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Associazione mafiosa: Cassazione su indizi e ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro l’ordinanza di custodia cautelare per reati di associazione mafiosa, tentata estorsione e spaccio. La Corte ha stabilito che le censure del ricorrente miravano a una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta al giudice di legittimità. È stato confermato che gli elementi raccolti, tra cui intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori, costituivano un quadro indiziario solido e logicamente motivato dal Tribunale del Riesame.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione mafiosa: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile?

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito i confini del proprio sindacato sulle ordinanze di custodia cautelare, in particolare per il grave reato di associazione mafiosa. La decisione sottolinea che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma deve limitarsi a verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. nei confronti di un soggetto, gravemente indiziato per una serie di reati, tra cui la partecipazione a un’associazione mafiosa, tentata estorsione, porto abusivo di armi e cessione di stupefacenti. L’ordinanza era stata confermata dal Tribunale del Riesame, che aveva ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza.

Secondo l’accusa, l’indagato faceva parte di un sodalizio criminale radicato nel territorio, riconducibile a una nota organizzazione criminale, facente capo al padre del ricorrente. Questo gruppo esercitava un controllo economico sul territorio, in particolare nel settore degli imballaggi, e si interfacciava con altre potenti famiglie mafiose.

I Motivi del Ricorso e la Configurazione dell’Associazione Mafiosa

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, articolando diversi motivi di censura. Principalmente, si contestava la sussistenza dei gravi indizi per il reato di associazione mafiosa (art. 416 bis c.p.). La difesa sosteneva che il Tribunale del Riesame avesse erroneamente qualificato il gruppo come articolazione di un clan più grande, senza una motivazione adeguata sulla presenza di tutti gli elementi costitutivi del reato, come la forza di intimidazione e l’assoggettamento del territorio.

Inoltre, venivano contestati gli indizi relativi ai reati di tentata estorsione, per la mancata audizione della persona offesa, e di spaccio di stupefacenti, per la mancanza di elementi certi sulla natura della sostanza ceduta. In sostanza, la difesa chiedeva alla Corte di Cassazione una rivalutazione complessiva del quadro probatorio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito (in questo caso, il Tribunale del Riesame).

Il suo compito è verificare se la motivazione del provvedimento impugnato sia:

1. Esistente: non meramente apparente.
2. Logica: non manifestamente contraddittoria o illogica.
3. Conforme alla legge: basata su una corretta applicazione delle norme giuridiche.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale del Riesame fosse completa, coerente e priva di vizi logici o giuridici. Le censure della difesa, al contrario, sono state qualificate come un tentativo di proporre una diversa lettura degli elementi indiziari, attività preclusa in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La Corte ha evidenziato come il Tribunale del Riesame avesse dettagliatamente analizzato una pluralità di fonti indiziarie convergenti. Tra queste, le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, riscontrate reciprocamente e convalidate dagli esiti di attività di intercettazione telefonica e ambientale. Questi elementi delineavano in modo chiaro l’esistenza e l’operatività di un gruppo criminale, con una definita matrice mafiosa, collegato a una più vasta organizzazione e capace di imporre il proprio controllo economico sul territorio.

Per quanto riguarda i singoli reati, la Corte ha ritenuto logica la motivazione del Tribunale anche in merito alla tentata estorsione, desunta da una conversazione intercettata in cui lo stesso ricorrente descriveva le minacce e le pressioni esercitate per il recupero di un credito. Analogamente, gli indizi per la cessione di stupefacenti sono stati considerati sufficienti, basandosi su dialoghi che, seppur non espliciti, contenevano riferimenti inequivocabili al tipo di sostanza e al prezzo.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel giudizio cautelare, il ricorso in Cassazione non è la sede per contestare l’interpretazione delle prove data dal Tribunale del Riesame. Se la motivazione di quest’ultimo è ben argomentata, non manifestamente illogica e giuridicamente corretta, le censure che si limitano a proporre una diversa valutazione dei fatti verranno inevitabilmente dichiarate inammissibili. La valutazione della consistenza dei gravi indizi di colpevolezza è e rimane una prerogativa del giudice di merito, il cui operato è sindacabile in Cassazione solo per vizi di legittimità e non per una diversa lettura del quadro probatorio.

Perché il ricorso contro la misura cautelare è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate dalla difesa non riguardavano vizi di legittimità (violazioni di legge o manifesta illogicità della motivazione), ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione degli elementi di prova, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

Quali elementi sono stati considerati sufficienti per i gravi indizi di associazione mafiosa?
Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi sulla base di una pluralità di elementi convergenti: le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, riscontrate dagli esiti di intercettazioni telefoniche e ambientali. Questi elementi hanno delineato l’esistenza di un gruppo criminale operante come articolazione territoriale di un clan più ampio, con capacità di controllo economico e rapporti con altre organizzazioni mafiose.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove in un ricorso contro la custodia cautelare?
No, non è possibile. Il controllo della Corte di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella del giudice del riesame. Il suo compito è solo verificare che la motivazione del provvedimento sia logica, coerente e non in violazione di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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