Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13580 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13580 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CUTRO il 10/02/1970 avverso l’ordinanza del 15/10/2024 del TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e degli avv.ti COGNOME e NOME COGNOME, difensori di Verni, che ne hann chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale per il riesame di Catanzaro confermò il presidi cautelare di massima afflittività imposto nei confronti dell’odiernà ricorrente con ordina emessa il 16/9/2024 dal giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, in relazione ai delitti di cui all’art. 416 bis comma 1 cod. pen., in quanto “organizzatrice ‘ndrina NOME” (capo 1 della preliminare rubrica), di concorso in estorsione aggravata (capi 2,4,5 e 8) e di danneggiamento a mezzo di incendio (capo 9).
1.1. In particolare, si contesta in cautela alla ricorrente di aver preso parte al gr mafioso, attivo nel territorio del Comune di Cutro, nel cui ambito svolgeva attivit raccordo tra il marito, NOME COGNOME, ristretto in carcere, e gli associati nonché di aver g le estorsioni ai danni degli imprenditori locali riscuotendo anche i proventi dell’atti spaccio. L’affectio sarebbe dimostrata (nella misura e qualità segnate dalla regola di
giudizio di cui all’art. 273 cod. proc. pen.) dal ruolo concretamente svolto per il soda mafioso e descritto in imputazione, per come rivelato dalla convergenza dei contributi forniti dai collaboratori di giustizia, dal contenuto di più conversazioni intercettate dichiarazioni rese dalle vittime delle estorsioni.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione l’indagata, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti argomenti, appresso sinteticamente riportati, nel segno d quanto previsto dall’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
2.1. Violazione e falsa applicazione della legge penale, sostanziale e processuale, vizi esiziale di motivazione (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.), in riferim all’art. 416 bis cod. pen. Si rileva che le pregresse operazioni antimafia richiam nell’ordinanza del giudice delle indagini preliminari avevano rivelato che nella zona di Cu operava solamente la cosca Grande Aracri, al quale il solo NOME NOME risultava affilia e si lamenta che il Tribunale, nel ritenere che la famiglia NOME si era affrancata da tale organizzazione, non spiega quando ciò sarebbe avvenuto e “con quali modalità i suoi familiari sarebbero stati affiliati alla nuova cosca”. L’ipotesi secondo cui il clan COGNOME era ancora egemone nel territorio trovava conferma, ad avviso del difensore, nella telefonata con cui COGNOME NOME, per intimorire un debitore, rivendicava l’appartenenza a ta compagine delinquenziale.
2.2 Si assume, altresì, che il provvedimento non darebbe conto della sussistenza dei requisiti previsti per la configurazione di un’associazione di stampo mafioso. A tal fine s riferimento al materiale indiziario relativo alla tentata estorsione aggravata ai dan COGNOME Salvatore.
I medesimi vizi sono denunziati con riferimento alla “condotta di organizzatore configurata a carico della ricorrente. Si assume che l’ordinanza non indicava elementi che giustificassero “la posizione nei termini indicati”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono inammissibili, giacché generici o non consentiti in sede legittimità e, comunque, manifestamente infondati.
Il Tribunale ha ricostruito le vicende del clan Grande Aracri e le cause del progressi indebolimento del sodalizio, da ricondurre principalmente al pentimento di NOME COGNOME e agli arresti che avevano falcidiato le file della consorteria, e ha spato com crisi del clan aveva consentito a NOME Vito, alla moglie, ai figli NOME, NOME e ai soggetti loro legati di affrancarsi dall’associazione Grande Aracri, cui era rimasti per anni legati, per assumere un ruolo di rilievo nel panorama criminale operant
nell’area di Cutro. Alle pagg. 4 e 5 vengono riportate le dichiarazioni di COGNOME NOME che davano anche conto del potere acquisito da NOME COGNOME e dai familiari e del ruolo d rilievo svolto da COGNOME NOME. A pag. 5 e 6 vengono sintetizzate le dichiarazioni rese da NOME NOME che aveva inserito i NOME fra le associazioni che si contendevano il controllo del territorio cutrese. Vengono, quindi, indicate, riproponendone ampi stralci, intercettazioni che rivelano gli sforzi profusi dai componenti del clan NOME consolidare il loro potere su Cutro, per contrastare le altre consorterie mafiose, particolare quella dei Campa’, e per ottenere il riconoscimento come gruppo egemone da NOME COGNOME, rappresentante della “struttura ‘ndranghetistica di vertice del territorio Tale sforzo argomentativo è del tutto ignorato, limitandosi il ricorso a richiamare una so fonte di prova, la telefonata fatta da COGNOME NOME a un debitore nel corso della quale l’uo per intimidire l’interlocutore, rappresentò di fare parte del clan di NOME COGNOME Il valore significativo dato all’intercettazione, tuttavia, non tiene conto dell’esig spendere il nome di un boss la cui fama criminale aveva varcato i confini della regione e, soprattutto, ignora l’intercettazione n. 3150 del 5/8/2022, richiamata a pag. dell’ordinanza, nel corso della quale sempre COGNOME NOME, nel ricostruire i rapporti fra i mafiosi operanti nel territorio, aveva sostenuto che a Cutro ormai comandavano “il cognato, il nipote e la sorella”, ovverosia NOME, NOME e NOME.
Ampio spazio è poi dedicato nell’ordinanza al prestigio criminale dell’associazione, all capacità d’intimidazione e al clima di soggezione e omertà che sfruttava, rilevando come la mafiosità del sodalizio emergeva anche dalle modalità di consumazione dei reati scopo, la cui ricostruzione aveva trovato ostacolo nell’omertà delle vittime, che si er determinati ad acconsentire alle pretese illecite avanzate dai membri del sodalizio per non incorrere nelle ritorsioni che sapevano sarebbero conseguite ai rifiuti senza denunciare soprusi subiti.
A tale apparato argomentativo il ricorso oppone “la vicenda del capo 2)”, senza però confrontarsi con l’ordinanza impugnata che aveva segnalato come la vicenda COGNOME “costituisse un unicum”, per la capacità dell’imprenditore di resistere alle intimidaz subite, e, comunque, era pur sempre indicativa del clima di timore diffuso esistente nei confronti del clan, non avendo COGNOME formalizzato querela per i fatti occorsi.
Non ammesso, ancora, risulta il secondo motivo del ricorso, sia in quanto privo di qualunque aggancio con la trama argomentativa del provvedimento, di cui si ignorano gli elementi indizianti espressivi del ruolo di organizzatrice svolto da COGNOME richiamati, sia per mancanza di interesse. Sotto quest’ultimo profilo va ricordato c questa Corte ha affermato che, in tema di impugnazioni avverso misure cautelari personali, non sussiste l’interesse dell’indagato a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza de
tribunale del riesame per ottenere l’esclusione GLYPH della qualifica di organizzatore di un’associazione di stampo mafioso ritenuta sussistente, in quanto già la mera partecipazione al sodalizio integra il fatto costitutivo della presunzione cautelare e conseguenza, l’esclusione della suddetta qualifica non produrrebbe per il ricorrente alcuna conseguenza favorevole (cfr., Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022 (dep. 2023 ), COGNOME, Rv. 284489 – 01; conf. Sez. 3 , n. 31633 del 15/03/2019, COGNOME, Rv. 276237 – 01).
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc pen., la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché ravvisandosi per quanto sopra detto ipotesi di colpa nella proposizione dei motivi di ricorso, la condanna del ricorrente al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila a titolo sanzionatorio.
Ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att., cod. proc. pen., la condizione detentiva del ricorrente impone al direttore dell’istituto penitenziario di provvedere agli adempimen indicati al comma 1 bis della medesima disposizione normativa.
P.Q.M.
Dichiara ‘inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1- ter disp. att. cod. proc. pe
Così deciso il 5/3/2025