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Associazione mafiosa: Cassazione su confederazioni

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8628/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato accusato di essere a capo di una associazione mafiosa strutturata come una confederazione di tre gruppi criminali. La Corte ha stabilito che, nonostante l’autonomia dei singoli gruppi, la presenza di elementi come una cassa comune, una strategia unitaria e il superamento dei conflitti interni dimostra l’esistenza di un’unica, stabile organizzazione sovraordinata. È stata inoltre confermata la possibilità di contestare simultaneamente il reato di associazione mafiosa e quello di associazione finalizzata al narcotraffico, quando la seconda opera come branca specializzata della prima.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Mafiosa e Confederazioni Criminali: L’Analisi della Cassazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 8628/2024 offre un’importante chiave di lettura sulla configurazione del reato di associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), specialmente in contesti complessi come le confederazioni di clan. Il caso analizza la struttura di un’organizzazione criminale operante a Napoli, composta da tre gruppi distinti ma funzionalmente uniti. La Corte ha stabilito che l’autonomia operativa delle singole componenti non esclude l’esistenza di un unico sodalizio sovraordinato, confermando la misura cautelare per uno dei presunti capi.

I Fatti di Causa: La Struttura a Tre Teste del Clan

Il caso origina da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Napoli nei confronti di un soggetto ritenuto uno dei vertici di un’organizzazione camorristica. Secondo l’accusa, il clan era il risultato dell’aggregazione di tre gruppi criminali, ciascuno con un proprio referente, che operavano come un’unica entità per il controllo del territorio, il traffico di stupefacenti, estorsioni e altri gravi reati.

La difesa ha impugnato l’ordinanza, basando il ricorso su diversi motivi:
1. Insussistenza dell’associazione mafiosa: Si sosteneva che i tre gruppi fossero autonomi e antagonisti, agendo in comune solo in via eccezionale, e che mancasse la prova di un effettivo predominio sul territorio.
2. Estraneità all’associazione per narcotraffico: Si contestava la duplicazione delle accuse, ritenendo illogica l’esistenza di un’associazione per il narcotraffico distinta da quella mafiosa.
3. Inapplicabilità dell’aggravante mafiosa: Si contestava l’aggravante dell’agevolazione mafiosa per il reato associativo legato agli stupefacenti.
4. Mancanza di prove sul tentato omicidio: Si negava il ruolo di mandante dell’indagato in un tentato omicidio, riconducendolo a dinamiche interne al traffico di droga estranee al clan principale.
5. Difetto di motivazione per un’estorsione: Si lamentava la mancata risposta del Tribunale a una specifica doglianza.

La Decisione della Corte sulla Configurazione dell’Associazione Mafiosa

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto, confermando l’impianto accusatorio e la validità della misura cautelare. La sentenza è particolarmente rilevante per i principi espressi in materia di associazione mafiosa con struttura federativa.

L’Unitarietà del Sodalizio nonostante le Componenti Autonome

Il punto centrale della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. La Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse correttamente individuato plurimi elementi oggettivi a sostegno della gravità indiziaria. Nonostante una certa autonomia dei tre gruppi, l’esistenza di un’organizzazione unitaria e stabile era dimostrata da:
Una cassa comune: Utilizzata per l’assistenza legale e il sostegno agli affiliati.
Colloqui intercettati: In cui gli associati facevano chiaro riferimento a un’associazione unitaria e sovraordinata.
Gestione coordinata dei conflitti: Episodi di “fibrillazione” interna, seguiti da una “riappacificazione”, sono stati interpretati come prova di un’entità stabile in grado di superare le crisi.

La Corte ha specificato che la presenza di sottogruppi, ciascuno con un proprio referente che a sua volta assume un ruolo di vertice nell’associazione maggiore, non è incompatibile con la configurabilità del reato.

La Coesistenza di Più Associazioni Criminali

Altro aspetto cruciale è la legittimità della doppia contestazione: associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.) e associazione finalizzata al narcotraffico (art. 74 D.P.R. 309/90). La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: è possibile la partecipazione simultanea a più sodalizi, specialmente quando uno opera con il consenso e sotto il controllo dell’altro, o è legato da un vincolo federativo. Nel caso di specie, l’associazione per il narcotraffico costituiva una delle principali attività illecite del clan mafioso, che però estendeva il suo controllo sul territorio anche attraverso altri reati, come le estorsioni, utilizzando il tipico metodo mafioso.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa applicazione dei principi di diritto e sulla logicità dell’argomentazione del giudice di merito. La Suprema Corte ha chiarito che l’esistenza di una confederazione criminale non esclude il reato di associazione mafiosa se emergono elementi fattuali che dimostrano una stabilità organizzativa e funzionale unitaria. Il Tribunale ha correttamente valorizzato episodi specifici, come le recriminazioni tra i capi sulla gestione degli affari durante la detenzione di uno di essi, quali sintomi dell’esistenza di un gruppo coeso. Per quanto riguarda gli altri motivi, la Cassazione li ha respinti per ragioni processuali: il motivo sull’aggravante è stato giudicato inammissibile per carenza di interesse, poiché la sua esclusione non avrebbe modificato la misura cautelare; quelli sul tentato omicidio e sull’estorsione sono stati respinti perché miravano a una rilettura dei fatti non consentita in sede di legittimità o perché formulati in modo generico.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza n. 8628/2024 ribadisce che la struttura di una associazione mafiosa può essere complessa e articolata. L’analisi giudiziaria deve andare oltre l’apparente autonomia dei sottogruppi per cogliere l’essenza unitaria del vincolo associativo. Questa pronuncia fornisce uno strumento interpretativo fondamentale per contrastare le organizzazioni criminali moderne, spesso caratterizzate da modelli organizzativi flessibili e federativi. Inoltre, sottolinea l’importanza del rigore processuale nella formulazione dei ricorsi, poiché la carenza di interesse o la genericità delle censure ne determinano l’inammissibilità, precludendo l’esame nel merito.

Quando più gruppi criminali autonomi formano un’unica associazione mafiosa?
Secondo la Corte, ciò avviene quando esistono elementi oggettivi che dimostrano una stabilità organizzativa e funzionale unitaria, come una cassa comune, una strategia condivisa e meccanismi interni per la risoluzione dei conflitti, che provano l’esistenza di un’entità stabile e sovraordinata rispetto ai singoli gruppi.

È possibile essere accusati contemporaneamente di associazione mafiosa (art. 416-bis) e di associazione per il traffico di droga (art. 74)?
Sì, la Corte ha confermato che la giurisprudenza ammette la simultanea partecipazione a più sodalizi criminosi, specialmente quando una delle associazioni (in questo caso quella dedita al narcotraffico) opera con il consenso e sotto il controllo dell’altra o è ad essa legata da un vincolo federativo.

Perché un motivo di ricorso può essere dichiarato inammissibile per “carenza di interesse”?
Un motivo di ricorso è inammissibile per carenza di interesse quando il suo eventuale accoglimento non comporterebbe alcun vantaggio concreto per il ricorrente. Nel caso esaminato, l’esclusione di un’aggravante non avrebbe modificato la misura della custodia cautelare in carcere, già giustificata da altre gravi accuse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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