Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8563 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8563 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 10/03/1960
avverso l’ordinanza del 15/03/2024 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
udito il difensore, avvocato NOME COGNOME del foro di MILANO in proprio e quale sostituto processuale, per delega orale, dell’avvocato COGNOME del foro di MILANO, che si Ł riportandosi ai motivi di ricorso, depositando note udienza ed ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Milano (SIUS 2579/2014 ORD. N. 4953/2015) del 24/06/2015 dep. il 25/06/2015.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata nel preambolo, il Tribunale di Milano, investito dell’appello del Procuratore della Repubblica ex art. 310 cod. proc. pen. avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, in data 26 settembre 2023, ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui all’art. 416bis cod. pen., contestato al capo 1).
Secondo il Tribunale, la piattaforma probatoria acquisita a carico dell’indagato – costituita prevalentemente da un’imponente mole di conversazioni captate principalmente in ambientale e dall’attività investigativa svolta dalla polizia giudiziaria per interpretarne il contenuto e riscontrare gli aspetti piø significativi -presenta, contrariamente a quanto ritenuto dal GIP, i caratteri richiesti dall’art. 273 cod. proc. pen.
COGNOME Ł stato raggiunto da gravi indizi di colpevolezza per avere fatto parte, con il ruolo di promotore ed organizzatore, di un’associazione mafiosa operante nel territorio lombardo, con espressione sintetica definita ‘sistema mafioso lombardo’, costituita da appartenenti alle tre diverse organizzazioni di stampo mafioso – cosa nostra, ndrangheta e camorra – da tempo operanti nel territorio lombardo ed avente struttura confederativa orizzontale posto che i vertici di ciascuna delle
componenti mafiose su tutti sullo stesso stesso livello.
Ritiene l’ordinanza impugnata che il consorzio fra le strutture criminali già operanti ha dato vita ad una diversa ed autonoma associazione di modello mafioso costituita da soggetti, alcuni dei quali già condannati per l’appartenenza a mafie storiche, che si sono associati al fine di realizzare gli scopi tipici del reato di cui all’art. 416 -bis cod. pen.
Si tratta di una compagine dotata di una autonoma struttura organizzativa, che prevede frequenti summit per l’adozione delle principali decisioni operative e che si Ł avvalsa della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento da esso promanante sia per commettere, nel territorio delle città di Milano, Varese e zone limitrofe, varie attività delittuose (delitti contro il patrimonio, violazioni della disciplina degli stupefacenti e delle armi) sia per esercitare il controllo del territorio.
In particolare, il ‘sistema mafioso lombardo’ ha sfruttato tale forza peculiare:
per risolvere controversie scaturenti da affari leciti e illeciti;
per mantenere contatti con esponenti del mondo politico ed economico;
per condizionare il libero esercizio del voto;
per infiltrare il tessuto sociale ed economico al fine di alterare e condizionare il libero mercato anche attraverso il controllo di attività economiche nel settore della logistica ed in quello edilizio, sanitario, delle piattaforme e-commerce, ristorazione, noleggio veicoli, gestione di parcheggi aeroportuali, petrolchimico ed importazione di materiali ferrosi.
Indice di autonomia organizzativa ed operativa dell’organizzazione Ł la presenza di una cassa comune, nella quale confluivano somme di denaro ricavate dall’attività sociale e destinate al sostentamento dei sodali detenuti, ed era dedita a massimizzare i proventi illeciti attero sofisticate manovre finanziarie tramite un complesso sistema di società intestate a prestanomi nelle quali erano reinvestiti i profitti illeciti per svolgere attività economiche lecite.
I legami ed i rapporti vantati dai singoli associati con i gruppi criminali di riferimento originario non hanno rappresentato un ostacolo all’autonomia del nuovo gruppo: gli associati si sono coagulati in piø articolazioni in ragione non dell’originaria appartenenza o vicinanza ad una tre mafie storiche, ma delle loro specializzazioni operative mentendo sempre un elevato grado di indipendenza e libertà decisionale ed operativa.
Il ‘capitale sociale’ rappresentato dagli ascendenti criminali di ogni partecipe Ł stato messo a disposizione di tutto il nuovo sodalizio che lo ha speso per realizzare gli scopi comuni.
Non si tratta di una struttura organizzata in senso verticistico ma in senso orizzontale: ciascuna appartenente mantiene un certo margine di autonomia nell’operatività, impegnandosi, tuttavia, di volta in volta a trovare la migliore sintesi tra interessi, anche contrapposti, per assicurare continuità nelle relazioni ed il massimo profitto in ragione della condivisione della ragione fondativa del gruppo, che assume, pertanto, i contorni tipici dell’affectio societatis.
Emblematica, a quest’ultimo proposito, Ł la controversa ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in cui, a prescindere dall’origine dei rapporti debito credito, tutti i soggetti coinvolti, tra cui Fidanzati, accettano la possibilità di una composizione unitaria anche a discapito delle rispettive pretese pur di ‘trovare la quadra’ e continuare a ‘guadagnare tutti’, evitando di farsi la guerra e per racconto via riuscire la buona riuscita degli affari illeciti in corso di interesse comune.
Il sistema mafioso lombardo , pur mutuando la natura mafiosa dell’organizzazione della forza di intimidazione da quella dei suoi singoli componenti, come tali conosciuti nei vari territori di operatività e riferimento, Ł un gruppo autonomo e di tale peculiare caratteristica sono pienamente consapevoli i suoi componenti, i quali, pur essendo di estrazione criminale diversa, in una delle conversazioni intercettate espressamente convengono sulla loro appartenenza ad ‘una famiglia unica’.
Ulteriore elemento ritenuto significativo della esistenza di una associazione criminosa di diversa natura e compagine, Ł l’accertata esistenza di un fondo comune, alimentato dagli associati e destinato alle esigenze dei sodali protetti.
E’ adeguatamente dimostrato l’impiego della forza di intimidazione e la diffusa condizione di assoggettamento ed omertà.
Quanto al contributo associativo di COGNOME, ritiene il Tribunale che egli ha operato all’interno del sodalizio quale referente per l’area lombarda dell’omonima famiglia mafiosa, anche recandosi piø volta in Sicilia per incontrare esponenti di vertice. Ha disimpegnato compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle azioni da compiere e delle strategie da adottare per la realizzazione degli scopi illeciti del sodalizio.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME per il tramite dei difensori di fiducia avv. ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno depositato due distinti atti: uno a firma di entrambi, l’altro del solo avv. NOME
2.1. Nel ricorso sottoscritto dagli avv. ti COGNOME Ł sollevata una questione di legittimità costituzionale e sono sviluppati tre motivi, la cui esposizione Ł preceduta da osservazioni preliminari sulla correttezza dell’inquadramento giuridico operato dal Gip, in sintonia coi principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità anche a Sezioni unite, sulla natura della decisione cautelare e sulle regole di valutazione e di utilizzo del materiale probatorio ai fini della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
2.1.1. La questione di costituzionalità ha ad oggetto l’insanabile contrasto tra le norme del codice di rito che stabiliscono ‘stringenti termini di impugnazione’ e di ‘interrogatorio’ del sottoposto alla misura cautelare e il diritto di difesa, tutelato dall’art. 24, secondo comma, Cost., nonchØ la presunzione di innocenza, prevista dall’art. 27, secondo comma, della Carta fondamentale.
Piø in dettaglio, le disposizioni degli artt. 309 e 311 cod. proc. pen., nella parte in cui stabiliscono i termini entro cui deve essere impugnata ed emessa, a pena di inefficacia della misura cautelare, la decisione del Tribunale del riesame ed entro cui tale provvedimento può essere impugnato dinanzi alla Corte di cassazione, senz’altro ‘rilevanti’ nell’attuale fase, hanno un contenuto precettivo contrastante con le ricordate norme costituzionali qualora, come nel caso in esame, le indagini preliminari riguardino centinaia di imputati ed imputazioni e relativo fascicolo processuale sia composto da migliaia di pagine.
2.1.2. Con il primo motivo, COGNOME denuncia l’osservanza di norme processuali a mente dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen.
Lamenta l’impiego di ‘tutti gli artifici processuali comunemente utilizzati per aggirare i termini di legge’.
Ciò Ł tanto vero che all’indagato non Ł stata mai notificato alcuna richiesta di proroga delle indagini preliminari, che hanno avuto inizio nel lontano anno 2015. Ne segue l’inutilizzabilità di tutte le prove acquisite in violazione delle norme processuali che fissano divieti e prescrizioni comunque operative nella fase delle indagini preliminari.
2.1.3. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge penale con riferimento all’erronea applicazione dell’art. 416bis cod. penna.
Dall’esame del materiale di indagine non Ł possibile ricavare l’esistenza di un’associazione di tipo confederativo che raggruppa al suo interno le diverse componenti criminali riconducili alla mafia, alla ndrangheta ea alla camorra.
Non risulta provata l’esistenza del vincolo associativo.
Nessun indagato per l’associazione di cui al capo 1) Ł stato mai sottoposto ad una cerimonia rituale sicchØ Ł plausibile ritenere che la realizzazione in forma collettiva dei reati sia avvenuta secondo il paradigma del concorso.
E’ assente la prova dell”esternazione del metodo mafioso’, che pure costituisce uno degli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 416bis cod. pen.
Certamente, non rilevano ai fini della dimostrazione di tale requisito i contatti e le frequentazioni fra gli indagati, afferenti, oltre a conoscenze personali, a cointeressenze in tentativi imprenditoriali, rivelatisi, peraltro, fallimentari (tra gli altri il noleggio di gommoni, le attività edilizie, il commercio di guanti monouso e di mascherine).
E’ vero che COGNOME ha accettato un lavoro subordinato da NOME COGNOME e che per tale ragione ha cercato di aiutarlo; ma lo ha sempre fatto senza ricorrere a minacce e intimidazioni.
E’ altrettanto vero che COGNOME ha presenziato ad alcuni incontri, impropriamente definiti summit, con soggetti gravati, come lui, da precedenti penali, ma le conversazioni captate, tutte riferite a svariate iniziative imprenditoriali, non evidenziano, nØ nel linguaggio nØ nel contenuto, indizi di mafiosità.
Non vi Ł negli atti di indagine alcun indizio della struttura organizzativa orizzontale di cui parla il provvedimento impugnato; Ł, invece, evidente che COGNOME, immune da precedenti specifici per reati di matrice mafiosa, ha assunto nelle singole vicende un ruolo del tutto marginale, sindosi ad eseguire le direttive del suo datore di lavoro. Non a caso Ł stata esclusa la sua partecipazione a tutti i reati fine.
Non vi Ł traccia negli atti di indagine della cosiddetta ‘bacinella’, ovvero del contenitore nel quale i presunti associati avrebbero versato denaro per il mantenimento dei sodali detenuti.
Solo uno degli indagati, NOME COGNOME fa riferimento nelle conversazioni alla necessità di mantenere i detenuti, a cominciare da NOME COGNOME che Ł un suo parente. Il richiamo al pagamento della parcella dell’avvocato di COGNOME Ł inconferente.
2.1.4. Con il terzo motivo si deduce errata applicazione della legge penale nonchØ travisamento della prova in relazione ai gravi indizi di colpevolezza.
Il Tribunale Ł pervenuto alla conclusione che COGNOME Ł esponente di spicco di un’associazione trasversale, censurando erroneamente le valutazioni del Gip e non valutando obiettivamente il materiale investigativo raccolto.
In quest’ottica ha considerato COGNOME ‘mafioso’ per diritto ereditario, valorizzando le sue parentele con soggetti che hanno riportato condanne per questo titolo di reato ed ha ritenuto accertato le intestazioni fittizie del tutto trascurando che nessuna delle iniziative economiche Ł stata condotta da COGNOME con l’impiego di intimidazioni e che non sono stati conseguiti profitti.
Nessuna prova riscontra la forza intimidatoria espressa nel territorio dalla nuova associazione.
Come rilevato dal Gip nell’ordinanza di rigetto, l’Accusa non ha adempiuto all’onere di individuare e tipizzare un’autonoma associazione criminale che abbia acquisito la necessaria forza di intimazione e l’abbia concretamente estrinsecata. Al contrario, non Ł stato individuato alcun atto di intimidazione riconducibile agli indagati nello svolgimento delle piø disparate attività economiche.
Non sono stati indicati elementi fattuali specifici da cui potere desumere che la collettività di riferimento abbia percepito l’esistenza del gruppo criminale di stampo mafioso venendo condizionata in qualche modo dalla sua forza di intimidazione, sia pure latente.
Come avvenuto in altri procedimenti penali definiti dall’Autorità giudiziaria di Milano, analiticamente ricordati nelle pagine da 134 e seg. del ricorso, il Pubblico ministero, in stridente contrasto coi principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, procedente non ha ritenuto necessario ai fini della dimostrazione dell’esistenza dell’associazione mafiosa la prova adeguata del concreto esercizio del metodo mafioso, tale elemento Ł invece imprescindibile.
Senza alcuna logica giustificazione Ł stato ritenuto non plausibile che singoli gruppi appartenenti alle mafie storiche possano allearsi tra loro senza dare vita ad una nuova e diversa entità dotata di forza intimatrice autonoma.
In conclusione, il provvedimento impugnato ha applicato erroneamente l’art. 416-bis cod. pen. a fatti concreti che non rientrano nella sua sfera di applicazione, anche utilizzando informazioni non presenti nel processo ed omettendo di valutare si rivelano decisive.
2.2. Nell’atto a firma dell’avv. NOME COGNOME articolato un unico motivo con cui si denuncia vizio di motivazione.
Lamenta la difesa del ricorrente che il pericolo di reiterazione del reato Ł stata desunta esclusivamente dai precedenti penali dell’indagato trascurando la loro risalenza nel tempo
In contrasto con i principi affermati dalla richiamata giurisprudenza di legittimità, nessuna argomentazione Ł stata utilizzata per spiegare l’attualità e la concretezza dell’individuata esigenza cautelare. Le affermazioni riguardanti il legame di Fidanzati con la criminalità organizzata sono formulate in modo generico e non supportate da provare concreto che dimostrano un attuale coinvolgimento dell’indagato in attività illecite
Altrettanto generico Ł la motivazione a sostegno dell’esigenza cautelare del pericolo di inquinamento probatorio; non sono state esplicitate le prove che potrebbero essere compromesse.
2.3. Con la nota depositata in udienza l’avv. COGNOME evidenzia ulteriori criticità motivazionali in tema di gravità indiziaria con riferimento al terzo motivo del ricorso principale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Nessuno dei motivi dedotti supera il vaglio di ammissibilità.
La questione di costituzionalità Ł manifestamente infondata.
Come già chiarito dalla Consulta in due decisioni, l’ordinanza n. 126 del 1993 e l’ordinanza n. 201 del 1996, in cui sono state esaminate questioni di legittimità costituzionale dell’art. 309, commi 8, 9 e 10, del codice di procedura penale, per contrasto, tra gli altri, con il parametro costituzionale del diritto di difesa di cui all’art. 24, secondo comma, della Costituzione, nei procedimenti caraterizzati da un numero elevato di posizioni da riesaminare e dalla particolare complessità delle indagini, ‘la previsione di un termine perentorio breve per l’adozione della decisione sulla richiesta di riesame … non può dirsi lesiva del diritto di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione, ma realizza, al contrario, una forma di tutela del soggetto che ha impugnato il provvedimento, evitando che questi possano essere in alcun modo danneggiati da inadempienze o ritardi dell’autorità giudiziaria’.
Anche i termini perentori previsti per l’espletamento dell’interrogatorio di garanzia e per proposta ricorso per cassazione avverso le ordinanze de libertate sono stati previsti per salvaguardare l’indagato dagli stessi rischi.
Analoghe considerazioni possono essere ripetute per escludere la violazione del parametro della presunzione di innocenza di cui all’art. 27, secondo comma, Cost.
Per altro, nel caso in esame, il lungo lasso temporale trascorso tra la celebrazione dell’udienza di discussione dell’appello del Pubblico ministero ed il deposito della ordinanza oggi impugnata ha consentito alla difesa, nelle more venuta a conoscenza degli atti di indagine, un adeguato studio strumentale ai rimedi impugnatori previsti dall’ordinamento.
Il primo motivo, relativo all’inosservanza di norme processuali previste a pena di nullità o inutilizzabilità nella fase delle indagini preliminari, a cominciare da quelle in tema di proroga del termine di scadenza, Ł formulato in termini generici ed Ł comunque manifestamente infondato.
La ricorrente opina che le prove acquisite a suo carico nel corso delle indagini preliminari protrattesi per molti anni, dal 2015 in poi, sono inutilizzabili perchØ non precedute dalla notifica del decreto di proroga con conseguente elevata probabilità che le stesse siano state compiute dopo la
scadenza del termine di durata massima di tale fase procedimentale.
L’assunto, sfornito di qualunque indicazione specifica, non tiene conto del principi enunciati in materia dalla giurisprudenza di legittimità.
E’ pacifico che nel procedimento di riesame delle misure cautelari personali, fra gli atti da trasmettere ai sensi dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen non vanno ricompresi quelli a contenuto meramente processuale, che non costituiscono elementi sui quali si fonda il provvedimento limitativo della libertà ai sensi dell’art. 291, comma 1, cod. proc., pen. (Sez. F, n. 34858 del 30/07/2015, COGNOME, Rv. 264502, che ha affermato tale principio proprio con riguardo alla mancata trasmissione del decreto di proroga dei termini per le indagini preliminari).
Se sussistono elementi che fanno sorgere dubbi sulla inutilizzabilità degli atti per violazione dei termini di durata massima delle indagini ex art. 407, comma 3, cod. proc. pen., Ł, quindi, la difesa che deve attivarsi richiedendo alla cancellazione una specifica attestazione (Sez. 2, n. 32285 del 01/02/2001, Messina, Rv. 219673; conformi: Sez. 1, n. 26415 del 18/06/2002, COGNOME e a., Rv. 221730; Sez. 1, 21977 del 06/03/2003, COGNOME, Rv. 226881;
Non può, invece, attivarsi di ufficio il tribunale del riesame che Ł privo di poteri istruttori in relazione ai fatti relativi all’imputazione, incompatibili con la speditezza del procedimento incidentale de libertate, dovendo limitarsi, ai fini della decisione, alla valutazione delle risultanze processuali già acquisite o degli elementi eventualmente prodotti dalle parti nel corso dell’udienza (Sez. 1, n. 23869 del 22/04/2016, COGNOME, Rv. 267993).
Nel caso in verifica il ricorrente non assumere nemmeno di avere chiesto e di non avere ottenuto la comunicazione della data di sua iscrizione nel registro delle notizie di reato al fine di comprovare la di inutilizzabilità degli atti eventualmente fatti dopo il decorso del termine massimo di durata delle indagini preliminari.
Va, infine, rammentato che l’omessa notifica all’indagato della richiesta di proroga delle indagini preliminari non Ł causa di nullità, nØ determina l’inutilizzabilità degli atti d’indagine completi dopo la sua presentazione (Sez. 3, n. 23953 del 12/05/2015, COGNOME, Rv. 263653 – 01).
Il secondo ed il terzo motivo, relativi sotto diversi profili alla gravità indiziaria, sono manifestamente infondati.
3.1. In premessa, vanno ricordati i limiti che incontra il giudizio di questa Corte di cassazione sui provvedimenti applicativi di misure cautelari personali in ordine alla verifica di sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex art. 273 cod. proc. pen.)
Il controllo di legittimità deve riscontrare, nei limiti della devoluzione, la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Non può, quindi, intervenire nella ricostruzione dei fatti nØ sostituire l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori ma deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia:
a) sia «effettiva» e non meramente apparente;
b) non sia «manifestamente illogica», in quanto risultano sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;
c) non sia «internamente contraddittoria», ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;
d) non risultare logicamente «incompatibile con altri atti del processo» (che devono essere indicati dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per cassazione in modo specifico ed esaustivo) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.
Per la configurabilità del vizio della motivazione non Ł, dunque, sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione piø persuasiva
di quella fatta propria dal giudicante; Ł, invece, necessario che detti atti siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa racconto che la loro rappresentazione sia in grado di disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione.
Di conseguenza, non possono ritenersi ammissibili le censure che, pur formalmente investendo la motivazione, si risolvono in realtà nella sollecitazione a compiere una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito: quindi, ove sia denunciato il vizio di motivazione del provvedimento cautelare in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, la Corte di legittimità deve controllare essenzialmente se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e verificato la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l’apprezzamento delle risultanze probatorie (v. sull’argomento Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 6, 15 marzo 2006, COGNOME Rv. 233708; Sez. 1, n.41738 del 19/10/2011, Rv. 251516; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460).
Sono, pertanto, inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non si manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n.9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv.262965).
Corollario di racconto pacifico approccio Ł il principio, ribadito anche dal massimo consenso di questa Corte, assai di rilievo nel procedimento in esame, in cui le prove sono costituite in larga parte da captazioni di conversazioni, secondo cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
A ciò va aggiunto che il contenuto di intercettazioni, telefoniche o ambientali, dalle quali emergono elementi di accusa nei confronti dell’indagato, anche quando sono captate fra terzi, può costituire fonte diretta di prova della sua colpevolezza senza necessità di riscontri, ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., fatto salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate 6 secondo criteri di linearità logica, come sopra indicato (tra tante, Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, COGNOME, Rv. 268414).
Quanto alla necessità di una motivazione rafforzata nel caso di difformi valutazioni da parte dei giudici del merito cautelare, la giurisprudenza Ł oscillante.
All’orientamento che esclude in caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello “de libertate”, della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, la necessità di una motivazione rafforzata, in ragione del diverso “standard cognitivo” che governa il procedimento incidentale, si contrappone l’indirizzo maggioritario, condiviso dal Collegio, secondo cui «In tema di appello cautelare, la riforma in senso sfavorevole all’indagato della decisione impugnata impone al tribunale, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, un rafforzato onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative evidenziate dal primo giudice, essendo necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata. (In motivazione, la Corte ha precisato che, pur non essendo necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della
insostenibilità della decisione riformata, ogni divergente valutazione adottata dal tribunale deve essere comunque dotata di maggiore persuasività e credibilità razionale)» (Sez. 1, n. 474361 del 09/11/2022, Rv. 283784).
3.2. Sempre in via preliminare, va tenuto presente che, secondo gli ultimi arresti della giurisprudenza di legittimità, «Ai fini della qualificazione ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen. di una nuova ed autonoma formazione criminale Ł necessario accertare se il sodalizio: a) abbia conseguito fama e prestigio criminale, autonomi e distinti da quelli personali dei singoli partecipi, in guisa da essere capace di conservarli anche nel caso in cui questi ultimi fossero resi innocui; b) abbia in concreto manifestato capacità di intimidazione, ancorchØ non necessariamente attraverso atti di violenza o di minaccia, nell’ambito oggettivo e soggettivo, pur eventualmente circoscritto, di effettiva operatività; c) abbia manifestato una capacità di intimidazione effettivamente percepita come tale ed abbia conseguentemente prodotto un assoggettamento omertoso nel “territorio” in cui l’associazione Ł attiva» (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Rv. 279555-17).
3.3. L’ ordinanza impugnata, sottoposta al delineato controllo, resiste ampiamente alle censure dedotte dal ricorrente, che, oltre ad essere generiche e solo formalmente strutturate come aventi ad oggetto la denuncia del vizio di violazione di legge, non sono consentite perchØ sollecitano apprezzamenti di merito e, comunque, denunziano vizi motivazionali manifestamente infondati.
Il Tribunale (pagg. 58 e seg.), con argomentazioni diffuse e continui riferimenti al compendio probatorio analiticamente richiamato a sostegno di ogni affermazione, ha, in primo luogo, evidenziato le criticità presenti nell’apparato giustificativo con cui il Gip aveva escluso la sussistenza degli elementi costitutivi del reato associativo ovvero la struttura organizzativa, l’ affetto societatis e l’esternazione del metodo mafioso, mettendo in risalto gli errori di metodo, oltre che di natura logica e giuridica.
Al riguardo ha rilevato che, ponendosi ripetutamente in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, il Gip:
aveva operato una valutazione frazionata degli indizi, parcellizzando ed isolando gli elementi offerti dall’accusa;
non aveva adeguatamente valorizzato le precedenti condanne irrevocabili di molti indagati per violazione dell’art. 416 -bis cod. pen., ritenendo decisiva l’epoca risalente di consumazione dei reati associativi pur in assenza di elementi dimostrativi dell’intervento recesso, quando mai indispensabile, seocndo le massime di esperienza, per un effettivo allontanamento dal contesto criminale mafioso;
aveva considerato ostative ai fini della configurabilità dell’affetto societatis le contrapposizioni ed i contrasti intervenuti tra gli indagati del reato associativo, pur trattandosi, secondo l’esperienza giudiziaria, di eventi fisiologici nella vita di ogni gruppo delinquenziale, specie se di natura mafiosa;
aveva svalutato la circostanza, pur data per accertata, del pagamento delle spese a favore dei sodali detenuti;
aveva ritenuto irrilevanti i numerosi summit tra i medesimi esponenti di vertice, nonostante il contenuto delle conversazioni intercettate nel corso delle riunioni dia conto, in modo chiaro, delle dinamiche e delle singole appartenenze ad un complesso organismo associativo dedito anche ad attività illecite;
aveva sottovalutato i pur dimostrati legami degli indagati con le mafie storiche;
aveva enfatizzato l’assenza di rituali di iniziazione, trascurando che per entrare in questa originale ed ulteriore realtà criminale i contatti fra gli esponenti erano funzionali alla trattazione dei singoli affari.
3.3. Ultimata la pars destruens , l’ordinanza (soprattutto alle pagg. 120 e seg.) ha, con altrettanto rigore logico, spiegato le ragioni in base alle quali il materiale probatorio raccolto
consente di affermare la sussistenza di gravi indizi del delitto contestato al capo 1), inteso come costituzione di una associazione:
legata ad uno specifico territorio;
tra soggetti già appartenenti o comunque collegati alle mafie ‘storiche’, denominate Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra;
autonoma rispetto ai clan di provenienza degli associati coi quali tuttavia questi ultimi i continuano a mantenere rapporti;
dotata di struttura non verticalistica ma orizzontale e di una cassa comune;
dedita sia alla commissione dei reati tipici dei sodalizi mafiosi, dalla estorsione al traffico di sostanze stupefacenti, sia soprattutto alla costituzione di società dedite ad attività lecite, in particolare nel settore dell’edilizia, compiute però, in molti casi, con modalità illecite, sia quanto alla provenienza del denaro investito, sia quanto alla gestione e al raggiungimento dello scopo di profitto.
3.4. Nel valutare i gravi indizi, il Tribunale si Ł occupato esaustivamente delle questioni relative alla sussistenza di un vincolo associativo e all’esercizio e alla esternalizzazione del metodo mafioso, oggetto delle censure, a contenuto meramente confutativo, del ricorrente.
3.4.1. La stabilità del vincolo tra gli associati e la sua tendenziale permanenza, racconto comunque da non esaurirsi nella consumazione di singoli reati – fine, Ł stato desunto dalla continuità e frequenza degli incontri e degli accordi, dall’apporto comune di capitali e mezzi al fine di un comune fine di profitto, dall’esistenza di una cassa comune, dalla consapevolezza delle condotte criminose, anche gravi, commesse da altri sodali, e dal frequente richiamo degli indagati stessi all’esistenza di un’associazione costituita in quel territorio, e di cui sarebbero partecipi (così, ad esempio, in relazione alla creazione della RAGIONE_SOCIALE, e, in piø parti della motivazione specie da pag. 132 e seg., le affermazioni di singoli indagati sull’attività di RAGIONE_SOCIALE quale ‘epicentro di molti equilibri’, sulla costruzione di ‘un’associazione che non finisce mai’, sulla necessità di ‘trovare una quadra per guadagnare tutti’, sulla non operatività di Sicilia, Roma e Napoli perchØ ‘Qua Ł Milano … le cose giuste qua si fanno’, sulla scomparsa della marca tra le tre mafie storiche di provenienza, laddove NOME COGNOME dice ad Amico ‘qua siamo tutti e tre, siamo tutti insieme, siamo tutti una cosa’).
Da questi elementi, approfonditamente valutati dalla pag. 204 dell’ordinanza, il Tribunale ha dedotto la sussistenza della necessaria affettio societatis , negando la rilevanza dei contrasti interni, sulla base dei quali il Gip aveva, principalmente, esclusa la sussistenza di un’associazione, ed anzi evidenziando gli sforzi dei vari associati per risolvere ogni contesa, in vista del perseguimento della comune finalità di profitto. Quest’ultimo aspetto, che l’ordinanza impugnata esamina in relazione alla controversia tra i COGNOME e NOME COGNOME, sottolineando il coinvolgimento di esponenti dei diversi gruppi criminali al fine di comporre la diatriba nell’interesse di tutti, Ł stato piø volte ritenuto costituire, dalla giurisprudenza di legittimità, un elemento significativo dell’esistenza di un vincolo associativo, affermando che «In tema di associazione per delinquere, l’esistenza di scopi personali diversi e contrapposti tra i singoli associati, operanti nell’ambito di strutture imprenditoriali autonome e concorrenti, non Ł ostatica al riconoscimento del vincolo associativo, ove tali divergenze trovino composizione in un progetto generale, da realizzare mediante le attività delittuose, finalizzato a convincente un utile da ripartire tra le diverse imprese» (Sez. 3, n. 23335 del 28/01/2021, Rv. 281589-01; si veda anche Sez. 3, n. 25994 del 22/07/2020, Rv. 279825-01).
Analogo rilievo Ł stato dato all’esistenza di una cassa comune (pag. 166), destinata soprattutto ad assicurare l’assistenza giudiziaria ed economica ai detenuti e alle loro famiglie, sottolineando che ad essa contribuiscono tutti i gruppi, così evidenziando l’esistenza di un vincolo di mutua solidarietà, in base al quale tutti provvedono a fornire tale assistenza a tranne dalla compagine di provenienza del singolo (ad esempio concorrendo i Pace, i Crea ei Fidanzati a far fronte al sostentamento di
NOME COGNOME e dei suoi familiari).
La motivazione dell’ordinanza impugnata, pertanto, su questo punto Ł logica e completa, tenuto conto del livello di gravità indiziaria che deve essere ritenuto sufficiente per l’emissione di una misura cautelare; lo stesso Gip, peraltro, nelle sue conclusioni dalla pag. 918 dell’ordinanza genetica, non ha radicalmente escluso la possibilità di configurare, alla luce della comune organizzazione di mezzi e di persone, l’esistenza di un’associazione semplice quanto meno tra alcuni dei soggetti indagati, pur dubitando della sussistenza, tra tutti, di una reale affettio societatis .
3.4.2. L’impiego del metodo mafioso e la sua necessaria esternalizzazione viene valutata dalla pag. 211 dell’ordinanza impugnata.
Il Tribunale del riesame ha approfondito esaminato gli indizi relativi a tale elemento (cfr. pagg. 215 e seg.), valorizzando le modalità esecutive dei numerosi episodi estortivi, il piø delle volte consumati senza ricorrere a minacce espresse ma semplicemente evocando la loro appartenenza non ad un singolo gruppo (o mafioso o camorristico o di ‘ndrangheta), ma, trasversalmente ed indifferentemente, a tutti quelli coinvolti nella nuova organizzativa, la cui forza di intimidazione Ł evidentemente conosciuta dalla comunità sociale di riferimento, anche dalle persone che non si sono mai direttamente confrontate con quel mondo criminale.
E’ dimostrato in numerose vicende analiticamente ricostruite dall’ordinanza il costante impiego di minacce, violenze, soprusi, prepotenze per rinnovare la fama criminale già connessa al nome delle varie consorterie di riferimento dei singoli sodali, ma liberamente utilizzabile da tutti gli appartenenti in forza del patto associativo trasversale concluso dagli esponenti di diversa estrazione mafiosa.
Sistematica proiezione esterna del metodo mafioso Ł riscontrabile anche nei settori del narcotraffico, dell’infiltrazione del sistema economico, del riciclaggio e dei reati fiscali.
Secondo il Tribunale, la peculiarità del sodalizio riposa nella diversa estrazione dei suoi componenti, autorizzati dalle rispettive organizzazioni mafiose di appartenenza, cui rimangono funzionalmente collegati, a dare vita e rendere operativa un nuovo ‘sistema’, distinto dalla confederazione perchØ caratterizzato da una struttura organizzativa autonoma delle sue articolazioni o sottogruppi i cui componenti non sono accumunati dalla comune provenienza dalla medesima associazione mafiosa.
In ragione di tale peculiare connotazione, il gruppo Ł stato in grado di esternare una sua capacità intimidatrice, effettiva ed autonoma, sia pure derivante dal collegamento con le singole associazioni di appartenenza dei suoi sodali e dalla fama criminale acquista da queste ultime e dai singoli componenti nel territorio di interesse.
In quest’ottica, il sodalizio presenta una “mafiosità immanente”, che Ł permeata dalla mafiosità dei suoi componenti piø rappresentativi.
Secondo il Tribunale, Ł rilevante il fatto che la spendita della fama criminale delle mafie storiche di appartenenza avvenga, talvolta, da parte di sodali affiliati, in realtà, ad una diversa associazione storica, evidentemente con il consenso degli altri associati in quanto dimostrazione della particolarità ed autonomia dell’associazione qui contestata.
Piø in dettaglio, l’ordinanza ha ritenuto dimostrata l’avvenuta acquisizione della forza intimidatrice, sul territorio lombardo, da vicende come quella che coinvolge racconto COGNOME (pag. 219 e seg., in una delle conversazioni uno degli associati, COGNOME, si compiace del fatto di raggiungere ‘senza spari’ lo scopo che l’associazione si Ł prefissata), quella che coinvolge la segretaria generale del Comune di Abbiategrasso che, pur non assoggettandosi ad essa, comprende facilmente la natura mafiosa della richiesta avanzatale da COGNOME e la qualità mafiosa del soggetto o dei soggetti di cui questi avrebbe fatto il nome (da pag. 225), quella relativa alla gestione del bar e dei parcheggi dell’ospedale di Desio da parte della RAGIONE_SOCIALE
azioni, le cui modalità avrebbero allarmato i dipendenti, tra i quali correva la voce che tali attività fossero in mano a ‘mafiosi’ e, piø in generale, dall’atteggiamento omertoso di molte vittime di estorsioni, che avrebbero omesso di denunciare i fatti commessi in loro danno, o li avrebbero esposti in termini riduttivi rispetto a quanto emerge dalle intercettazioni.
L’incapacità, per gli abitanti del territorio, di individuare con precisione l’associazione criminale che sta esercitando tale forza intimidatrice non Ł stata ritenuta rilevante; anzi essa Ł stata interpretata come una indiretta conferma della diversità e autonomia dell’associazione contestata, rispetto ai gruppi storici di riferimento dei vari associati.
L’ordinanza afferma specificamente, con motivazione logica e consequenziale alle vicende esaminate, che la forza intimidatrice promana dall’associazione stessa ed Ł ad essa «immanente», in virtø delle azioni che essa compie e dell’assoggettamento che ha realizzato nel territorio, e non deriva dai singoli associati o dalle mafie storiche a cui questi ultimi fanno riferimento (così dalla pag. 242 e seg. ).
Secondo l’ordinanza impugnata, quindi, l’associazione ha una propria ‘mafiosità’, derivante anche dalla partecipazione ad essa di soggetti dalla già accertata caratura mafiosa, ma soprattutto la manifesta all’esterno in modo autonomo, pur avvalendosi anche dell’assoggettamento già realizzato nel territorio lombardo, in passato, dalle singole mafie storiche, in quanto opera in modo distinto rispetto a queste ultime e mantiene, rispetto ad esse, una propria autonomia.
Il Tribunale si Ł espresso sulla qualificazione di detta associazione come una mafia ‘nuova’, o ‘atipica’, o ‘a soggettività differente’, o addirittura come un ‘ tertium genus ‘, dichiarando anzi esplicitamente di sottrarsi all’ «afflato definitorio» presente nell’ordinanza genetica e nell’appello del pubblico ministero e sottolinea soltanto che il fenomeno mafioso Ł in continua evoluzione e che la peculiarità della struttura associativa così come descritta non ne esclude la mafiosità, in quanto la ritiene accertata, in via indiziaria, con le medesime caratteristiche richieste dalla giurisprudenza di legittimità.
Anche questa parte della motivazione Ł logica, approfondita e non contraddittoria, e pertanto sufficiente, anche sotto il profilo della immanenza ed esternalizzazione del metodo mafioso, per ritenere presenti indizi gravi circa la sussistenza del delitto di cui all’art. 416bis cod. pen., quanto meno allo stato, e con riferimento agli elementi sufficienti per il giudizio cautelare.
3.4.3. Con riferimento alla sussistenza di gravi indizi della condotta partecipativa, l’ordinanza impugnata ha esaminato approfonditamente, nelle pagine da 248 a 278, gli elementi a suo carico, pervenendo alla conclusione, strettamente ancorata alle prove investigative analiticamente richiamate, che lo stesso ha apportato un contributo, avente effettiva rilevanza causale, alla conservazione o al rafforzamento della consorteria.
In particolare, Fidanzati:
ha impartito direttive volte alla risoluzione di controversie tra gli associati e, quindi, ad un piø proficuo svolgimento delle attività illecite comuni;
Ł ripetutamente intervenuto nella controversia RAGIONE_SOCIALE in nome per conto dell’associazione;
ha commesso piø delitti fine di riciclaggio ed intestazione fittizia;
ha partecipazione al versamento di somme di denaro nella casa comune per provvedere al sostentamento dell’associato NOME COGNOME durante la detenzione;
-ha coordinato l’attività finanziaria del sodalizio e diretto i giri di affari societari gestendo i relativi proventi;
ha acquisito, direttamente ed comunica, le gestione ed il controllo di attività economiche nel settore edilizio e della ristorazione nell’interesse del gruppo;
si Ł occupato del reimpiego di profitti illeciti derivanti dall’attività illecita comune attraverso
l’acquisizione di aziende ed un utilizzando un reticolo di società intestate a piø prestanomi, operanti principalmente nel settore del superbonus per la ristrutturazione e riqualificazione energetica;
ha partecipato, tra il settembre 2020 e l’aprile 2021, a numerosi summit;
ha partecipato al traffico di stupefacenti.
L’ordinanza, in definitiva, ha offerto una motivazione rafforzata circa la responsabilità del ricorrente per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen., l’unico oggetto di valutazione da parte del tribunale del riesame. Vengono, infatti, esposte e valutate intercettazioni, alcune non menzionate nell’ordinanza genetica, rilevanti per delineare la caratura del ricorrente e la stima a lui attribuita dagli altri sodali, molti dei quali lo devono in grado di risolvere qualsiasi problema in ragione del prestigio raggiunto nell’ambito della compagine, così elevato da essere legittimato ad autorizzare ‘azioni di forza’ nei confronti di chi ostacola il raggiungimento degli scopi illeciti del sodalizio.
Il motivo sulle esigenze cautelari Ł talmente generico da non confrontarsi con il principale ed astrattamente decisivo argomento utilizzato dal provvedimento impugnato a sostegno dell’applicazione della misura sotto questo peculiare profilo, ovvero l’operatività della presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari, prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. nel caso di gravi indizi di colpevolezza per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa.
L ‘inammissibilità dell’impugnazioneoriginaria rendendo l’atto iniziale ad introdurre ilnuovo grado di giudizio, prelude l’esame dei motivi introdotti con la nota di udienza depositata nel corso dell’udienza di discussione (Sez. 3, n. 2873, del 30/11/2022, dep. 2023, COGNOME Rv. 284036 01; Sez . U, n. 12602 del 17/12/2015, 25/03/2016, COGNOME Rv.266818 ).
6 . All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinazione in euro tremila.
La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. esec. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 30/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME