Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 36934 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 36934 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 01/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALAGONIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/03/2025 del TRIB. RIESAME DI CATANIA
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
U dita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udite le conclusioni dei difensori di fiducia, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO nell’interesse del ricorrente, che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20 marzo 2025, depositata in data 3 maggio 2025, il Tribunale di Catania, sezione del riesame, ha confermato, esclusa la qualifica di organizzatore, l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania emessa in data 28 gennaio 2025 con la quale è stata applicata a COGNOME NOME la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui agli artt. 416 -bis , commi 1,2, 4 e 6 cod. pen. (capo 1), per avere partecipato all’associazione per delinquere di stampo mafioso denominata RAGIONE_SOCIALE operante nella provincia di Catania, famiglia COGNOME, dal 13 luglio 21 al febbraio 2023 (capo 1).
Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’indagato, mediante atto sottoscritto dai difensori di fiducia, articolato nei motivi di seguito esposti.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie associativa e alla mancata qualificazione in diversa ipotesi di reato.
La intraneità di COGNOME è stata ricavata da una serie di elementi inidonei a fondare la partecipazione associativa.
2.1.1. L’ordinanza richiama una conversazione (n.68 del 13.8.21) tra NOME e NOME che manifestano forte contrarietà per il comportamento del COGNOME che avrebbe riservato per sé tutti i guadagni derivanti dal trasporto degli agrumi, corrispondendo ai due cifre irrisorie.
Tuttavia, la ordinanza non chiarisce se tali ricavi siano illeciti o comunque siano stati realizzati attraverso la partecipazione all’associazione criminosa.
2.1.2. Altro elemento indiziario valorizzato è rappresentato da due conversazioni: la prima intercorsa tra NOME e COGNOME in data 29 giugno 2022; la seconda tra COGNOME e la moglie di NOME in data 13 dicembre 2022. Le due conversazioni rivelerebbero il coinvolgimento dell’indagato nel mantenimento del capo NOME detenuto.
In realtà i contatti con la moglie di NOME si giustificano atteso che l’indagato è stato padrino di battesimo di un nipote di NOME.
Le conversazioni intercettate si riferiscono unicamente a rapporti lavorativi legati al trasporto delle arance nelle aziende di lavorazione, non emergendo alcun legame con la consorteria mafiosa, o una qualche alterazione del libero mercato o della libera concorrenza legata al predominio dell’organizzazione criminale.
2.1.3. Lo stesso dicasi per ulteriori conversazioni intercettate dalle quali il Tribunale ha ricavato che NOME NOME impartiva ordini all’indagato nella gestione del settore agrumicolo nel territorio di COGNOME, in particolare, dalle conversazioni intercorse con NOME NOME in contrapposizione con NOME COGNOME.
L’indagato in realtà è un imprenditore impegnato nella piccola località di Palagonia, interessato solo ad evitare contrasti e frizioni che avrebbero avuto ripercussioni sul mercato delle arance. In quest’ottica devono essere lette e interpretate le conversazioni riportate nell’ordinanza.
Anche le conversazioni intercorse con NOME COGNOME e con COGNOME NOME, valorizzate dall’ordinanza impugnata quale indici di mafiosità, si risolvono in rapporti di natura lavorativa.
2.1.4. Alla luce delle già indicate considerazioni, la difesa lamenta la mancata valutazione da parte del Tribunale di una diversa qualificazione dei fatti contestati in relazione alla ipotesi del concorso esterno ex artt. 110-416 bis cod. pen. o
alternativamente della intestazione fittizia ex art.512 bis cod. pen., essendo il profilo tratteggiato incompatibile con quello dell’ intraneus.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata valutazione della produzione difensiva depositata in sede di riesame.
È stato depositato un memoriale a firma dell’indagato attraverso il quale COGNOME descrive ogni singola intercettazione specificando e chiarendo il significato delle conversazioni, offrendo una lettura dei fatti opposta rispetto a quella contenuta nell’ordinanza genetica, ricostruendo i propri rapporti con NOME, i contrasti con NOME e il meccanismo commerciale del territorio di COGNOME.
L’ordinanza impugnata non fornisce alcuna risposta agli elementi così forniti dalla difesa violando il disposto dell’art. 292 comma 2 lett. C bis) cod. proc. pen.
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio id motivazione quanto alla sussistenza e all’attualità delle esigenze cautelari nonché violazione del disposto di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen.
La motivazione si rivela apparente e con formule di stile richiamando precedenti risalenti e non specifici; non considerando che il periodo della contestazione associativa è ristretto, che l’indagato non è mai stato coinvolto in precedenza in indagini di criminalità organizzata e che nessun collaboratore lo indica come partecipe. Infine, la contestazione è chiusa all’anno 2023 a distanza di oltre due anni dall’esecuzione della misura senza che vi siano comportamenti che attualizzano il pericolo di recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è nel suo complesso infondato.
Va premesso che, in materia di misure cautelari personali, i gravi indizi di colpevolezza costituiscono una ‘prova allo stato degli atti’, valutata dal giudice in una fase in cui la formazione del materiale probatorio è ancora in corso e non è stata sottoposta al vaglio del contraddittorio dibattimentale. È proprio tale carattere dinamico, e non la diversa capacità dimostrativa, a distinguerli dalla prova idonea a giustificare una pronuncia di condanna (Sez. 1, n. 19867 del 04/05/2005, COGNOME, Rv. 232601).
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Secondo questa Corte in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso
ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976).
2.1. L’ordinanza impugnata con motivazione in fatto immune da vizi logici (p.6 e ss.) ha adeguatamente descritto lo stabile inserimento del ricorrente nella organizzazione, attraverso l’analitico richiamo delle numerose conversazioni a fondamento del compendio indiziario.
In particolare, ha descritto lo stretto rapporto di natura commerciale occulto con il capo del clan nell’ambito del commercio di prodotti agricoli e ha delineato COGNOME quale figura imprenditoriale di riferimento della associazione nell’assicurare un significativo controllo delle attività economiche sul territorio.
Ha quindi valorizzato l’attività di supporto a favore del capo clan nel corso della sua detenzione, mantenendo stretti contatti anche con la moglie di NOME.
Rispetto alla attività lavorativa svolta da COGNOME, lo stesso – contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso- si è posto quale garante dei rapporti tra la cosca e gli operatori del settore agricolo di riferimento.
Al riguardo la ordinanza impugnata ha operato buon governo della giurisprudenza di questa Corte secondo cui integra una condotta di partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso quella dell’imprenditore che, assicurando permanente disponibilità al servizio del sodalizio criminale per porre in essere attività delittuose necessarie al perseguimento dei fini dell’organizzazione, svolga il ruolo di “garante ambientale” tra la cosca e gli altri imprenditori in un determinato territorio e contesto economico, con la funzione di soggetto al quale questi ultimi si rivolgono per poter operare, nella consapevolezza del suo collegamento con il sodalizio (Sez. 5, n. 50130 del 17/07/2015, Annunziata, Rv. 265584).
Da queste considerazioni appare corretta la qualificazione giuridica in punto di partecipazione e non di concorso esterno o di altre fattispecie di reato: il contributo del ricorrente in favore dell’associazione mafioso non è risultato occasionale ma questi ha stabilmente messo a disposizione la propria impresa per curare gli interessi economici anche della cosca.
3. Il secondo motivo difetta di specificità.
Questa Corte ha chiarito come, in tema di impugnazione di misure cautelari personali, l’omessa valutazione di una memoria difensiva da parte del giudice del riesame determina la nullità del provvedimento nel solo caso in cui siano in essa
articolate specifiche deduzioni che non si limitino ad approfondire argomenti a fondamento di quelle già prospettate ex art. 309, comma 6, cod. proc. pen., ma contengano autonome e inedite censure del provvedimento impugnato, che rivestano carattere di decisività (Sez. 5 n. 11579 del 22/02/2022, Adiletta, Rv. 282972).
Il ricorrente lamenta la mancata considerazione di un memoriale che aveva fornito una ricostruzione alternativa delle conversazioni intercettate, senza tuttavia chiarire la decisività di siffatta memoria rispetto al tema centrale del provvedimento impugnato: il ruolo di referente imprenditoriale della organizzazione criminale nella gestione e controllo delle attività agricole del territorio per conto del clan.
4. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
L’ordinanza impugnata con motivazione immune da vizi logici ha posto in evidenza elementi che depongono nel senso della persistente attualità della presunzione di cui all’art 275 comma terzo cod. proc. pen. così da far apparire del tutto infondata la censura di omessa o illogica motivazione, quali il ruolo assunto dal ricorrente quale referente diretto del capo clan (NOME) attualmente detenuto, anche per assicurare il suo sostentamento in carcere
Le censure mosse in punto di concretezza e attualità si concentrano esclusivamente sulla considerazione del tempo trascorso tra l’accertamento dei fatti e l’esecuzione della misura sulla assenza di precedenti significativi, sulla condotta contestata intrinsecamente lecita , ma non offrono ulteriori e aggiuntivi elementi per ritenere venuto meno il vincolo associativo, o il distacco dai luoghi di operatività dell’azione criminale o altra specifica ragione da potersi valutare in termini positivi un affievolimento del pericolo di recidivanza, non potendo la attualità e concretezza limitarsi a una presa d’atto del trascorre del tempo.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 01/10/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME