Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15657 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15657 Anno 2025
Presidente: COGNOME
G.i.p. Ha, quindi, ritenuto che costituissero indizi rilevanti della sussistenza del delitto gli accertati collegamenti di singoli indagati con le mafie storiche, essendo irrilevante la eventuale risalenza nel tempo degli accertamenti giudiziari di tali collegamenti stanti i pronunciamenti della giurisprudenza di emergerebbe l’esistenza di una struttura associativa stabile, dotata di adeguati mezzi per la realizzazione dei propri scopi criminosi, ed autonoma rispetto alle compagini di riferimento dei Relatore: COGNOME Data Udienza: 17/01/2025
legittimità in merito al cosiddetto ‘tempo silente’, e le conversazioni intercettate, dalle quali singoli appartenenti ad essa, autonomia particolarmente evidente nell’attività legata allo sviluppo di società da utilizzare per varie operazioni illecite.
L’ordinanza ha, quindi, ricostruito sommariamente la centralità di alcuni indagati nell’ambito di tale associazione e la struttura del sodalizio, al fine di ribadire la natura di quest’ultimo di associazione unitaria, distinta dalle singole compagini storiche, e finalizzata alla realizzazione di un programma comune e al soddisfacimento di interessi almeno in parte condivisi, come evidenziato, in particolare, dalla costituzione e dalla gestione, sin dal 2018, di società con cui svolgere affari in commistione tra i vari partecipi, operazioni compiute con modalità sempre analoghe, applicando quindi regole e logiche condivise, e dirette alla continua ricerca di nuove opportunità di profitto, nei settori piø disparati (principalmente l’edilizia, accedendo agli incentivi statali), profitto da conseguire anche con metodi illeciti, e a cui potessero accedere tutti i vari partecipi.
Tra le operazioni significative in merito all’esistenza dell’indicato sodalizio stabile l’ordinanza cita la costituzione, nel 2021, della RAGIONE_SOCIALE da parte di soggetti appartenenti alle diverse associazioni di riferimento, la collaborazione di alcuni indagati in operazioni finanziarie illecite gestite da gruppi operativi diversi, alcune vicende estorsive, la gestione condivisa di un’arma da sparo.
E’ stato dato rilievo agli incontri tra vari sodali, sottolineando che, diversamente da quanto affermato dal G.i.p., per molti di tali incontri Ł stato accertato il contenuto, dimostrativo del loro essere finalizzati all’organizzazione delle attività del sodalizio, sia quelle apparentemente lecite ma poi svolte con metodi illeciti, sia quelle sin dall’inizio di natura criminosa, come il traffico di stupefacenti, oppure, in alcuni casi, finalizzati a dirimere le controversie interne. Infine Ł stato dato rilievo alla provata esistenza di una cassa comune, destinata principalmente al sostentamento dei sodali detenuti e delle loro famiglie, ma anche ad investimenti comuni in attività criminose, come l’acquisto di stupefacenti o l’acquisizione di attività commerciali con metodi estorsivi.
Il Tribunale, diversamente dal G.i.p., ha ritenuto sussistenti anche gravi indizi circa la presenza dell’affectio societatis, che nelle associazioni mafiose Ł connotata dalla funzionalità delle condotte dei singoli al perseguimento di almeno uno dei suoi scopi comuni, insieme all’interesse perseguito dal singolo partecipe, e non Ł quindi esclusa dalla presenza di controversie economiche tra i sodali, ritenute invece rilevanti, in senso negativo, dal G.i.p. Secondo il Tribunale, le intercettazioni dimostrano che tra i partecipi vi Ł la consapevolezza di avere costituito un’associazione funzionale a perseguire interessi comuni e a realizzare profitti a vantaggio di tutti loro, destinata perciò a durare nel tempo.
Tale associazione Ł caratterizzata, come tutte le associazioni di tipo mafioso, dall’uso del metodo mafioso e dalla esternazione della sua forza intimidatrice, che il Tribunale, diversamente dal G.i.p., ha ritenuto dimostrata dall’uso di minacce e violenze in diverse delle operazioni compiute dall’associazione; peraltro ha ritenuto che tale associazione non avesse bisogno di gesti eclatanti, essendo composta da soggetti già noti come esponenti di criminalità organizzata e facenti ancora capo ai rispettivi sodalizi di origine, i quali perciò sfruttavano, per intimidire, anche la fama delle rispettive consorterie storiche.
Infine, in ordine alla posizione del Sanseverino, il Tribunale del riesame ha ritenuto che
sussistano gravi indizi della sua partecipazione all’associazione, essendo egli consapevole dei suoi scopi criminali e delle modalità mafiose utilizzate per realizzarli, e partecipando egli attivamente a numerose operazioni, come risulta dalle conversazioni oggetto di captazione, citate a pag. 265 e ss. della ordinanza impugnata. Da ciò l’accoglimento dell’appello proposto dal P.M. in riferimento al capo n.1 e alla aggravante contestata al capo n.17.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge COGNOME NOME.
Il ricorso deduce violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta gravità indiziaria per il capo n.1 .
Secondo la difesa il Tribunale avrebbe omesso di argomentare in modo congruo circa la ricorrenza dei presupposti di legge che consentono di individuare il reato di cui all’art.416 bis cod.pen. .
Non sarebbe stata stata superata, in particolare, la argomentazione espressa dal GIP circa la inesistenza di una autonoma capacità intimidatoria del sodalizio oggetto della imputazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile per la assoluta genericità dei suoi contenuti, posto che il ricorrente si limita a indicare come ‘preferibili’ le valutazioni espresse dal GIP senza alcun reale confronto con i contenuti della decisione emessa dal Tribunale.
Pur a fronte di tale constatazione di genericità, vanno svolte alcune considerazioni in diritto, per mera completezza.
Va premesso che risale alla sentenza delle Sezioni Unite n. 11 del 23/02/2000, Audino, Rv. 215828 l’insegnamento secondo cui «in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Occorre avere anche riguardo alla specificità della valutazione compiuta nella fase cautelare, dovendosi sempre tenere conto della «diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato» (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, Rv. 264213, tra le molte conformi).
Inoltre questa Corte, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del
singolo elemento».
La necessità di una motivazione rafforzata in tema di misure cautelari, invece, non costituisce un principio giurisprudenziale del tutto consolidato, dal momento che pronunce anche recenti affermano che «In caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello “de libertate”, della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, non Ł richiesta una motivazione rafforzata, in ragione del diverso “standard cognitivo” che governa il procedimento incidentale, ma Ł necessario un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, non potendosi ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale» (Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, Rv. 284982 – 04; vedi anche Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, Rv. 279593).
Il collegio intende, però, aderire all’indirizzo maggioritario, secondo cui «In tema di appello cautelare, la riforma in senso sfavorevole all’indagato della decisione impugnata impone al tribunale, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, un rafforzato onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative evidenziate dal primo giudice, essendo necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata. (In motivazione, la Corte ha precisato che, pur non essendo necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilità della decisione riformata, ogni divergente valutazione adottata dal tribunale deve essere comunque dotata di maggiore persuasività e credibilità razionale)» (v. Sez. 1, n. 47361 del 09/11/2022, Rv. 283784).
Va pertanto precisato che l’ordinanza impugnata contiene una motivazione rafforzata rispetto all’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Milano, in quanto riesamina in maniera piø dettagliata tutti gli indizi già oggetto dell’ordinanza genetica, approfondendo l’esame del contenuto delle intercettazioni, dalle quali emerge, ad esempio, in piø occasioni, il contenuto degli incontri tra i vari indagati, individuando gli episodi in cui il tribunale del riesame ha ritenuto essersi manifestata la forza intimidatrice e l’uso di metodi mafiosi, e soprattutto valutando tali indizi in modo unitario e complessivo, senza parcellizzarli come effettuato in varie parti dell’ordinanza genetica.
Sulla base di tale esame il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi del delitto contestato al capo 1), inteso come costituzione di una associazione, legata ad uno specifico territorio, tra soggetti già appartenenti o comunque collegati alle mafie ‘storiche’ denominate Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra, autonoma rispetto a queste anche se i singoli associati manterrebbero continui rapporti con i sodalizi di origine, dalla struttura non verticistica ma orizzontale, dotata di una cassa comune e dedita sia alla commissione dei reati tipici dei sodalizi mafiosi, dalla estorsione al traffico di sostanze stupefacenti, sia soprattutto alla costituzione di società dedite ad attività lecite, in particolare nel settore dell’edilizia, compiute però, in molti casi, con modalità illecite, sia quanto alla provenienza del denaro investito, sia quanto alla gestione e al raggiungimento dello scopo di profitto.
I caratteri specifici di un’associazione di tipo mafioso sono individuati in modo preciso dalla norma stessa, secondo cui un’associazione Ł di tipo mafioso quando «coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti». Perciò, secondo la giurisprudenza di legittimità, «Ai fini della qualificazione ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen. di una nuova ed autonoma formazione criminale Ł necessario accertare se il sodalizio: a) abbia conseguito fama e prestigio criminale, autonomi e distinti da quelli personali dei singoli partecipi, in guisa da esser capace di conservarli anche nel caso in cui questi ultimi fossero resi innocui; b) abbia in concreto manifestato capacità di intimidazione, ancorchØ non necessariamente attraverso atti di violenza o di minaccia, nell’ambito oggettivo e soggettivo, pur eventualmente circoscritto, di effettiva operatività; c) abbia manifestato
una capacità di intimidazione effettivamente percepita come tale ed abbia conseguentemente prodotto un assoggettamento omertoso nel “territorio” in cui l’associazione Ł attiva» (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Rv. 279555-17; v. anche Sez. I n. 51489 del 29.11.2019, Rv 227913).
4. L’ordinanza impugnata si Ł conformata al dettato della norma, valutando la sussistenza di gravi indizi relativi non solo alla sussistenza di un vincolo associativo, ma altresì all’esercizio e alla esternalizzazione del metodo mafioso per affermarsi sul territorio. Quanto alla sussistenza di gravi indizi relativi all’esistenza di un gruppo associato, stabilmente costituito e tendenzialmente permanente, che non si esaurisce nella consumazione di singoli reati, il tribunale del riesame ha valorizzato, in particolare, la continuità e frequenza degli incontri e degli accordi, l’apporto comune di capitali e mezzi al fine di perseguire un comune fine di profitto, l’esistenza di una cassa comune, la consapevolezza delle condotte criminose, anche gravi, commesse da altri sodali, e il frequente richiamo degli indagati stessi all’esistenza di un’associazione costituita in quel territorio, e di cui sarebbero partecipi (così, ad esempio, in relazione alla creazione della RAGIONE_SOCIALE, e, in piø parti della motivazione, le affermazioni di singoli indagati sull’attività di Vestiti quale ‘epicentro di molti equilibri’, sulla costruzione di ‘un’associazione che non finisce mai’, sulla necessità di ‘trovare una quadra per guadagnare tutti’, sulla non operatività di Sicilia, Roma e Napoli perchØ ‘Qua Ł Milano … le cose giuste qua si fanno’, sulla scomparsa della distinzione tra le tre mafie storiche di provenienza, laddove NOME COGNOME dice ad Amico ‘qua siamo tutti e tre, siamo tutti insieme, siamo tutti una cosa’).
Da questi elementi, il Tribunale ha dedotto senza vizi logici la sussistenza della necessaria affectio societatis, negando la rilevanza dei contrasti interni, sulla base dei quali il G.i.p. aveva, principalmente, escluso la sussistenza di un’associazione, ed anzi evidenziando gli sforzi dei vari associati per risolvere ogni contesa, in vista del perseguimento della comune finalità di profitto.
Questa motivazione Ł logica e completa, tenuto conto del livello di gravità indiziaria che deve essere ritenuto sufficiente per l’emissione di una misura cautelare; lo stesso G.i.p., peraltro, nelle sue conclusioni dalla pag. 918 dell’ordinanza genetica, non ha radicalmente escluso la possibilità di configurare, alla luce della comune organizzazione di mezzi e di persone, l’esistenza di un’associazione semplice quanto meno tra alcuni dei soggetti indagati, pur dubitando della sussistenza, tra tutti, di una reale affectio societatis.
La sussistenza del necessario utilizzo del metodo mafioso e della sua esternalizzazione viene ribadita in senso positivo nella decisione impugnata. . Il Tribunale ha approfonditamente esaminato gli indizi relativi a tale elemento, valorizzando i singoli episodi di effettivo impiego di violenza e minaccia e affermando che Ł sufficiente la spendita della fama criminale precedentemente acquisita, o l’acquisizione dell’assoggettamento omertoso del territorio mediante piccoli soprusi, prevaricazioni o, al contrario, illeciti privilegi. Secondo il Tribunale, Ł rilevante il fatto che la spendita della «fama criminale» delle mafie storiche di appartenenza – già radicate in territorio lombardo- avvenga, talvolta, da parte di sodali affiliati, in realtà, ad una diversa associazione storica, evidentemente con il consenso degli altri associati in quanto dimostrazione della particolarità ed autonomia dell’associazione qui contestata.
L’ordinanza ha ritenuto dimostrata l’avvenuta acquisizione della forza intimidatrice, sul territorio lombardo, da alcune vicende specifiche che appaiono non irragionevolmente valutate, nella attuale fase procedimentale.
Secondo il Tribunale, quindi, l’associazione qui delineata ha una propria ‘mafiosità’, derivante anche dalla partecipazione ad essa di soggetti dalla già accertata caratura mafiosa, ma soprattutto la manifesta all’esterno in modo autonomo, pur avvalendosi anche dell’assoggettamento già realizzato nel territorio lombardo, in passato, dalle singole mafie storiche, in quanto opera in modo
distinto rispetto a queste ultime e mantiene, rispetto ad esse, una propria autonomia. Si tratta di un giudizio in fatto che in quanto non manifestamente illogico risulta non sindacabile in questa sede di legittimità.
Infine, con riferimento alla sussistenza di gravi indizi della partecipazione del ricorrente al reato associativo, l’ordinanza impugnata esamina in modo analitico gli elementi a carico e il ricorso Ł del tutto privo di argomentazioni di contrasto.
Va pertanto dichiarata la inammissibilità del ricorso, con le conseguenze di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 17/01/2025.
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME