Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29478 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 6 Num. 29478 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/05/2025
SESTA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 720/2025
CC – 12/05/2025
– relatore –
NOME Di NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 24/01/1992
NOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 23/05/2001
NOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 29/05/1991
– avv. NOME COGNOME in difesa di COGNOME che ha chiesto di dichiarare nullo il provvedimento impugnato; nonchØ, quale sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME e dell’avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME si Ł riportata ai motivi di ricorso, insistendo per l’accoglimento;
avv. NOME COGNOME quale sostituto processuale degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME che si Ł riportato ai motivi di ricorso; – avv. NOME COGNOME in difesa di COGNOME e COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso;
avv. NOME COGNOME in difesa COGNOME che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, e, quale sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME in difesa di Tolino, si Ł riportato ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Napoli, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico ministero, a norma dell’art. 310, cod. proc. pen., avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale del 13 giugno 2024, ha applicato la custodia cautelare in carcere ai seguenti indagati e per i reati per ciascuno indicati:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per il delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso (capo 1 dell’incolpazione), altresì ritenendo la circostanza aggravante dell’art. 416bis .1, cod. pen., per gli ulteriori reati loro addebitati, per i quali già il primo giudice aveva applicato la misura cautelare;
NOME COGNOME, per i delitti di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, minaccia grave, detenzione e porto di armi da fuoco (capi 1, 9 e 22 dell’incolpazione), altresì ritenendo la circostanza aggravante dell’art. 416bis .1, cod. pen., per gli ulteriori reati a lui addebitati, per i quali già il primo giudice aveva applicato la misura cautelare;
NOME COGNOME per i delitti di partecipazione ad associazione di tipo mafioso e di detenzione e porto di armi da fuoco (capi 1 e 25 dell’incolpazione), altresì ritenendo la circostanza aggravante dell’art. 416bis .1, cod. pen., per gli ulteriori reati a lui addebitati, per i quali già il primo giudice aveva applicato la misura cautelare;
NOME COGNOME per i delitti di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, detenzione e porto di armi da fuoco (capi 1, 3, 4 e 11 dell’incolpazione), aggravati ai sensi dell’art. 416bis .1, cod. pen.;
NOME COGNOME per i delitti di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, detenzione e porto di armi da fuoco (capi 1, 3 e 4 dell’incolpazione), aggravati ai sensi dell’art. 416bis .1, cod. pen.;
NOME COGNOME per il delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (capo 2 dell’incolpazione), aggravato ai sensi dell’art. 416bis .1, cod. pen.;
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME per il delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (capo 2 dell’incolpazione).
Per l’indagata NOME COGNOME il Tribunale ha riconosciuto la circostanza aggravante dell’art. 416bis .1, cod. pen., per il delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (capo 2 dell’incolpazione), per il quale già il primo giudice le aveva applicato la misura cautelare.
1.1. In estrema sintesi, secondo l’ipotesi accusatoria, nel territorio del comune di Casoria, in provincia di Napoli, operava la formazione criminale della ‘INDIRIZZO‘, diretta emanazione del ‘ clan COGNOME‘, storica consorteria della ‘camorra’ napoletana. Da quella articolazione, i fratelli NOME e NOME COGNOME, unitamente al COGNOME, avevano inteso distaccarsi, creando un proprio gruppo, con l’obiettivo di acquisire il predominio criminale nella zona della ‘INDIRIZZO‘, porzione del territorio controllato dalla prima; ne era nato un conflitto, con reciproci agguati a colpi d’arma da fuoco, poi tuttavia conclusosi con una tregua tra i due gruppi ed un accordo di ripartizione del territorio di riferimento e di reciproca lealtà.
1.2. Secondo il Giudice per le indagini preliminari, la formazione dei fratelli COGNOME non presentava connotazione mafiosa, mancando di un’effettiva capacità di controllo criminale sul territorio ed operando in via sostanzialmente esclusiva nel settore degli stupefacenti.
Di diverso avviso il Pubblico ministero, che, con il proprio appello, aveva dedotto la natura mafiosa di tale gruppo dal collegamento della consorteria di provenienza con uno storico clan di ‘camorra’, dalle mire egemoniche del primo su una parte del territorio già controllato dall’altra, dal ricorso, a tal fine, a condotte particolarmente cruente, dal successivo riconoscimento della nuova formazione da parte degli esponenti di quella già esistente e dal patto di ripartizione dei territori d’influenza siglato tra le stesse.
1.3. Avverso la decisione del Tribunale, che ha sostanzialmente recepito la ricostruzione dell’accusa, hanno proposto ricorso tutti i predetti indagati, con atti dei rispettivi difensori, per i motivi di sŁguito riportati e valutati per ognuno di essi.
2. Ricorso Gaimari .
2.1. Questi si duole della motivazione con la quale il Tribunale ha ravvisato a suo carico un quadro di gravità indiziaria per il delitto di partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico (capo 2 dell’incolpazione), assegnandogli il ruolo di abituale fornitore del gruppo dei fratelli COGNOME nonchØ di custode, per loro conto, della sostanza stupefacente.
Secondo l’ordinanza impugnata, tale ruolo emergerebbe già dalla stessa motivazione del Giudice per le indagini preliminari, ma – obietta il ricorso – Ł illogico porre a fondamento di una decisione la motivazione di altro provvedimento di segno diametralmente opposto, avendo l’ordinanza appellata del tutto escluso la partecipazione del ricorrente a quel sodalizio criminale.
2.2. L’impugnazione Ł inammissibile.
La motivazione dell’ordinanza, in verità, Ł piuttosto anodina (pag. 19 s.). Non di meno, il motivo di ricorso si presenta del tutto generico, limitandosi a dedurre un’asserita inconciliabilità logica di quella che costituisce, invece, nella sostanza, una diversa valutazione del materiale probatorio, rispetto alla quale il ricorso non muove alcuna critica ragionata.
3. Ricorso Romano .
Questo indagato denuncia violazione di legge e vizi di motivazione su cinque capi e punti della decisione.
3.1. In primo luogo, egli lamenta l’assenza di motivazione, da parte del Tribunale, sull’eccezione d’inammissibilità dell’appello del Pubblico ministero per genericità dello stesso, in quanto semplicemente riproduttivo della richiesta di applicazione delle misure cautelari.
3.2. Si censura, poi, il giudizio di gravità indiziaria per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa.
Secondo l’accusa, egli avrebbe fatto parte del gruppo della ‘Stadera’, per conto del quale avrebbe trattato e raggiunto l’accordo con quelli della ‘Cittadella’.
Obietta, però, la sua difesa: che l’affermazione di uno dei COGNOME, intercettata durante una conversazione, secondo cui essi avrebbero commesso reati per i COGNOME senza ottenerne riconoscimenti, si riferiva unicamente a delitti in materia di stupefacenti; che a Romano, però, non viene contestata la partecipazione al sodalizio finalizzato alla commissione degli stessi; che, come rilevato dal G.i.p., nessun’indagine Ł stata compiuta per reati diversi da quelli; che il Tribunale non si confronta criticamente con l’ordinanza appellata, non indica le fonti di prova ‘a carico’, trascura il fatto che nessuno dei collaboranti conosca il ricorrente e valorizza soltanto una conversazione tra terzi, in cui quegli viene definito « boss del ‘priatorio ‘», che però era una zona nelle mire dei COGNOME, mentre a lui si addebita di far parte della formazione avversa; che, infine, con tale costruzione accusatoria, collide logicamente il mancato riconoscimento dell’aggravante dell’art. 416bis .1, cod. pen., non impugnato dal Pubblico ministero, in relazione alla cessione di stupefacente che COGNOME avrebbe effettuato a suggello dell’accordo raggiunto con il ‘gruppo COGNOME‘ (capo 12 dell’incolpazione).
3.3. La terza doglianza riguarda la ritenuta gravità indiziaria per il tentato omicidio di NOME COGNOME ed i connessi reati in materia di armi (capi 3 e 4 dell’incolpazione).
L’addebito – rileva la difesa – si fonda esclusivamente sulle supposizioni della vittima, la quale, però, come aveva rilevato il primo giudice, non aveva potuto vedere le fattezze fisiche dei suoi aggressori, avendo questi agito indossando caschi integrali, guanti ed abbigliamento completamente nero. Per il resto, l’ordinanza impugnata riporta delle conversazioni intercettate, in cui, però, non v’Ł alcun riferimento al Romano; nØ potrebbe essere valorizzato l’analogo episodio verificatosi ai danni di tale NOME COGNOME per il quale NOME non Ł indagato e che, comunque, poggia anch’esso sulle mere supposizioni del COGNOME.
3.4. Il quarto motivo contesta il giudizio di gravità indiziaria per il delitto di detenzione di un’arma da fuoco, da parte del Romano, in occasione del suo incontro avuto con COGNOME per siglare la ‘pace’ con quelli della ‘Cittadella’ (capo 11).
Si deduce, in proposito: che il primo giudice aveva rilevato come COGNOME non avesse visto l’arma, ma avesse soltanto immaginato che uno degli accompagnatori del Romano, e comunque non quest’ultimo, l’avesse con sØ; che, inoltre, sarebbe illogico che dei soggetti si recassero armati ad un incontro funzionale ad una tregua; e che, infine, a tali rilievi ed obiezioni, l’ordinanza impugnata non darebbe alcuna risposta.
3.5. Da ultimo, il ricorso si duole della ritenuta esistenza di esigenze cautelari e
dell’esclusiva adeguatezza della custodia carceraria.
Il Tribunale avrebbe valorizzato esclusivamente la presunzione dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., senza considerare il c.d. ‘tempo silente’, pari a tre anni, l’incensuratezza dell’indagato, l’impossibilità di pregiudicare le risultanze probatorie (costituite per lo piø da intercettazioni di conversazioni relative a fatti risalenti nel tempo), il rispetto, da lui osservato, del divieto di dimora in regione impostogli dal primo giudice, che ha garantito il suo allontanamento dai luoghi di commissione dei reati.
3.6. Il ricorso Ł solo in parte fondato.
3.7. Il primo motivo, in tema di assenza di motivazione sull’eccezione d’inammissibilità dell’appello del Pubblico ministero, Ł per lo meno infondato, se non addirittura manifestamente tale.
La valutazione di fondatezza del gravame, compiuta dal Tribunale, supera ed assorbe la valutazione sull’ammissibilità dei relativi motivi, qualora quest’ultima non dipenda da preclusioni o da violazioni di specifici divieti di legge, ma – come nell’ipotesi sostenuta dalla difesa – dalla genericità delle doglianze, evidentemente non ritenute tali da quei giudici: ragione per cui uno specifico onere di motivazione sul punto non può configurarsi.
3.8. Anche il secondo motivo, riguardante i gravi indizi di partecipazione del ricorrente all’associazione mafiosa della ‘Stadera’, non ha fondamento.
Le circostanze evidenziate in ricorso a sostegno dell’assunto difensivo, in effetti, non trovano smentita nella ricostruzione dei fatti compiuta dal Tribunale; tuttavia, l’ordinanza poggia su due elementi non controversi ed indiscutibilmente concludenti: ovvero la partecipazione del COGNOME, in rappresentanza della ‘Stadera’ all’incontro pacificatore con gli emissari della ‘Cittadella’ e, in secondo luogo, il dialogo tra i vertici di quest’ultimo gruppo, vale a dire NOME COGNOME e COGNOME che gli riconoscono una posizione di supremazia nella formazione avversaria (pag. 13). Si tratta, in verità, di circostanze ampiamente idonee a sorreggere la deduzione logica della partecipazione del Romano alla ‘Stadera’, compiuta dal Tribunale e che, invece, sarebbe stata suscettibile di censura soltanto se manifestamente illogica.
In linea generale, poi, sul collegamento di tale gruppo al clan ‘istituzionale’ di camorra dei COGNOME, vero Ł che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia si riferiscono a periodi piø risalenti rispetto a quello d’interesse, ma non può pretermettersi l’affermazione dei fratelli COGNOME contenuta in una loro conversazione intercettata: quella, cioŁ, per cui essi avrebbero commesso reati per i COGNOME (pag. 6, ord.) e dalla quale Ł possibile evincere senza forzature logiche l’esistenza di una linea di continuità tra quelle diverse formazioni criminali. Se, allora, tali dati specifici s’inquadrano nel contesto ambientale, caratterizzato dallo storico insediamento della camorra e dall’elevata densità criminale, e si leggono insieme alle cruente modalità operative dei gruppi (con reciproci agguati a colpi d’arma da fuoco), la deduzione del collegamento della ‘Stadera’ al clan COGNOME, dal quale essa ripeterebbe la natura mafiosa, non può affatto reputarsi manifestamente illogica, perciò sottraendosi a censura in questa sede.
3.9. Il terzo motivo di ricorso, in tema di gravità indiziaria per il tentato omicidio di NOME COGNOME, Ł anch’esso infondato.
L’ordinanza, a sostegno di tale incolpazione, valorizza non soltanto le affermazioni dello stesso COGNOME che, nel corso delle sue conversazioni intercettate, ripetutamente e senza mai ricevere smentite, ha indicato ai propri accoliti il COGNOME per uno di coloro che avevano
concordato con lui un appuntamento-trappola qualche giorno prima; ma dà rilievo, altresì, a quelle del suo socius COGNOME, che afferma di aver chiesto conto dell’agguato direttamente al NOME, il quale gli aveva risposto che a lui (COGNOME) sarebbe potuto toccare un trattamento ancora peggiore, risultando perciò del tutto ragionevole la deduzione del Tribunale per cui NOME fosse comunque coinvolto nella preparazione dell’agguato, ove mai non anche nella sua esecuzione (gli sparatori, infatti, non potevano essere riconosciuti, indossando caschi integrali ed abbigliamento comune: sul punto, l’allegazione difensiva si presenta difficilmente contestabile).
3.10. ¨ fondato, invece, il quarto motivo, con il quale il ricorrente si duole della valutazione di gravità indiziaria per il delitto di detenzione di un’arma da fuoco in occasione dell’incontro pacificatore con gli esponenti della ‘Cittadella’ (capo 11 dell’incolpazione).
La motivazione del Tribunale, infatti, Ł puramente congetturale, nonchØ muove da presupposti di fatto malcerti (pag. 17). Essa dà rilievo alle affermazioni compiute, nel corso di un suo dialogo intercettato, da COGNOME, il quale, tuttavia, non riferisce di aver visto un’arma, ma «solo una cosa lunga… il cane abbassato NOME (…) uno con la mascherina con una cosa in mano… (incomprensibile) NOME‘: non basta però sostenere – come fa il Tribunale – che COGNOME fosse ignaro di essere intercettato, per desumerne che egli abbia detto il vero, rimanendo dubbia, piuttosto, la corrispondenza alla realtà di quanto egli ha creduto, solo per deduzione, di aver visto, vale a dire che si trattasse di un’arma da fuoco e non di altro, per di piø detenuto da un soggetto diverso dal Romano.
Nei confronti di quest’ultimo, dunque, ed in relazione a tale fatto, il compendio indiziario Ł ben lontano dalla soglia della gravità e, stando a quanto emerge dall’ordinanza impugnata, non vi sono altre risultanze investigative idonee ad integrarlo: con la conseguenza che, per tale capo, detta ordinanza dev’essere annullata senza rinvio.
3.11. Inammissibile, infine, Ł l’ultimo motivo di ricorso, in tema di esigenze cautelari e di scelta della misura, con il quale sostanzialmente si censura il merito della decisione del Tribunale e non la sua conformità a legge o l’eventuale illogicità manifesta, entrambe sicuramente da escludere, avendo l’ordinanza valorizzato non solo la presunzione legale di cui all’art. 275, comma 3, cod. pen., ma anche le modalità violente del conflitto fra i gruppi criminali in questione e la significativa disponibilità di armi da parte di entrambi, che legittimano senza forzature una prognosi di recidiva e di esclusiva adeguatezza della custodia carceraria.
4. Ricorso NOME COGNOME .
Per il Tribunale, questi sarebbe uno dei componenti del gruppo mafioso coagulatosi intorno ai fratelli COGNOME, dal che derivando la sua partecipazione all’associazione di cui al capo 1) dell’incolpazione ed il riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 416bis. 1, cit., per le lesioni ai danni di NOME COGNOME ed i correlati delitti in materia di armi (capi 70 e 71), per i quali il G.i.p. gli aveva applicato il divieto di dimora in tutta la regione.
4.1. La decisione del Tribunale – rileva con un primo motivo la sua difesa – sarebbe viziata da violazione di legge e vizi di motivazione, non specificando nØ il ruolo da lui ricoperto in seno al sodalizio, nØ il contributo da lui offerto allo stesso, nØ la sua consapevolezza di partecipare ad una formazione di tal genere, trattandosi, piuttosto, di ipotesi non supportate da materiale probatorio specificamente riguardante la sua persona.
Ancor prima, non sarebbe comprovata la natura mafiosa del predetto gruppo, non essendone emersa la capacità effettiva di controllo del territorio ed essendosi l’attività investigativa focalizzata soltanto sul traffico di droga.
4.2. In secondo luogo, si lamenta l’assenza di valutazione sull’attualità delle esigenze cautelari e sull’adeguatezza, in ogni caso, di misure diverse da quella massima, considerandosi il lungo periodo di restrizione già sofferto dall’indagato, l’assenza di elementi concreti da cui desumere la sua inaffidabilità, l’assenza di pericoli di fuga o di compromissione delle prove, mai neppure ipotizzati.
4.3. Entrambi i motivi di ricorso sono inammissibili.
4.3.1. Il primo, in punto di gravità indiziaria, non solo Ł versato in fatto, ma Ł pure generico, perchØ si limita ad enunciare degli ipotetici punti critici della ricostruzione dei fatti compiuta dal Tribunale, tuttavia omettendo qualsiasi confronto dialettico con le risultanze investigative valorizzate dall’ordinanza, nØ adducendone di altre, eventualmente trascurate da quei giudici e decisive in senso contrario.
4.3.2. Il secondo, in tema di esigenze cautelari, presenta i medesimi limiti, omettendo, peraltro, di allegare anche un solo elemento atto a vincere la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen..
5. Ricorso NOME COGNOME .
5.1. Con un primo motivo, il suo ricorso contesta la ritenuta qualificazione mafiosa del gruppo da lui diretto, osservando che il Tribunale l’ha dedotta da una conversazione intercettata nella quale egli affermava di compiere estorsioni, tuttavia in realtà mai commesse, non risultando a lui addebitato alcun reato di tal specie.
Inoltre, l’ordinanza impugnata non conterrebbe alcun elemento dimostrativo della soggezione della comunità locale o degli ambienti criminali nei confronti di tale consorteria, nØ, comunque, della dotazione, da parte della stessa, di una stabile struttura organizzativa.
Ed ancora, ad ulteriore sostegno dell’ipotizzabilità, al piø, solamente di un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, rileva la difesa: che la disponibilità di armi non costituisce tratto distintivo di un sodalizio mafioso, essendo tale aspetto tipizzato come circostanza aggravante specifica anche delle associazioni dedite al narcotraffico; che non v’Ł prova del fatto che il gruppo si curasse del sostegno economico e delle spese legali per gli associati; che il gruppo della ‘Cittadella’ ha avuto vita breve (settembre 2021-maggio 2022) ed ha realizzato introiti modesti (in una conversazione intercettata, il ricorrente lamentava di guadagnare 250 euro a settimana).
5.2. La seconda censura riguarda la ritenuta aggravante di cui all’art. 416bis .1, cit., che si fonderebbe sull’erroneo presupposto della natura mafiosa del gruppo, senza tener conto del fatto che quest’ultimo non presentava alcun collegamento strutturale o funzionale con un’associazione mafiosa ed aveva quale unico obiettivo quello di trarre profitto dal commercio di droga.
5.3. Il ricorso non Ł fondato e dev’essere, perciò, respinto.
5.3.1. Quanto al primo motivo, nessuna delle circostanze con esso evidenziate Ł
inconciliabile con la natura mafiosa del gruppo, laddove, come nel caso in rassegna, si tratti di una formazione sorta non ex novo , ma per scissione da una cosca già operante e dall’accertata connotazione mafiosa.
Per converso, se valutate complessivamente ed in reciproca interazione logica, sorreggono adeguatamente la deduzione della natura mafiosa di tale nuova consorteria, compiuta dal Tribunale, le circostanze valorizzate dall’ordinanza e sostanzialmente indiscusse, ovvero: il dato di contesto, connotato da una radicata e pervasiva penetrazione mafiosa; il vissuto degli elementi di spicco del gruppo, tra cui il ricorrente, caratterizzato dalla militanza criminale attiva in uno storico clan mafioso (egli e suo fratello – come già s’Ł detto – rivendicavano di aver commesso reati per i Contini); il ricorso a modalità operative estremamente cruenti, tali da ingenerare quella intimidazione diffusa che rappresenta un tratto qualificante del metodo mafioso; l’obiettivo di sottrarre territori e fette di mercato a formazioni di riconosciuta matrice mafiosa, ponendosi in competizione con queste ed utilizzando gli stessi metodi; e, da ultimo, il riconoscimento ottenuto da parte del clan mafioso sfidato.
In particolare, non vale ad escludere la rilevanza del ricorso alle armi la circostanza per cui esso potesse essere funzionale, in ultima analisi, al conseguimento della supremazia del gruppo nel commercio degli stupefacenti, essendo quest’ultimo pur sempre uno dei terreni operativi di elezione delle associazioni camorristiche. NØ vale obiettare – come fa la difesa che la disponibilità di armi sia prevista dal legislatore anche per le associazioni finalizzate al traffico di stupefacenti, quale specifica circostanza aggravante, non potendosi perciò ritenere qualificante ai fini della connotazione mafiosa di un tal gruppo criminale: nello specifico, infatti, i membri della ‘Cittadella’ non si sono limitati a possedere delle armi, ma hanno fatto qualcosa di piø e di piø grave, perchØ le hanno pure utilizzate e lo hanno fatto per uccidere o, quanto meno, per procurare lesioni ai militanti del gruppo avversario.
5.3.2. L’infondatezza di tale motivo di ricorso si riverbera inevitabilmente sulle sorti del secondo, in tema di esigenze cautelari, muovendo esso esclusivamente dall’assunto dell’inesistenza della natura mafiosa di quel gruppo.
Anche questa seconda doglianza, dunque, dev’essere respinta.
6. Ricorso COGNOME .
6.1. Anch’egli, come NOME, lamenta in prima battuta l’assenza di motivazione, da parte del Tribunale, sull’eccezione d’inammissibilità dell’appello del Pubblico ministero, poichØ aspecifico.
6.2. Con il secondo motivo, comunque, contesta la ritenuta connotazione mafiosa del gruppo della ‘Stadera’, del quale – secondo il Tribunale – egli farebbe parte.
Rileva, a tal fine, che non sono sufficienti l’esistenza di un’organizzazione di persone e di un programma criminoso, nØ l’avvenuta verificazione di scontri armati (invece valorizzata dal Tribunale), giacchØ, come aveva osservato il G.i.p., questi erano pur sempre funzionali esclusivamente al controllo dei traffici di droga sul territorio di riferimento, perciò mancando il dato qualificante costituito dall’impiego del metodo mafioso. Inoltre, sarebbe indimostrata la stessa esistenza del gruppo della ‘Stadera’ come gemmazione dal ‘ clan COGNOME‘, ritenuta dal Tribunale sulla base della partecipazione ad esso di tale COGNOME, al quale, però, i collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME hanno riservato, nelle loro dichiarazioni, soltanto
scarni e generici riferimenti.
6.3. Con il successivo motivo, il ricorrente contesta che di tale gruppo, semmai esistente, egli comunque abbia fatto parte.
L’ordinanza impugnata avrebbe concluso in tal senso soltanto sulla base di alcune conversazioni intercettate tra i rivali della ‘Cittadella’, che lo avrebbero indicato come uno dei loro nemici, ritenendolo coinvolto nell’agguato a NOME COGNOME, di cui ai capi 3) e 4) della provvisoria incolpazione; ma, al netto di tale vicenda, il Tribunale non avrebbe indicato quale sarebbe stato il contributo funzionale da lui apprestato all’attività del sodalizio, necessario per la configurabilità di una condotta partecipativa.
6.4. Il ritenuto concorso di COGNOME nell’agguato a NOME COGNOME costituisce, poi, oggetto specifico del quarto motivo di ricorso, con cui si rileva che tale conclusione rappresenta esclusivamente il prodotto di una personale suggestione della vittima: la quale, in alcune sue conversazioni intercettate, ha raccontato ai suoi diversi interlocutori di aver visto il ricorrente impugnare il telefono e parlare con qualcuno, alcuni istanti prima che entrasse in azione il commando che gli aveva sparato.
Rileva la difesa, in proposito, che NOME COGNOME, sodale di COGNOME nonchØ in sua compagnia in occasione dell’agguato, nel corso di una di quelle conversazioni ha obiettato di non aver visto tra le mani di COGNOME alcun telefono in quel frangente, così svilendo la valenza accusatoria assegnata dal Tribunale alle affermazioni della vittima.
6.5. Il ricorso Ł, nel suo complesso, infondato e dev’essere rigettato.
6.6. I primi due motivi – difetto di motivazione sull’inammissibilità dell’appello del Pubblico ministero ed esclusione della natura mafiosa della ‘Stadera’ – propongono le questioni già esaminate trattando dei corrispondenti motivi di ricorso dell’indagato NOME: Ł dunque sufficiente rinviare a quanto già osservato in proposito ( retro , §§ 3.7 e 3.8).
6.7. Quanto al terzo motivo, vero Ł che l’ordinanza impugnata non specifica con puntualità quale sarebbe stato il ruolo svolto dal COGNOME all’interno del predetto sodalizio criminale. Ciò non di meno, poggia la deduzione della sua appartenenza a quello su due episodi indiscutibilmente sintomatici di un suo coinvolgimento qualificato nelle attività del gruppo e di un rilevante credito fiduciario ottenuto da parte degli altri aderenti: ovvero la partecipazione all’agguato contro NOME COGNOME ed al ‘pestaggio’ di NOME COGNOME.
La tenuta logica della motivazione sul punto, dunque, non può essere messa in discussione.
6.8. In realtà la difesa, con il quarto motivo, contesta che COGNOME abbia preso parte all’agguato verso COGNOME, sostenendo che tale accusa si fondi sulle semplici deduzioni personali di quest’ultimo, secondo il quale il ricorrente lo avrebbe attirato nel luogo del fatto ed avrebbe avvertito telefonicamente i componenti del commando al momento di entrare in azione.
Posto che Ł indiscusso che questa sia la ricostruzione consegnata da COGNOME ai suoi sodali in alcune sue conversazioni intercettate, la censura difensiva attiene alla valutazione di tale dato probatorio, che Ł questione, però, che non può interessare il giudice di legittimità. In questa sede, allora, Ł sufficiente osservare che l’articolato racconto del COGNOME, la presumibile genuinità del medesimo (da lui reso a suoi collaboratori fidati ed all’insaputa dell’intercettazione in atto) e lo specifico know-how criminale di costui costituiscono elementi sufficienti per escludere che tale valutazione del Tribunale si presenti frutto di un travisamento od altrimenti viziata da illogicità manifesta.
7. Ricorso COGNOME .
Questo indagato, al pari di NOME COGNOME, Ł per il Tribunale un esponente della formazione mafiosa della ‘Stadera’.
7.1. Egli pure, come gli altri due, denuncia anzitutto l’assenza di motivazione sull’eccezione d’inammissibilità dell’appello, consistente nell’acritica riproposizione delle argomentazioni disattese dal primo giudice.
7.2. In secondo luogo, contesta la ritenuta esistenza di quella formazione criminale e del collegamento di essa con il ‘ clan COGNOME‘, rilevando l’assenza di qualsiasi provvedimento giudiziario precedente da cui ciò possa desumersi, nonchØ evidenziando come, nei confronti suoi e degli altri presunti esponenti di quella, gli inquirenti non abbiano compiuto accertamenti diretti e mirati. Le emergenze indiziarie a loro carico, infatti, deriverebbero soltanto dalle intercettazioni delle conversazioni degli esponenti dall’ipotizzata fazione avversaria, tuttavia rimaste prive di riscontri, essendosi il Tribunale trattenuto, per il resto, soltanto sul ‘ clan COGNOME‘.
7.3. Quanto, poi, alla partecipazione di COGNOME alla consorteria, rileva la sua difesa: che risulta indimostrata la sua ritenuta identificazione per il soggetto indicato nelle altrui conversazioni con lo pseudonimo ‘ il serpente ‘; che egli non Ł mai stato intercettato; che le conversazioni intercettate tra terzi non consentono di dedurre quale sarebbe stato il contributo da lui fornito al gruppo, in termini di stabile ed organica compenetrazione con il tessuto organizzativo dell’ente; che lo stesso atto d’incolpazione non descrive in cosa sarebbe consistita la sua condotta partecipativa; che, infine, l’accusa verso di lui si fonda su una informativa di polizia priva di elementi dotati di certezza e coerenza logica.
7.4. Da ultimo, il ricorrente contesta l’operatività della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., deducendo che vi siano elementi tali da vincere la stessa e da far ritenere idonee, perciò, misure meno afflittive di quella carceraria: ovvero lo svolgimento di regolare attività lavorativa, la lontananza nel tempo delle condotte e l’assenza di precedenti, anche solo giudiziari, per reati a connotazione mafiosa.
7.5. Anche il ricorso di questo indagato dev’essere respinto, non essendo fondato alcuno dei relativi motivi.
7.6. Per i primi due, valga quanto s’Ł già detto per le analoghe doglianze dell’indagato COGNOME nonchØ richiamato per COGNOME (§§ 3.7, 3.8 e 6.6).
7.7. Il terzo motivo, con cui si contestano i gravi indizi di partecipazione del ricorrente al gruppo della ‘Stadera’, Ł focalizzato essenzialmente sulla valutazione del materiale probatorio, che Ł preclusa al giudice di legittimità. La motivazione della sentenza, sulla sua posizione, senza dubbio Ł assai stringata, ma dà rilievo a due circostanze ragionevolmente ritenute sintomatiche del suo organico inserimento in quel gruppo: i plurimi riferimenti a lui come avversario, operati dai componenti della ‘Cittadella’ nelle loro conversazioni; e, soprattutto, il ruolo di mediatore da lui svolto tra COGNOME e NOME COGNOME nell’assegnazione a quest’ultimo anche della piazza di spaccio di ‘ abbascio ‘o priatorio ‘: dato, questo, su cui il ricorso tace completamente.
7.8. Di puro merito, infine, e perciò escluso dal sindacato di questa Corte, Ł l’ultimo motivo, in punto di esigenze cautelari, consistente nell’allegazione di dati di fatto che il Tribunale avrebbe trascurato, nessuno dei quali, però, si presenta incompatibile con la
valutazione compiuta da quei giudici.
8. Ricorso COGNOME .
Egli, secondo il Tribunale, Ł un altro degli stabili fornitori di stupefacenti del gruppo della ‘Cittadella’, perciò ritenuto partecipe dell’associazione di cui all’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990, descritta al capo 2) dell’incolpazione.
8.1. Con un primo motivo, contesta il giudizio di gravità indiziaria, poichØ formulato in violazione della norma incriminatrice.
Richiamati gli indici elaborati dalla giurisprudenza di legittimità a tal fine (pluralità di persone, programma di una serie indeterminata di reati, struttura organizzativa ancorchØ rudimentale, apporto individuale non episodico all’operatività dell’ente, assunzione di un ruolo del singolo nell’organismo collettivo, consapevolezza e volontà di operare quale aderente ad un gruppo e nel comune interesse di questo), sostiene il ricorso: che COGNOME non abbia agito con la necessaria affectio ; che i due singoli episodi di cessione di sostanze a lui ascritti debbano ricollegarsi a relazioni puramente occasionali e contingenti; che egli ha avuto con i COGNOME solamente un incontro episodico, tra l’altro per interposta persona non partecipe del sodalizio criminale di costoro.
8.2. Il secondo motivo denuncia l’erroneità della decisione del Tribunale in tema di persistenza di esigenze cautelari e di scelta della misura.
Sarebbe stata omessa da quei giudici la piø approfondita valutazione richiesta nel caso di fatti distanti nel tempo, ai fini dell’attualità o meno del pericolo di reiterazione criminosa, essendosi costoro ripiegati per relationem sulla prospettazione della Procura appellante
Quanto, poi, alla scelta della misura, la ritenuta adeguatezza esclusiva di quella carceraria costituirebbe il prodotto di semplici presunzioni: l’ordinanza impugnata, infatti, non spiegherebbe effettivamente per quali ragioni non possano essere idonei anche gli arresti domiciliari, tanto piø ove si rilevi che il ricorrente Ł attualmente sottoposto a programma terapeutico in regime residenziale presso una comunità sita in Puglia.
8.3. Il ricorso Ł fondato, nella parte in cui denuncia il vizio di motivazione dell’ordinanza in punto di scelta della misura cautelare.
8.3.1. Non lo Ł, invece, laddove contesta la gravità indiziaria, risolvendosi in valutazioni di puro merito ed incomplete, poichØ trascura del tutto un dato qualificante nella valutazione del Tribunale, qual Ł la conversazione con COGNOME, allora detenuto in carcere, nella quale COGNOME dà conferma a costui della propria disponibilità incondizionata (pag. 18, ord.).
8.3.2. Del tutto generica, poi, Ł la doglianza in tema di sussistenza delle esigenze cautelari, poichØ non sorretta dall’indicazione di alcun dato puntuale, tanto piø necessario in presenza della presunzione legale di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen..
8.3.3. Il ricorso individua correttamente, invece, un’effettiva e significativa carenza motivazionale nella parte riguardante la scelta della misura cautelare, avendo il Tribunale completamente omesso di considerare un dato astrattamente in grado d’incidere su tale profilo, ovvero l’attuale sottoposizione dell’indagato a programma terapeutico di tipo residenziale in una struttura allocata in Puglia.
Sul punto, dunque, si rende necessaria una motivazione supplementare, dovendo
essere perciò annullata con rinvio l’ordinanza impugnata, limitatamente a tale aspetto.
9. Ricorso COGNOME .
9.1. Altro indagato ritenuto dal Tribunale partecipe del sodalizio finalizzato al traffico di stupefacenti rubricato al capo 2) dell’incolpazione, con il ruolo di custode presso la propria abitazione di sostanze stupefacenti del gruppo della ‘Cittadella’ destinate alla vendita, Tolino contesta tale addebito con il proprio ricorso, rilevando: che quella in cui Ł stata rinvenuta della sostanza stupefacente non era la sua abitazione, bensì quella di suo padre (indagato anch’egli, ma nelle more deceduto), risiedendo egli altrove; che, inoltre, egli lavora da dodici anni con un’impresa di pulizie; che non ha mai avuto rapporti con sodalizi criminosi; che Ł un consumatore non abituale di sostanze stupefacenti, che acquistava da NOME COGNOME e da COGNOME, con il quale era amico d’infanzia, avendo frequentato la stessa scuola; che non ha mai avuto frequentazioni abituali con gli indagati e non Ł stato mai fermato dalle forze di polizia in loro compagnia; che non aveva, infine, alcun ruolo nel sodalizio, essendo state male interpretate le conversazioni intercettate.
9.2. Il ricorso Ł inammissibile, rassegnando esclusivamente doglianze di merito, in quanto attinenti alla valutazione del materiale probatorio, ed omettendo qualsiasi confronto critico con la persuasiva lettura del medesimo, peraltro decisamente robusto, effettuata dal Tribunale (pag. 21, ord.).
10. Ricorso NOME COGNOME .
10.1. Questi denuncia la violazione dell’art. 416bis , cod. pen., ritenendo che la consorteria della ‘Cittadella’ non presenti gli elementi qualificanti di questa fattispecie delittuosa, vale a dire una struttura organizzativa di tipo verticistico, la capacità di assicurare il continuo sostegno economico ai partecipi, il monopolio delle attività delittuose su un dato territorio, il controllo delle attività imprenditoriali sullo stesso mediante una diffusa intimidazione, la suddivisione tra i partecipi dei proventi ricavati dal commercio degli stupefacenti.
Inoltre, mancherebbero i collegamenti con il ‘ clan COGNOME‘, le estorsioni costituirebbero episodi isolati e comunque commessi all’esclusivo scopo di finanziare l’approvvigionamento di stupefacenti, nØ potrebbe ritenersi sintomatica di un’eventuale connotazione mafiosa la disponibilità di armi, trattandosi di circostanza tipicamente prevista dalla legge come aggravante per l’associazione finalizzata esclusivamente al traffico di stupefacenti. Rispetto a quest’ultima, piuttosto, l’elemento differenziale dell’associazione mafiosa risiederebbe nella prospettiva egemonica del sodalizio su un determinato àmbito territoriale, relativamente alla quale i reati assumono il valore di segmenti ad essa funzionali, con la necessità che il gruppo faccia un uso effettivo della forza d’intimidazione e non soltanto che intenda avvalersene.
10.2. In ogni caso – prosegue il ricorso – l’ordinanza impugnata non conterrebbe l’indicazione di alcun indice sintomatico della partecipazione di Finizio al sodalizio mafioso.
Il Tribunale, infatti, ne ha valorizzato, a tal fine, soltanto la presenza all’incontro in cui Ł stata siglata la tregua con gli appartenenti alla ‘Stadera’ ed il fatto che, nel frangente, NOME COGNOME gli abbia fatto dono di 200 grammi di sostanza stupefacente. Ma,
premesso che di tale incontro non vi sono intercettazioni dirette, bensì soltanto il racconto operato da alcuni dei presenti in qualche loro dialogo intercettato, obietta la difesa che tale appuntamento era stato convenuto esclusivamente per la ripartizione tra i due gruppi delle ‘piazze di spaccio’, che non v’Ł traccia di collegamenti tra COGNOME ed aderenti al ‘ clan COGNOME‘ e che a lui non sono addebitati ‘reati-scopo’, dovendo perciò concludersi che egli abbia operato esclusivamente nel traffico degli stupefacenti e sia rimasto estraneo, invece, all’eventuale associazione mafiosa.
10.3. Entrambi i motivi di ricorso sono infondati, dovendo perciò rigettarsi l ‘ i m pugnazione.
10.4. Per il primo, riguardante la natura mafiosa del gruppo della ‘Cittadella’, Ł sufficiente richiamare quanto dianzi s’Ł detto trattando dell’analoga doglianza contenuta nel ricorso di NOME COGNOME (§ 5.3.1.).
10.5. Quanto, poi, alla partecipazione del Finizio a tale formazione, la motivazione Ł, anche in questo caso, telegrafica (pagg. 12 s.). Tuttavia, la sua presenza – incontroversa all’incontro di riconciliazione con il gruppo della ‘Stadera’ ed il dono di 200 grammi di droga, ricevuto in quell’occasione dall’ ex -avversario NOME, costituiscono dati di fatto obiettivamente concludenti, sufficienti a giustificare razionalmente la deduzione della sua partecipazione al sodalizio, considerando la centralità di tale episodio nella vita e per l’operatività di quella consorteria.
11. Ricorso COGNOME .
11.1. Con tale atto, questo indagato lamenta esclusivamente l’assenza di motivazione, nell’ordinanza impugnata, sull’eccezione d’inammissibilità dell’appello del Pubblico ministero per difetto d’interesse, formulata dalla sua difesa in ragione del fatto che già il primo giudice avesse applicato all’indagato la custodia cautelare in carcere per altri reati, tra cui quello previsto dall’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990, non potendo perciò tale misura avere una durata diversa e maggiore.
11.2. Il motivo di ricorso Ł inammissibile, per manifesta infondatezza.
In tema di impugnazioni cautelari, sussiste l’interesse del Pubblico ministero a proporre appello avverso l’ordinanza che abbia applicato la misura solo per alcuni dei reati contestati, al fine di conseguirne l’estensione anche agli altri, per i quali il giudice abbia ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza (tra le tante: Sez. 5, n. 19540 del 20/04/2022, COGNOME, Rv. 283073; Sez. 1, n. 20286 del 17/06/2020, COGNOME, Rv. 280123; Sez. 2, n. 2230 del 04/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259834).
Tanto dicasi, a maggior ragione, laddove l’impugnazione riguardi il rigetto della richiesta di misura cautelare avanzata in relazione al delitto di partecipazione ad associazione mafiosa, già solo ove si pensi al diverso – e per il Pubblico ministero piø favorevole – regime probatorio che ne deriverebbe in tema di esigenze cautelari, per effetto della piø stringente presunzione di cui al piø volte citato art. 275, comma 3, del codice di rito.
Ricorsi NOME COGNOME COGNOME e COGNOME .
Per questi indagati, il loro difensore ha proposto un unico atto di ricorso, sulla base di
motivi comuni.
12.1. Con il primo, si denunciano violazione di legge e vizi di motivazione nella parte relativa alla ritenuta connotazione mafiosa del gruppo della ‘Cittadella’, deducendosi, in particolare, che mancherebbe la dimostrazione del necessario presupposto rappresentato dal preesistente collegamento al ‘ clan COGNOME‘ della formazione criminale della ‘Stadera’, dalla quale il primo sarebbe poi nato per scissione. La stessa ordinanza impugnata, infatti, ha osservato che sui partecipi della ‘Stadera’ non Ł stata compiuta alcuna indagine diretta e che non vi sono precedenti giudiziari che abbiano accertato l’operatività di tale consorteria su quel territorio nonchØ il suo collegamento con il predetto clan camorristico.
Il Tribunale ha valorizzato a tal fine le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ed i riferimenti, da costoro compiuti, a tale COGNOME quale luogotenente dei COGNOME in quell’area territoriale, senza tuttavia considerare che alcune (COGNOME e COGNOME) si riferiscono a periodi anteriori al 2015 ed altre (COGNOME) non sono utili, avendo il dichiarante interrotto il suo percorso collaborativo. Correttamente, dunque, il primo giudice aveva reputato quelle dichiarazioni espressive soltanto di un generico collegamento tra COGNOME e la cosca dei COGNOME, e comunque non validate da adeguati riscontri, tali da far concludere che il territorio della ‘Cittadella’ costituisse una porzione di quello controllato da quel clan storico, così da poter ritenere il nuovo gruppo criminale un’articolazione di quello.
Il Tribunale, quindi, avrebbe dovuto superare tali argomenti con una motivazione rafforzata, che invece – secondo la difesa – manca. A tal fine, infatti, non potrebbero essere utili nØ l’esistenza di contrasti armati, nØ l’affermazione di NOME COGNOME, nel corso di un dialogo intercettato con suo fratello, per cui essi avrebbero solo «fatto i reati» per i COGNOME: asserzione, questa, che proverebbe soltanto l’esistenza di un loro generico collegamento in passato con quel clan , ma non una condivisione d’interessi criminali, giacchØ lo stesso COGNOME, nel frangente, aggiungeva che i COGNOME, a loro, avevano «sempre sbattuto le porte in faccia», così attestando, semmai, uno iato tra la nuova formazione e quel contesto camorristico.
L’ordinanza impugnata, inoltre, non dimostrerebbe che il gruppo della ‘Cittadella’ si occupasse di attività illecite diverse dal traffico degli stupefacenti, giacchØ anche gli ulteriori reati ipotizzati sarebbero maturati in quel settore criminale, non dovendosi confondere l’eventuale impiego del metodo mafioso nella singola azione delittuosa con l’esistenza di un’associazione di tal specie. Il Tribunale, difatti, poggia il proprio assunto della diversità d’interessi criminali del gruppo su due conversazioni intercettate: una, tuttavia, relativa ad un’estorsione in danno di un elettricista rimasto ignoto; mentre l’altra attesterebbe, in realtà, un richiamo nei confronti di un soggetto presumibilmente coinvolto in un furto e, per questo, inviso ai COGNOME.
12.2. La seconda doglianza attiene al riconoscimento dell’aggravante di cui al citato art. 416bis .1, cod. pen., che, una volta ritenuta indimostrata la natura mafiosa della formazione criminale in rassegna, verrebbe necessariamente meno.
Tanto dicasi, in particolare, per l’indagata COGNOME, madre del COGNOME, sottoposta a custodia cautelare in carcere per il delitto associativo di cui all’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990, e per due ‘reati-scopo’ (capi 2, 41 e 42, dell’incolpazione), in relazione alla quale il Tribunale non avrebbe offerto un’adeguata spiegazione della necessaria consapevolezza di costei di contribuire, con la propria condotta, all’operatività di un’associazione di natura mafiosa.
12.3. Ambedue i motivi di ricorso sono privi di fondamento ed i ricorsi debbono essere,
pertanto, respinti.
12.3.1. Sulla natura mafiosa delle formazioni criminali della ‘Stadera’ e della ‘Cittadella’, quali articolazioni del piø ampio e storico clan camorristico dei Contini, non può che rinviarsi alle considerazioni rassegnate sui corrispondenti motivi di ricorso proposti anche da altri indagati, in particolare NOME e NOME COGNOME ( retro , §§ 3.8 e 5.3.1.).
12.3.2. Quanto alla gravità indiziaria relativa all’aggravante del metodo mafioso e della finalità agevolativa della relativa associazione, il motivo di ricorso Ł immediatamente collegato alla doglianza precedente, della quale, quindi, subisce le sorti.
In particolare, poi, per quanto riguarda la posizione della COGNOME, le censure attegono al merito della valutazione compiuta dal Tribunale e, peraltro, si presentano puramente assertive, non misurandosi criticamente con i dati di fatto valorizzati nell’ordinanza (pag. 22).
13. Ricorso Granata .
Il ricorso proposto nell’interesse di questo indagato consta di quattro motivi.
13.1. Il primo consiste nell’assenza di motivazione sull’eccezione d’inammissibilità dell’appello del Pubblico ministero. Le ragioni sono quelle già esaminate trattando di altri ricorsi.
13.2. Con il secondo motivo si lamentano violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla ritenuta gravità indiziaria per il delitto di partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti capeggiata dai COGNOME (capo 2 dell’incolpazione).
Si sostiene, in proposito, che l’ordinanza impugnata non contenga la descrizione degli elementi tipici della fattispecie, quali delineati dalla giurisprudenza di legittimità, ed altresì che, con particolare riferimento alla posizione dell’indagato, il provvedimento non descriva il ruolo da questi assunto all’interno del sodalizio nØ le specifiche condotte ch’egli avrebbe tenuto nell’àmbito dell’attività collettiva di traffico di stupefacenti, limitandosi ad esaltare comportamenti – come la presenza presso le ‘basi logistiche’ del gruppo – rilevanti, al piø, per un’ipotetica partecipazione ad un’eventuale associazione camorristica; nØ, per costante giurisprudenza, potrebbe rilevare di per sØ il coinvolgimento dell’indagato in alcuni ‘reatiscopo’ (nello specifico, quelli di cui ai capi 55 e 57 dell’incolpazione).
13.3. La terza censura riguarda l’aggravante della finalità agevolativa dell’associazione mafiosa, che il Tribunale ha ravvisato sia per il delitto associativo che per i ‘reati-scopo’.
La difesa lamenta come tale conclusione rappresenti un semplice «effetto osmotico» così si esprime – del riconoscimento della natura mafiosa del sodalizio della ‘Cittadella’, non sorretto dalla benchØ minima disamina, invece necessaria, dell’elemento volitivo.
13.4. Da ultimo, il ricorso si duole della motivazione in punto di esigenze cautelari e di scelta della misura, denunciandone la mera apparenza sull’esistenza delle prime, che sarebbe stata giustificata soltanto con formule di stile, ed addirittura la completa assenza in ordine alla ritenuta inadeguatezza degli arresti domiciliari fuori regione.
L’ordinanza impugnata, in particolare, avrebbe rassegnato una motivazione ‘collettiva’ per i coindagati, senza esaminare le peculiarità della posizione del COGNOME, il quale risponde di due soli episodi di detenzione di stupefacenti, e sarebbe giunta a ravvisare il pericolo di recidiva sulla base della gravità del titolo del reato piuttosto che dei fatti oggetto di essa. Inoltre, l’affermazione per cui la cautela domiciliare non impedirebbe all’indagato di
mantenere i suoi contatti illeciti non Ł sorretta dal Tribunale con l’indicazione di alcun dato obiettivo, essendo perciò apodittica; nØ può essere sufficiente il semplice richiamo alla presunzione di cui all’art. 275, comma 3, del codice di rito.
13.5. Nessuno di tali motivi di ricorso può essere ammesso.
13.6. Del primo, in tema d’inammissibilità dell’appello del Pubblico ministero per difetto di specificità, s’Ł già detto, potendosi perciò rinviare alle relative considerazioni ( retro , § 3.7.).
13.7. Il secondo, in punto di gravità indiziaria per il delitto di cui all’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990, Ł motivo di puro fatto, ma soprattutto elude ogni confronto critico con le risultanze investigative valorizzate dall’ordinanza impugnata, indiscutibilmente consentanee all’accusa (pag. 20), risultando perciò aspecifico.
13.8. Tale Ł anche quello successivo, riguardante la ritenuta finalità agevolativa dell’associazione mafiosa.
Quelle stesse risultanze investigative sono, infatti, indubbiamente sintomatiche di un qualificato rapporto di COGNOME con i fratelli COGNOME, anche nell’àmbito delle relazioni con il gruppo avverso, risultando perciò largamente ragionevole la deduzione della consapevolezza, da parte sua, della natura mafiosa del gruppo e della sua adesione al relativo programma delinquenziale.
13.9. Sulle esigenze cautelari e sulla scelta della misura, oggetto dell’ultimo motivo di ricorso, la motivazione dell’ordinanza Ł effettivamente assai stringata (pag. 25); il ricorso, però, non deduce alcuno specifico elemento idoneo a vincere la presunzione legale sul punto e tale, perciò, da comportare un rilevante deficit motivazionale, meritevole di essere colmato. Anche tale doglianza, pertanto, finisce per attenere al merito della questione e per risultare aspecifica.
14. Ricorso Albano .
14.1. Il ricorso proposto nell’interesse di questo indagato rassegna quattro censure all’interno di un unico motivo, osservando:
quanto alla natura mafiosa del gruppo della ‘Cittadella’: che esso si occupava soltanto di commercializzazione di stupefacenti; che gli ipotetici collegamenti di tale compagine con cosche di ‘camorra’ erano funzionali esclusivamente all’approvvigionamento di quelle sostanze, senza alcun vincolo di appartenenza; che la ricostruzione del ‘ clan COGNOME‘ attiene ad una realtà risalente nel tempo ed ormai superata; che non vi sono pronunce giudiziarie attestanti un collegamento tra la formazione della ‘Stadera’ e quel clan ; che i collaboratori di giustizia hanno riferito di fatti risalenti e comunque relativi alla ‘Stadera’, non alla ‘Cittadella’; che la nascita di quest’ultima sarebbe stata conseguenza di dissidi interni e non di una decisione riferibile ai vertici del presunto clan camorristico di riferimento;
II) riguardo, poi, alla specifica posizione dell’indagato: che nessuno dei collaboranti ha reso dichiarazioni a lui riferibili; che non vi sono conversazioni intercettate che lo riguardino; che, in ogni caso, egli avrebbe tenuto un ruolo del tutto secondario, perciò dovendo ritenersi che abbia agito senza la consapevolezza di agevolare una formazione camorristica;
III) che, per le ragioni appena evidenziate, fallace risulta anche il riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 416bis .1, cod. pen., in relazione ai singoli reati a lui addebitati;
IV) relativamente, infine, alla ritenuta gravità indiziaria anche per la detenzione ed il porto dell’arma di cui al capo d’incolpazione 25): che le osservazioni del Tribunale non superano le riserve formulate dal primo giudice e fondate sul fatto che le conversazioni intercettate, inerenti a tale episodio, sono intervenute tra persone diverse dal ricorrente e le affermazioni ivi contenute sono rimaste prive di riscontro.
14.2. Il ricorso Ł fondato soltanto in parte.
14.3. Non lo Ł la prima doglianza, sulla natura mafiosa delle formazioni germinate dal ‘ clan COGNOME‘, per la quale deve ancora una volta rinviarsi a quanto già osservato ( retro , §§ 3.8 e 5.3.1.).
14.4. La seconda, riguardante la partecipazione dell’indagato alla formazione criminale della ‘Cittadella’, Ł inammissibile: non solo perchØ consiste semplicemente nella diversa valutazione del materiale probatorio, ma anche perchØ difetta di specificità, in quanto tace su una circostanza eloquente ed alla quale l’ordinanza dà espresso risalto, ovvero l’affermazione compiuta da NOME COGNOME, secondo cui «a NOME gli diamo la settimana e sta con noi… a NOME lo mando avanti e indietro» (pag. 13).
14.4. L’inammissibilità di tale doglianza conduce inevitabilmente al medesimo esito per quella successiva, attinente al riconoscimento dell’aggravante dell’art. 416bis .1, cit., in quanto motivata dalla difesa soltanto sul presupposto della pretesa fondatezza delle precedenti deduzioni.
14.5. Merita di essere accolto, invece, l’ultimo motivo d’impugnazione, in punto di gravità indiziaria per la detenzione ed il porto di una pistola contestati al capo 25) dell’incolpazione.
Il Tribunale, infatti, si limita a rilevare che, da alcune conversazioni intercettate di NOME COGNOME, emergerebbe come Albano avesse preso e consegnato a tale COGNOME quell’arma, nascosta da COGNOME in occasione del proprio arresto. Il G.i.p., tuttavia, nella ordinanza appellata, aveva considerato tale aspetto e le relative risultanze investigative, ma aveva motivatamente ritenuto queste ultime insufficienti a comporre un quadro di gravità indiziaria, sul punto, a carico di Albano, utilizzando argomenti – in particolare, il carattere mediato delle notizie sull’episodio, l’assenza di informazioni provenienti direttamente dagli indagati e l’assenza di riscontri al narrato de relato di COGNOME (vds. pagg. 168 s.) – con cui il Tribunale non si misura in alcun modo.
S’impone, pertanto, un supplemento di motivazione sul punto, dovendo perciò l’ordinanza impugnata, limitatamente ad esso, essere annullata con rinvio.
A norma dell’art. 616, cod. proc. pen., in ragione di quanto fin qui esposto, gli indagati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME e COGNOME debbono essere obbligatoriamente condannati al pagamento delle spese processuali, essendo stati integralmente rigettati i loro ricorsi.
I ricorrenti COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, i cui ricorsi sono inammissibili, oltre alle spese di giudizio debbono farsi carico anche del versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una loro assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000): detta somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti da essi addotti, va fissata in tremila euro per ciascuno di essi.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nei confronti di NOME COGNOME, limitamente al capo 11).
Annulla la medesima ordinanza nei confronti di COGNOME COGNOME limitatamente alla scelta della misura, e nei confronti di COGNOME COGNOME limitatamente al capo 25), e rinvia per nuovo esame su tali punti al Tribunale di Napoli, sezione riesame.
Rigetta nel resto i ricorsi di COGNOME, COGNOME e COGNOME.
Rigetta i ricorsi di COGNOME NOMECOGNOME Leonardo, COGNOME NOME, COGNOME Pasquale, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME e li condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Salvatore, COGNOME NOME e COGNOME NOME e li condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28, reg. esec. cod. proc. pen. Così deciso in Roma, il 12 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME