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Associazione mafiosa: la Cassazione conferma la misura

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un individuo accusato di partecipazione ad un’associazione mafiosa e di essere organizzatore di un connesso gruppo dedito al narcotraffico. La Corte ha confermato la validità della misura di custodia cautelare in carcere, ritenendo congrua e logica la motivazione del Tribunale del riesame. Quest’ultimo aveva basato la sua decisione su un complesso di elementi indiziari, tra cui i legami familiari e con altre cosche, il coinvolgimento in una vasta coltivazione di cannabis e il ruolo attivo nel sostenere gli affiliati detenuti. Il ricorso è stato respinto perché le prove raccolte erano sufficienti a dimostrare l’esistenza della cosca e la partecipazione dell’indagato, e il motivo sull’aggravante mafiosa è stato giudicato inammissibile.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Mafiosa: La Cassazione sulla Prova della Partecipazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre importanti chiarimenti sui criteri per accertare l’esistenza di un’associazione mafiosa e la partecipazione di un individuo ad essa. Il caso in esame riguarda la conferma di una misura di custodia cautelare in carcere per un soggetto accusato di far parte di una nota cosca calabrese e di gestire un lucroso traffico di stupefacenti. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

Il Caso: Ricorso Contro la Custodia Cautelare

Il procedimento nasce da un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che disponeva la custodia in carcere per un individuo, ritenuto partecipe di una cosca e organizzatore di una connessa associazione dedita al narcotraffico. Il Tribunale del riesame, pur annullando l’ordinanza per alcuni capi di incolpazione, confermava la misura cautelare per i reati più gravi, tra cui l’associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.) e il traffico di droga (art. 74 D.P.R. 309/90), entrambi aggravati dal metodo mafioso.

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, contestando principalmente due punti:
1. L’effettiva esistenza della specifica articolazione territoriale della cosca di cui l’indagato sarebbe stato partecipe.
2. La sussistenza dell’aggravante di aver agevolato un’associazione mafiosa.

Le Argomentazioni della Difesa

Secondo il ricorrente, non vi erano prove sufficienti a dimostrare l’esistenza di un sottogruppo autonomo del clan. La difesa ha sostenuto l’inconferenza di richiami a note sentenze passate, come la sentenza “Crimine”, o a procedimenti non ancora definitivi, come “Rinascita Scott”. Inoltre, si sottolineava come nessun collaboratore di giustizia avesse mai riferito dell’esistenza di tale specifica cellula criminale.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Prova dell’Associazione Mafiosa

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo integralmente. La decisione si basa sulla valutazione positiva della motivazione fornita dal Tribunale del riesame, giudicata congrua, logica e priva di vizi.

Il Tribunale aveva correttamente delineato la struttura del gruppo criminale come un’articolazione autonoma, attiva in uno specifico territorio, ma strettamente legata sia alla famiglia di ‘ndrangheta omonima operante in un’altra area, sia ai vertici di un’altra potente cosca. La prova dell’esistenza e dell’operatività del clan è stata desunta da una pluralità di elementi.

Le Motivazioni

La Cassazione ha convalidato l’approccio del Tribunale del riesame, che ha fondato la propria decisione su un quadro indiziario solido e convergente. Gli elementi valorizzati per dimostrare la partecipazione del ricorrente all’associazione mafiosa sono stati molteplici e dettagliati:

* Contesto Criminale e Familiare: La Corte ha dato rilievo alle precedenti statuizioni giurisdizionali che avevano già sancito l’esistenza e l’operatività della famiglia criminale, evidenziando i legami di parentela tra il ramo familiare dell’indagato e quello storico, nonché i contatti con altre cosche.
* Attività Illecite Tipiche: Le indagini hanno rivelato che la cosca era profondamente impegnata in attività lucrative come la coltivazione e lo spaccio di stupefacenti e la gestione di appalti per il taglio boschivo.
* Ruolo Attivo dell’Indagato: L’ordinanza impugnata ha sottolineato il ruolo specifico del ricorrente. Egli si sarebbe attivato per reperire utenze telefoniche sicure per i cugini detenuti, un’azione tipica di sostegno agli affiliati. Inoltre, è stato evidenziato il suo impegno diretto nella coltivazione di 3.000 piante di cannabis, destinate a produrre circa 300 chili di marijuana.
* Gestione Associativa: È emersa l’esistenza di una “cassa comune” in cui confluivano i proventi illeciti, utilizzata per il mantenimento dei detenuti, le spese legali e il sostentamento delle loro famiglie, un chiaro indicatore di una struttura organizzata.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, relativo all’aggravante del metodo mafioso, la Corte lo ha dichiarato inammissibile. La ragione è procedurale: la difesa non ha contestato il reato principale (associazione finalizzata al narcotraffico) ma solo la circostanza aggravante ad esso collegata, rendendo il motivo non accoglibile in quella sede.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la prova dell’esistenza di un’associazione mafiosa e della partecipazione ad essa non richiede necessariamente una confessione o una condanna definitiva specifica per quel singolo gruppo. Può essere legittimamente desunta da un insieme di elementi fattuali gravi, precisi e concordanti. Le vicende criminali del gruppo, i legami di parentela, il coinvolgimento in attività illecite tipiche, il sostegno ai sodali detenuti e la gestione di una cassa comune costituiscono un mosaico probatorio sufficiente a fondare una misura cautelare. La decisione sottolinea come il coinvolgimento operativo in attività chiave del clan, come la produzione su larga scala di stupefacenti, sia un elemento sintomatico forte della piena partecipazione al sodalizio criminale.

Come si prova l’esistenza di un’associazione mafiosa e la partecipazione di un individuo?
Secondo la sentenza, la prova può essere raggiunta attraverso un complesso di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. Questi includono le vicende criminali della famiglia, i legami con altre cosche, il coinvolgimento diretto in attività tipiche del clan (come il narcotraffico), la gestione di una cassa comune e azioni di sostegno agli affiliati detenuti.

Perché il motivo di ricorso sull’aggravante del metodo mafioso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente non ha contestato la responsabilità per il reato principale a cui l’aggravante si applicava (l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti), ma unicamente la sussistenza della circostanza aggravante. In questi casi, il motivo di ricorso sulla sola aggravante non è ammissibile.

Che ruolo hanno le sentenze di altri procedimenti nel provare l’esistenza di una cosca?
Le statuizioni giurisdizionali, anche se relative a procedimenti diversi o non ancora definitivi, possono essere valorizzate come parte del quadro indiziario complessivo. Contribuiscono a delineare la storia, l’operatività e le connessioni di un gruppo criminale, rafforzando la valutazione sulla sua esistenza e struttura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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