Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 36865 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 36865 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 4/4/2024 dal Tribunale di Caltanissetta
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che .ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di accogliere il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 4 aprile 2024 il Tribunale di Caltanissetta ha confermato il provvedimento emesso il 10 marzo 2024 dal Giudice per le indagini
preliminari della stessa città, con cui a NOME COGNOME è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere.
Il ricorrente è stato ritenuto gravemente indiziato dei delitti di partecipazione sia all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denominata RAGIONE_SOCIALE e, segnatamente, della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, sia all’RAGIONE_SOCIALE dedita al narcoRAGIONE_SOCIALE (capi 2 e 8 della rubrica) nonché di 30 reati scopo ex art. 73 d.P.R. n. 309/90.
Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, che ha dedotto i motivi di seguito indicati. 3.1. Violazione degli artt. 416 bis, comma 1, cod. pen., 125, comma 3, e 649 cod. proc. pen. Premesso che il principio del ne bis in idem sostanziale non consente di attribuire rilevanza, ai fini dell’integrazione delle due fattispecie penali associative contestate, alle medesime condotte realizzate da ciascuno degli indagati, ove queste non siano idonee ad integrare, rispetto ad una valutazione autonoma delle posizioni dei singoli soggetti, il concorso di entrambe le imputazioni, il ricorrente ha dedotto che, diversamente opinando dal provvedimento impugnato, non bastava che le due associazioni fossero tra loro interconnesse nel senso che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fosse servente rispetto agli scopi di quella RAGIONE_SOCIALE, per farne discendere la responsabilità indistinta di tutti gli associati all’una e all’altra delle d associazioni, assimilandone del tutto, senza distinguere il ruolo operativo svolto da ciascuno degli indagati in seno alle due rispettive associazioni. In RAGIONE_SOCIALE termini, del sodalizio dedito al narcoRAGIONE_SOCIALE potevano essere ritenuti partecipi solo coloro che di tali traffici si fossero effettivamente occupati e, correlativamente, rispetto all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la mera partecipazione al sodalizio per il narcoRAGIONE_SOCIALE non poteva integrare automaticamente per immedesimazione la responsabilità per il diverso reato di partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di riferimento ove non risultasse che il predetto associato si fosse messo concretamente a disposizione di questa attraverso la propria partecipazione anche alle altre differenti attività criminose che fuoriuscissero dal programma delittuoso tipico dell’RAGIONE_SOCIALE per il RAGIONE_SOCIALE. Di contro, il Tribunale ha ritenuto di ricavare un indizio rilevante di appartenenza del ricorrente anche al sodalizio di cui al capo 1) proprio dall’essere figura di spicco nella gestione di uno dei rami affaristici più importanti per la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che dal RAGIONE_SOCIALE di stupefacente ricava introiti assai ingenti. In tal modo vi sarebbe stata una duplicazione di contestazioni, a fronte del medesimo materiale indiziario. Tale deficit argonnentativo non poteva essere colmato dal fatto che in auto con la propria Corte di Cassazione – copia non ufficiale
moglie egli si vantava di essere un COGNOME, poiché in argomento la questione doveva essere risolta alla stregua dei dettami giurisprudenziali di cui alla nota sentenza delle Sezioni unite Modaffari. Ricordati i principi espressi da questa Corte nell’anzidetta pronuncia in ordine al contributo da fornire alla vita dell’RAGIONE_SOCIALE perché un soggetto possa essere qualificato partecipe della stessa, il ricorrente ha dedotto che il Tribunale non avrebbe valorizzato elementi idonei a comprovare la messa a disposizione di un sodalizio permanente e duraturo. Al di là del ridotto programma criminoso, sarebbe mancata l’individuazione dell’apporto individuale apprezzabile, poiché esso risulterebbe circoscritto a degli episodi indicati genericamente; sarebbe anche mancata un’adeguata motivazione sul carattere stabile dell’accordo criminoso, contemplante la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti.
3.2. Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen., 73 e 74 d.P.R. n. 309/90, avendo il Tribunale trascurato di considerare che il collaborante COGNOME aveva evocato una condotta messa in atto dal ricorrente per fini egoistici e avendo altresì trascurato che le indagini non avevano evidenziato che il ritenuto sodalizio fosse caratterizzato da stabilità del vincolo associativo e permanenza del pactum sceleris, atteggiandosi, invece, ad autentica organizzazione di persone protesa consapevolmente al compimento di una serie di delitti in materia di RAGIONE_SOCIALE. Secondo il ricorrente, i compendio indiziario (in sostanza, le vicende legate alla coltivazione di marijuana in apposite serre o i contatti con una persona di origine calabrese, tale COGNOME, ovvero con dei catanesi) non risulterebbe idoneo a determinare il mutamento del rapporto tra fornitore ed acquirente da relazione di meno reciproco affidamento a vincolo stabile, realizzato in un’ottica associativa.
3.3. Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli artt. 274 e 291 cod. proc. pen.: il Tribunale avrebbe dato una risposta solo apparente alla deduzione difensiva secondo cui il Pubblico ministero aveva corredato la relativa richiesta con una motivazione cumulativa e implicita. Avrebbe poi trascurato il fattore tempo, essendo decorsi ben cinque anni dai fatti in contestazione.
Il 2 luglio 2024 sono stati depositati motivi nuovi nell’interesse del ricorrente, con cui si è evidenziato, in particolare, che il Tribunale non avrebbe dato correttamente atto dei presupposti necessari per la configurabilità dell’RAGIONE_SOCIALE dedita al narcoRAGIONE_SOCIALE. Gli elementi di prova sarebbero stati interpretati illogicamente in chiave univocamente associativa, senza analizzare il problema della possibile interpretazione degli stessi in un’ottica di concorso di persone nel reato ex art. 110 cod. pen. Il Tribunale, al di là della generica
descrizione delle ritenute operazioni illecite, consumatesi nel giro di pochi mesi, riscontrate dalle intercettazioni e dalle attività di osservazione e sequestro della polizia giudiziaria, avrebbe omesso di indicare significativi elementi a supporto dell’esistenza di una pregressa struttura associativa, stabile e organizzata, dedita al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE. Inoltre, il provvedimento impugnato non merita condivisione neppure in ordine al giudizio espresso in tema di esigenze cautelari, stante l’assenza di fatti specifici comprovanti la loro persistenza attuale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Deve ribadirsi che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 01; Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, NOME, Rv. 252178 – 01).
Correlativamente, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame, a questa Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Alla luce di siffatte coordinate ermeneutiche deve rilevarsi che il provvedimento impugnato è immune da vizi sindacabili in questa sede.
Il primo e il secondo motivo, esaminabili congiuntamente in quanto afferenti alla sussistenza dei gravi di indizi di colpevolezza del ricorrente per i reati ascrittigli, sono in parte non consentiti e, in parte, manifestamente infondati.
Il Tribunale, richiamate le copiose argomentazioni dell’ordinanza genetica, ha innanzitutto ricordato che era stata effettuata una massiccia attività tecnica di intercettazione ambientale e telefonica, esperita nei confronti di NOME COGNOME
e dei suoi accoliti nonché dei vari soggetti che, di volta in volta, emergevano dallo sviluppo delle indagini. Era stato compiuto anche un monitoraggio degli indagati, che avevano avuto una serie di incontri, alcuni dei quali costituenti veri e propri summit tra esponenti della RAGIONE_SOCIALE e componenti di altre consorterie mafiose, operanti su altra parte del territorio siciliano, finalizzati a stringere accordi e dirimere conflitti originati nell’ambito delle attività illecite esse poste in essere. Le risultanze delle attività di intercettazione telefonica e ambientale aveva poi trovato riscontro nell’esecuzione di plurimi sequestri di sostanza stupefacente e nelle dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese dai collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Sulla scorta del compendio indiziario così sinteticamente richiamato, al pari del Giudice per le indagini preliminari, il Tribunale ha ritenuto essere state provate – perlomeno secondo lo standard probatorio della gravità indiziaria, tipico della fase cautelare – l’esistenza e l’operatività delle associazioni per delinquere di cui ai capi 1), 2), e 8) nonché i moltissimi episodi di spaccio al dettaglio e all’ingrosso, perpetrati dai sodali e cristallizzati negli oltre 80 capi d incolpazione provvisoria, formulati dal Pubblico ministero.
In particolare, quanto all’RAGIONE_SOCIALE ex art. 416-bis cod. pen., il Tribunale ha osservato che l’attività investigativa aveva permesso di ricostruire la perdurante esistenza ed operatività di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nelle due anime principali, quali sono la RAGIONE_SOCIALE COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE COGNOME, mostratesi unite da un vero e proprio patto di non belligeranza, che le ha viste collaborare pacificamente di modo da evitare le guerre che in passato le avevano esposte ad attenzione investigativa. Protagonista delle vicende criminali sottese al presente procedimento risultava essere, quindi, la medesima RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la cui esistenza nel territorio RAGIONE_SOCIALE era stata storicamente accertata da plurime sentenze ormai passate in giudicato, così consentendo di richiamare le consolidate regole che governano il tema della prova dell’esistenza di associazioni mafiose che hanno assunto carattere di storicità.
Secondo il Tribunale, la linea di continuità esistente tra le famiglie mafiose gelesi nella loro odierna composizione e quelle che hanno storicamente imperversato nel medesimo territorio si evinceva chiaramente, oltre che dall’attuale operatività di personaggi quali per l’appunto NOME COGNOME e NOME COGNOME, già condannati per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., dalla condivisione del modus operandi e dall’omogeneità degli obiettivi perseguiti. In esito alle investigazioni, infatti, era emerso il ricorso ad attivit estorsive di stampo classico, oltre all’esercizio di un vero e proprio controllo del territorio, atto tra l’altro a reprimere i fatti commessi in danno di soggetti partecipi all’organizzazione (a titolo esemplificativo la vicenda della rapina subita
V
da COGNOME NOME e NOME COGNOME, risolta con lo svolgimento di veri e propri summit tra mafiosi e con l’adozione di una statuizione di imperio da parte del boss COGNOME, secondo quella che costituisce la tipica manifestazione delle organizzazioni mafiose). Peraltro, il Tribunale ha rimarcato che la possibilità di rintracciare la richiamata linea di continuità tra le famiglie mafiose, protagoniste della gravata misura cautelare, e quelle storicamente operanti in seno a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era stata orgogliosamente rivendicata dagli stessi indagati, tra cui lo stesso NOME COGNOME, che, di ritorno dall’incontro con appartenenti allo storico RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Catania, finalizzato a discutere di questioni legate all’approvvigionamento di cocaina, aveva spiegato alla compagna come ci si presenta tra mafiosi e aveva affermato che “loro” si presentano come COGNOME e che, di conseguenza, “tutti si piscianu”, altresì chiarendo che gli stessi sono COGNOME, appartenenti a RAGIONE_SOCIALE, e che il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE è NOME, alleata di NOME ed NOME. Esternazioni, queste, che, lungi dal poter essere considerate mere vanterie, si erano rivelate, proprio a seguito dello svolgimento dell’attività di indagine che aveva condotto all’adozione del gravato provvedimento cautelare, corrispondenti ad una concreta realtà, assistita da gravità indiziaria.
Così argomentando, quanto all’esistenza dell’RAGIONE_SOCIALE di cui al capo 2), il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte (Sez. 1, n. 55359 del 17/06/2016, Pg in proc. Pesce e RAGIONE_SOCIALE, Rv. 269039 – 01), secondo cui, in tema di valutazione della prova, un fatto “notorio”, quale l’esistenza e il radicamento territoriale di un’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, può essere desunto, ai sensi dell’art. 238-bis cod. proc. pen., dalle decisioni irrevocabili dell’autorità giudiziaria, a condizione che il nuovo giudizio verta su fatti avvenuti nelle medesime realtà territoriali, non emerga una variazione delle finalità perseguite dal sodalizio, vi sia una, quanto meno parziale, identità soggettiva tra la formazione storica e la attuale e che il tempo trascorso non sia di entità tale da aver determinato nella memoria dei consociati l’oblio della connotazione RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE storico.
4.1. Quanto all’RAGIONE_SOCIALE dedita al narcoRAGIONE_SOCIALE, delineata al capo 8), il Tribunale ha evidenziato che essa era capeggiata da NOME COGNOME e NOME COGNOME e presentava tutti i caratteri tipici richiesti dall’art. 74 d.P.R. n. 30 del 90. I sodali condividevano un medesimo linguaggio criptico e comuni tecniche per sottrarsi all’attenzione degli inquirenti, quali, ad esempio, l’uso di schede intestate a stranieri, che venivano sostituite con frequenza; organizzavano trasferte anche al di là dei confini regionali, reciprocamente assistendosi mediante il ricorso al metodo della staffetta; avevano individuato luoghi precisi ove con significativa frequenza si incontravano di persona per
affrontare questioni legate al narcoRAGIONE_SOCIALE ovvero per confezionare in dosi la droga da smerciare; collaboravano alacremente l’uno con l’altro secondo una suddivisione di ruoli pressoché stabile ma che comunque ammetteva l’intercambiabilità degli stessi. I coindagati avevano portato a termine moltissimi reati scopo e il loro spirito imprenditoriale aveva trovato sfogo anche nella gestione da parte di alcuni dei sodali di serre, volte all’autoproduzione di marijuana, che RAGIONE_SOCIALE accoliti utilizzavano poi come merce di scambio per portare a termine rilevanti acquisti di cocaina. Dalle molteplici conversazioni si evinceva anche che gli associati gestivano la cassa comune dell’RAGIONE_SOCIALE.
A fronte di tali argomentazioni giova ricordare che questa Corte è ferma nell’affermare che «si è in presenza di un’RAGIONE_SOCIALE per delinquere, finalizzata al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, ogniqualvolta tra tre o più persone si stringa, anche di fatto, un patto che ha in sé la cosiddetta affectio societatis, in forza del quale tutti gli aderenti sono portati ad operare nel settore del RAGIONE_SOCIALE della droga, nella consapevolezza che le attività proprie ed altrui ricevano vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscano all’attuazione del programma criminale» (Sez. 2, n. 43327 dell’8/10/2013, Bashli, Rv. 256969 – 01).
In tale ottica si comprende il significato che assume il profilo organizzativo, che può anche risultare rudimentale, in quanto primariamente destinato a suffragare la stabilità dell’accordo e a conferirgli quella perdurante offensività in cui risiede la ragione della punizione della condotta. Si è rilevato, infatti, che «ne discende a corollario la secondarietà degli elementi organizzativi che si pongono a substrato del sodalizio, elementi la cui sussistenza è richiesta nella misura in cui dimostrano che l’accordo può dirsi seriamente contratto, nel senso cioè che l’assoluta mancanza di un supporto strumentale priva il delitto del requisito dell’offensività. Tanto sta pure a significare che, sotto un profilo ontologico, è sufficiente, perché il reato si perfezioni, un’organizzazione minima e che la ricerca dei tratti organizzativi non è diretta a dimostrare l’esistenza degli elementi costitutivi del reato, ma a provare, attraverso dati sintomatici, l’esistenza di quell’accordo fra tre o più persone diretto a commettere più delitti: accordo in cui il reato associativo di per sé si concreta» (cfr. Sez. 6, n. 50382 del 14/11/2014, COGNOME, non massimata; per il rilievo secondario dell’aspetto organizzativo si rinvia anche a Sez. 2, n. 16540 del 27/3/2013, COGNOME, Rv. 255491 – 01, mentre per la sufficienza di «strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati» si richiama Sez. 2, n. 19146 del 20/02/2019, Cicciari, Rv. 275583 – 01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, Rv. 258165 – 01).
Appare pienamente coerente con tale impostazione l’affermazione secondo cui «ai fini della configurabilità di un’RAGIONE_SOCIALE finalizzata al narcoRAGIONE_SOCIALE, necessario: a) che almeno tre persone siano tra loro vincolate da un patto associativo (sorto anche in modo informale e non contestuale), avente ad oggetto un programma criminoso nel settore degli RAGIONE_SOCIALE, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali; b) che il sodalizio abbia a disposizione, con sufficiente stabilità, risorse umane e materiali adeguate per una credibile attuazione del programma associativo; c) che ciascun associato, a conoscenza quantomeno dei tratti essenziali del sodalizio, si metta stabilmente a disposizione di quest’ultimo» (Sez. 6, n. 7387 del 3/12/2013, dep. nel 2014, COGNOME, Rv. 258796 – 01; Sez. 4, n. 44183 del 2/10/2013, COGNOME, Rv. 257582 – 01).
D’altro canto, «l’elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di RAGIONE_SOCIALE va individuato nel carattere dell’accordo criminoso, contemplante la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti, con permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti, i quali, anche al di fuori dei singoli reati programmati assicurino la propria disponibilità duratura ed indefinita nel tempo al perseguimento del programma criminoso del sodalizio» (Sez. 6, n. 28252 del 6/04/2017, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, Rv. 270564 – 01; Sez. 4, n. 51716 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 257906 – 01).
Va aggiunto che «il dolo del delitto di RAGIONE_SOCIALE a delinquere è dato dalla coscienza e volontà di partecipare attivamente alla realizzazione dell’accordo e quindi del programma delittuoso in modo stabile e permanente» (Sez. 3, n. 27450 del 29/04/2022, Aguì, Rv. 283351 – 04; Sez. 1, n. 30463 del 7/7/2011, RG. in proc. Cali, Rv. 251012 – 01).
Sul piano probatorio, oltre all’ovvia considerazione della valorizzabilità delle intercettazioni telefoniche, pur rigorosamente valutate (Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, COGNOME, Rv. 279251 01; Sez. 6, n. 27434 del 14/02/2017, COGNOME, Rv. 270299 – 01; Sez. 3, n. 11655 del 11/2/2015, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, Rv. 262981 – 01), si afferma condivisibilmente che «in tema di RAGIONE_SOCIALE finalizzata al RAGIONE_SOCIALE illecito di sostanze RAGIONE_SOCIALE, la prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, può essere data anche per mezzo dell’accertamento di facta concludentia, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive» (Sez. 3, n. 47291 dell’11/06/2021, COGNOME,
Rv. 282610 – 01; Sez. 5, n. 8033 del 15/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255207 – 01; Sez. 6, n. 9061 del 24/9/2012, dep. 2013, Cecconi, Rv. 255312 01).
Peraltro, occorre pur sempre «la prova della stabile adesione dell’agente ad un sodalizio riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, ovvero della consapevolezza e volontà di partecipare, assieme ad altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad una società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale» (Sez. 6, n. 50133 del 21/11/2013, Casoria, Rv. 258645 – 01).
Alla luce di tali coordinate ermeneutiche deve rilevarsi, nel caso in disamina, che entrambi i Giudici della cautela hanno posto a base della loro analisi il medesimo inquadramento della fattispecie e coerentemente hanno dato rilievo sul piano probatorio ad elementi effettivamente idonei a dimostrare l’esistenza di uno stabile sodalizio dedito al narcoRAGIONE_SOCIALE.
Nell’evidenziare i dati sopra indicati, quali l’utilizzo di modalità operative e di tecniche condivise e consolidate, il ripetersi di condotte consimili di spaccio, l’esistenza di profili organizzativi, l’utilizzo di un linguaggio conosciuto dai sodali, gli incontri per affrontare questioni legate al narcoRAGIONE_SOCIALE, la coltivazione di sostanze RAGIONE_SOCIALE, i menzionati Giudici hanno valorizzato elementi legittimamente intesi come rappresentativi dell’operatività di un RAGIONE_SOCIALE di soggetti, che agiva per il perseguimento non occasionale ed episodico ma stabile di un programma delittuoso, avente ad oggetto un numero indeterminato di reati in materia di RAGIONE_SOCIALE.
Ciò equivale alla puntuale rappresentazione di un’RAGIONE_SOCIALE per delinquere di cui all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990.
4.2. Quanto alla censura relativa alla ritenuta coesistenza delle due associazioni deve premettersi che questa Corte (Sez. 6, n. 31908 del 14/05/2019, Perrone, Rv. 276469 – 01) è ferma nel ritenere che l’elemento che caratterizza l’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso rispetto all’RAGIONE_SOCIALE dedita al narcoRAGIONE_SOCIALE è costituito dal profilo programmatico dell’utilizzo del metodo, che, nell’RAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 416-bis cod. pen., si estrinseca nell’imposizione di una sfera di dominio sul territorio, con un’operatività non limitata al RAGIONE_SOCIALE di sostanze RAGIONE_SOCIALE, ma estesa a svariati settori, in cui si inseriscono l’acquisizione della gestione o del controllo di attività economiche, concessioni, appalti e servizi pubblici, l’impedimento al libero esercizio del voto, il procacciamento di voti in occasione delle consultazioni elettorali.
Nel caso in esame, è agevole trarre dalla lettura del provvedimento impugnato che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di cui al capo 2), oltre a essere dedita al
narcoRAGIONE_SOCIALE, faceva ricorso ad attività estorsive di stampo classico, quale ad esempio l’estorsione, ed esercitava un vero e proprio controllo del territorio secondo quella che costituisce la tipica manifestazione delle organizzazioni mafiose.
Oltre a tale RAGIONE_SOCIALE vi era quella dedita al narcoRAGIONE_SOCIALE, diversa dalla prima, in quanto svolgeva attività limitata al narcoRAGIONE_SOCIALE e aveva sodali in parte diversi.
Nessun vizio inficia, dunque, l’ordinanza impugnata laddove ha ritenuto esistenti entrambe le associazioni.
4.3. Quanto alla partecipazione del ricorrente ai due sodalizi, il Tribunale ha evidenziato il ruolo di assoluto protagonismo assunto dall’indagato nel sodalizio di cui al capo 8). La quasi totalità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali restituivano l’immagine di un soggetto onnipresente in ogni vicenda di rilievo per la vita del sodalizio: egli coordinava i singoli associati, con i quali si rapportava pressoché quotidianamente e ai quali impartiva precise direttive, che gli stessi, evidentemente riconoscendone il ruolo sovraordinato, eseguivano pedissequamente; prendeva contatti con i fornitori all’ingrosso di sostanza stupefacente, non mancando di occuparsi personalmente anche dello spaccio al dettaglio; a lui gli associati erano tenuti a rendere conto circa il corretto adempimento degli ordini impartiti e al quale dovevano consegnare i proventi dello spaccio organizzato.
Con riguardo alla partecipazione al sodalizio mafioso, il Tribunale ha evidenziato che il giudizio di intraneità del ricorrente non poteva essere precluso dalla presa d’atto della contestuale appartenenza dello stesso all’RAGIONE_SOCIALE dedita al narcoRAGIONE_SOCIALE, dovendosi semmai, in un’ottica rovesciata, ricavare un indizio rilevante di appartenenza del ricorrente anche al sodalizio di cui al capo 1) proprio dall’essere lo stesso figura di spicco nella gestione di uno dei rami affaristici più importanti per la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ricavava introiti assai ingenti. NOME era stato posto dal boss NOME COGNOME alla guida di uno dei settori economici di maggior rilievo per la locale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che, come emerso dall’attività investigativa svolta, i RAGIONE_SOCIALE mafiosi COGNOME ed NOME sfruttavano di comune intesa.
Del GLYPH resto, GLYPH l’indagato era stato intercettato mentre rivendicava orgogliosamente di appartenere a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: trattasi della conversazione registrata il 28 aprile 2019, da reputarsi rilevante non soltanto in relazione alle frasi accusatorie pronunciate dal ricorrente ma anche in ragione del contesto nel quale le stesse erano state pronunciate, avendo COGNOME affrontato l’argomento mentre si trovava in macchina con la convivente NOME COGNOME, di ritorno da Catania, dove si era recato per incontrare gli esponenti del noto RAGIONE_SOCIALE
mafioso COGNOME, con i quali lo stesso poteva rapportarsi alla pari nel concludere affari in materia di droga proprio in ragione della sua qualità di intraneo a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. In quell’occasione egli diceva che “loro” erano COGNOME, appartenente a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e che RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE è NOME, alleata di NOME ed NOME. Correttamente il Giudice per le indagini preliminari aveva evidenziato che, nel riferire di tale appartenenza, COGNOME aveva utilizzato la prima persona plurale del verbo essere: “semu i COGNOME“. Inoltre, l’attività tecnica aveva dimostrato come COGNOME venisse messo a conoscenza di dinamiche e vicende inerenti strettamente alla vita del sodalizio, delle quali, in caso contrario, sarebbe stato certamente tenuto all’oscuro. Si pensi, a titolo esemplificativo, al racconto fattogli da COGNOME dell’estorsione posta in essere da quest’ultimo in concorso con NOME COGNOME ai danni di un imprenditore locale. Del resto, la sussistenza di un rapporto fiduciario e la condivisione di idee e di intendimenti tra COGNOME e il boss mafioso era stata, ancora una volta, rivendicata dallo stesso ricorrente, registrato mentre aveva affermato tronfiamente che lui e COGNOME erano considerare come un’unica persona e che i due operavano secondo piena comunione di intenti.
Alla luce di quanto precede deve rilevarsi che la lettura congiunta delle due ordinanze consente di individuare gli apporti concreti forniti dal ricorrente all’una e all’altra RAGIONE_SOCIALE ascrittegli. L’apporto relativo al settore del narcoRAGIONE_SOCIALE era utile anche al sodalizio mafioso, che sfruttava il sodalizio dedito al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, ma l’appartenenza al sodalizio mafioso si è fatta discendere da una serie di indici ulteriori rispetto all’attività del RAGIONE_SOCIALE degli RAGIONE_SOCIALE.
Deve disattendersi, pertanto, il rilievo difensivo per cui la mera partecipazione al sodalizio per il narcoRAGIONE_SOCIALE non poteva integrare automaticamente per immedesimazione la responsabilità per il diverso reato di partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di riferimento, ove non risultasse che il predetto associato si fosse messo concretamente a disposizione di questa attraverso la propria partecipazione anche alle altre differenti attività criminose che fuoriuscissero dal programma delittuoso tipico dellRAGIONE_SOCIALE .
Difatti, quanto al sodalizio di cui al capo 8) sia nell’ordinanza genetica che in quella impugnata stati valorizzati i contributi forniti attraverso l’attività narcoRAGIONE_SOCIALE e i rapporti con il RAGIONE_SOCIALE NOME.
Con riguardo al sodalizio mafioso di cui al capo 1) entrambi i Giudici della cautela hanno valorizzato gli apporti forniti sia nella gestione del RAGIONE_SOCIALE di sostanze RAGIONE_SOCIALE sia nel compiere altre attività, quali la collaborazione con NOME COGNOME, i rapporti con esponenti di altre associazioni, la partecipazione a riunioni con esponenti di altre associazioni.
Non può dirsi realizzata, quindi, la dedotta violazione del ne bis in idem sostanziale.
5. Il terzo motivo è privo di specificità.
Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, il Giudice per le indagini preliminari ha emesso l’ordinanza cautelare nei confronti di NOME COGNOME su espressa richiesta del Pubblico ministero e sulla base delle esigenze cautelari da questi illustrate, ancorché in maniera congiunta per i soggetti incolpati di reati associativi. Il Tribunale, al riguardo, richiamata la doppia presunzione di pericolosità e adeguatezza della misura detentiva, applicabile nella specie, ha rimarcato che sussistevano indici concreti deponenti per la gravità e concretezza del rischio di recidiva, mentre non risultavano acquisiti agli atti, né prodotti dalla difesa, elementi di segno opposto. Il ricorrente, infatti, aveva assunto un ruolo di assoluto protagonismo nell’ambito del narcoRAGIONE_SOCIALE e il giudizio negativo risultava corroborato dall’esame del certificato del casellario giudiziale, ove sono annotati plurimi precedenti penali e da cui risulta che egli è attualmente imputato in altro procedimento penale per il delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 90 e, dunque, per condotta della stessa natura di quelle per le quali oggi si procede nei suoi riguardi nell’ambito del presente procedimento. L’indagato, inoltre, è stato anche reputato soggetto socialmente pericoloso e destinatario della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
A fronte di così allarmanti esigenze cautelari, il mero decorso del tempo – in assenza di elementi utili a superare le presunzioni di legge e, al contrario, in presenza di molteplici indici sintomatici di massima pericolosità – non poteva che reputarsi da sé solo insufficiente a giustificare conclusioni di segno contrario.
Alla luce di quanto precede deve ricordarsi che questa Corte ha già affermato che, in tema di misure cautelari, quando si procede per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., pur operando una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale, privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità. Il tempo, infatti, può rientrare tra gli “elementi dai quali risulti ch non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 53028 del 6/11/2017, COGNOME, Rv. 271576 – 01; Sez. 6, n. 29807 del 4/05/2017, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, Rv. 270738 – 01; Sez. 5, n. 36569 del 19/07/2016, COGNOME, Rv. 267995 -01; Sez. 5, n. 52628 del 23/09/2016, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, Rv. 268727 – 01).
Nel caso in esame, il Tribunale ha rilevato l’assenza di elementi in grado di escludere la ricorrenza delle esigenze cautelari ovvero l’inadeguatezza di misure meno afflittive e ha preso in considerazione anche il tempo decorso dai fatti, che – con motivazione adeguata e logica – ha ritenuto non idoneo ad attenuare o eliminare le esigenze cautelari in ragione delle circostanze espressamente indicate.
Con tale apparato giustificativo il ricorrente non si è adeguatamente confrontato, posto che, nella sostanza, si è limitato a ribadire quanto già dedotto dinanzi al Tribunale ovvero ha contestato in maniera assertiva il ragionamento articolato dai giudici del riesame, senza però evidenziare profili di effettiva illogicità.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) – della somma di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
La Cancelleria è onerata degli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. attuaz. c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 12/7/2024