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Associazione mafiosa: i criteri della Cassazione

La Corte di Cassazione si è pronunciata su una complessa vicenda di criminalità organizzata, delineando i confini tra semplice associazione per il traffico di stupefacenti e vera e propria associazione mafiosa. Analizzando il conflitto tra due clan rivali per il controllo del territorio, la Corte ha confermato che l’uso di violenza estrema, la capacità di intimidazione diffusa e l’obiettivo di egemonia criminale sono elementi qualificanti del metodo mafioso, anche per gruppi di nuova formazione. La sentenza ha parzialmente annullato l’ordinanza cautelare per alcune accuse specifiche, ritenute non supportate da sufficiente gravità indiziaria, rigettando però i ricorsi nel merito della qualificazione mafiosa per i principali indagati.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione mafiosa: quando la scissione da un clan storico genera un nuovo sodalizio

La recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre un’importante analisi sui criteri per qualificare un’organizzazione criminale come associazione mafiosa ai sensi dell’art. 416-bis del codice penale, distinguendola da una ‘semplice’ associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La sentenza esamina una complessa vicenda nata dalla faida tra due gruppi criminali per il controllo di un’area metropolitana, chiarendo quali elementi fattuali dimostrano l’impiego del ‘metodo mafioso’.

I Fatti: la guerra tra clan per il controllo del territorio

Il caso trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Napoli. Secondo l’accusa, un gruppo criminale (“Cittadella”), sorto da una scissione da una storica consorteria camorristica (“Stadera”), aveva tentato di conquistare il predominio su una porzione di territorio già controllata dal clan originario. Ne era scaturito un violento conflitto, caratterizzato da agguati a colpi d’arma da fuoco, che si era poi concluso con una tregua e un accordo per la spartizione delle aree di influenza.

Il Giudice per le indagini preliminari (GIP) aveva inizialmente escluso la natura mafiosa del nuovo gruppo, ritenendolo unicamente dedito al narcotraffico. Il Pubblico Ministero aveva però impugnato tale decisione, sostenendo che il collegamento con lo storico clan di provenienza, le mire egemoniche, l’uso di violenza estrema e il successivo ‘patto’ di pace fossero chiari indicatori della natura mafiosa del sodalizio. Il Tribunale del riesame accoglieva l’appello del PM, applicando la custodia cautelare in carcere per il reato di associazione mafiosa a numerosi indagati, i quali proponevano ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha emesso una decisione articolata, valutando singolarmente le posizioni dei vari ricorrenti:

* Rigetto dei ricorsi principali: Per i vertici dei clan e i partecipanti chiave, la Corte ha rigettato i ricorsi, confermando l’impianto accusatorio e la qualificazione del gruppo come associazione mafiosa.
* Annullamento parziale con e senza rinvio: Per alcuni indagati e per specifiche accuse, la Corte ha annullato l’ordinanza. In un caso, l’annullamento ha riguardato un’accusa di detenzione d’arma da fuoco, ritenuta basata su elementi puramente congetturali. In altri, ha rinviato al Tribunale per una nuova valutazione sulla scelta della misura cautelare o sulla gravità indiziaria di un altro reato in materia di armi, lamentando una carenza di motivazione.
* Dichiarazione di inammissibilità: Diversi ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché ritenuti generici, fattuali o perché non si confrontavano adeguatamente con le motivazioni dell’ordinanza impugnata.

Le motivazioni: i criteri qualificanti dell’associazione mafiosa

Il cuore della sentenza risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha confermato la natura mafiosa del gruppo “Cittadella”. La Corte ha stabilito che la valutazione non può essere frammentaria, ma deve considerare una serie di elementi nel loro complesso. I giudici hanno identificato i seguenti indici come decisivi:

1. Contesto e provenienza: Il gruppo non è nato dal nulla, ma da una scissione di una cosca storica, ereditandone il ‘vissuto’ criminale e le logiche operative.
2. Modalità operative cruente: Il ricorso a una violenza estrema, come agguati armati, non era finalizzato solo a vincere la concorrenza nel narcotraffico, ma a ingenerare un’intimidazione diffusa e a imporre la propria supremazia sul territorio, un tratto tipico del metodo mafioso.
3. Obiettivo egemonico: Lo scopo non era solo il profitto, ma la conquista di ‘fette di mercato’ e di territori sottraendoli ad altre formazioni di riconosciuta matrice mafiosa.
4. Riconoscimento esterno: Il fatto che il conflitto si sia concluso con un patto di spartizione e reciproca lealtà con il clan avversario costituisce un ‘riconoscimento’ della forza e della natura del nuovo gruppo, trattato come un interlocutore di pari livello nel panorama criminale.

La Corte ha inoltre chiarito che, sebbene la disponibilità di armi sia un’aggravante anche per le associazioni dedite al narcotraffico, il loro effettivo e spregiudicato utilizzo per uccidere o ferire i rivali è un ‘quid pluris’ che qualifica la connotazione mafiosa del gruppo.

Per quanto riguarda gli annullamenti parziali, la Corte ha agito come custode del principio di legalità, censurando le parti dell’ordinanza in cui la gravità indiziaria si fondava su supposizioni e non su prove concrete (come nel caso dell’arma che nessuno aveva effettivamente visto) o dove la motivazione sulla necessità del carcere era insufficiente, specie a fronte di situazioni specifiche (come un percorso terapeutico in atto).

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per definire un’associazione mafiosa, è necessario guardare oltre l’attività criminale prevalente (come il narcotraffico) e analizzare le modalità con cui essa viene perseguita e gli obiettivi ultimi del gruppo. La capacità di esercitare un potere intimidatorio sul territorio e di porsi come un’entità sovrana in grado di negoziare con altri clan sono elementi distintivi. La decisione della Cassazione funge da guida per distinguere i fenomeni criminali e assicura che le misure cautelari più gravi siano fondate su un quadro probatorio solido e una motivazione rigorosa, censurando le decisioni basate su mere congetture.

Quali sono gli elementi chiave per qualificare un gruppo come associazione mafiosa secondo la Cassazione?
Secondo la Corte, gli elementi decisivi sono: il contesto di provenienza da un clan storico, l’uso di violenza estrema per generare intimidazione diffusa (il ‘metodo mafioso’), l’obiettivo di controllo egemonico del territorio e il riconoscimento da parte di altre formazioni criminali come entità di pari livello.

Perché la Corte ha annullato l’ordinanza per alcune accuse ma non per altre?
La Corte ha annullato le misure cautelari per quelle accuse specifiche in cui la gravità indiziaria era basata su elementi puramente congetturali o supposizioni (ad esempio, la detenzione di un’arma mai vista), piuttosto che su prove concrete. Ha invece confermato le misure per le accuse supportate da solidi elementi probatori, come le intercettazioni e le dinamiche del conflitto tra i clan.

Un ricorso può essere dichiarato inammissibile? Cosa significa?
Sì, un ricorso può essere dichiarato inammissibile se è generico, non contesta specificamente le argomentazioni del provvedimento impugnato, oppure solleva questioni di merito (valutazione dei fatti) che non sono di competenza della Corte di Cassazione. In tal caso, il ricorso non viene esaminato e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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