Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29579 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29579 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Mazza NOME nato a PALERMO il 26/05/1973
avverso l’ordinanza del 03/03/2025 del Tribunale di Palermo Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. E’ impugnata l’ordinanza del 3 marzo 2025 con la quale il Tribunale di Palermo ha confermato, nei confronti di NOMECOGNOME l’ordinanza di custodia cautelare del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, emessa in data 14 Febbraio 2025, relativamente ai reati di cui agli artt. 416 bis commi 1,3,4 e 6 cod.pen., commesso in Palermo dal dicembre 2022; 110, 629, commi 1 e 2 in rel. a ll’art. 628, comma 3 nn.1) e 3), 416-bis.1. cod.pen. commesso in Palermo il 6 aprile 2024; 74, commi 1,2 e 3 D.P.R. 30/90, 416-bis.1. cod. pen., commesso in Palermo dal dicembre 2022.
È contestato a NOME di avere fatto parte della famiglia mafiosa di NOME COGNOME, ricompresa nel mandamento di NOME COGNOME-San
NOME, e di avere, in particolare, gestito una piazza di spaccio per conto della famiglia mafiosa nel quartiere INDIRIZZO di Palermo, oltre che assistito COGNOME NOME nell’espletamento delle sue funzioni di organizzatore della cosca mafiosa in relazione all’effettuazione di richieste estorsive per il pagamento della ‘ messa a posto ‘ nei confronti di imprenditori operanti sul territorio (capo 2); di avere partecipato all’estorsione in danno di COGNOME NOME e COGNOME NOME, titolari di una macelleria sita in zona ricadente nel mandamento mafioso, costretti a corrispondere una somma di denaro pari ad almeno 5.000 € mensili (capo 33); infine, la partecipazione ad associazione per delinquere dedita al traffico di sostanza stupefacente, operativa parallelamente alla suindicata associazione mafiosa contestata al capo 2 (capo 35).
Il Tribunale di Palermo ha ritenuto accertato (quanto al capo 2) che il Mazza sia stato legato ad esponenti di vertice della suindicata famiglia mafiosa, in particolare a COGNOME NOME, deputato a dirigere ed organizzare l’attività del sodalizio mafioso nel settore degli stupefacenti e delle estorsioni. A tale proposito sono state richiamate le evidenze desumibili da plurime conversazioni ambientali e telefoniche ( in particolare le conversazioni del 27 dicembre 2022, del 4 e 7 aprile 2024), nonché dall’attività di controllo sul territorio effettuato dalle forze dell’ordine (come quelle concernenti la partecipazione del Mazza a riunioni con altri sodali, del l’ 8 e 15 aprile); è stato dato, altresì, particolare risalto alla riunione svolta, in data 3 Aprile 2024, presso l’abitazione di NOME COGNOME, alla presenza di altri esponenti di spicco della consorteria, nel corso della quale veniva discussa l’imposizione di un contributo periodico ai gestori delle piazze di spaccio del quartiere INDIRIZZO, ricadente nella zona di influenza del sodalizio, oltre che l’imposizione di ulteriori richieste estorsive nei confronti di commercianti della zona, venendo sottolineata la partecipazione del Mazza alla discussione e la condivisione delle problematiche operative proprie del gruppo mafioso.
Da ulteriori evidenze restituite dalle intercettazioni del 3 aprile 2024, il Tribunale ha ritenuto (quanto al capo 33) che l’indagato abbia, altresì, concorso in ordine alla contestata estorsione in danno di COGNOME NOME e COGNOME NOME, quantomeno in termini di rafforzamento della portata intimidatrice delle richieste avanzate da COGNOME a COGNOME NOME, al quale si contestava di avere rilevato la gestione di una macelleria, nella zona del medesimo INDIRIZZO senza informarne preventivamente la famiglia mafiosa operante nel territorio per chiedere la ‘ dovuta ‘ autorizzazione a svolgere la suddetta attività (‘ Perché non fai sapere niente cosa ti compri, non ti compri ‘). Nel corso dell’incontro con vari esponenti della famiglia mafiosa, fra i quali l’odierno ricorrente (oltre che COGNOME Francesco ed altri), la persona offesa, a seguito
delle pesanti pressioni, assicurava che il figlio si sarebbe preso le proprie responsabilità e avrebbe quindi pagato quanto richiesto. Particolare risalto è stato, altresì, dato ad una successiva conversazione intercorsa tra COGNOME NOME ed NOME COGNOME, il 5 Aprile 2024, nel corso della quale COGNOME raccontava come fosse andato l’appuntamento con i COGNOME soffermandosi sull’esito della loro attività di intimidazione, confermando la partecipazione dell’indagato, non facendo mistero, peraltro, del fatto di essere pronti a passare alle ‘vie di fatto’ nel caso in cui la ‘richiesta’ non fosse stata recepita (‘ ed eravamo lì.. io.. NOME COGNOME ed il pitbull … … che gli dovevamo fare (ride) a cotoletta …minchia ci… e chiudevamo la saracinesca!) (pag. 21 dell’ordinanza impugnata).
Infine, con riferimento al capo 35) sono stati evidenziati elementi da cui desumere la sussistenza di un’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti -diretta da COGNOME Domenico e COGNOME con la collaborazione in COGNOME Francesco- in grado di organizzare e gestire il traffico di ingenti quantitativi, nella quale anche l’indagato è stato ritenuto stabilmente inserito , valorizzando i rapporti intrattenuti dal medesimo con altri soggetti facenti parte dell’organizzazione criminale, in particolare con COGNOME, nonché altri elementi deponenti per uno stabile acquisto dal sodalizio di sostanza stupefacente da rivendere nella piazza di spaccio dello Zen, così da realizzare una fonte di guadagno, destinata in parte alla famiglia mafiosa. È stata, parimenti, ritenuta sussistente l’aggravante di cui all’art. 416-bis. 1. cod. pen. valorizzando il contenuto della conversazione del 2 Aprile 2024 nel corso della quale COGNOME NOME e NOME COGNOME NOME, unitamente ad altri sodali, parlavano dei contributi economici in favore del sodalizio mafioso da richiedere ai gestori delle varie piazze di spaccio. Peraltro, il medesimo argomento veniva ripreso nel corso di una riunione del 3 aprile 2024 quando -alla presenza di altri sodali compreso il Mazza- Stagno chiedeva se tutte le piazze di spaccio dello Zen fossero state avvicinate al fine di chiedere il pagamento del contributo domandando, in maniera ironica, se fossero andati anche da ll’indagato . A fronte delle evidenze acquisite veniva ritenuto irrilevante il fatto che non fossero stati contestati al medesimo indagato reati fine.
2.NOME ha proposto ricorso per Cassazione con atto a firma del suo difensore.
2.1. Con primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli art. 192, 273 cod. proc. pen., 74 D.P.R. 309/90 e 416 bis.1 cod. pen., per la insussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente in relazione al reato associativo contestato al capo 35) della rubrica.
Deduce che: dalla conversazione del 2 aprile 2024 risulta che il ricorrente subiva l’estorsione da parte della stessa consorteria mafiosa essendo tenuto a pagare settimanalmente il pizzo ai vertici del mandamento mafioso; il ricorrente non è stato accusato di alcuno dei reati fine nonostante indagini prolungate nel tempo per tre anni; da due conversazione ambientali del 22 giugno 2023 risulta che il Mazza acquistava lo stupefacente anche da canali diversi da quelli della consorteria mafiosa, stante la maggiore convenienza del prezzo; mancherebbe la prova di un legame stabile e permanente.
2.2. Con secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 192, 273 cod. proc. pen. e 416 bis cod. pen. per l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso.
Deduce : l’illogicità della motivazione ed il travisamento della prova con riferimento alla partecipazione del ricorrente all’incontro dell’8 aprile 2023 presso il bar INDIRIZZO insieme ad altri soggetti ritenuti appartenenti alla consorteria mafiosa, non sussistendo elementi per ritenere che l’incontro sia stato organizzato per discutere di questioni propria della consorteria mafiosa stante la mancata captazione di conversazioni relative ( e nonostante nel cellulare di COGNOME NOME fosse stato inoculato il trojan Horse); l’ illogicità della motivazione e travisamento della prova relativamente alla rilevata presenza del Mazza, presso il medesimo bar, in data 15 aprile 2023, stante la mancanza di conversazioni relative a detto incontro e la mancanza di elementi da cui ritenere che il ricorrente, in tale occasione, abbia incontrato o parlato con alcuno ; l’il logicità della motivazione relativamente all’episodio del 23 Aprile 2023, quando il ricorrente non aveva partecipato ad un pranzo con altri presunti sodali per precedenti impegni con la moglie, essendo stato dato risalto ad un atteggiamento del tutto omissivo; l’illogicità insita nel fatto che nei confronti del ricorrente fosse stata decisa la sottoposizione al pagamento del pizzo nonostante la sua ritenuta partecipazione all’associazione criminale mafiosa ed il suo ruolo attivo nelle estorsioni.
2.3. Con terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 192, 273 cod. proc. pen., 110, 629,416- bis.1 cod. pen. per l’in sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di estorsione contestato al capo 33). Deduce che il ricorrente non avrebbe preso parte attiva all’estorsione, non risultando alcun suo intervento, nel corso della conversazione con le persone offese del 3 Aprile 2024; l’illogicità della motivazione secondo cui la sola presenza dell’indagato avrebbe rafforzato la portata intimidatrice delle richieste avanzate da COGNOME nei confronti della persona offesa; l’insussistenza di elementi per ritenere che potesse trattarsi di estorsione
compiuta e non invece di estorsione tentata stante la mancata prova di pagamenti di pizzo da parte delle persone offese.
3.Il Sostituto Procuratore generale ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha insistito nell’accoglimento del ricorso .
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
In generale, giova premettere che l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del Tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità, essendo necessari l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento ( Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760; Sez. 1 n. 1700 del 20.03.1998, Rv 210566; Sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995 Rv 201840).
2.Ciò detto, osserva il Collegio che le doglianze sollevate dalla difesa dell’indagato, nel primo motivo, sono versate in fatto e dirette ad accreditare una lettura alternativa della vicenda fattuale oggi in esame.
Il provvedimento impugnato si colloca nel solco del consolidato insegnamento di questa Corte secondo cui è ammissibile la contemporanea esistenza di un’associazione per delinquere di stampo mafioso ed altra associazione per delinquere finalizzata alla commissione specifici reati quando quest’ultima sia dotata di un’autonoma struttura organizzativa che si avvalga anche al contributo di sodali diversi dai soggetti affiliati al sodalizio mafioso perseguendo un proprio programma delittuoso (Sez. U, n. 1149 del 25/09/2008,
dep. 2009, Magistris, Rv. 241883-01; in tal senso, altresì, Sez. 1, n. 4071 del 04/05/2018, COGNOME, Rv. 278583-01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258163-01; Sez. 2, n. 36692 22/05/2012, Abbrescia, Rv. 253892-01) anche tenuto conto della diversità dei beni giuridici tutelati dai due reati, da individuarsi rispettivamente nell’ordine pubblico messo in pericolo dalle situazioni di assoggettamento e di omertà, per quello previsto dall’art. 416-bis cod. pen., e nella salute individuale e collettiva, minacciata dalla diffusione dello spaccio di sostanze stupefacenti, per quello previsto dall’art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990 (Sez. 1, n. 17702 del 21/01/2010, Rv. 247059-01; Sez. 2, n. 21956 del 16/03/2005, Rv. 231972-01).
A tale proposito è stato evidenziato che, dalle risultanze investigative acquisite, è stata desunta la prova di un ‘ associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti operativa parallelamente alla associazione di stampo mafioso. Relativamente all’odierno ricorrente è stato dato particolare risalto: al contenuto della conversazione del 15 giugno 2023 (nella quale NOME COGNOME comunicava al Mazza che ne faceva richiesta, di avere a disposizione 7 chilogrammi di stupefacente, così inducendo lo stesso ricorrente a dirgli di andarla a prendere); al contenuto della conversazione del 22 giugno 2023 nella quale il Mazza, dopo essere stato ripreso dallo Stagno per il fatto di avere acquistato stupefacente da altri fornitori, giustificandosi in quanto stava ‘ morendo dalla fame’, affermava comunque di essere sempre disposto a ricevere lo stupefacente, sapendo dove custodirlo ed assicurando che ogni settimana avrebbe avuto i soldi e che alla fine egli stesso avrebbe preso ‘i suoi’ (‘tu me lo devi dare a me… h o dove metterla dove conservarla e dove fare tutte cose… io man mano vado a prendendo le… la settimana avrai sempre soldi… All’ultimo quando mi spetta mi prendo i miei’) ; alla successiva conversazione del 2 aprile 2024 nel corso della quale COGNOME NOME e NOME COGNOME davano indicazioni sulla richiesta di contributo economico da effettuare nei confronti dei gestori delle varie piazze di spaccio operanti per conto della famiglia, includendo espressamente il ricorrente; alla conversazione del 3 aprile 2024, registrata durante un incontro tra COGNOME NOME e ad altri sodali, compreso il ricorrente, nel corso della quale COGNOME NOME chiedeva ironicamente a NOME COGNOME NOME se la richiesta di pagamento del contributo fosse stata fatta davvero nei confronti di tutti i gestori di una piazza di spaccio, compreso NOME COGNOME (‘ci siete andati da NOME COGNOME?’) ; alla circostanza che, nel corso della suindicata conversazione, l’indagato affermava che, se avesse avuto ‘di nuovo la piazza’ li avrebbe dati ‘con tutto il cuore’, in tal modo sostanzialmente ammettendo di avere gestito una piazza di spaccio almeno fino a poco prima. La motivazione del provvedimento impugnato risulta immune da
vizi logici avendo i Giudici del riesame congruamente ritenuto le evidenze acquisite indicative di uno stabile inserimento del ricorrente nell’organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti, operante nel territorio del mandamento mafioso San Lorenzo-NOME COGNOME parallelamente all’associazione criminale mafiosa , ed avendo ritenuta, altresì, irrilevante la mancata acquisizione di evidenze in ordine alla realizzazione di singoli reati fine, sulla scorta di un consolidato insegnamento di questa Corte, secondo cui la commissione dei “reati-fine”, di qualunque tipo essa sia, non è necessaria né ai fini della configurabilità dell’associazione né ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione ( Sez. 4, n. 11470 del 09/03/2021, Rv. 280703 -02; Sez. 3, n. 9459 del 06/11/2015, dep. 2016, Rv. 266710 -01).
Sotto altro profilo appare priva di incidenza l’ulteriore deduzione difensiva relativa alla asserita illogicità del fatto che lo stesso ricorrente, in quanto gestore di una piazza di spaccio nel quartiere INDIRIZZO, risulterebbe incluso fra i destinatari della richiesta di pagamento del ‘contributo’ essendo ben possibile che i destinatari di una richiesta estorsiva mafiosa siano anche membri della stessa organizzazione criminale mafiosa.
La congruenza e la tenuta logica del ragionamento probatorio di tipo indiziario che è stato ampiamente argomentato dal Tribunale del riesame sulla scorta delle risultanze desumibili dagli esiti della compiuta attività captativa non è inficiato, nella sua complessiva e unitaria capacità dimostrativa di gravi indizi di reato, dalle censure difensive.
2. È inammissibile il secondo motivo. Il ricorrente deduce l’illogicità della motivazione del provvedimento impugnato limitando le sue censure alla interpretazione data dal Tribunale alle emergenze acquisite relativamente alle riunioni dell’8 e 15 aprile 2023, 23 ottobre 2023 e 3 aprile 2024 rilevando la mancanza di prova che, nel corso dei suddetti incontri, l’indagato abbia effettivamente discusso di questioni comuni alla consorteria mafiosa. Le censure difensive omettono in realtà di considerare la centralità data dal medesimo Tribunale al contenuto di altre conversazioni, registrate nel corso di altre riunioni, in data 3, 4 e 7 Aprile (riportate per sintesi nelle pagine 15-17 del provvedimento impugnato), dalle quali è stato desunto un ruolo attivo del ricorrente, consistito nel prendere parte a discussioni su questioni di centrale rilevanza per la vita del clan mafioso, concernenti in particolare la richiesta di contributi da imporre ai gestori delle varie piazze di spaccio, essendo stato dato rilievo, sul punto, alla necessità , affermata dall’indagato, di non esonerare alcuno dal pagare il contributo dovuto alla cosca.
È manifestamente infondata la doglianza difensiva focalizzata sul rilievo dato alla partecipazione del ricorrente ad incontri con altri membri della medesima della consorteria mafiosa, ritenuto erroneo e ai limiti del travisamento della prova. Al contrario, la suindicata emergenza è stata ritenuta ragionevolmente indicativa di una vicinanza tra il medesimo ricorrente e i vertici della famiglia mafiosa (essendo stata letta in tale chiave, in particolare, la sollecitazione effettuata da COGNOME NOME nei confronti del Mazza a prendere parte ad un pranzo organizzato presso un ristorante di Sferracavallo tra altri esponenti della famiglia mafiosa, siglato con abbracci e ‘ bacio sulle labbra ‘ dello stesso COGNOME nei confronti di altro sodale). Le censure difensive obliterano che le evidenze acquisite in merito a tali incontri sono state assunte in rilievo quale indice di intraneità del ricorrente al sodalizio per il solo dato della partecipazione a consessi con altri soggetti, anche apicali, esponenti del clan mafioso, a prescindere dal contenuto delle conversazioni che possano esservi state svolte.
D’altra parte, la difesa non prospetta una diversa ricostruzione e, anche nella misura in cui sembra adombrare una presenza casuale del ricorrente presso il medesimo bar in cui si trovavano riuniti gli altri sodali, le doglianze rimangono generiche nella formulazione di una diversa possibile chiave di lettura dei medesimi incontri.
3. È inammissibile anche il terzo motivo con cui la difesa deduce l’in sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di estorsione contestato al capo 33) e l’illogicità e carenza della motivazione del provvedimento impugnato rilevando, in particolare, che, dalla conversazione del 3 aprile 2024, non sarebbe emersa la prova di una partecipazione attiva del ricorrente alla conversazione svolta tra COGNOME NOME e le persone offese. Le deduzioni difensive non si confrontano con il reale tenore della motivazione adottata dal Tribunale rispetto alla fattispecie estorsiva contestata come commessa nei confronti di NOME COGNOME e con il dato della partecipazione del ricorrente all’appuntamento con la persona offesa nel corso del quale COGNOME NOME, alla presenza appunto del ricorrente e di altro sodale, riprendeva il COGNOME per il fatto di avere intrapreso una propria attività commerciale nel quartiere INDIRIZZO senza la preventiva autorizzazione (‘ il discorso è.. Perché non fai sapere niente cosa ti compri, non ti compri ‘) inducendo così la persona offesa, considerato il crescente tono intimidatorio nel colloquio, a garantire che il figlio si sarebbe preso ‘ le sue responsabilità ‘. Il Tribunale ha, inoltre, sottolineato la rilevanza di un successivo colloquio svolto tra COGNOME NOME ed altro soggetto, in data 5 Aprile 2024, nel corso del quale il primo forniva dettagli rispetto all’incontro precedente avuto con la persona offesa, sottolineando la presenza del Mazza e di
altri, voluta evidentemente a fini intimidatori nella previsione di ben altri possibili scenari (‘ eravamo io ..il bandito.. NOME COGNOME ed il pitbull.. Hai capito … che gli dovevamo fare (ride) a cotoletta.. E chiudevamo la saracinesca!.. O esce o esce ‘).
Le deduzioni difensivesulla neutralità della presenza del ricorrente all’appuntamento con la persona offesa -appaiono, pertanto, frutto di una lettura frammentaria e segmentata del compendio probatorio acquisito, tendendo a sminuire, secondo una chiave di lettura contraria ai canoni della logica, il dato della presenza della ricorrente ad un incontro ‘ riservato ‘ con la persona offesa proprio nel momento in cui la stessa doveva essere resa destinataria di una esplicita richiesta estorsiva. Peraltro, la conferma che la presenza del ricorrente non fosse casuale, ed avesse invece una esplicita finalità intimidatoria, proviene appunto dal suo indicato colloquio del 5 aprile 2024, con il cui tenore la difesa omette del tutto di confrontarsi.
Appare logica, altresì, la conclusione del Tribunale che ha desunto la prova del pagamento da parte della persona offesa dal contenuto di una conversazione del 6 aprile 2024 fra COGNOME e altro sodale nel corso della quale quest’ultimo diceva che voleva incontrarlo per dargli ‘qualcosa’ ( pag.21), soprattutto se si raffronta con il tenore della conversazione svolta con la stessa persona offesa appena due giorni prima, conclusa con la rassicurazione della medesima che il figlio si sarebbe assunto le proprie responsabilità. Rispetto a tale ricostruzione, non censurabile nella presente sede, la doglianza difensiva, sulla mancanza di prova della consumazione del reato, risulta priva della dovuta specificità censoria e inidonea ad evidenziare profili di criticità di tenuta logica della motivazione.
4.In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 23/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME