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Associazione di tipo mafioso: la nascita di un nuovo clan

La Corte di Cassazione conferma la decisione di un Tribunale del riesame, riconoscendo la sussistenza di gravi indizi per una nuova e autonoma associazione di tipo mafioso. Il gruppo, composto da soggetti legati a mafie storiche, operava con una propria struttura, una cassa comune e finalità illecite, sfruttando la forza di intimidazione del vincolo associativo. Il ricorso di uno degli indagati è stato dichiarato inammissibile, consolidando i criteri per identificare nuove formazioni criminali che utilizzano il metodo mafioso.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione di tipo mafioso: quando un gruppo criminale diventa un nuovo clan autonomo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema di cruciale attualità: la capacità delle organizzazioni criminali di evolversi. Il caso esaminato chiarisce i criteri per identificare una nuova associazione di tipo mafioso, anche quando questa è composta da membri provenienti da clan storici. La pronuncia sottolinea come l’autonomia strutturale e la percezione esterna della forza intimidatrice siano elementi chiave, più importanti dei legami di origine dei singoli affiliati. Analizziamo insieme la decisione per comprendere come il diritto penale si adatta alle nuove forme della criminalità organizzata.

I Fatti: Una Nuova Alleanza Criminale nel Nord Italia

Il caso nasce da un’indagine su un sodalizio criminale operante nel Nord Italia, in particolare in Lombardia. Secondo l’accusa, diversi soggetti, già noti per i loro collegamenti con le mafie storiche (Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra), avevano creato una nuova struttura associativa. Questa era finalizzata alla realizzazione di un programma criminale comune, che spaziava dall’infiltrazione nel settore edilizio, anche per accedere a incentivi statali, al traffico di stupefacenti e alle estorsioni.

Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) aveva escluso la configurabilità del reato associativo, non ravvisando un’autonoma capacità intimidatoria del gruppo. Tuttavia, il Tribunale del riesame, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, ha ribaltato tale decisione. Il Tribunale ha ritenuto sussistenti gravi indizi circa l’esistenza di una struttura stabile, autonoma, dotata di una cassa comune e caratterizzata dall’uso del metodo mafioso, distinta dalle compagini di provenienza dei suoi membri.

La Decisione della Corte di Cassazione: i Criteri per una nuova Associazione di Tipo Mafioso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da uno degli indagati, confermando di fatto l’impianto accusatorio validato dal Tribunale del riesame. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi fondamentali che definiscono un’associazione di tipo mafioso ai sensi dell’art. 416-bis del codice penale.

Gli Elementi Costitutivi del Sodalizio Mafioso

I giudici hanno evidenziato come il Tribunale del riesame avesse correttamente individuato tutti gli elementi tipici del sodalizio:

* Stabilità e permanenza: Il gruppo non era finalizzato alla commissione di singoli reati, ma a un programma criminale duraturo, come dimostrato dalla continuità degli incontri, dagli accordi e dall’apporto comune di capitali.
* Struttura orizzontale: L’associazione non aveva una struttura verticistica, ma era basata su una collaborazione funzionale tra i membri.
* Cassa comune: Esisteva un fondo comune destinato sia al sostentamento delle famiglie dei detenuti sia a nuovi investimenti in attività illecite.
* Affectio societatis: I membri erano consapevoli di far parte di un’associazione unitaria, funzionale a perseguire interessi comuni e a realizzare profitti a vantaggio di tutti.

L’Autonomia dalle Mafie Storiche e l’Uso del Metodo Mafioso

Il punto centrale della decisione riguarda l’autonomia della nuova formazione criminale. Il Tribunale ha ritenuto che il sodalizio avesse sviluppato una propria fama e un proprio prestigio criminale, distinti da quelli dei singoli partecipanti. La capacità di intimidazione non derivava solo dalla ‘fama’ dei clan di origine, ma era una forza propria del nuovo gruppo, percepita come tale sul territorio.

Inoltre, la Corte ha specificato che per dimostrare l’uso del metodo mafioso non sono necessari gesti eclatanti. L’associazione, essendo composta da soggetti già noti, poteva sfruttare la fama criminale preesistente per intimidire e imporre una condizione di assoggettamento e omertà, ottenendo così vantaggi illeciti.

Le Motivazioni: Dalla Forza Intimidatrice alla Struttura Autonoma

La motivazione della Corte si concentra sulla correttezza logica dell’analisi svolta dal Tribunale del riesame. Quest’ultimo, con un ‘onere motivazionale rafforzato’, aveva riesaminato in modo dettagliato tutti gli indizi, superando le conclusioni del G.i.p. Le intercettazioni, ad esempio, non sono state valutate in modo frammentario, ma come prova di incontri finalizzati all’organizzazione delle attività del sodalizio, sia lecite (ma svolte con metodi illeciti) sia puramente criminose.

Il Tribunale ha dato rilievo alla capacità del gruppo di gestire le controversie interne, non come un segno di debolezza, ma al contrario come una prova dell’esistenza del vincolo associativo, volto a preservare l’unità per il perseguimento del fine comune di profitto. La ‘mafiosità’ del gruppo, quindi, non era solo un riflesso delle origini dei suoi membri, ma una caratteristica propria, manifestata all’esterno in modo autonomo e percepita come tale nel territorio lombardo. La spendita della ‘fama criminale’ delle mafie storiche, talvolta con il consenso di altri associati, diventava una dimostrazione della particolarità e dell’autonomia della nuova associazione.

Le Conclusioni: Implicazioni della Sentenza

Questa sentenza offre importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che le organizzazioni mafiose sono entità dinamiche, capaci di creare nuove strutture ‘federative’ o ‘joint venture’ criminali in territori diversi da quelli di origine. In secondo luogo, chiarisce che la valutazione della mafiosità di un gruppo deve basarsi sulla sua effettiva operatività e sulla percezione esterna della sua forza intimidatrice. Non è necessario dimostrare una rottura totale con le mafie storiche, ma l’esistenza di un’autonoma capacità di agire e imporsi sul territorio. La pronuncia fornisce, infine, uno strumento giuridico solido per contrastare l’evoluzione del fenomeno mafioso, riconoscendone e colpendone le manifestazioni più moderne e strutturate, che si mimetizzano nel tessuto economico-sociale.

Quando un gruppo criminale può essere considerato una nuova associazione di tipo mafioso autonoma?
Un gruppo è considerato una nuova e autonoma associazione di tipo mafioso quando dimostra di avere una struttura stabile e permanente, una cassa comune, una finalità condivisa, e soprattutto quando si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo per commettere reati. È cruciale che manifesti un’autonomia operativa e decisionale rispetto alle eventuali mafie storiche di provenienza dei suoi membri.

È necessario che una nuova associazione mafiosa compia atti di violenza eclatanti per essere riconosciuta come tale?
No. Secondo la sentenza, non sono necessari gesti eclatanti di violenza o minaccia. L’associazione può raggiungere i suoi scopi intimidatori anche sfruttando la fama criminale già consolidata dei suoi membri, la quale è sufficiente a generare un clima di assoggettamento e omertà nel territorio in cui opera.

Le controversie economiche interne tra i membri escludono l’esistenza di un’associazione mafiosa?
No, non necessariamente. Il Tribunale ha ritenuto che la presenza di controversie interne, e soprattutto gli sforzi compiuti dagli associati per risolverle, non escludono l’esistenza del vincolo associativo. Anzi, possono dimostrare la volontà di preservare l’unità del gruppo per continuare a perseguire la comune finalità di profitto, confermando così la sussistenza dell’affectio societatis.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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