Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2521 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2521 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 06/07/2023 del TRIB. RIESAME di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazio COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, quale sostituto processuale del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Lette le memorie del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, pervenute in data 21 settembre 2023 e 4 ottobre 2023.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15 marzo 2023 la Prima sezione di questa Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale di Napoli che, quale giudice riesame, aveva confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari d Tribunale cittadino del 10 novembre 2022, con la quale è stata applicata a NOME la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di partecipa all’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso denominata “RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE” ex art. 416-bis cod. pen.
La sentenza rescindente ha ritenuto che l’ordinanza impugnata non avesse illustrato elementi indiziari idonei a giustificare la misura cautelare impugnata, evidenziando che la condotta partecipativa è riferibile solo a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale da lui svolto, non essendo sufficiente la generica messa a disposizione del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi.
Nel delineare il ruolo all’interno dell’RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale del riesame si sarebbe limitato a desumere gli indizi a carico del COGNOME dal contenuto di quattro conversazioni intercettate peraltro, mai intercorse direttamente con lui, unitamente all’immagine postata sul profilo “Instagram” del Clienti, e all’assidua frequentazione del COGNOME con soggetti legati al RAGIONE_SOCIALE.
Inoltre, non ha fornito motivazione alcuna, neanche in modo sintetico né implicito rispetto all’assenza di dichiarazioni etero accusatorie nei confronti del COGNOME da parte del principale collaboratore di giustizia.
A seguito dell’annullamento con rinvio, il Tribunale del Riesame di Napoli con ordinanza del 6 luglio 2023 ha nuovamente confermato l’ordinanza applicativa della misura della custodia in carcere nei confronti del COGNOME, ravvisando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.
L’indagato ha proposto ricorso attraverso il difensore di fiducia con atto sottoscritto da quest’ultimo articolando i seguenti motivi.
3.1. Con il primo, articolato in più di una doglianza, è stata dedotta violazione di legge rispetto all’impianto motivazionale del provvedimento rescissorio.
La nuova ordinanza del Tribunale del Riesame si è limitata a riproporre la identica motivazione oggetto del precedente annullamento riportandone i brani e non rispondendo alle carenze motivazionali relative:
-all’inserimento del COGNOME nel sottogruppo di COGNOME e COGNOME;
-alla mancanza di dichiarazioni etero accusatorie dei collaboratori di giustizia. Nella ricerca di nuovi elementi a fondamento della gravità indiziaria il Tribunale si è limitato a richiamare una ulteriore conversazione intercorsa tra COGNOME e COGNOME, quest’ultimo collaboratore di giustizia che ha fornito il proprio contributo alla indagine; tuttavia, è proprio il COGNOME a non operare riferimento alcuno al COGNOME.
La conversazione inserita nell’ordinanza impugnata è risultata peraltro interpretata in senso favorevole all’indagato in diverso procedimento (la difesa ha successivamente prodotto siffatto ulteriore titolo cautelare).
3.2. Con il secondo motivo è stato dedotto vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari.
L’ordinanza impugnata si è limitata a richiamare la precedente ordinanza oggetto di annullamento senza operare alcuna argomentazione concreta in punto di sussistenza delle esigenze e di adeguatezza della misura.
In data 4 ottobre 2023 la difesa ha inviato memorie unitamente ad un’ordinanza cautelare successivamente emessa dalla quale risulta l’esclusione di gravi indizi di colpevolezza a carico del COGNOME e la diversa interpretazione della conversazione utilizzata nei sensi sopra descritti dal Tribunale del Riesame in altro procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo risulta infondato.
1.1. Quanto alla prima delle censure, contenuta nel primo motivo, attinente alla riproposizione nella ordinanza impugnata del medesimo percorso logico (ritenuto viziato) seguìto dalla ordinanza oggetto del precedente annullamento con rinvio, va preliminarmente richiamato l’orientamento consolidato e conforme di questa Corte secondo cui, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di merito non è vincolato, né condizionato da eventuali valutazioni in fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettando al solo giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova. (ex multis, Sez. 2, n. 8733 del 22/11/2019, (2020), Rv. 278629).
Contrariamente, dunque, a quanto sostenuto nel ricorso, a fronte di una sentenza rescindente che, nel rilevare lacune motivazionali in relazione alla partecipazione del ricorrente all’RAGIONE_SOCIALE, ha richiesto di colmare siffatte lacune, il Tribunale ben poteva porre a fondamento della propria decisione le medesime fonti di prova per poi liberamente ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali, apprezzandone altrettanto liberamente il significato.
1.2. Con riferimento al ricorrente COGNOME la ordinanza impugnata ha, nel rispetto dei principi fissati da questa Corte quanto all’oggetto e ai limiti del giudizi rescissorio ora richiamati, con motivazione immune da vizi logici, valorizzato in primo luogo il contenuto di alcune conversazioni intercettate le quali, seppure presenti nella precedente ordinanza annullata, erano state legittimamente poste a fondamento del giudizio sulla gravità indiziaria e precisamente:
la conversazione del 18 dicembre 2020, intercorsa tra COGNOME NOME (in carcere) e COGNOME NOME; quest’ultimo, che si trovava insieme a NOME e ad COGNOME altro coindagato, rispondendo alle domande di COGNOME che gli chiedeva notizie su altri affiliati (COGNOME NOME e COGNOME NOME), affermava che tutti lo auspicavano la sua scarcerazione;
la conversazione n.3426 del 21 dicembre 2020, intercorsa tra COGNOME NOME (in carcere) e COGNOME NOME; quest’ultimo, sempre in compagnia di NOME e di NOME, riferiva al detenuto di avere allontanato tale NOME che si era impossessato di euro 500,00 derivanti dai traffici illeciti che lo stesso COGNOME stava curando per conto di suo cugino NOME;
la conversazione n.4219 del 25 ottobre 2020, intercorsa tra COGNOME NOME (in carcere) e COGNOME NOME; quest’ultimo riferiva al primo che il giorno precedente aveva brindato con altre persone, tra cui COGNOME, in vista dell’auspicata immediata scarcerazione del medesimo COGNOME;
la conversazione. 3690 nel 2021 tra COGNOME (in carcere) e COGNOME: nel corso della conversazione interveniva COGNOME al quale il detenuto chiedeva l’invio di un indumento intimo;
la conversazione di COGNOME, che doveva sostituire nella reggenza del gruppo Minichini a seguito dell’arresto di quest’ultimo e che nei momenti di fibrillazione immediatamente successivi all’arresto doveva nascondersi; è COGNOME che avvisa COGNOME dicendogli che anche lui poteva rientrare a dormire a casa perché il pericolo era cessato.
1.3. L’ordinanza impugnata, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente nella seconda censura laddove parcellizza la prova indiziaria, aggiunge e valorizza una ulteriore conversazione in risposta alle indicazioni del giudizio rescindente: la conversazione riportata nella informativa della Squadra Mobile del 1° dicembre 2021 tra COGNOME (in carcere) e COGNOME, nel corso della quale il primo fornisce specifiche indicazioni quanto alla consegna di stupefacente che sarebbe dovuta avvenire tra COGNOME e NOME, identificabili da un cappellino nero che avrebbero dovuto indossare entrambi.
L’ordinanza impugnata, con motivazione immune da vizi e insindacabile, utilizza la conversazione, unitamente agli altri elementi indiziari richiamati, in risposta all’oggetto del giudizio rescindente, per “riempire di contenuto” il concetto di messa a disposizione rispetto al ricorrente:
la sua individuazione nell’organigramma del gruppo in base alle indicazioni che provengono dal carcere da parte del capo COGNOME;
la sua presenza insieme ad altri soggetti intranei nel corso delle conversazioni;
la sua operatività rispetto ad operazioni relative a cessioni di sostanza stupefacente;
l’immagine pubblicata sul profilo Instagram di COGNOME NOME, raffigurante lo stesso COGNOME insieme a COGNOME, COGNOME e COGNOME (recante la scritta «dammi rispetto ed io ti rispetterò sempre. Si no già sai comm a pens»).
Si tratta di circostanze di fatto che, complessivamente considerate, forniscono motivazione congrua e immune da vizi logici rispetto al riconoscimento di un contributo causale del ricorrente all’RAGIONE_SOCIALE, sulla base delle indicazioni richieste da questa Corte anche a Sezioni unite.
1.3.1 La sentenza impugnata ha, dunque, operato una corretta applicazione delle indicazioni di questa Corte quanto alla “misurazione” dell’apporto che deve fornire il singolo perché possa essere considerato partecipe:
-il reato di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso si consuma nel momento in cui il soggetto entra a far parte dell’organizzazione criminale, senza che sia necessario il compimento, da parte dello stesso, di specifici atti esecutivi della condotta illecita programmata, poiché, trattandosi di reato di pericolo presunto, per integrare l’offesa all’ordine pubblico è sufficiente la dichiarata adesione al sodalizio, con la c.d. «messa a disposizione», che è di per sé idonea a rafforzare il proposito criminoso degli altri associati e ad accrescere le potenzialità operative e la capacità di intimidazione e di infiltrazione del sodalizio nel tessuto sociale (Sez. 5, n. 27672 del 03/06/2019, Rv. 276897, che in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto sufficiente, per integrare gli estremi del reato, l’affiliazione del ricorrente ad una delle mafie storiche).
la condotta di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’RAGIONE_SOCIALE, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 16 del 1994, Rv. 199386-01 e Sez. U, n. 30 del 1995, Rv. 202904-01; S.U., n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889).
1.4. Quanto alla riproposta censura della mancata chiamata in correità di COGNOME nelle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, va in primo luogo evidenziato che sullo specifico punto il giudizio rescindente (par. 6 ultimo capoverso della sentenza della Prima sezione di questa Corte) lamentava la assenza di motivazione anche in forma implicita.
L’ordinanza impugnata, contrariamente alla generica doglianza della difesa che si limita a censurare l’omessa motivazione, ha -nel rispetto e nei limiti del giudizio rescindente- motivato implicitamente sul punto: valorizzando elementi istruttori che depongono “in positivo” sulla ritenuta intraneità (COGNOME è fedelissimo di COGNOME, leader detenuto del gruppo e di COGNOME, ucciso in un agguato mafioso), ha necessariamente “superato” le ragioni del “non detto” del collaboratore di giustizia.
Si richiama sul punto l’indicazione di questa Corte secondo cui in tema di ordinanza “de libertate” del tribunale del riesame, è ravvisabile il vizio di omessa motivazione quando dal provvedimento, considerato nella sua interezza, non
risultino le ragioni del convincimento del giudice su punti rilevanti per il giudizio e non anche quando i motivi per il superamento delle tesi difensive su una determinata questione siano per implicito desumibili dalle argomentazioni adottate per risolverne altra (Sez. 3 n. 15980 del 16/04/2020, Rv. 278944).
1.5. Il primo motivo è, invece, manifestamente infondato, nella parte in cui, nell’atomizzare i singoli elementi indiziari di fatto valorizzati dall’ordinanza, off per ciascuno una possibile versione alternativa in fatto volta a sminuirne o a modificarne l’interpretazione fornita con motivazione immune da vizi logici; va al proposito richiamata anche la memoria difensiva successivamente depositata nell’interesse del ricorrente e l’allegata ordinanza (pronunziata in diverso procedimento), con la quale sarebbe stata fornita della conversazione che descrive la consegna della sostanza stupefacente, una diversa interpretazione di fatto.
Il secondo motivo risulta generico.
È consolidata l’indicazione di questa Corte secondo cui, in tema di custodia cautelare in carcere, l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. pone una presunzione relativa di pericolosità sociale che determina, in chiave di motivazione del provvedimento cautelare, la necessità, non già di dar conto della ricorrenza dei “pericula libertatis”, ma solo di apprezzarne le ragioni di esclusione, ove queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti, tra le quali, in particolare, rilevano il fattore “tempo trascorso dai fatti”, che deve essere parametrato alla gravità della condotta, e la rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza, che ha valore determinante nella esclusione della sussistenza delle esigenze cautelari (Sez. 5, n. 36891 del 23/10/2020, Rv. 280471).
La doglianza sul punto è aspecifica, a fronte del contenuto dell’ordinanza impugnata che ha richiamato, condividendo la motivazione contenuta nella precedente ordinanza che non era stata censurata nel suo percorso motivazionale in relazione alle esigenze cautelari all’esito del giudizio rescindente.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen
Così deciso in Roma in data 27 ottobre 2023
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