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Associazione lieve entità: i criteri della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di diversi imputati condannati per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La sentenza ribadisce i criteri per distinguere l’ipotesi di associazione lieve entità da quella ordinaria, sottolineando che elementi come l’ingente quantitativo di droga, la complessa struttura organizzativa e l’ampio giro d’affari escludono la configurabilità del reato minore. La Corte ha ritenuto le motivazioni della Corte d’Appello logiche e ben fondate, respingendo le censure fattuali dei ricorrenti.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Lieve Entità: Quando il Traffico di Droga non è di ‘Piccolo Spaccio’

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 22472/2025 offre un’importante analisi sui criteri per distinguere una associazione lieve entità finalizzata al traffico di stupefacenti da un’organizzazione criminale di più vasta portata. La pronuncia chiarisce che la qualificazione di ‘lieve entità’ non può derivare solo dalla natura delle singole cessioni, ma deve tener conto della struttura, delle potenzialità e degli obiettivi complessivi del sodalizio. Vediamo nel dettaglio la vicenda processuale e le conclusioni dei giudici.

I fatti del processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la responsabilità penale di diversi imputati per aver partecipato a un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di ingenti quantitativi di stupefacenti. L’organizzazione, operante nel cagliaritano, era ben strutturata, con ruoli definiti che andavano dal capo promotore ai fornitori, custodi e corrieri. Avverso tale decisione, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, lamentando vari vizi, tra cui l’errata qualificazione giuridica del fatto e la mancata applicazione dell’ipotesi di associazione lieve entità.

I motivi del ricorso in Cassazione

I ricorrenti hanno sollevato diverse censure. Alcuni hanno contestato la sussistenza stessa della loro partecipazione consapevole al sodalizio, sostenendo di aver agito come meri fornitori o custodi occasionali. L’argomento principale, tuttavia, verteva sulla richiesta di riqualificare il reato nell’ipotesi attenuata del comma 6 dell’art. 74 del d.P.R. 309/1990. Secondo le difese, la struttura dell’associazione era rudimentale e l’attività si limitava a uno spaccio ‘di quartiere’, elementi che avrebbero dovuto condurre al riconoscimento della minore gravità del fatto.

L’associazione lieve entità e i criteri della Corte

La Cassazione ha respinto con fermezza la tesi difensiva. Per i giudici, la qualificazione di associazione lieve entità richiede una valutazione che va oltre i singoli episodi di cessione. È necessario analizzare il ‘momento genetico’ dell’associazione: essa deve essere stata costituita fin dall’inizio con il programma di commettere esclusivamente fatti di lieve entità. Inoltre, le sue potenzialità operative e strutturali devono essere incompatibili con reati di maggiore gravità.

Nel caso di specie, numerosi elementi indicavano il contrario:
* Quantitativi ingenti: L’associazione trattava decine di chilogrammi di hashish al mese e quantitativi significativi di cocaina.
* Giro d’affari: Si parlava di guadagni di decine di migliaia di euro e di un controllo territoriale esteso.
* Struttura organizzata: L’organizzazione non era rudimentale, ma prevedeva una rete di fornitori, custodi, corrieri e vedette, dimostrando una notevole capacità operativa.

Questi fattori, secondo la Corte, sono logicamente incompatibili con la qualificazione di lieve entità.

La consapevolezza della partecipazione al sodalizio

La Corte ha anche confermato la piena consapevolezza degli imputati di aderire a una struttura criminale complessa. Per quanto riguarda il fornitore, ad esempio, non era sufficiente la semplice cessione di droga. Era stato provato che egli era a conoscenza delle modalità operative del gruppo, della sua struttura e del fatto che la fornitura era essenziale per garantire la continuità dell’attività di spaccio su larga scala gestita dall’associazione.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i ricorsi, ritenendoli generici e basati su censure di merito non ammissibili in sede di legittimità. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione ampia, logica e coerente, ancorata alle risultanze probatorie. La decisione di escludere l’associazione lieve entità è stata considerata corretta, in quanto basata su un apprezzamento fattuale incensurabile che teneva conto della cospicua quantità di stupefacente trattata, del considerevole giro d’affari, della pluralità di fornitori e della complessa organizzazione logistica. La Corte ha ribadito che è illogico valutare l’entità dell’associazione basandosi solo sulla vendita finale al dettaglio, ignorando la sua capacità complessiva di approvvigionamento e commercializzazione.

Le conclusioni

La sentenza in esame consolida un principio fondamentale in materia di reati associativi legati agli stupefacenti: per ottenere il riconoscimento dell’associazione lieve entità, non basta dimostrare che le singole vendite siano di modesta quantità. È necessario che l’intero programma criminoso e la struttura organizzativa del gruppo siano orientati, sin dalla loro costituzione, esclusivamente a reati di minima offensività. In presenza di una capacità operativa e di un volume di affari significativi, l’ipotesi attenuata deve essere esclusa, anche se la vendita finale avviene in piccole dosi.

Quando un’associazione per il traffico di droga può essere considerata di ‘lieve entità’?
Un’associazione può essere definita di ‘lieve entità’ solo se è stata programmata e costituita fin dall’origine per commettere esclusivamente cessioni di droga di lieve entità, e se le sue modalità strutturali e operative sono incompatibili con fatti di maggiore gravità.

Quali elementi escludono la qualificazione di associazione di lieve entità?
La qualificazione è esclusa in presenza di cospicui quantitativi di stupefacente commercializzati, un considerevole giro d’affari (decine di migliaia di euro), una struttura organizzata con ruoli definiti (fornitori, custodi, corrieri) e un’ampia platea di clienti. Questi elementi indicano una capacità operativa incompatibile con la lieve entità.

La sola fornitura di droga a un gruppo è sufficiente per essere considerati partecipi di un’associazione criminale?
No, non è sufficiente la mera fornitura. È necessario dimostrare che il fornitore abbia la piena consapevolezza di avere a che fare con una struttura organizzata e articolata, e che la sua condotta sia inserita stabilmente nel programma criminoso del sodalizio per assicurarne la continuità operativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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