Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32269 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32269 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a PALERMO il 08/04/1973
avverso l’ordinanza del 04/03/2025 del Tribunale di Palermo data per letta la relazione del consigliere relatore, il Procuratore generale, dr.
NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
l’avv. NOME COGNOME si è riportato agli scritti in atti, illustrando i moti ricorso e concludendo per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, del 4.3.2025, il Tribunale di Palermo, decidendo ex art. 309 cod. proc. pen., ha rigettato la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di NOME COGNOME NOME avverso l’ordinanza emessa dal G.i.p Tribunale di Palermo in data 14.2.2025, applicativa della custodia cautelare in carcere per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa al predetto provvisoriamente ascritto al capo 2 dell’imputazione provvisoria (segnatamente, “per avere offerto un contributo stabile al sodalizio mafioso ‘cosa nostra’ e, tr l’altro, per avere operato per conto del reggente del mandamento COGNOME COGNOME, detto il COGNOME, classe 75, agevolando la trasmissione di informazioni
da e per quest’ultimo, occupandosi delle attività estorsíve e degli investimenti del denaro del sodalizio. Con la recidiva reiterata e specifica. Commesso a Palermo da epoca prossima al 5 novembre 2023 e con condotta perdurante”).
2.Avverso la suindicata ordinanza, ricorre per cassazione l’indagato, tramite il difensore di fiducia, deducendo con l’unico motivo articolato violazione di legge, sostanziale e processuale, in ordine, rispettivamente, agli artt. 416-bis cod, peri. 125, 192 e 273 cod. proc. pen., e vizio di motivazione per manifesta illogicità.
Dopo aver premesso che la valutazione in termini di gravità degli indizi di colpevolezza al fine di rendere possibile l’applicazione della misura cautelare deve essere tale da far ragionevolmente prevedere la qualificata probabilità di condanna, sicché il giudice della cautela deve necessariamente identificare in modo specifico e razionale il significato incriminante degli elementi raccolti nella descritta chia prognostica, segnala che nel caso di specie da nessun atto risulta che Marino si sia occupato delle attività indicate nel capo di imputazione, ovvero di attività estorsive o degli investimenti del sodalizio. Invero, risulta soltanto che una volta (tra il 4 9 ottobre 2024) ha interloquito con COGNOME su incarico del cognato COGNOME e che in un’altra occasione (il 24/12/2024), su richiesta di COGNOME, si è impegnato ad informare il cognato COGNOME che COGNOME aveva avuto consegnato “piccioli” da Comandè prima dell’esecuzione della misura di sicurezza.
Si tratta di indizi insufficienti per dimostrare che NOME abbia preso parte a sodalizio mafioso, non essendo idonei a dimostrare che il ricorrente abbia effettivamente ricoperto un ruolo all’interno della struttura associativ caratterizzato da una stabile compenetrazione nel tessuto organizzativo del sodalizio, né tantomeno la messa a disposizione da parte dello stesso per ogni attività del sodalizio.
Sotto altro profilo la motivazione è illogica nella parte in cui ritiene di p desumere la partecipazione del ricorrente dal timore dei familiari del Marino che lo stesso potesse essere arrestato perché intratteneva rapporti con il cognato COGNOME Tommaso. Peraltro, la compagna del Marino, per come documentato, soffre di grave ansia e depressione tant’è che la stessa assume costantemente una terapia con cannabis.
1 Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’art. 611 come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni e dell’art. 127 c.p.p. – su richiesta della difesa, con l’intervento d parti che hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
Ìí
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.AI riguardo si premette il principio generale, applicabile al caso di specie secondo cui, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, i relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sol verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (cfr. tra tante, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
Sicché, manifestamente infondato e aspecifico è il motivo di ricorso in scrutinio che contesta la motivazione e la sussistenza della gravità indiziaria in ordine alla partecipazione del ricorrente all’associazione di stampo mafioso richiamata, facendo, da un lato, generico riferimento al principio secondo cui la gravità indiziaria deve essere tale da far ragionevolmente prevedere la qualificata probabilità di colpevolezza, e, dall’altro, adducendo una diversa valutazione in fatto delle circostanze indicate nel provvedimento impugnato.
Innanzitutto, occorre rilevare che, a differenza di quanto assume il ricorrente, il Tribunale ha posto come premessa di valutazione proprio i parametri indicati in ricorso, che implicano di accertare la sussistenza dei gravi indizi in termini d qualificata probabilità di colpevolezza.
E sulla base di tale metro valutativo si è anzi spinto, il provvedimento impugnato, ad evidenziare nel dettaglio i plurimi elementi indiziari che militano per la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
Ha, invero, evidenziato il Tribunale che le risultanze investigative, costituit prevalentemente da operazioni di intercettazione ambientale e telefonica e da servizi di video-ripresa e di osservazione, hanno consentito, innanzitutto, di accertare che COGNOME NOME (classe 75, detto il `pacchione, tornato in libertà il 05/11/2023 dopo una detenzione durata circa 9 anni (per l’espiazione della pena inflittagli con l’ultima sentenza di condanna per il delitto di associazione mafiosa co ruolo direttivo, commesso dal 15 Aprile 2005 al 21/11/2015), ha continuato a dedicarsi alle attività tipiche del sodalizio e a mantenere il controllo del territ sottoposto alla sua influenza avvalendosi di alcuni fidati collaboratori, tra i qual ìl
cognato NOME (fratello di NOME coniuge di NOME COGNOME).
Ha, quindi, indicato, il Tribunale, quali eloquenti elementi in tal senso colloqui captati il 4, il 5 e il 9 ottobre 2024 evidenziandone accuratamente i contenuti e quanto si dovesse da essi desumere in termini di incarichi affidati da COGNOME nella rivestita qualità, a Marino.
Ha, tra l’altro, già evidenziato il Tribunale che, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, il tenore delle conversazioni richiamate depone univocamente per il coinvolgimento di Marino nella vicenda indicata su input di COGNOME.
Come dotata dì ulteriore valenza indiziante dell’inserimento di COGNOME nell’articolazione mafiosa in argomento di INDIRIZZO Nuova (diretta a partire dal 4 Marzo 2024, giorno dell’arresto del latitante COGNOME NOME, dal cognato COGNOME NOME) è stata poi indicata la conversazione captata il 24/12/2024 nel corso della quale- secondo quanto si riporta nel provvedimento impugnato – il ricorrente discuteva con il coindagato COGNOME COGNOME della gestione della cassa mafiosa dopo l’arresto di Comandè NOMECOGNOME il cui ruolo nell’ambito della consorteria, parimenti esaustivamente descritto nel provvedimento impugnato, dà a sua volta conto della fondatezza dell’assunto accusatorio.
Non ha mancato infine il Tribunale di spiegare che dalla certificazione medica relativa alla compagna convivente di NOME prodotta dalla difesa non emergono condizioni di salute tali da indurre a dubitare della fondatezza dei timori e del considerazioni circa i rapporti tra il compagno e COGNOME NOME espressi dalla predetta, ove peraltro si consideri che i medesimi timori e le medesime considerazioni erano condivisi dai congiunti.
E, quanto al tenore e al rilievo delle conversazioni captate, non ha mancato già di evidenziare il Tribunale che se è maggiore la valenza probatoria di un dialogo laddove a parlare sia la stessa persona nei cui confronti si utilizzino in chiav probatoria le affermazioni captate, tuttavia, allorché due o più soggetti si riferiscan ad un terzo riferendo fatti penalmente rilevanti a carico di questo, ugualmente il valore probatorio di tale atto è da ritenere altissimo a meno che non risulti che gl interlocutori sapessero dì essere intercettati e volessero precostituire false prove a carico del terzo estraneo alla conversazione.
Ha quindi concluso il Tribunale – all’esito di esaustivo iter argomentativo che dà conto sia dello spessore degli indizi raccolti sia della loro conducenza ai fini del configurazione del reato associativo ascritto al ricorrente – che alla luce deg elementi raccolti deve ritenersi la piena intraneità di NOME al sodalizio perché solo essa giustifica il suo ruolo di fidato collaboratore del capo mandamento di Porta
Nuova, COGNOME NOME, in particolare il suo coinvolgimento nelle decisioni relative alla gestione della cassa del sodalizio dopo l’arresto di COGNOME Stefano.
Ruolo che, secondo la descrizione del provvedimento impugnato, è stato svolt con carattere continuativo e fiduciario, che si qualifica in particolare per rifermento alla tenuta della cassa mafiosa e per l’intermediazione per la riuscita di atti – quali il pestaggio di avvertimento – tipicamente espressivi di mafiosità anco più se scaturiti da ordine del capo clan, oltre che per la trasmissione in sé d messaggi e direttive tra il soggetto in posizione apicale ed altri soggetti, alcuni d quali appartenenti anch’essi alla consorteria, così apportando un contributo alla realizzazione della fondamentale condotta di direzione dell’associazione mafiosa da parte del primo.
A fronte di tale solida piattaforma indiziaria e delle corrette inferen valutative del Tribunale anche sul piano della configurazione del reato contestato, ben illustrate nel provvedimento impugnato, palesemente insussistenti risultano, quindi, tutti i vizi denunciati, piuttosto orientati a riproporre questioni ed adeguatamente affrontati dal Tribunale.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorìo, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, delle disposizion di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasm direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
/4ò
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 24/07/2025.