Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20197 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20197 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NISCEMI il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 12/01/2024 del TRIBUNALE di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Sentito l’AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 tribunale per il riesame delle misure cautelari personali di Caltanissetta confermava l’ordinanza che aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, ritenendo la sussistenza dei gravi indiz colpevolezza del reato di partecipazione all’associazione mafiosa storica denominata “RAGIONE_SOCIALE“, e, segnatamente, alla famiglia di Niscemi capeggiata da NOME.
Si riteneva che NOME COGNOME, ex appartenente alla Polizia di Stato, già in servizio presso la sezione di polizia giudiziaria del commissariato di Gela, consapevole della caratura criminale di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, si fosse messo a disposizione del sodalizio mafioso, per fornire notizie in ordine alle indagini in corso.
Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione – i cui contenuti venivano ribaditi con motivi aggiunti ed una memoria -, con il quale il difensore deduceva:
2.1. violazione di legge (artt. 273 cod. proc. pen., art. 416-bis cod pen.) e vizio di motivazione: si contestava e la capacità di dimostrativa di tutti gli elementi di prova pos a fondamento del riconoscimento dei gravi indizi di colpevolezza; segnatamente, si deduceva: (a) la scarsa capacità dimostrativa della conversazione del 24 marzo 2022 nel corso della quale NOME COGNOME chiedeva a COGNOME se il ricorrente si fosse “fatto vivo” ricevendone risposta negativa; si evidenziava che, nell’occasione, NOME criticava NOME, evidenziando l’assenza di un suo contributo effettivo alla vita associativa; (b) la scars capacità dimostrativa della conversazione del 28 marzo 2022, nel corso della quale COGNOME manifestava la sua preoccupazione per un ipotetico intervento di polizia, non ricevendo nessuna rassicurazione da NOME, (c) la scarsa capacità dimostrativa della conversazione dell’aprile del 2022, nel corso della quale NOME COGNOME, dialogando con il fratello, informava delle notizie riservate che COGNOME avrebbe appreso da COGNOME, circa la presenza di microspie e telecamere installate presso il bar “Vestro”, emergenza non confortata da altri elementi, tenuto conto che il bar citato non risultava monitorato dagli investigato (d) la emersione della scarsa fiducia che i capi della famiglia mafiosa nutrivano nel ricorrente; (e) la illogica interpretazione del contenuto della conversazione intercettata 30 luglio 2022, intercorsa tra COGNOME e COGNOME NOME, nel corso della quale il primo riferiv che COGNOME lo aveva rimproverato, perché l’aveva notato in compagnia di due pregiudicati; (f) la mancata considerazione del fatto che la esistenza di indagini fosse un dato noto agli associati, indipendente dalle informazioni fornite da NOME; (g) l’illogic interpretazione del “ricatto” agito utilizzando la foto che ritraeva NOME insieme a NOME e NOME; (h) l’illogica interpretazione dell’incontro di NOME con NOME, risalente al Natal del 2022; (i) la mancata considerazione di alcune conversazioni rilevanti a fini difensivi come quella captata il 19 dicembre 2022, (I) il fatto che le telecamere presso il pub “Vestro” erano state installate nel luglio 22, sicché nell’aprile, il ricorrente non avre potuto sapere nulla circa tale atto investigativo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In sintesi: si deduceva che mancavano gli elementi idonei ad indicare la gravità indiziaria in ordine il reato contestato, ovvero la “messa a disposizione” del ricorrente i favore dell’associazione capeggiata da COGNOME, ed la identificazione dell’apporto materiale fornito dallo stesso.
2.1.1 Il motivo non supera la soglia di ammissibilità, in quanto si risolve nella richiest di una integrale rivalutazione del compendio indiziario, attività esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità.
In materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimità della motivazione si riafferma che la Corte di legittimità non può effettua
alcuna valutazione di “merito” in ordine alla capacità dimostrativa delle prove, o degli indiz raccolti, dato che il suo compito è limitato alla valutazione della tenuta logica del percors argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate – o indicate – in ossequio al principio di autosufficienza (tra altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,0., Rv. 262965).
Deve essere altresì affermato che le intercettazioni non possono essere rivalutate in sede di legittimità se non nei limiti del travisamento, che deve essere supportato da idonea allegazione: si riafferma cioè che in sede di legittimità è possibile prospetta un’interpretazione del significato di un’intercettazione “diversa” da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudic di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017 – dep. 12/02/2018, COGNOME, Rv. 272558; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013 – dep. 17/02/2014, COGNOME e altri, Rv. 259516). La valutazione della credibilità dei contenuti delle conversazioni captate è infatti un apprezzamento di merito che investe il significato e, dunque la capacità dimostrativa della prova, sicché la sua critica è ammessa in sede di legittimità solo ove si rileva una illogicità manifesta e decisiva della motivazione o una decisiva discordanza tra la prova raccolta e quella valutata.
Nel caso in esame, il percorso argomentativo tracciato dal Tribunale e posto a sostegno del riconoscimento dei gravi indizi di colpevolezza per la partecipazione al reato associativo non si presta ad alcuna censura.
Il tribunale, attraverso un’attenta analisi degli elementi di prova, e, segnatamente, del contenuto delle intercettazioni, rilevava che questi fossero convergenti nell’indicare l partecipazione di NOME al sodalizio. Secondo il tribunale la attività di indagine aveva fatto emergere assidui contatti tra NOME e COGNOME, consigliere fidato del capomafia NOME COGNOME: durante le conversazioni captate COGNOME chiedeva a NOME informazioni circa le indagini in corso e notizie utili ad attuare le strategie del clan; era emerso altresì COGNOME aveva avuto un incontro diretto con il capo mafia COGNOME.
Il tribunale prendeva in considerazione anche le allegazioni difensive rilevando che la versione fornita dall’indagato strideva con le emergenze investigative, poiché, tra l’altro era emerso che COGNOME aveva continuato ad incontrare COGNOME, e ad affrontare gli argomenti inerenti alle attività di indagine sul clan mafioso, anche dopo che era emersa la vicinanza di questi al capo mafia NOME COGNOME.
Il percorso argomentativo tracciato si caratterizza non solo per l’analisi – logica dettagliata – dei contenuti delle intercettazioni (non incisa dalle doglianze difensive dire ad ottenere una diversa interpretazione degli elementi di prova), ma si caratterizzava per la verifica della verosimiglianza delle tesi alternative proposte della difesa, riten smentite dalla evidenza e convergenza degli elementi raccolti. Veniva, tra l’altro,
evidenziato come quanto prospettato la difesa circa il fatto che il clan mafioso diretto da COGNOME godesse di altre fonti di informazione era circostanza indimostrata, inidonea ad elidere od attenuare la rilevanza causale del contributo fornito ai sodalizio dal ricorren (pagg. 9 e ss. dell’ordinanza impugnata).
2.2. Violazione di legge (art. 274 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine delle esigenze cautelari: non sarebbe stata dimostrata la concreta ed attuale pericolosità del COGNOME, anche tenuto conto della positiva personalità del ricorrente, emergente dagli allegati prodotti.
2.2.1. La doglianza è manifestamente infondata.
Il tribunale, con motivazione che non si presta ad alcuna censura, né rivisitazione, rilevava che le esigenze cautelari si rivelavano allarmanti ed attuali, considerata l’attual operatività del clan beneficiario delle condotte attribuite a COGNOME; e tenuto conto dell pervicacia criminale dimostrata dal ricorrente, che aveva perseverato nel fornire il suo contributo all’associazione per un consistente periodo di tempo, ponendo in essere condotte particolarmente gravi tenuto conto del fatto che egli era un ex appartenente alle forze dell’ordine. Secondo il tribunale COGNOME si caratterizzava per essere connotato da una personalità particolarmente incline alla consumazione di reati della stessa specie di quello per cui si procede, il che consentiva di ritenere l’attualità e la gravità delle esige cautelari, che giustificavano l’applicazione della misura imposta (pag. 12 dell’ordinanza impugnata).
Anche in questo caso la motivazione si sottrae ad ogni censura in questa sede.
3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 19 aprile 2024
L’estensore