Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17924 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17924 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Lecce il 14/8/1983
avverso l’ordinanza del 21/12/2024 del Tribunale di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che ha chiesto di
accogliere il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21 dicembre 2024 il Tribunale di Lecce, in accoglimento dell’appello cautelare proposto dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, ha disposto nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere
in riferimento ai reati di cui all’art. 416-bis cod. pen., per la partecipazione a Sacra Corona Unita, frangia facente capo a NOME, COGNOME NOME e COGNOME Santo (capo 1), e agli artt. 110, 648-ter.1, 416-bis.1. cod. pen. (capi 119, 134 e 136).
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME COGNOME che ha dedotto i seguenti motivi.
2.1. Erronea applicazione dell’art. 416-bis cod. pen. e manifesta illogicità della motivazione, per essersi il Tribunale dilungato a dimostrare la sussistenza dei gravi indizi del delitto di cui al capo 1), senza considerare correttamente i rilievo del Giudice per le indagini preliminari circa l’intervenuta condanna dell’indagato per lo stesso delitto, commesso sino all’il giugno 2021. Il percorso logico, seguito dal Tribunale, sarebbe manifestamente contraddittorio poiché, dopo aver ritenuto utilizzabile la lettera sequestrata il 14 luglio 2021 presso le Poste Italiane di Nuoro, ha osservato che, in ogni caso, pur escludendo il documento dal novero degli atti di indagine legittimamente assunti, la gravità indiziaria sulla sussistenza del reato di associazione mafiosa doveva ritenersi integrata sulla base di tutti gli altri elementi acquisiti, ma questi ultimi er relativi a fatti e circostanze ricadenti in epoca ampiamente anteriore al 10 giugno 2021.
2.2. Violazione di legge, per avere ritenuto utilizzabile la lettera sequestrata, pur se proveniente da detenuto non sottoposto a controllo ex art. 18-ter Ord. pen.
2.3. Erronea applicazione dell’art. 416-b/s.1 cod. pen. in relazione ai reati di cui ai capi 119), 134) e 136), non emergendo alcuna motivazione sul vantaggio che il clan avrebbe tratto dalla gestione di “RAGIONE_SOCIALE” o di “RAGIONE_SOCIALE“, attribuita ai coniugi COGNOME, posto che i denari impiegati erano profitti illeciti della famiglia COGNOME e non del clan.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
Il secondo motivo, da cui occorre prendere le mosse per ragioni di ordine logico, è infondato.
Quanto alla lettera sequestrata il 14 luglio 2021 presso le Poste Italiane di Nuoro, il cui mittente formale era il detenuto NOME COGNOME e non NOME COGNOME il Tribunale ha affermato che risultavano osservate le disposizioni di cui agli artt. 254 cod. proc. pen. (sequestro probatorio di corrispondenza presso il
servizio postale quando vi sia fondato motivo di ritenere che sia stata spedita dall’indagato, anche sotto diverso nome, o comunque possa avere relazione con il reato per cui si procede), 353 cod. proc. pen. (acquisizione di corrispondenza da parte della polizia giudiziaria, con conseguente apertura della busta e accertamento del contenuto su autorizzazione del pubblico ministero) e 366 cod. proc. pen. (deposito ritardato degli atti disposto dal pubblico ministero con decreto motivato), in quanto il plico, regolarmente consegnato dall’Istituto penitenziario all’ufficio postale per l’inoltro all’apparente destinataria NOME COGNOME era stato sequestrato dal personale della Questura il 14 luglio 2021 e aperto il 18 luglio 2021, previa autorizzazione del Pubblico ministero in data 15 luglio 2021.
Nessun ostacolo vi era, quindi, riguardo all’utilizzabilità di tale lettera. Siffatte argomentazioni sono corrette.
Va premesso che non giova a supportare la tesi dell’inutilizzabilità della lettera in questione il richiamo all’art. 18-ter dell’Ord. pen., effettuato dal ricorente.
Tale disposizione, inserita, anche a seguito di numerose decisioni della Corte E.D.U. (v., tra le tante, sentenze del 23 febbraio 1993, Messina c. Italia, del 15 novembre 1996, COGNOME c. Italia e del 26 luglio 2001, COGNOME c. Italia), dalla legge 8 aprile 2004, n. 95, stabilisce che, per esigenze attinenti all indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto, possono essere disposti, nei confronti dei singoli detenut o internati, per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi: a) limitazioni nella corrispondenza epistolare e telegrafica e nella ricezione della stampa; b) la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo; c) il controllo del contenuto delle buste che racchiudono la corrispondenza, senza lettura della medesima.
Lo stato di costrizione del soggetto, che intrattiene corrispondenza con un soggetto libero, riceve, quindi, specifica tutela, non potendo egli fare altro che affidarsi, per i suoi contatti epistolari, all’amministrazione penitenziaria, c smista la posta diretta ai detenuti o da loro spedita. Proprio in ragione della speciale condizione del detenuto, a cui deve essere comunque assicurato il rispetto dei diritti fondamentali (v., tra le altre, Corte cost., sent. n. 212 1997 e 26 del 1999), l’art. 18-ter Ord. pen. disciplina, attraverso un’apposita regolamentazione, tra l’altro con previsione di limiti temporali e della facoltà d reclamo, i poteri di intrusione dell’autorità giudiziaria nella corrispondenza, che transita per gli istituti penitenziari.
Per altro verso, come in particolare puntualizzato dalle Sezioni unite nella sentenza n. 28997 del 19 aprile 2012 (Pasqua, Rv. 252893 – 01), va osservato
che la materia delle intrusioni investigative sulla “corrispondenza” è regolata dall’art. 254 cod. proc. pen., che, rispetto alla normativa generale in tema di sequestri (art. 253 cod. proc. pen.), si atteggia quale disciplina speciale, i quanto incidente su aspetti presidiati dall’art. 15 Cost. (nonché dall’art. 8 dell CEDU), e che ha ad oggetto il sequestro della corrispondenza presso gestori (anche privati) di servizi postali (o, deve ritenersi, di quella che si trovi in lu accessori quali le cassette postali o che sia in via di recapito tramite portalettere).
In base all’art. 254 cod. proc. pen. il sequestro da parte dell’autorità giudiziaria «di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi o altri oggetti corrispondenza» è assistito da particolare garanzie.
Ciò però non significa, come invece sotteso alla prospettazione del ricorrente, che, se il detenuto non è sottoposto a controllo ai sensi dell’art. 18 ter Ord. pen., non può essere effettuato il sequestro presso l’ufficio postale della sua corrispondenza, in presenza di tutti i presupposti indicati dall’art. 254 cod. proc. pen.
Trattasi, infatti, di due discipline (quella del controllo all’interno del carcer del sequestro presso gli uffici postali) che non postulano un’applicazione congiunta.
Va dunque condiviso il rilievo del Tribunale, secondo cui «sarebbe aberrante sostenere che non possano essere sequestrate lettere, contenenti indizi di reato, inviate da un detenuto sotto falso nome, ove già smistate al servizio postale dall’Istituto carcerario, per il solo caso che non fosse in corso il controllo del corrispondenza previsto dall’ordinamento penitenziario».
Ne discende che nessuna violazione di legge si è verificata nel caso in esame con riguardo alla ritenuta utilizzabilità della lettera in questione, sequestrat presso l’ufficio postale e a seguito di autorizzazione del Pubblico ministero.
3. Il primo motivo è fondato.
Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine all partecipazione del ricorrente all’associazione mafiosa di cui al capo 1), avendo valorizzato una serie di elementi, diffusamente passati in rassegna. Ha aggiunto che, anche escludendo la lettera sequestrata, diretta a NOME COGNOME, i residui elementi consentivano di ritenere comprovata la gravità indiziaria a carico del ricorrente.
Di contro, il Giudice per le indagini preliminari era approdato ad opposta conclsuione e aveva affermato, tra l’altro, che, pur ammettendo l’esistenza di un clan mafioso COGNOME, si porrebbe un problema di bis in idem, in quanto nel procedimento n. 9621/2017 l’indagato era stato condannato per il reato di cui
all’art. 416-bis cod. pen. e, poiché la sentenza di condanna di primo grado è stata emessa 1’11 giugno 2021, la permanenza doveva ritenersi cessata a quella data. «L’unico dato successivo era costituito dalla missiva inviata a NOME COGNOME, sequestrata nel luglio 2021, che è un documento significativo ma equivoco, perché non consente di capire se il nuovo assetto fortissimo riguardasse il sodalizio mafioso o, come più probabile, consistesse in una riorganizzazione del traffico di stupefacenti».
Alla luce di quanto precede va rilevato che gli elementi valorizzati dal Tribunale documentano attività poste in essere in date antecedenti alla sentenza di condanna del ricorrente per la partecipazione al sodalizio mafioso di cui al capo 1), che ha determinato la cessazione della permanenza del reato associativo. Riguardo a tali attività, che secondo l’ordinanza impugnata potrebbero da sole integrare la gravità indiziaria, pur a prescidere dalla lettera sequestrata a luglio 2021, il Tribunale pare non essersi posto il problema della loro collocazione temporale nel periodo oggetto della menzionata pronuncia di condanna, non avendo spiegato perché esse potessero costituire gravi indizi della intraneità del ricorrente allo stesso sodalizio mafioso anche in data successiva alla intervenuta sua condanna.
Valorizzando, invece, quale circostanza successiva alla sentenza di condanna, la lettera sequestrata a luglio 2021, va rilevato che il Tribunale non ha adeguatamente illustrato perchè, pur a fronte della ritenuta sussistenza di due associazioni, l’una delle quali dedita al narcotraffico, il riferimento, effettuato ricorrente, a un nuovo gruppo e a “vecchie glorie” deponesse per il riavvio del sodalizio mafioso.
Neppure risultano chiarmente indicate le ragioni per cui il Tribunale ha ritenuto che, con il riferimento a sé e a tale M (identificato in NOME COGNOME detto NOME) quali garanti, il ricorrente avesse alluso al controllo del territor da lui svolto quale partecipe del sodalizio mafioso e non di quello dedito al narcotraffico, che, secondo quanto indicato dal Giudice per le indagini preliminari, costituiva l’attività principale dello stesso ricorrente.
Non può peraltro trascurarsi che l’esistenza di una gerarchia e il controllo del territorio (aspetti sottolineati dal Tribunale) sono dati che ricorrono anche nelle associazioni dedite al narcotraffico, mentre l’elemento che caratterizza l’associazione di tipo mafioso rispetto all’associazione dedita al narcotraffico è costituito dal profilo programmatico dell’utilizzo del metodo, che, nell’associazione di cui all’art. 416-bis cod. pen., si estrinseca nell’imposizione d una sfera di dominio sul territorio, con un’operatività non limitata al traffico sostanze stupefacenti, ma estesa a svariati settori, in cui si inseriscono l’acquisizione della gestione o del controllo di attività economiche, concessioni,
appalti e servizi pubblici, l’impedimento al libero esercizio del voto, procacciamento di voti in occasione delle consultazioni elettorali (Sez. 6, n.
31908 del 14/05/2019, COGNOME, Rv. 276469 – 01).
Nel caso in esame, però, non risultano adeguatamente illustrate le ragioni per cui il ricorrente intendesse riferirsi al controllo del territorio non limita
traffico di sostanze stupefacenti
( ma esteso a svariati settori.
Le GLYPH
rilevate
GLYPH
criticità
GLYPH
della GLYPH
motivazione GLYPH
impongono GLYPH
l’annullamento dell’ordinanza impuganta con rinvio al Tribunale di Lecce, che effettuerà un
nuovo giudizio, colmando i vuoti argomentativi segnalati.
4. Anche il terzo motivo è fondato.
Nessuna risposta, infatti, è stata data al rilievo, sollevato dalla difesa de ricorrente, sulla insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
contestta con riguardo ai reati di cui ai capi 119), 134) e 136).
Anche per tale ragione si impone l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo giudizio sul punto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al tribunale di Lecce competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Così deciso il 10 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Il Preside fp