LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Associazione di tipo mafioso: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per associazione di tipo mafioso con ruolo di promotore e per estorsione aggravata. La sentenza conferma la decisione della Corte d’Appello, ribadendo i principi sulla discrezionalità del giudice nel rinnovare le prove in secondo grado e sui criteri per accertare la partecipazione a un sodalizio criminale, anche in assenza di un’investitura formale. La Corte ha ritenuto logica e coerente la valutazione delle prove, inclusa l’attribuzione della voce nelle intercettazioni e l’attendibilità delle testimonianze.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione di tipo mafioso: la Cassazione sui criteri di prova e i limiti processuali

Con la sentenza n. 46327/2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso complesso di associazione di tipo mafioso ed estorsione, offrendo importanti chiarimenti sui limiti alla rinnovazione delle prove in appello e sui criteri per dimostrare il ruolo apicale di un soggetto all’interno di un clan. La decisione sottolinea la solidità dei principi giurisprudenziali in materia di valutazione della prova e la discrezionalità del giudice di merito.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna in primo e secondo grado di un imputato, ritenuto promotore di un’organizzazione criminale di stampo camorristico e responsabile di un’estorsione tentata e aggravata. La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione, contestando diversi aspetti della sentenza d’appello. Le doglianze principali riguardavano il diniego di una perizia fonica collegiale per identificare la voce dell’imputato in alcune intercettazioni e l’insufficienza degli elementi probatori utilizzati per affermarne sia la partecipazione al sodalizio sia il ruolo di vertice.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente ha articolato la sua difesa su due assi principali:

1. Vizio procedurale: La mancata riapertura dell’istruttoria in appello per disporre una nuova perizia fonica, nonostante il contrasto tra il perito d’ufficio e il consulente di parte, è stata considerata una violazione del diritto di difesa.
2. Vizio di motivazione e violazione di legge: La Corte d’Appello avrebbe erroneamente applicato le norme sull’associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) e sull’estorsione, basando la condanna su un quadro indiziario debole, contraddittorio e privo di adeguati riscontri.

In particolare, la difesa sosteneva che i rapporti dell’imputato con altri membri del clan fossero giustificati da legami di parentela e che le dichiarazioni della persona offesa nel reato di estorsione fossero smentite da altre fonti dirette.

L’analisi della Corte: associazione di tipo mafioso e limiti processuali

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo infondato e aspecifico in ogni suo punto. L’analisi della Suprema Corte si è concentrata su due temi fondamentali.

La Rinnovazione dell’Istruttoria: una scelta discrezionale

I giudici hanno ribadito un principio consolidato: la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello è un istituto eccezionale. Il giudice d’appello può ricorrervi solo se ritiene di non poter decidere sulla base degli atti già acquisiti. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva motivato adeguatamente il rigetto della richiesta, evidenziando che il tema dell’identificazione vocale era già stato ampiamente trattato in primo grado con una perizia, una consulenza di parte e il confronto tra i tecnici. La scelta di aderire alle conclusioni del perito d’ufficio, ritenute metodologicamente corrette, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è supportata da una motivazione logica e non contraddittoria.

La Prova dell’appartenenza all’associazione di tipo mafioso

La Corte ha confermato la correttezza della valutazione probatoria effettuata dai giudici di merito. Per integrare il reato di associazione di tipo mafioso, non sono indispensabili né l’investitura formale né la commissione diretta di reati-fine. Ciò che rileva è la “stabile ed organica compenetrazione” del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio. Tale compenetrazione può essere desunta da una lettura unitaria degli elementi, come la frequentazione di altri affiliati, la partecipazione a decisioni strategiche (come emergeva dalle intercettazioni) e il godimento di una posizione di rispetto e autorità all’interno del gruppo.

Nel caso specifico, la Corte ha valorizzato le conversazioni in cui l’imputato partecipava attivamente alle strategie del clan, dimostrando un ruolo direttivo e sovraordinato, confermando così la sua qualifica di promotore.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano sulla coerenza e logicità del percorso argomentativo seguito dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha specificato che il suo sindacato non può spingersi a una rilettura alternativa dei fatti, ma deve limitarsi a verificare la correttezza giuridica e la tenuta logica della motivazione impugnata. Le doglianze del ricorrente sono state qualificate come reiterative di questioni già esaminate e risolte in appello, e come un tentativo non consentito di sollecitare una nuova valutazione del merito. Anche per quanto riguarda il reato di estorsione, la Corte ha ritenuto immune da vizi la valutazione di attendibilità della testimonianza indiretta della persona offesa, anche a fronte della versione contrastante fornita dalla fonte diretta, riaffermando il principio del libero convincimento del giudice.

Le conclusioni

La sentenza consolida importanti principi in materia di prova nei processi per criminalità organizzata. In primo luogo, la partecipazione a un’associazione di tipo mafioso può essere provata attraverso un compendio di elementi logici e fattuali che, letti unitariamente, dimostrano l’inserimento stabile del soggetto nel gruppo. In secondo luogo, la rinnovazione della prova in appello rimane uno strumento eccezionale, la cui attivazione è rimessa alla valutazione discrezionale e motivata del giudice. Infine, viene confermata la piena autonomia del giudice nel valutare l’attendibilità delle fonti di prova, incluse quelle indirette, purché la sua scelta sia supportata da una motivazione critica, coerente e completa.

Quando un giudice d’appello è obbligato a disporre una nuova perizia?
La rinnovazione dell’istruttoria in appello, come una nuova perizia, non è un obbligo ma un istituto di carattere eccezionale. Il giudice vi ricorre solo quando ritiene, con valutazione discrezionale, di non poter decidere sulla base degli atti già presenti nel fascicolo, ovvero quando la prova è assolutamente necessaria.

Cosa serve per provare che una persona è un promotore di un’associazione di tipo mafioso?
Secondo la sentenza, non è necessaria la prova di un’investitura formale. È sufficiente dimostrare, attraverso una valutazione complessiva degli elementi (come conversazioni intercettate, frequentazioni, condotte), una stabile e organica compenetrazione nel gruppo criminale e l’assunzione di funzioni decisionali o di sovraintendenza delle attività, anche rispetto a un gruppo già costituito.

Come viene valutata una testimonianza indiretta (de relato) se la fonte diretta nega i fatti?
Il giudice può ritenere attendibile la deposizione del testimone “de relato” anche se questa è in contrasto con quanto dichiarato dalla fonte diretta. In base al principio del libero convincimento, non esiste una gerarchia tra le prove. Il giudice ha il compito di scegliere, con una motivazione critica e logica, la versione dei fatti che ritiene più credibile, valutando comparativamente tutte le dichiarazioni e gli elementi circostanziali emersi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati