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Associazione mafiosa: Cassazione su gravi indizi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati di associazione mafiosa, narcotraffico ed estorsione. La sentenza ha confermato la validità del quadro indiziario basato su intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia, ribadendo che il controllo di legittimità della Corte non implica una rivalutazione dei fatti, ma una verifica della logicità e correttezza giuridica della motivazione del provvedimento impugnato.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione mafiosa: la Cassazione sui criteri per le misure cautelari

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Penale Sent. Sez. 3 Num. 13584 Anno 2025, offre importanti chiarimenti sui requisiti necessari per l’applicazione di una misura cautelare in carcere in contesti di criminalità organizzata. Il caso esaminato riguarda un soggetto indagato per gravi reati, tra cui l’associazione mafiosa, il narcotraffico e l’estorsione pluriaggravata. L’analisi della Suprema Corte ribadisce i confini del controllo di legittimità e la solidità del quadro indiziario basato su una pluralità di fonti probatorie.

I Fatti del Caso e il Ricorso

Il Tribunale di Catanzaro, in sede di riesame, confermava un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un individuo, classe 1998. Le accuse erano pesanti: partecipazione a un’associazione mafiosa, a un’associazione finalizzata al narcotraffico, concorso in estorsione aggravata e cessione di sostanze stupefacenti.

La difesa ha presentato ricorso per cassazione, articolando tre motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione riguardo alla sussistenza dei gravi indizi per il reato di associazione di stampo mafioso, ritenendo insufficienti le intercettazioni e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
2. Errata applicazione dell’aggravante mafiosa per il reato di estorsione, lamentando l’assenza di riferimenti a una specifica famiglia criminale e una disparità di valutazione rispetto a un coindagato.
3. Insufficienza della motivazione sulla partecipazione all’associazione per il narcotraffico, dato che all’indagato era stato contestato un unico reato-fine (cessione di stupefacenti).

L’Analisi della Corte di Cassazione sulla associazione mafiosa

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in toto, definendolo infondato. Il fulcro della decisione risiede in un principio consolidato: il controllo di legittimità della Cassazione, anche in ambito cautelare, non consiste in una nuova valutazione dei fatti o dello spessore degli indizi. Il compito della Suprema Corte è, invece, verificare che il provvedimento impugnato sia sorretto da una motivazione giuridicamente significativa, congrua e priva di evidenti illogicità.

Su questa premessa, i giudici hanno ritenuto che il Tribunale del riesame avesse condotto un’analisi puntuale e completa degli elementi a carico dell’indagato, desunti sia dalla domanda cautelare che dagli atti di indagine.

Le Motivazioni

Per ciascun motivo di ricorso, la Corte ha fornito una risposta dettagliata:

1. Sulla partecipazione all’associazione mafiosa: Il Tribunale aveva correttamente valorizzato le dichiarazioni convergenti di più collaboratori di giustizia, la cui attendibilità era già stata confermata in altre sedi, e le risultanze di numerose intercettazioni. Questi elementi, letti congiuntamente, provavano non solo l’operatività di un clan autonomo sul territorio, ma anche l’inserimento dell’indagato come “nuova leva” all’interno della struttura, in sostituzione di un cugino omonimo allontanato per condotte ritenute inadeguate.

2. Sull’aggravante mafiosa per l’estorsione: La Cassazione ha confermato la correttezza della motivazione del Tribunale, che a sua volta richiamava quella del G.I.P. Secondo i giudici di merito, le estorsioni non erano episodi isolati di delinquenza comune, ma l’attuazione di un “progetto associativo durevole”, i cui proventi erano destinati a “rimpolpare le casse del sodalizio” e non all’arricchimento personale degli esecutori. Questo inquadramento giustificava pienamente l’applicazione dell’aggravante.

3. Sulla partecipazione all’associazione per il narcotraffico: La Corte ha ritenuto irrilevante la circostanza che fosse stato contestato un solo reato-fine. La partecipazione stabile dell’indagato al sodalizio dedito al narcotraffico era stata desunta da una serie di conversazioni intercettate che ne provavano il pieno inserimento nell’attività illecita. Egli svolgeva compiti logistici, dava pareri sulla qualità della droga e aveva assunto le funzioni del cugino estromesso. L’insieme di questi elementi dimostrava un ruolo di partecipe attivo, ben al di là del singolo episodio di spaccio contestato.

Conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza la natura del giudizio di cassazione in materia cautelare: un controllo sulla coerenza logica e sulla correttezza giuridica della motivazione, non una terza istanza di merito. La decisione dimostra come un quadro indiziario solido, costruito sull’incrocio di diverse fonti di prova come le dichiarazioni dei collaboratori e le intercettazioni, sia sufficiente a sostenere una misura restrittiva grave come la custodia in carcere per reati di associazione mafiosa, anche in fase di indagini preliminari. La Corte ha quindi respinto il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Quando i gravi indizi di colpevolezza sono sufficienti per una misura cautelare per associazione mafiosa?
Secondo la sentenza, i gravi indizi sono sufficienti quando si basano su un’analisi puntuale e coerente di plurime fonti probatorie, come le dichiarazioni di collaboratori di giustizia e le risultanze delle intercettazioni, che nel loro insieme delineano in modo logicamente solido l’esistenza del sodalizio e il ruolo dell’indagato al suo interno.

La partecipazione a un’associazione per il narcotraffico può essere provata anche se è contestato un solo reato-fine?
Sì. La Corte ha stabilito che la partecipazione a un’associazione criminale può essere desunta da una serie di risultanze investigative (nella fattispecie, intercettazioni) che comprovano un inserimento stabile e un ruolo attivo nell’attività illecita, a prescindere dal numero di reati-fine specificamente contestati.

Qual è il limite del controllo della Corte di Cassazione sulle misure cautelari?
Il controllo della Corte di Cassazione è un controllo di legittimità. Non può riesaminare gli elementi materiali e fattuali o riconsiderare lo spessore degli indizi. Il suo compito è limitato a verificare che il provvedimento impugnato presenti una motivazione giuridicamente coerente e priva di illogicità manifeste.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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