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Associazione finalizzata allo spaccio: autonomia da mafia

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, chiarendo un importante principio sul reato di associazione finalizzata allo spaccio. Anche se sorta in un contesto mafioso, l’associazione per il narcotraffico costituisce un reato autonomo se presenta una diversa volontà criminale, una specifica struttura organizzativa e una distanza temporale dall’associazione principale. La Corte ha quindi confermato la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Finalizzata allo Spaccio: Autonoma Anche se Nata da un Contesto Mafioso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla distinzione tra l’associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti e l’associazione di tipo mafioso. La Corte ha stabilito che, anche quando un gruppo dedito al narcotraffico emerge da un contesto mafioso, può essere considerato un’entità criminale autonoma se sussistono determinati presupposti. Analizziamo insieme questa pronuncia per comprenderne la portata e le implicazioni.

I Fatti del Caso

Il caso nasce dal ricorso presentato da un soggetto condannato per aver partecipato a un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. La tesi difensiva sosteneva che tale gruppo criminale non fosse autonomo, ma una mera emanazione di una più ampia associazione di stampo mafioso, disciplinata dall’art. 416-bis del codice penale. Secondo il ricorrente, l’attività di spaccio sarebbe stata solo una delle tante attività del sodalizio mafioso, e non un reato a sé stante.

La Corte d’Appello aveva già respinto questa interpretazione, confermando la condanna. Il caso è quindi approdato dinanzi alla Corte di Cassazione per la valutazione definitiva della questione.

La Decisione della Cassazione sull’Associazione Finalizzata allo Spaccio

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della pronuncia è la netta distinzione tra i due fenomeni associativi. I giudici hanno sottolineato che l’argomentazione del ricorrente non era in grado di rendere illogica la conclusione secondo cui l’associazione per lo spaccio fosse nata da una “diversa volizione criminale”.

La Distinzione tra Associazione Mafiosa e Narcotraffico

Secondo la Cassazione, per configurare il reato autonomo di associazione finalizzata allo spaccio (art. 74 D.P.R. 309/1990) è necessario individuare un “riconoscibile assetto organizzativo specificamente finalizzato al traffico di stupefacenti”. Questo significa che il gruppo deve avere una struttura e un obiettivo propri, distinti da quelli dell’eventuale organizzazione mafiosa di riferimento.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha fondato la sua decisione su due elementi chiave:

1. Diversità di Struttura e Distanza Temporale: I giudici hanno evidenziato come la diversità nella struttura organizzativa e una certa distanza temporale tra la nascita delle due associazioni siano indicatori cruciali per affermarne l’autonomia. Un gruppo che si dedica allo spaccio può sviluppare logiche, gerarchie e modalità operative proprie, anche se i suoi membri provengono da un ambiente mafioso.

2. Volizione Criminale Specifica: L’elemento decisivo è l’esistenza di una volontà criminale specifica e distinta. Mentre l’associazione mafiosa persegue una pluralità di scopi illeciti attraverso la forza di intimidazione, l’associazione per il narcotraffico ha come unico e specifico obiettivo il profitto derivante dalla compravendita di droga. Questa finalità mirata è sufficiente a qualificarla come un’entità criminale autonoma.

Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel diritto penale: la specificità del fine criminale è determinante per qualificare un reato associativo. L’associazione finalizzata allo spaccio non è un “reato satellite” dell’associazione mafiosa, ma un’ipotesi criminosa autonoma che richiede una prova rigorosa della sua specifica struttura e finalità. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia conferma la necessità di analizzare nel dettaglio l’assetto organizzativo di ogni gruppo criminale, senza dare per scontato che le attività di narcotraffico siano sempre e comunque assorbite nel più ampio reato di associazione mafiosa.

Un’associazione per il narcotraffico nata in un contesto mafioso è sempre considerata parte dello stesso crimine?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un’associazione finalizzata allo spaccio può costituire un reato autonomo e distinto, anche se i suoi membri provengono da un’organizzazione mafiosa, qualora presenti una propria struttura, una diversa volontà criminale e una distanza temporale.

Quali elementi distinguono un’associazione finalizzata allo spaccio da una di tipo mafioso secondo questa ordinanza?
Gli elementi distintivi sono principalmente tre: una diversa volizione criminale (l’intenzione specifica di trafficare droga), una diversità di struttura organizzativa rispetto a quella mafiosa e una distanza temporale che ne evidenzi l’autonoma costituzione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la fine del processo. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. La decisione impugnata diventa così definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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