Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18827 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18827 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Cuggiono il 18/12/1987 avverso l’ordinanza del 20/03/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Milano udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi i difensori, avv. COGNOME e avv. COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano, provvedendo ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. sull’appello proposto dal Pubblico ministero avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città in data 26 settembre 2023, in parziale riforma della stessa, ha ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nei riguardi di NOME COGNOME per il reato di partecipazione a una associazione per delinquere (capo 1 dell’incolpazione provvisoria) costituita da appartenenti alle tre organizzazioni di stampo mafioso denominate cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra, avete struttura confederativa orizzontale, nell’ambito della quale i vertici di ciascuna delle tre componenti mafiose operano allo stesso livello, contribuendo alla realizzazione del sistema mafioso lombardo .
Inoltre, ha ritenuto la gravità indiziaria del reato sub 5. dell’imputazione provvisoria, riguardante la detenzione e il porto illegale di una pistola cal. 38.
1.1. Il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere con riferimento al solo reato indicato al n. 8 (previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 416bis 1. cod. pen. sotto il profilo dell’agevolazione mafiosa, ma ritenendo sussistente quella del metodo mafioso), mentre aveva escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai capi 1. e 5., ritenendo che il complesso degli elementi indiziari insufficiente.
Quanto alla condotta associativa , aveva ritenuto gli elementi posti dall’Accusa a fondamento della richiesta non idonei a supportare la tesi dell’esistenza di un’associazione per delinquere di
carattere unitario di stampo mafioso, siccome priva dello specifico connotato dell’utilizzo della forza intimidatrice, mai estrinsecatosi nØ nel settore economico, nØ nella vita politica e istituzionale; nØ tantomeno erano emersi atti d’intimidazione ovvero la commissione di reati coerenti con l’impostazione accusatoria secondo cui il sodalizio avrebbe inglobato al suo interno i tre gruppi criminali storicamente piø importanti, con conseguente egemonia nel territorio occupato.
Secondo l’impostazione del Giudice per le indagini preliminari la sussistenza di detto elemento era necessaria in quanto, secondo la stessa prospettazione d’accusa, il sistema mafioso lombardo , lungi dal rappresentare una mera articolazione territoriale di mafie storiche, costituiva un’autonoma e originale compagine criminale, sicchØ non poteva darsi per presunta una condizione di generalizzata omertà in un contesto territoriale diverso da quello di matrice delle associazioni mafiose e a fronte di un organismo dichiaratamente nuovo e autonomo dalle associazioni preesistenti.
Sotto altro profilo, il GIP rilevava la mancanza di concreti elementi probatori a supporto dell’esistenza di una struttura organizzativa e dell’ affectio societatis .
Quanto alla prima, in estrema sintesi, osservava che: i) era indimostrata l’esistenza della cassa comune, salvo il sostentamento di alcuni detenuti che poteva essere motivato dalle cointeressenze economiche emerse nel corso delle indagini; ii) la gestione eventualmente in concerto di attività economiche non era di per sØ significativa dell’esistenza di una associazione mafiosa, reputando inconcludenti le vicende del capo 16 (estorsione ai danni di Sanfilippo ) e della gestione dei parcheggi o le altre vicende lato sensu imprenditoriali che avevano coinvolto in prima persona NOME COGNOME non essendo emerso in termini inequivoci che tali attività imprenditoriali fossero acquisite o gestite avvalendosi di alcun metodo mafioso; iii) i rapporti con soggetti istituzionali e politici non risultavano il portato del vincolo associativo, quanto, con riguardo ad COGNOME, la mera fisiologica conseguenza dell’ essere un imprenditore operante sul territorio; iv) neppure si ritenevano significativi i summit , atteso che ad essi non avevano preso parte solo soggetti affiliati e che, rispetto a molti degli odierni indagati, non era emersa la prova dell’affiliazione ad alcun sodalizio, nØ a quello di tipo confederativo ipotizzato dall’organo requirente, nØ a quello piø ristretto di originaria appartenenza; v)la pur accertata disponibilità di mezzi (immobili, società, automobili, telefoni cellulare criptati), la loro condivisione non poteva essere indice univoco della sussistenza del sodalizio, atteso che i soggetti indagati erano ampiamente inseriti nell’economia locale, sicchØ le rispettive cointeressenze in ambiti leciti o illeciti potevano giustificare l’utilizzo dell’apparato organizzativo a prescindere dall’esistenza del sodalizio indicato, in ogni caso rilevando che non vi era stata alcuna esternazione di metodo mafioso che potesse suggerire, invece, un utilizzo di tali mezzi in funzione delle attività tipiche dell’associazione.
Quanto all’elemento dell ‘affectio societatis , osservava che deponevano in senso contrario all’assunto dell’Accusa, le seguenti circostanze: i) non erano stati rilevati rituali d’ingresso per gli associati; ii) i contatti tra gli esponenti delle articolazioni mafiose erano funzionali alla trattazione di singoli affari concernenti ad esempio il traffico di stupefacenti e in tali casi si registravano tentativi di concludere affari con taluni indagati all’insaputa di altri; iii) le dispute insorte in relazione a vicende economiche non indicavano l’esistenza di alcun gruppo nel cui superiore interesse i predetti indagati si confrontassero e, anzi, emergevano rivalità del tutto incompatibili con una visione unitaria della associazione
Rilevava, infine, come fosse un’anomalia che gli altri clan , cosche e ‘ndrine parimenti presenti nella provincia di Milano si fossero limitati a osservare passivamente la nascita ed espansione di un organismo così vasto e potenzialmente in grado di fagocitare tutti i settori economici e d’interesse per le associazioni potenzialmente antagoniste; così come appariva difficile che le associazioni madre, di cui le compagini consorziate rappresentavano un’espressione, avessero accettato di
veder nascere un organismo complesso di tipo federativo nella provincia di Milano a differenza di quanto accadeva nel resto d’Italia, senza mai interessarsi di quanto concretamente accadeva nel milanese.
Si rimarcava che atti intimidatori si erano registrati principalmente all’interno della medesima consorteria, ma mai verso terzi e che i reati fine dell’ipotizzata associazione erano commessi tendenzialmente da componenti dello stesso gruppo e non era dimostrato che fossero oggetto di condivisione dall’intero sistema mafioso, nØ che i capitali e le società acquisite fossero di comune appannaggio: risultava per contro piø verosimile che gli indagati si fossero talvolta raccordati per svolgere un determinato affare, lecito o illecito.
Riteneva, in conclusione, che quanto emergeva dagli atti fosse del tutto diverso dall’organismo ipotizzato dal Pubblico Ministero, al punto che non fosse neppure utile ricostruire singolarmente le tre compagini richiamate, venendo in tale modo “snaturato” l’intero impianto accusatorio.
Per ciò che riguarda il capo 5) , il Giudice per le indagini preliminari reputava non raggiunta la gravità indiziaria sulla contestata condotta di cooperazione, come staffetta, con COGNOME, materiale trasportatore dell’arma.
1.2. A diversa conclusione su entrambi i reati Ł giunto il Tribunale del riesame , secondo cui ha trovato in primo luogo conforto l’affermazione del Pubblico ministero secondo cui l’operatività del sodalizio – sebbene i singoli indagati avessero come riferimento un gruppo di omogena appartenenza (così intesa la descrizione del sodalizio in incolpazione ove fa riferimento ai “gruppi”, i trapanesi, i palermitani, i gelesi, i romani, i calabresi e così via) e godessero, come singoli e come gruppi, di margini di autonomia – si Ł caratterizzata per la sua trasversalità in moltissimi settori rivelatisi d’interesse per l’associazione, come emergenti dalla disamina degli aspetti strutturali dell’associazione stessa e delle sue attività.
La natura unitaria del sodalizio Ł stata esaminata nelle p. da 63 e seguenti, di cui si sono descritte le basi logistiche, le prassi operative, la disponibilità delle armi, la condivisione delle risorse finanziaria, le attività dallo stesso svolte e i summit (ora di carattere programmatico, ora di carattere operativo) a conforto dell’esistenza del vincolo associativo.
Segnatamente, si Ł descritta una compagine dotata di autonoma struttura organizzativa, che prevede frequenti summit per l’adozione delle principali decisioni operative e che si Ł avvalsa della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento da esso promanante sia per commettere, nel territorio delle città di Milano, Varese e zone limitrofe, varie attività delittuose (delitti contro il patrimonio, violazioni della disciplina degli stupefacenti e delle armi), sia per esercitare il controllo del territorio.
In particolare, il sistema mafioso lombardo ha sfruttato tale forza: i) per risolvere controversie scaturenti da affari leciti e illeciti; ii) per mantenere contatti con esponenti del mondo politico ed economico; iii) per condizionare il libero esercizio del voto; iv) per infiltrare il tessuto sociale ed economico al fine di alterare e condizionare il libero mercato, anche attraverso il controllo di attività economiche nel settore della logistica ed in quello edilizio, sanitario, delle piattaforme e-commerce, ristorazione, noleggio veicoli, gestione di parcheggi aeroportuali, petrolchimico e importazione di materiali ferrosi.
Indice di autonomia organizzativa e operativa si Ł ritenuta la presenza di una cassa comune, nella quale confluivano somme di denaro ricavate dall’attività sociale e destinate al sostentamento dei sodali detenuti, ed era dedita a massimizzare i proventi illeciti attero sofisticate manovre finanziarie tramite un complesso sistema di società intestate a prestanome nelle quali erano reinvestiti i profitti illeciti per svolgere attività economiche lecite.
I legami e i rapporti vantati dai singoli associati con i gruppi criminali di riferimento originario
non hanno rappresentato un ostacolo all’autonomia del nuovo gruppo: gli associati si sono, invero, coesi in piø articolazioni in ragione non dell’originaria appartenenza o vicinanza a una delle tre mafie storiche, ma per le loro specializzazioni operative, mantenendo sempre un elevato grado di indipendenza e libertà decisionale e operativa. Il ‘capitale sociale’ rappresentato dagli ascendenti criminali di ogni partecipe Ł stato messo a disposizione di tutto il nuovo sodalizio che l’ha speso per realizzare gli scopi comuni.
L’ordinanza si Ł fatta carico di ricostruire la centralità di alcuni indagati nell’ambito di tale associazione, al fine di ribadire la natura di quest’ultimo di associazione unitaria e distinta dalle singole compagini storiche, finalizzata alla realizzazione di un programma comune e al soddisfacimento di interessi almeno in parte condivisi, come evidenziato, in particolare, dalla costituzione e dalla gestione, sin dal 2018, di società con cui svolgere affari in commistione tra i vari partecipi, operazioni compiute con modalità sempre analoghe, applicando regole e logiche condivise, e dirette alla continua ricerca di nuove opportunità di profitto, nei settori piø disparati (principalmente l’edilizia, accedendo agli incentivi statali), profitto da conseguire anche con metodi illeciti, e a cui potessero accedere tutti i vari partecipi. Tra le operazioni significative in merito all’esistenza dell’indicato sodalizio stabile l’ordinanza valorizza la costituzione, nel 2021, della RAGIONE_SOCIALE srls da parte di soggetti appartenenti alle diverse associazioni di riferimento, la collaborazione di alcuni indagati in operazioni finanziarie illecite gestite da gruppi operativi diversi, alcune vicende estorsive, la gestione condivisa di un’arma da sparo.
La struttura Ł stata descritta non già come organizzata in senso verticistico, bensì orizzontale nell’ambito della quale ciascun gruppo mantiene un certo margine di autonomia nell’operatività, impegnandosi, tuttavia, di volta in volta a trovare la migliore sintesi tra interessi, anche contrapposti, per assicurare continuità nelle relazioni ed il massimo profitto in ragione della condivisione della ragione fondativa del gruppo, che assume, pertanto, i contorni tipici dell’affectio societatis.
Emblematica, a quest’ultimo proposito, Ł ritenuta la controversia ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in cui, a prescindere dall’origine dei rapporti debito credito, tutti i soggetti coinvolti, hanno accettato la possibilità di una composizione unitaria anche a discapito delle rispettive pretese pur di «trovare la quadra» e continuare a «guadagnare tutti», evitando di farsi la guerra e, per tale via riuscire, garantirsi la buona riuscita degli affari illeciti in corso di interesse comune.
Il sistema mafioso lombardo, pur mutuando la natura mafiosa dell’organizzazione della forza d’intimidazione da quella dei suoi singoli componenti, come tali conosciuti nei vari territori di operatività e riferimento, Ł dunque un gruppo autonomo e di tale peculiare caratteristica sono pienamente consapevoli i suoi componenti, i quali, pur essendo di estrazione criminale diversa, in una delle conversazioni intercettate espressamente convengono sulla loro appartenenza ad «una famiglia unica».
Si Ł, poi, adeguatamente motivata la natura mafiosa dell’associazione, con indicazione degli elementi ritenuti a conforto della capacità di esternazione della forza intimidatrice. Il Tribunale, diversamente dal Giudice per le indagini preliminari, l’ha ritenuto dimostrata dall’uso di minacce e violenze in molte delle operazioni compiute dall’associazione e ha osservato il sodalizio non avesse bisogno di gesti eclatanti, essendo composto da soggetti già noti come esponenti di criminalità organizzata e facenti ancora capo ai rispettivi sodalizi di origine, i quali sfruttavano, per intimidire, anche la fama delle consorterie storiche di rispettiva provenienza.
1.3. Quanto alla posizione del ricorrente nell’ambito del descritto sodalizio, COGNOME, già inserito nel piø ristretto sodalizio di ‘ndrangheta della l ocale Legnano-Locate Pozzolo avrebbe: i) impegnato le proprie energie criminali svolgendo funzioni operative nelle azioni d’intimidazione, ivi comprese le estorsioni, nell’interesse dell’associazione, ai danni di NOME COGNOME; ii) contribuito ad alimentare la cassa comune destinata al sostentamento dei detenuti e, tra questi, NOME
Rispoli; iii) si sarebbe occupato del reimpiego dei profitti illeciti dell’organizzazione partecipando alle attività legate al traffico illecito degli stupefacenti; iv) avrebbe, infine, partecipato a diversi summit .
1.4. Ritenuti sussistenti i gravi indizi, riguardo alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva concrete e attuali sia l’esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen., sia quella d’inquinamento probatorio e del pericolo di fuga.
Ricorre per cassazione l’indagato , tramite il difensore di fiducia avv. COGNOME e deduce un unico , articolato motivo di ricorso, di seguito riassunto nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Si lamenta, in primo luogo, l’apparenza della motivazione sottesa alla ritenuta esistenza del sodalizio e, comunque, alla partecipazione dell’indagato allo stesso.
Il ricorso ripercorre la motivazione contraria contenuta nell’ordinanza genetica, quindi avversa gli argomenti spesi dal Tribunale del riesame.
Osserva che un primo elemento utilizzato nell’ordinanza per sostenere la partecipazione dell’indagato alla nuova compagine associativa sarebbe ravvisabile nella sua appartenenza o vicinanza alla locale di Legnano; e, tuttavia, deduce il ricorrente come l’ordinanza non avrebbe provato l’esistenza della nuova compagine associativa descritta nell’imputazione, limitandosi ad affermare con motivazione assertiva che si trattava di un organismo autonomo e composito, con un’organizzazione orizzontale, cui erano associati soggetti di variegata appartenenza e provenienza mafiosa, non considerando o valutando parzialmente i requisiti necessari a integrare il reato di cui all’articolo 416bis cod. pen.
Rileva il ricorrente come già la “locale” di cui si ritiene che gli faccia parte non rispecchia i requisiti necessari a integrare detta fattispecie delittuosa, poichØ l’asserita sua ricostituzione resta esclusivamente un’idea proveniente da NOME COGNOME.
Il ricorrente denuncia, inoltre, che il suo ruolo sarebbe stato affermato unicamente sulla base di alcune frasi captate nel corso delle intercettazioni a carico di Rosi che, Al contrario, costituirebbero unicamente ‘sproloqui autoreferenziali’ che nulla dicono in ordine ad una sua concreta attività partecipativa.
Neppure si può ritenere la sussistenza di un’esternazione della capacità d’intimidazione da parte del ricorrente poichØ la condotta estorsiva a tal fine valorizzata dal tribunale non Ł provato che fosse funzionale al ritenuto sodalizio di nuova formazione.
Il ricorso evidenzia altresì che la partecipazione dell’indagato a sporadici incontri alla presenza di soggetti pregiudicati per mafia non può costituire, di per sØ dato indicativo del suo coinvolgimento nell’associazione. Ciò che difetterebbe inoltre Ł l’indicazione della consapevolezza da parte del ricorrente di far parte di un organismo unitario e della messa disposizione delle proprie energie criminali in favore di detto diverso sodalizio.
Si osserva nel ricorso che l’indagato ben potrebbe – come ritenuto dal Gip – aver utilizzato il metodo mafioso per commettere l’estorsione di cui al capo 8, ma la sua condotta deve restare circoscritta al reato contestato, la cui aggravante sarebbe applicabile indipendentemente dall’esistenza della ritenuta organizzazione mafiosa.
2.2. Con riferimento specifico al capo 5. , il ricorrente lamenta che non vi siano elementi dai quali inferire, neppure a livello indiziario, che egli abbia cooperato nel trasporto dell’arma secondo cui egli avrebbe agito come staffetta, non essendovi stato alcun pedinamento o ulteriori attività di polizia giudiziaria o dimostrativa del fatto che l’indagato abbia preceduto il complice per agevolarlo.
3. Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che si sostanzia in censure che attengono ai criteri di valutazione degli elementi indiziari, di cui si chiede una rivisitazione, Ł infondato ed Ł pertanto passibile di rigetto.
2.1. Com’Ł noto, in Sezioni Unite n. 11 del 23/02/2000, Audino, Rv. 215828 si Ł statuito che «in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a questa Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie».
L’arresto costituisce, ormai, patrimonio comune della giurisprudenza di legittimità che l’ha ribadito, fra le molte, con Sez. 2 n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 e Sez. 1, n. 30416 del 25/09/2020, in motivazione. Occorre avere anche riguardo alla specificità della valutazione compiuta nella fase cautelare, dovendosi sempre tenere conto della «diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato» (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, Rv. 264213, tra le molte conformi).
Inoltre questa Corte, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che avversano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento».
Corollario di tale pacifico approccio Ł il principio, ribadito anche dal massimo consenso di questa Corte – che viene in rilievo nel procedimento in esame, in cui le prove sono costituite in larga parte da captazioni di conversazioni – secondo cui, in tema d’intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01). A ciò va aggiunto che il contenuto di intercettazioni, telefoniche o ambientali, dalle quali emergono elementi di accusa nei confronti dell’indagato, anche quando sono captate fra terzi, può costituire fonte diretta di prova della sua colpevolezza senza necessità di riscontri, ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., fatto salvo l’obbligo del giudice di valutare il
significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica (tra tante, Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, COGNOME, Rv. 268414).
Sempre in via preliminare, va tenuto presente che, secondo recenti arresti della giurisprudenza di legittimità, «Ai fini della qualificazione ai sensi dell’art. 416bis cod. pen. di una nuova ed autonoma formazione criminale Ł necessario accertare se il sodalizio: a) abbia conseguito fama e prestigio criminale, autonomi e distinti da quelli personali dei singoli partecipi, in guisa da essere capace di conservarli anche nel caso in cui questi ultimi fossero resi innocui; b) abbia in concreto manifestato capacità di intimidazione, ancorchØ non necessariamente attraverso atti di violenza o di minaccia, nell’ambito oggettivo e soggettivo, pur eventualmente circoscritto, di effettiva operatività; c) abbia manifestato una capacità di intimidazione effettivamente percepita come tale e abbia conseguentemente prodotto un assoggettamento omertoso nel “territorio” in cui l’associazione Ł attiva» (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Rv. 279555-17).
2.2. Quanto poi all’ulteriore tema che viene in rilievo nello scrutinio del presente ricorso, ovverosia quello dello standard motivazionale richiesto in caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello de libertate , della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, la giurisprudenza di questa Corte non Ł uniforme. In alcune pronunce, anche recenti, si Ł affermato che «In caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello de libertate , della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, non Ł richiesta una motivazione rafforzata, in ragione del diverso standard cognitivo che governa il procedimento incidentale, ma Ł necessario un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, non potendosi ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale» (Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, COGNOME Rv. 284982 – 04; Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, M., Rv. 279593 – 01). Vi Ł poi un altro indirizzo, che il Collegio ritiene preferibile, secondo cui «In tema di appello cautelare, la riforma in senso sfavorevole all’indagato della decisione impugnata impone al tribunale, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, un rafforzato onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative evidenziate dal primo giudice, essendo necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata» (Sez. 1, n. 47361 del 09/11/2022, COGNOME, Rv. 283784. In motivazione, la Corte ha precisato che, pur non essendo necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, dell’insostenibilità della decisione riformata, ogni divergente valutazione adottata dal tribunale deve essere comunque dotata di maggiore persuasività e credibilità razionale).
In ogni caso, sia pure con diversità di accenti, entrambi gli orientamenti richiedono, per il caso in cui il tribunale della libertà accolga la domanda cautelare, riformando in sede di appello ex art. 310 cod. proc. pen. la decisione di rigetto del Giudice per le indagini preliminari, un percorso motivazionale articolato, che tenga conto degli argomenti a sostegno della decisione liberatoria impugnata, se interferenti con i presupposti della divergente valutazione adottata in appello, configurandosi altrimenti un vizio di motivazione.
Scrutinata alla luce dei principi sin qui sintetizzati, l’ordinanza resiste alle censure contenute nell’unico motivo di ricorso.
3.1. Muovendo da tale ultima considerazione, in punto di motivazione dotata di maggiore persuasività, l’indicato obbligo di riconsiderazione Ł stato adeguatamente soddisfatto dal Tribunale collegio e l’ordinanza in punto di gravità indiziaria, risulta assolutamente congrua, esaustiva e immune da profili di manifesta illogicità, oltre che puntualmente ancorata alle emergenze acquisite di cui ha dato conto in termini del tutto adeguati.
3.2. La cognizione del Tribunale ha compreso tutte le risultanze fattuali, non limitandosi a una lettura atomistica degli indizi, ma valorizzandoli attraverso una lettura unitaria, evidenziando, in primo luogo, le plurime criticità presenti nell’apparato giustificativo con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva escluso la sussistenza degli elementi costitutivi del reato associativo, ponendo in risalto gli errori di metodo, oltre che di natura logica e giuridica.
Al riguardo il Tribunale ha rilevato che, ponendosi ripetutamente in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, quel Giudice aveva: i) operato una valutazione frazionata degli indizi, parcellizzando e isolando gli elementi offerti dall’accusa; ii) negletto le precedenti condanne irrevocabili di molti indagati per violazione dell’art. 416bis cod. pen., ritenendo decisiva l’epoca risalente di consumazione dei reati associativi pur in assenza di elementi dimostrativi dell’intervenuto recesso, quanto mai indispensabile, secondo le massime di esperienza, per un effettivo allontanamento dal contesto criminale mafioso; iii) considerato ostative ai fini della configurabilità dell’ affectio societatis le contrapposizioni e i contrasti intervenuti tra gli indagati del reato associativo, pur trattandosi, secondo l’esperienza giudiziaria, di eventi fisiologici nella vita di ogni gruppo delinquenziale, specie se di natura mafiosa; iv) svalutato la circostanza, pur data per accertata, del pagamento delle spese a favore dei sodali detenuti; v) ritenuto irrilevanti i numerosi summit tra i medesimi esponenti di vertice, nonostante il contenuto delle conversazioni intercettate nel corso delle riunioni dia conto, in modo chiaro, delle dinamiche e delle singole appartenenze ad un complesso organismo associativo dedito anche ad attività illecite; vi) sottovalutato i pur dimostrati legamidegli indagati con le mafie storiche; vii) enfatizzato l’assenza di rituali di iniziazione, trascurando che per entrare in questa originale e ulteriore realtà criminale i contatti fra gli esponenti erano funzionali alla trattazione di singoli affari.
3.3. Ha poi, con motivazione scevra da fratture razionali, chiarito le ragioni sulla scorta delle quali ha ritenuto che il materiale investigativo raccolto consentiva di affermare la sussistenza di gravi indizi del delitto contestato al capo 1), inteso come costituzione di un’associazione aventi le seguenti caratteristiche: i) essere legata a uno specifico territorio; ii) essere costituita tra soggetti già appartenenti o comunque collegati alle mafie storiche, denominate cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra ; iii) essere autonoma rispetto ai clan di provenienza degli associati coi quali, tuttavia, questi ultimi i continuano a mantenere rapporti; iv) essere dotata di struttura orizzontale e di una cassa comune; v) essere finalizzata alla commissione sia dei reati tipici dei sodalizi mafiosi (estorsione, traffico di sostanze stupefacenti), sia alla costituzione di società dedite a attività lecite, in particolare nel settore dell’edilizia, ma la cui illiceità riguardava la provenienza del denaro investito ovvero la gestione e il raggiungimento dello scopo di profitto, posto a servizio del sodalizio stesso.
Nel valutare i gravi indizi, il Tribunale si Ł occupato esaustivamente delle questioni concernenti la sussistenza di un vincolo associativo e all’esercizio e alla esternalizzazione del metodo mafioso, oggetto delle censure, a contenuto meramente confutativo, del ricorrente.
3.4. La stabilità del vincolo tra gli associati e la sua tendenziale permanenza (accordo comunque da non esaurirsi nella consumazione di singoli reati – fine), Ł stato desunto dalla continuità e frequenza degli incontri, dall’apporto comune di capitali e mezzi al fine di un comune fine di profitto, dall’esistenza di una cassa comune, dalla consapevolezza delle condotte criminose, anche gravi, commesse da altri sodali, e dal frequente richiamo degli indagati stessi all’esistenza di un’associazione costituita in quel territorio, e di cui sarebbero partecipi. Così, ad esempio, riguardo alla creazione della RAGIONE_SOCIALE, e le affermazioni di singoli indagati sull’attività di Vestiti quale «epicentro di molti equilibri», sulla costruzione di «un’associazione che non finisce mai», sulla necessità di «trovare una quadra per guadagnare tutti», sulla non operatività di Sicilia, Roma e Napoli perchØ «Qua Ł Milano … le cose giuste qua si fanno», sulla rarefazione dell’appartenenza di ciascuno alle tre mafie storiche di provenienza, laddove NOME COGNOME dice ad NOME «qua
siamo tutti e tre, siamo tutti insieme, siamo tutti una cosa».
Da questi elementi, il Tribunale ha dedotto – con motivazione puntuale logicamente coerente la sussistenza della necessaria affectio societatis , negando la rilevanza dei contrasti interni, sulla base dei quali il Giudice per le indagini preliminari aveva escluso la sussistenza di un’associazione, ed anzi evidenziando gli sforzi dei vari associati per risolvere ogni contesa, in vista del perseguimento della comune finalità di profitto. Quest’ultimo aspetto – che l’ordinanza impugnata esamina a proposito della controversia tra i COGNOME e NOME COGNOME, sottolineando il coinvolgimento di esponenti dei diversi gruppi criminali al fine di comporre la diatriba nell’interesse di tutti – Ł stato piø volte ritenuto costituire, dalla giurisprudenza di legittimità, un elemento significativo dell’esistenza di un vincolo associativo, affermando che «In tema di associazione per delinquere, l’esistenza di scopi personali diversi e contrapposti tra i singoli associati, operanti nell’ambito di strutture imprenditoriali autonome e concorrenti, non Ł ostativa al riconoscimento del vincolo associativo, ove tali divergenze trovino composizione in un progetto generale, da realizzare mediante le attività delittuose, finalizzato a perseguire un utile da ripartire tra le diverse imprese» (Sez. 3, n. 23335 del 28/01/2021, Rv. 281589-01; si veda anche Sez. 3, n. 25994 del 22/07/2020, Rv. 279825-01).
Del tutto corretto Ł, poi, il rilievo dato all’esistenza di una cassa comune, destinata soprattutto ad assicurare l’assistenza giudiziaria ed economica ai detenuti e alle loro famiglie, sottolineando che ad essa contribuiscono tutti i gruppi, così evidenziando l’esistenza di un vincolo di mutua solidarietà, in base al quale tutti provvedono a fornire tale assistenza a prescindere dalla compagine di provenienza del singolo (ad esempio concorrendo i Pace, i Crea ei Fidanzati a far fronte al sostentamento di NOME COGNOME e dei suoi familiari).
La motivazione dell’ordinanza impugnata, pertanto, su questo punto Ł logica e completa, tenuto conto del livello di gravità indiziaria che deve essere ritenuto sufficiente per l’emissione di una misura cautelare.
3.5. L’impiego del metodo mafioso e la sua necessaria esternalizzazione Ł oggetto di ampia valutazione dall’ordinanza impugnata e sono valorizzate le modalità esecutive dei numerosi episodi estortivi, il piø delle volte consumati senza ricorrere a minacce espresse, ma semplicemente evocando la loro appartenenza non ad un singolo gruppo (o mafioso o camorristico o di ‘ndrangheta), ma, trasversalmente e indifferentemente, a tutti quelli coinvolti nella nuova organizzativa, la cui forza di intimidazione Ł evidentemente conosciuta dalla comunità sociale di riferimento, anche dalle persone che non si sono mai direttamente confrontate con quel mondo criminale.
E’ dimostrato in numerose vicende analiticamente ricostruite dall’ordinanza il costante impiego di minacce, violenze, soprusi, prepotenze per rinnovare la fama criminale già connessa al nome delle varie consorterie di riferimento dei singoli sodali, ma liberamente utilizzabile da tutti gli appartenenti in forza del patto associativo trasversale concluso dagli esponenti di diversa estrazione mafiosa.
Sistematica proiezione esterna del metodo mafioso si Ł ritenuta riscontrabile anche nei settori del narcotraffico, dell’infiltrazione del sistema economico, del riciclaggio e dei reati fiscali.
Secondo il Tribunale, la peculiarità del sodalizio riposa nella diversa estrazione dei suoi componenti, autorizzati dalle rispettive organizzazioni mafiose di appartenenza, cui rimangono funzionalmente collegati, a dare vita e rendere operativa un nuovo ‘sistema’, distinto dalla confederazione perchØ caratterizzato da una struttura organizzativa autonoma delle sue articolazioni o sottogruppi i cui componenti non sono accumunati dalla comune provenienza dalla medesima associazione mafiosa.
In ragione di tale peculiare connotazione, il gruppo Ł stato in grado di esternare una sua
capacità intimidatrice, effettiva e autonoma, sia pure derivante dal collegamento con le singole associazioni di appartenenza dei suoi sodali e dalla fama criminale acquista da queste ultime e dai singoli componenti nel territorio di interesse. Secondo il Tribunale, Ł rilevante il fatto che la spendita della fama criminale delle mafie storiche di appartenenza avvenga, talvolta, da parte di sodali affiliati, in realtà, a una diversa associazione storica, evidentemente con il consenso degli altri associati perchØ dimostrazione della particolarità e autonomia dell’associazione qui contestata.
Piø in dettaglio, l’ordinanza ha ritenuto dimostrata l’avvenuta acquisizione della forza intimidatrice, sul territorio lombardo, dalle seguenti vicende: i) quella che coinvolge COGNOME (in una delle conversazioni Vestiti, si compiace del fatto di raggiungere «senza spari» lo scopo che l’associazione si Ł prefissata); ii) quella che coinvolge la segretaria generale del Comune di Abbiategrasso che, pur non assoggettandosi ad essa, comprende facilmente la natura mafiosa della richiesta avanzatale da COGNOME, e la qualità mafiosa del soggetto o dei soggetti di cui questi avrebbe fatto il nome; iii) quella relativa alla gestione del bar e dei parcheggi dell’ospedale di Desio da parte della RAGIONE_SOCIALE per azioni, le cui modalità avevano allarmato i dipendenti, tra i quali correva la voce che tali attività fossero in mano a ‘mafiosi’; iv) infine, piø in generale, dall’atteggiamento omertoso di molte vittime di estorsioni, che avevano omesso di denunciare i fatti commessi in loro danno, o li avrebbero esposti in termini riduttivi rispetto a quanto emerge dalle intercettazioni.
L’incapacità, per gli abitanti del territorio, di individuare con precisione l’associazione criminale che sta esercitando tale forza intimidatrice non Ł stata ritenuta rilevante; anzi essa Ł stata interpretata come un’indiretta conferma della diversità e autonomia dell’associazione contestata, rispetto ai gruppi storici di riferimento dei vari associati.
L’ordinanza afferma specificamente, con motivazione logica e consequenziale alle vicende esaminate, che la forza intimidatrice promana dall’associazione stessa ed Ł a essa «immanente», in virtø delle azioni che essa compie e dell’assoggettamento che ha realizzato nel territorio, e non deriva dai singoli associati o dalle mafie storiche a cui questi ultimi fanno riferimento.
Secondo l’ordinanza impugnata, quindi, l’associazione ha una propria ‘mafiosità’, derivante anche dalla partecipazione ad essa di soggetti dalla già accertata caratura mafiosa, ma soprattutto la manifesta all’esterno in modo autonomo, pur avvalendosi anche dell’assoggettamento già realizzato nel territorio lombardo, in passato, dalle singole mafie storiche, in quanto opera in modo distinto rispetto a queste ultime e mantiene, rispetto ad esse, una autonomia sua propria.
Il Tribunale si Ł altresì espresso sulla qualificazione di detta associazione come una mafia ‘nuova’, o ‘atipica’, o ‘a soggettività differente’, o addirittura come un tertium genus , dichiarando anzi esplicitamente di sottrarsi all’ «afflato definitoriopresente nell’ordinanza genetica e nell’appello del pubblico ministero», sottolineando che il fenomeno mafioso Ł in continua evoluzione e che la peculiarità della struttura associativa così come descritta non ne esclude la mafiosità, in quanto la ritiene accertata, in via indiziaria, con le medesime caratteristiche richieste dalla giurisprudenza di legittimità.
Anche questa parte della motivazione Ł logica, approfondita e non contraddittoria, e pertanto sufficiente, anche sotto il profilo dell’immanenza ed esternalizzazione del metodo mafioso, per ritenere presenti indizi gravi circa la sussistenza del delitto di cui all’art. 416bis cod. pen., quanto meno allo stato, e con riferimento agli elementi sufficienti per il giudizio cautelare.
3.6. Quanto ai gravi indizi di partecipazione al reato associativo, il ricorrente, già inserito nel piø ristretto sodalizio di ‘ndrangheta della l ocale Legnano-Locate Pozzolo avrebbe: i) impegnato le proprie energie criminali svolgendo funzioni operative nelle azioni d’intimidazione, ivi comprese le estorsioni, nell’interesse dell’associazione, ai danni di NOME COGNOME; ii) contribuito ad alimentare la cassa comune destinata al sostentamento dei detenuti e, tra questi, NOME COGNOME; iii) si
sarebbe occupato del reimpiego dei profitti illeciti dell’organizzazione partecipando alle attività legate al traffico illecito degli stupefacenti,; iv) avrebbe, infine, partecipato a diversi summit .
3.6.1. Il Tribunale – dopo avere ricordato che il Giudice per le indagini preliminari aveva escluso la gravità indiziaria con riferimento al sodalizio di cui al capo 1. con motivazione riguardante, piø in generale l’infondatezza della contestazione associativa, tale da rendere superfluo un esame specifico del ruolo dell’indagato che era, tuttavia, stato sviluppato nell’ordinanza genetica nella diversa prospettiva della sua partecipazione al piø ristretto sodalizio di ‘ndrangheta della l ocale Legnano-Locate Pozzolo – ha indicato le risultanze investigative, costituite principalmente dall’attività tecnica, sulle quali ha fondato il proprio diverso ragionamento.
Si Ł in primo luogo chiarito che l’appartenenza di COGNOME alla locale di Legnano era solo il punto di partenza della rete di relazioni associative connotanti la sua posizione, laddove la sua partecipazione al sistema mafioso lombardo era resa evidente dalla s ua partecipazione a momenti di rilievo per la vita del sodalizio e, tra questi, la definizione sia del contrasto RAGIONE_SOCIALE, sia di quello Amico-Nicastro-Crea.
Il Tribunale ha valorizzato i contatti con NOME COGNOME per la ricostituzione della Locale in parola, progetto che quest’ultimo aveva coltivato attivamente dirigendo ambasciate in carcere a NOME COGNOME, oltre che in Calabria, al fine di essere a tanto autorizzato dalla casa-madre.
Ulteriore elemento ritenuto significativo della condotta partecipativa Ł il coinvolgimento, attraverso la costituzione la partecipazione della società RAGIONE_SOCIALE, i cui utili erano destinati non solo a ripianare il debito di Amico verso i Pace, ma altresì ad assicurare al sodalizio introiti per il mantenimento dei detenuti, sui cui introiti l’indagato risultava ben informato.
Si Ł evidenziata, ancora, la sua partecipazione a numerose riunioni di natura programmatica e operativa del sodalizio, e il compimento di reati-fine, quali l’estorsione in danno di COGNOME (capo 8) e quello in materia di armi (capo 5).
3.6.2. Quanto a quest’ultimo capo d’imputazione, l’ordinanza impugnata ha posto in risalto come il ruolo dell’indagato fosse stato erroneamente sminuito dal Giudice per le indagini preliminari e che la lettura unitaria delle conversazioni captate rendesse assolutamente lineare la ricostruzione dell’accusa, secondo la quale un’arma cal. 38, riferibile a NOME COGNOME, era stata portata negli uffici di Dairago e, dopo l’esibizione della stessa, era consegnata all’indagato affinchØ la portasse via e la custodisse. In quello stesso frangente COGNOME, presente alla consegna, si rivolgeva all’indagato per farsela momentaneamente consegnare e per mostrarla al figlio di COGNOME Ł sempre all’indagato che, infine, una decina di giorni dopo, era segnalato il rinvenimento di una parte dell’arma, così che egli potesse custodirla insieme all’arma stessa.
L’ordinanza, dunque, ha offerto una motivazione rafforzata tanto riguardo alla sussistenza dei gravi indizi per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen., quanto per quello di cui al capo 5.
4. Per le ragioni sin qui evidenziate, il ricorso dev’essere rigettato e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 23/01/2025.
Il Presidente NOME COGNOME