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Associazione eversiva: quando l’ideologia non basta

La Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento di una misura cautelare per il reato di associazione eversiva. La decisione si fonda sulla distinzione tra la mera adesione a un’ideologia, anche estrema, e la concreta capacità organizzativa di un gruppo di porre in essere una minaccia reale all’ordine democratico. Secondo la Corte, per configurare il reato, non basta l’intento ma è necessaria una struttura idonea a realizzare il programma sovversivo, applicando così il principio di offensività.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Eversiva: La Cassazione Traccia il Confine tra Ideologia e Reato

In una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema del reato di associazione eversiva, stabilendo un confine netto tra la semplice adesione a un’ideologia, per quanto estrema, e la costituzione di un gruppo criminale concretamente pericoloso per l’ordine democratico. La sentenza chiarisce che, per configurare il grave reato previsto dall’art. 270-bis del codice penale, non è sufficiente un programma sovversivo, ma è indispensabile la prova di una struttura organizzativa idonea a realizzarlo.

I Fatti del Caso

Il caso nasce da un’indagine su un gruppo di persone accusate di far parte di un’associazione con finalità di eversione dell’ordine democratico, ispirata a ideologie neonaziste e suprematiste. Il Giudice per le Indagini Preliminari aveva emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Tuttavia, il Tribunale del Riesame, in un secondo momento, aveva annullato tale misura per il reato associativo, ritenendo insussistenti i gravi indizi di colpevolezza. Secondo il Tribunale, le attività del gruppo – consistenti principalmente nell’affissione di volantini, riunioni sporadiche e proselitismo online – non dimostravano l’esistenza di una struttura dotata dei mezzi e della capacità operativa per sovvertire violentemente lo Stato.

L’Appello e la Tesi dell’Accusa sull’associazione eversiva

Contro la decisione del Tribunale del Riesame, la Procura della Repubblica ha proposto ricorso in Cassazione. La tesi dell’accusa si fondava sull’idea che il Tribunale avesse errato nel valutare le condotte degli indagati in termini di efficacia concreta anziché di potenziale offensività. Secondo il Pubblico Ministero, elementi come la programmazione dell’uso della violenza, la discussione sull’acquisto di armi e l’intensa attività di proselitismo sul web erano sintomi sufficienti dell’esistenza di una struttura stabile, sebbene rudimentale, finalizzata a un progetto eversivo. Si sosteneva, in pratica, che il reato di associazione eversiva, essendo un reato di pericolo, non richiedesse la prova di un’imminente attuazione del piano criminale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura, confermando pienamente l’impostazione del Tribunale del Riesame. I giudici supremi hanno ribadito un principio cardine del nostro ordinamento penale: anche nei reati di pericolo presunto, come quello in esame, deve essere rispettato il principio di offensività.

Questo significa che non si può punire una condotta che, in concreto, è assolutamente inidonea a ledere o a mettere in pericolo il bene giuridico protetto, in questo caso l’ordine democratico.

La Corte ha specificato che per la configurabilità del reato di associazione eversiva non basta provare la costituzione di un gruppo con un programma sovversivo. È necessario dimostrare che la struttura organizzativa possiede un grado di effettività tale da rendere quantomeno possibile l’attuazione di tale programma. Una mera adesione ideologica, che si manifesta solo con proclamazioni in rete o con azioni simboliche e sporadiche, non supera la soglia della rilevanza penale. Diversamente, si finirebbe per punire la mera idea, in palese contrasto con la libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall’articolo 21 della Costituzione.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la valutazione del Tribunale fosse corretta: l’assenza totale di mezzi (armi, basi logistiche, risorse finanziarie) e le modeste condizioni di vita dei membri del gruppo rendevano il loro progetto eversivo del tutto velleitario e privo di concreta pericolosità.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela dei principi di materialità e offensività nel diritto penale. La Corte di Cassazione ha riaffermato che il sistema penale non può reprimere le idee, ma solo le azioni che rappresentano una minaccia tangibile per la società. Per accusare qualcuno di associazione eversiva, l’accusa deve fornire la prova rigorosa non solo dell’intento sovversivo, ma anche e soprattutto della capacità concreta del gruppo di trasformare quell’intento in una reale minaccia per le istituzioni democratiche.

È sufficiente aderire a un’ideologia eversiva per essere condannati per il reato di associazione eversiva?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera adesione a un’ideologia non è sufficiente. È necessario che l’associazione abbia una struttura organizzativa e mezzi concreti tali da renderla idonea a sovvertire in modo violento l’ordinamento dello Stato.

Cosa si intende per ‘idoneità’ della struttura a sovvertire l’ordine democratico?
Per ‘idoneità’ si intende che l’organizzazione deve possedere un grado di effettività e una capacità operativa (disponibilità di mezzi, risorse, basi logistiche) tali da rendere quantomeno possibile l’attuazione del programma eversivo. Un progetto puramente velleitario e privo di mezzi non integra il reato.

Perché la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero?
La Corte ha ritenuto che il provvedimento del Tribunale del Riesame fosse immune da censure, in quanto basato su una motivazione logica e coerente e su una corretta applicazione dei principi di diritto, in particolare quello della necessaria offensività, secondo cui non può esserci reato senza una concreta messa in pericolo del bene giuridico tutelato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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