Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7011 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 7011  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
nei confronti di COGNOME NOME, nato a Cariati il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 23/05/2023
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; sentito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto che il ricorso venga rigettato; sentito il difensore dell’indagato, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Catanzaro con ordinanza del 24 maggio 2023 (motivazione depositata il successivo 16 giugno) ha respinto la richiesta di riesame presentata da COGNOME NOME nei confronti dell’ordinanza emessa dal Gip il 3 aprile 2023 con la quale all’indagato è stata applicata la custodia cautelare in carcere in relazione agli addebiti provvisori di cui agli artt. 74, commi 1, 2, 3 e 4, del d.P.R n. 309 del 1990  e agli artt. 81 cod. pen. e 73, commi 1 e 4 del medesimo d.P.R. .
A COGNOME sono stati contestati la partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, principalmente del tipo cocaina (in particolare con i ruolo di “custode dello stupefacente e con l’ulteriore compito di consegnare al minuto le dosi agli avventori, presso il negozio “RAGIONE_SOCIALE” in INDIRIZZO a Cutro, prendendo le direttiva da COGNOME NOME, nonché interloquendo direttamente ed esplicitamente in ordine al traffico della droga con COGNOME NOME figura apicale del sodalizio”), nonché tre episodi di detenzione e cessione della medesima sostanza.
Avverso l’ordinanza del riesame l’indagato ha presentato, per mezzo del proprio difensore, ricorso nel quale deduce tre motivi.
3.1. Con il primo motivo eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in riferimento alla contestazione cautelare riferita alla fattispecie associativa ex art. 74 TU Stup. In particolare, si rileva che l’ordinanza impugnata non chiarisce quali siano le condotte concretamente addebitate al COGNOME e su quale piattaforma indiziaria queste si fondino; ciò in quanto, da un lato, la principale collaboratrice di giustizi che ha reso dichiarazioni accusatorie (COGNOME NOME) nulla ha riferito in merito al COGNOME e, dall’altro lato, per COGNOME NOME – che sarebbe stato il diretto superiore dell’indagato – il Gip ha escluso la gravità indiziaria per la contestazione associativa, di tal che è logicamente venuta meno anche la riferibilità al COGNOME di tale addebito. Per altro verso, non è vero che questi avesse avuto significative interlocuzioni con altri indagati intranei al gruppo criminale o con i “capi del clan” né l’intraneità alla presunta associazione può fondarsi sulle plurime violazioni dell’art. 73 TU Stup. contestate all’indagato. Infine, neppure l’episodio valorizzato dai Giudici cautelari – relativo all’arresto di COGNOME (corriere del stupefacente) risulta significativo dal momento che dalle conversazioni intercorse all’interno del negozio RAGIONE_SOCIALE ove era presente anche COGNOME – che peraltro non viene coinvolto in alcun modo nella fase di gestione della vicenda – non sono affatto dimostrative dell’esistenza a suo carico della necessaria affectio societatis.
3.2. Con il secondo motivo, si eccepisce l’assenza di gravi indizi di colpevolezza in riferimento ai tre episodi contestati ex art. 73 TU Stup. Quanto al primo (capo 69) si rileva che priva di reale significato è la circostanza che COGNOME NOME dopo l’arresto di COGNOME dialoghi con NOME all’interno del negozio di conteggi di denaro, atteso che non vi sono elementi per ritenere che essi si riferiscano alla vendita di droga e non anche alla regolare attività di RAGIONE_SOCIALE ove l’indagato lavorava. In riferimento all’addebito ex capo 81, è illogico il ragionamento del Tribunale secondo cui la semplice affermazione del COGNOME che al NOME aveva detto che “non c’era il NOME” possa essere riferita al tema degli stupefacenti. Per la contestazione sub capo 91, infine, si evidenzia che le incerte dichiarazioni dell’acquirente (tale COGNOME) sono in contraddizione con tutte le altre risultanze delle indagini, dalla quali non emerge mai un coinvolgimento, penalmente rilevante, del COGNOME la cui condotta si collocherebbe al più nella fase di mera esecuzione di un accordo già perfezionatosi prima e indipendentemente dal suo intervento.
3.3. Con il terzo motivo si censura l’ordinanza impugnata in tema di esigenze cautelari, atteso che lo stato di incensuratezza e il modesto ruolo contestato all’indagato nell’ambito dell’associazione avrebbero certamente consentito di ritenere idonea e proporzionata una misura meno afflittiva rispetto a quella carceraria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
L’ordinanza impugnata motiva in modo logico e adeguato in ordine alla configurabilità dell’addebito associativo a carico del COGNOME, evidenziando che il predetto svolgeva presso il negozio RAGIONE_SOCIALE (base operativa dell’associazione per il deposito, confezionamento e vendita della cocaina) organica funzione di custodia e cessione della droga. L’intraneità dell’indagato emerge anche dalla vicenda relativa all’arresto del corriere COGNOME e al sequestro della droga che costui stava trasportando (con conseguente necessità di regolare anche le partite economiche conseguenti alla perdita dello stupefacente) e agli episodi di vendita della cocaina (l’acquirente COGNOME riconosce in fotografia il COGNOME come “collega del COGNOME NOME NOME in due – tre circostanze gli aveva ceduto le dosi di cocaina” … “ricordo che in questi casi, dopo la chiamata a NOME, venivo comunque invitato a presentarmi lo stesso al negozio in quanto avrei trovato il suo collega a consegnare la cocaina”: ordinanza impugnata, pag. 8-9).
3. Anche in ordine alla contestazione difensiva relativa ala esclusione della gravità indiziaria a carico di COGNOME NOME, l’ordinanza risponde in modo non illogico evidenziando (pag. 11) che “il COGNOME rispondeva direttamente alle indicazioni di COGNOME NOME NOME 86 il quale aveva saldamente preso le redini dell’associazione criminosa dopo la carcerazione del padre e di COGNOME NOME“, che “le interazioni con l’attività illecita che trovava nel negozio la sua base nevralgica non sono riconducibili … ad una mera attività di dialogo e informazioni che il COGNOME avrebbe naturalmente acquisito dal COGNOME, in assenza di qualsivoglia cointeressenza nella gestione del narcotraffico, ma assumono il significato indiziario di una profonda conoscenza delle vicende del sodalizio che non trova plausibile spiegazione se non nella appartenenza allo stesso, lumeggiata dalla gravità indiziaria raggiunta in ordine ai reati fine contes1:ati”, e, infine, c “gli elementi rappresentati consentono anche di respingere l’assunto della difesa secondo cui la partecipazione del COGNOME all’associazione dedita al narcotraffico debba escludersi in dipendenza della mancanza di gravità indiziarla ritenuta a carico del COGNOME, non potendo tale ultimo elemento riverberarsi automaticamente sulla posizione dell’indagato”. Si conclude quindi che il COGNOME deve, a livello indiziario, essere ritenuto partecipe ex art. 74 TU Stup. “sulla base delle intercettazioni in cui egli direttamente interloquiva con COGNOME NOME, vicario del padre nella gestione delle attività legate al narcotraffico, o veniva coinvolto dal primo in ordine agli accordi con i COGNOME e ai conseguenti conteggi di denaro derivanti dalla necessità di rifondere il valore dello stupefacente sequestrato al COGNOME“.
4. Dai suindicati elementi emerge la giuridica configurabilità della condotta partecipativa, atteso che «In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, la ripetuta commissione, in concorso con altri partecipi, di reati-fine dell’associazione, può integrare l’esistenza di indizi gravi precisi e concordanti in ordine alla partecipazione al reato associativo, suscettibili di essere superati solo con la prova contraria dell’assenza di un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, stante la natura permanente del reato associativo, detta prova non può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, Di Maggio, Rv. 279505 – 02)» e che in relazione a detta fattispecie «ai fini della verifica degli elementi costituti della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell’ “affectio” di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato» (Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021, COGNOME, Rv. 282122 – 01)
Anche in riferimento al profilo delle esigenze cautelarl i correlate a fattispecie per la quale opera la doppia presunzione relativa ex art. 275 comma 3 cod. proc. pen., la motivazione dell’ordinanza impugnata è esente dai vizi motivazionali denunciati dal ricorrente. Invero, il Tribunale del riesame fa riferimento alla “notevole potenzialità delinquenziale dimostrata”, alla “intensità del dolo e l’assenza di elementi idonei a provare il definitivo e irreversibile allontanamento dall’ambiente criminale in cui sono maturate le vicende illecite”.
5.1. Quanto al dedotto stato di incensuratezza del COGNOME, è stato precisato che «Ai fini della configurabilità dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione dei reati, prevista dall’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., il parametro valutati costituito dalla personalità dell’indagato va desunto da comportamenti o atti concreti ovvero, in via disgiuntiva, dai suoi precedenti penali, nel senso che gli elementi per una valutazione di pericolosità possono trarsi anche solo da comportamenti o atti concreti – non necessariamente aventi natura processuale in difetto di precedenti penali, poiché, diversamente opinando, l’incensurato che tenesse un comportamento processuale corretto si porrebbe automaticamente al di fuori di una diagnosi di pericolosità, benché, ai fini di tale previsione, l’anali di quel comportamento sarebbe, se non inidonea, comunque del tutto insufficiente» (Sez. 5, n. 5644 del 25/09/2014 – dep. 2015, lov., Rv. 264212 01).
 All’infondatezza del ricorso segue la condanna dell’indagato al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2023