulla costruzione di «un’associazione che non finisce mai», sulla necessità di «trovare una quadra per guadagnare tutti», sulla non operatività di Sicilia, Roma e Napoli perchØ «Qua Ł Milano … le cose giuste qua si fanno», sulla rarefazione dell’appartenenza di ciascuno alle tre mafie storiche di provenienza, laddove NOME COGNOME dice ad NOME «qua siamo tutti e tre, siamo tutti insieme, siamo tutti una cosa».
Da questi elementi, il Tribunale ha dedotto – con motivazione puntuale logicamente coerente la sussistenza della necessaria affectio societatis, negando la rilevanza dei contrasti interni, sulla base dei quali il Giudice per le indagini preliminari aveva escluso la sussistenza di un’associazione, ed anzi evidenziando gli sforzi dei vari associati per risolvere ogni contesa, in vista del perseguimento della comune finalità di profitto. Quest’ultimo aspetto – che l’ordinanza impugnata esamina a proposito della controversia tra i COGNOME e NOME COGNOME, sottolineando il coinvolgimento di esponenti dei diversi gruppi criminali al fine di comporre la diatriba nell’interesse di tutti – Ł stato piø volte ritenuto costituire, dalla giurisprudenza di legittimità, un elemento significativo dell’esistenza di un vincolo associativo, affermando che «In tema di associazione per delinquere, l’esistenza di scopi personali diversi e contrapposti tra i singoli associati, operanti nell’ambito di strutture imprenditoriali autonome e concorrenti, non Ł ostativa al riconoscimento del vincolo associativo, ove tali divergenze trovino composizione in un progetto generale, da realizzare mediante le attività delittuose, finalizzato a perseguire un utile da ripartire tra le diverse imprese» (Sez. 3, n. 23335 del 28/01/2021, Rv. 281589-01; si veda anche Sez. 3, n. 25994 del 22/07/2020,
Rv. 279825-01).
Del tutto correttamente Ł, poi, il rilievo dato all’esistenza di una cassa comune, destinata soprattutto ad assicurare l’assistenza giudiziaria ed economica ai detenuti e alle loro famiglie, sottolineando che ad essa contribuiscono tutti i gruppi, così evidenziando l’esistenza di un vincolo di mutua solidarietà, in base al quale tutti provvedono a fornire tale assistenza a tranne dalla compagine di provenienza del singolo (ad esempio concorrendo i Pace, i Crea ei Fidanzati a far fronte al sostentamento di NOME COGNOME e dei suoi familiari).
La motivazione dell’ordinanza impugnata, pertanto, su questo punto Ł logica e completa, tenuto conto del livello di gravità indiziaria che deve essere ritenuto sufficiente per l’emissione di una misura cautelare.
3.5. L’impiego del metodo mafioso e la sua necessaria esternalizzazione Ł oggetto di ampia valutazione dall’ordinanza impugnata e sono valorizzate le modalità esecutive dei numerosi episodi estortivi, il piø delle volte consumati senza ricorrere a minacce espresse, ma semplicemente evocando la loro appartenenza non ad un singolo gruppo (o mafioso o camorristico o di ‘ndrangheta), ma, trasversalmente e indifferentemente, a tutti quelli coinvolti nella nuova organizzativa, la cui forza di intimidazione Ł evidentemente conosciuta dalla comunità sociale di riferimento, anche dalle persone che non si sono mai direttamente confrontate con quel mondo criminale.
¨ dimostrato in numerose vicende analiticamente ricostruite dall’ordinanza il costante impiego di minacce, violenze, soprusi, prepotenze per rinnovare la fama criminale già connessa al nome delle varie consorterie di riferimento dei singoli sodali, ma liberamente utilizzabile da tutti gli appartenenti in forza del patto associativo trasversale concluso dagli esponenti di diversa estrazione mafiosa.
Sistematica proiezione esterna del metodo mafioso Ł riscontrabile anche nei settori del narcotraffico, dell’infiltrazione del sistema economico, del riciclaggio e dei reati fiscali.
Secondo il Tribunale, la peculiarità del sodalizio riposa nella diversa estrazione dei suoi componenti, autorizzati dalle rispettive organizzazioni mafiose di appartenenza, cui rimangono funzionalmente collegati, a dare vita e rendere operativa un nuovo ‘sistema’, distinto dalla confederazione perchØ caratterizzato da una struttura organizzativa autonoma delle sue articolazioni o sottogruppi i cui componenti non sono accumunati dalla comune provenienza dalla medesima associazione mafiosa.
In ragione di tale peculiare connotazione, il gruppo Ł stato in grado di esternare una sua capacità intimidatrice, effettiva e autonoma, sia pure derivante dal collegamento con le singole associazioni di appartenenza dei suoi sodali e dalla fama criminale acquista da queste ultime e dai singoli componenti nel territorio di interesse. Secondo il Tribunale, Ł rilevante il fatto che la spendita della fama criminale delle mafie storiche di appartenenza avvenga, talvolta, da parte di sodali affiliati, in realtà, a una diversa associazione storica, evidentemente con il consenso degli altri associati in quanto dimostrazione della particolarità ed autonomia dell’associazione qui contestata.
Piø in dettaglio, l’ordinanza ha ritenuto dimostrata l’avvenuta acquisizione della forza intimidatrice, sul territorio lombardo, da vicende come quella che coinvolge racconto COGNOME (in una delle conversazioni Vestiti, si compiace del fatto di raggiungere «senza spari» lo scopo che l’associazione si Ł prefissata), quella che coinvolge la segretaria generale del Comune di Abbiategrasso che, pur non assoggettandosi ad essa, comprende facilmente la natura mafiosa della richiesta avanzatale da COGNOME, e la qualità mafiosa del soggetto o dei soggetti di cui questi avrebbe fatto il nome, quella relativa alla gestione del bar e dei parcheggi dell’ospedale di Desio da parte della RAGIONE_SOCIALE per azioni, le cui modalità avrebbero allarmato i dipendenti, tra i quali correva la voce che tali attività fossero in mano a ‘mafiosi’ e, piø in generale,
dall’atteggiamento omertoso di molte vittime di estorsioni, che avrebbero omesso di denunciare i fatti commessi in loro danno, o li avrebbero esposti in termini riduttivi rispetto a quanto emerge dalle intercettazioni.
L’incapacità, per gli abitanti del territorio, di individuare con precisione l’associazione criminale che sta esercitando tale forza intimidatrice non Ł stata ritenuta rilevante; anzi essa Ł stata interpretata come un’indiretta conferma della diversità e autonomia dell’associazione contestata, rispetto ai gruppi storici di riferimento dei vari associati.
L’ordinanza afferma specificamente, con motivazione logica e consequenziale alle vicende esaminate, che la forza intimidatrice promana dall’associazione stessa ed Ł a essa «immanente», in virtø delle azioni che essa compie e dell’assoggettamento che ha realizzato nel territorio, e non deriva dai singoli associati o dalle mafie storiche a cui questi ultimi fanno riferimento.
Secondo l’ordinanza impugnata, quindi, l’associazione ha una propria ‘mafiosità’, derivante anche dalla partecipazione ad essa di soggetti dalla già accertata caratura mafiosa, ma soprattutto la manifesta all’esterno in modo autonomo, pur avvalendosi anche dell’assoggettamento già realizzato nel territorio lombardo, in passato, dalle singole mafie storiche, in quanto opera in modo distinto rispetto a queste ultime e mantiene, rispetto ad esse, una autonomia sua propria.
Il Tribunale si Ł altresì espresso sulla qualificazione di detta associazione come una mafia ‘nuova’, o ‘atipica’, o ‘a soggettività differente’, o addirittura come un tertium genus , dichiarando anzi esplicitamente di sottrarsi all’ «afflato definitorio presente nell’ordinanza genetica e nell’appello del pubblico ministero», sottolineando che il fenomeno mafioso Ł in continua evoluzione e che la peculiarità della struttura associativa così come descritta non ne esclude la mafiosità, in quanto la ritiene accertata, in via indiziaria, con le medesime caratteristiche richieste dalla giurisprudenza di legittimità.
Anche questa parte della motivazione Ł logica, approfondita e non contraddittoria, e pertanto sufficiente, anche sotto il profilo dell’immanenza ed esternalizzazione del metodo mafioso, per ritenere presenti indizi gravi circa la sussistenza del delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., quanto meno allo stato, e con riferimento agli elementi sufficienti per il giudizio cautelare.
3.6. Quanto ai gravi indizi di partecipazione, con ruolo apicale, al reato associativo del ricorrente, il Tribunale del riesame ha chiarito – con motivazione scevra da fratture razionali – le ragioni per le quali ha ritenuto che NOME COGNOME, già condannato alla pena nel 1997 per aver fatto parte dell’associazione per delinquere denominata cosa nostra e di un’associazione volta al narcotraffico, uomo d’onore della famiglia di Castelvetrano, aveva svolto il ruolo di raccordo tra il sistema mafioso lombardo e NOME COGNOME latitante fino al 2023.
Si Ł valorizzato, in primo luogo, il ruolo di mediatore per conto della famiglia trapanese dei Pace che egli ha svolto nella controversia Pace – Amico. In proposito, il Tribunale, diversamente da quanto ritenuto dal giudice per le indagini preliminari, ha ben spiegato che tale intermediazione non era qualificabile come l’intervento di una ‘controparte’ ovvero di un ‘terzo mediatore’, bensì tracciava la figura di un vero e proprio associato cui rivolgersi allorquando si trattava di comporre equilibri interni e/o di svolgere forti richiami nella compagine associativa cui tutti appartenevano.
Si Ł ritenuta sintomatica la circostanza che egli sia stato destinatario, per quasi un anno, di somme riconducibili a una “sorta di rendita” di posizione riconosciuta dai vari associati e alimentata dalle attività illecite cui erano dediti (il riferimento Ł sia alla somma di duemila euro mensili per il ruolo nella controversia pace- Amico, sia alla costituzione della società RAGIONE_SOCIALE, progetto che, dalle captazioni, risulta avallato anche da COGNOME e destinato ad assicurare a questi utilità che nessuno degli interlocutori pone in discussione).
Si Ł inoltre evidenziato come gli sia stato chiamato in causa non solo sia nella controversia COGNOME, ma anche da quest’ultimo rispetto a vicende riguardanti la famiglia degli Abilione e si
Ł posto in risalto come il valore delle sue indicazioni fosse riconosciuto non solo dal gruppo dei ‘trapanesi’, ma anche da indagati originariamente contigui a consorterie criminali diverse come amico e COGNOME, legati alla camorra, e COGNOME e COGNOME, partecipi della locale di ndragheta di Legnano Lonate Pozzolo.
L’ordinanza, dunque, ha offerto una motivazione rafforzata anche riguardo alla responsabilità del ricorrente per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., con la quale il ricorrente ha del tutto omesso di confrontarsi.
L’esame dei motivi nuovi Ł precluso a causa dell’inammissibilità del ricorso principale.
«L’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione» (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277850 – 01; Sez. 6, n. 9837 del 21/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275158 – 01; Sez. 1, n. 4641 del 3/12/1991, dep. 1992, COGNOME, Rv. 190733).
Fermo quanto appena rilevato – che ha carattere assorbente -, quanto ai motivi da sedici a diciotto, con i quali il ricorrente ha avversato la motivazione dell’ordinanza in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, vi Ł l’ulteriore profilo d’inammissibilità derivante dall’essere tali motivi del tutto scollegati da quelli principali che, difatti, non avevano in alcun modo riguardato tale aspetto.
Invero, il principio generale delle impugnazioni, concernente la necessaria connessione tra i motivi originariamente proposti e i motivi nuovi, non Ł derogato nell’ambito del ricorso per cassazione contro i provvedimenti de libertate (Sez. 3, n. 2873 del 30/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284036 – 01. Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto inammissibili motivi nuovi in tema di esigenze cautelari e di scelta della misura in un caso in cui il ricorso originario aveva riguardato esclusivamente i gravi indizi di colpevolezza).
Alla declaratoria d’inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonchØ, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. Corte Cost. n.186 del 2000), al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si ritiene congruo determinare in euro tremila.
La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
C
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 24/01/2025.