Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16458 Anno 2025
quindi, ritenuto che costituissero indizi rilevanti della sussistenza del delitto gli accertati collegamenti di singoli indagati con le mafie storiche, essendo irrilevante la eventuale risalenza nel tempo degli accertamenti giudiziari di tali collegamenti stanti i pronunciamenti della giurisprudenza di legittimità in merito al cosiddetto ‘tempo silente’, e le conversazioni intercettate, dalle quali emergerebbe l’esistenza di una struttura associativa stabile, dotata di adeguati mezzi per la realizzazione dei propri scopi criminosi, ed autonoma rispetto alle compagini di riferimento dei singoli appartenenti ad essa, autonomia particolarmente evidente nell’attività legata allo sviluppo di società da utilizzare per varie operazioni illecite. Penale Sent. Sez. 1 Num. 16458 Anno 2025 Presidente: COGNOME Relatore: COGNOME Data Udienza: 28/01/2025
L’ordinanza ha, quindi, ricostruito sommariamente la centralità di alcune figure soggettive di indagati nell’ambito di tale associazione e la struttura del sodalizio, al fine di ribadire la natura di quest’ultimo di associazione unitaria, distinta dalle singole compagini storiche, e finalizzata alla realizzazione di un programma comune e al soddisfacimento di interessi almeno in parte condivisi, come evidenziato, in particolare, dalla costituzione e dalla gestione, sin dal 2018, di società con cui svolgere affari in commistione tra i vari partecipi, operazioni compiute con modalità sempre analoghe, applicando quindi regole e logiche condivise, e dirette alla continua ricerca di nuove opportunità di profitto, nei settori piø disparati (principalmente l’edilizia, accedendo agli incentivi statali), profitto da conseguire anche con metodi illeciti, e a cui potessero accedere tutti i vari partecipi.
Tra le operazioni significative in merito all’esistenza dell’indicato sodalizio stabile l’ordinanza cita la costituzione, nel 2021, della RAGIONE_SOCIALE da parte di soggetti appartenenti alle diverse associazioni di riferimento, la collaborazione di alcuni indagati in operazioni finanziarie illecite gestite da gruppi operativi diversi, alcune vicende estorsive, la gestione condivisa di un’arma da sparo.
E’ stato dato rilievo agli incontri tra vari sodali, sottolineando che, diversamente da quanto affermato dal G.i.p., per molti di tali incontri Ł stato accertato il contenuto, dimostrativo del loro essere finalizzati all’organizzazione delle attività del sodalizio, sia quelle apparentemente lecite ma poi svolte con metodi illeciti, sia quelle sin dall’inizio di natura criminosa, come il traffico di stupefacenti, oppure, in alcuni casi, finalizzati a dirimere le controversie interne. Infine Ł stato dato rilievo alla provata esistenza di una cassa comune, destinata principalmente al sostentamento dei sodali detenuti e delle loro famiglie, ma anche ad investimenti comuni in attività criminose, come l’acquisto di stupefacenti o l’acquisizione di attività commerciali con metodi estorsivi.
Il Tribunale, diversamente dal G.i.p., ha ritenuto sussistenti anche gravi indizi circa la presenza dell’affectio societatis, che nelle associazioni mafiose Ł connotata dalla funzionalità delle condotte dei singoli al perseguimento di almeno uno dei suoi scopi comuni, insieme all’interesse perseguito dal singolo partecipe, e non Ł quindi esclusa dalla presenza di controversie economiche tra i sodali, ritenute invece rilevanti, in senso negativo, dal G.i.p.
Secondo il Tribunale, le intercettazioni dimostrano che tra i partecipi vi Ł la consapevolezza di avere costituito un’associazione funzionale a perseguire interessi comuni e a realizzare profitti a vantaggio di tutti loro, destinata perciò a durare nel tempo.
Tale associazione Ł caratterizzata, come tutte le associazioni di tipo mafioso, dall’uso del metodo mafioso e dalla esternazione della sua forza intimidatrice, che il Tribunale, diversamente dal G.i.p., ha ritenuto dimostrata dall’uso di minacce e violenze in diverse delle operazioni compiute dall’associazione; peraltro ha ritenuto che tale associazione non avesse bisogno di gesti eclatanti, essendo composta da soggetti già noti come esponenti di criminalità organizzata e facenti ancora capo ai rispettivi sodalizi di origine, i quali perciò sfruttavano, per intimidire, anche la fama delle rispettive consorterie storiche. In sintesi, il Tribunale (v. pag. 176 del provvedimento impugnato) ha ritenuto che, in presenza di una struttura organizzativa che ‘teneva insieme’ i diversi ambiti di provenienza dei sodali :.. costoro hanno apportato alla associazione la mafiosità derivante dai
rispettivi collegamenti funzionali con le cosche storiche, radicate nei territori di origine, e che hanno consentito l’espressione di una carica intimidatoria propria della associazione in quanto tale e tipica delle associazioni di stampo mafioso, in un contesto territoriale, quello lombardo, in cui ampio, diffuso e trasversalmente noto era il radicamento delle mafie tradizionali, consapevolezza che, in capo alla collettività, si Ł tradotta in una effettiva e percepibile condizione di assoggettamento.. .
Infine, in ordine alla posizione di NOME COGNOME (attivo nel settore del riciclaggio e dei reati fiscali), il Tribunale del riesame ha ritenuto che sussistano gravi indizi della sua partecipazione all’associazione, essendo egli consapevole dei suoi scopi criminali e delle modalità mafiose utilizzate per realizzarli, e partecipando egli attivamente a numerose attività di rilievo, come risulta dalle conversazioni oggetto di captazione.
In particolare il Tribunale ritiene rilevante il collegamento (in termini di contribuzione economica dei Pace) verso NOME COGNOME, che interviene a risolvere la controversia economica insorta tra i COGNOME e NOME COGNOME nonchŁ la contribuzione dei Pace al sostentamento della famiglia di COGNOME NOME (detenuto, appartenente al gruppo romano dei Senese). Tirando le somme, il Tribunale (v. pag. 196 del provvedimento impugnato) indica NOME COGNOME come intraneo alla associazione proprio in ragione del fatto che le attività di impresa da lui gestite in collaborazione con COGNOME NOME e COGNOME NOME si inseriscono in un complesso contesto di illiceità e favoriscono soggetti di elevata caratura criminale.
Da ciò l’accoglimento dell’appello proposto dal P.M. in riferimento al capo n.1, fermo restando che il Tribunale non attribuisce – in motivazione – alcun ruolo direttivo a Pace Bernardo in seno al preteso sodalizio mafioso.
In riferimento al capo n.2, come si Ł detto, il Tribunale ritiene raggiunta la gravità indiziaria anche nei confronti di COGNOME Bernardo.
La descrizione della condotta concorsuale (il capo riguarda anche NOME e NOME, raggiunti ab initio da gravità indiziaria) si incentra sul possesso comune di un fucile con canne tagliate, fatto avvenuto in Cinisello Balsamo nel dicembre del 2020. Le captazioni rilevanti, secondo l’accusa sono intervenute tra il 14 dicembre e il 18 dicembre del 2020 all’interno degli uffici siti in INDIRIZZO
Secondo il Tribunale la gravità indiziaria va ritenuta sussistente anche a carico di COGNOME COGNOME proprio in ragione del tenore inequivoco delle conversazioni, da cui si desume non già la semplice connivenza del Pace Bernardo circa la presenza del fucile (occultato in una scatola per trapano) all’interno degli uffici, ma l’esistenza di un vero e proprio potere di disposizione, pur espresso attraverso la volontà di disfarsi dell’arma.
Anche in riferimento al capo n.18 – estorsione, in concorso, in danno di NOME COGNOME il Tribunale ritiene integrata la gravità indiziaria.
Occorre anche in tal caso indicare gli estremi fattuali della contestazione, che si indirizza sul piano soggettivo verso COGNOME NOME, COGNOME Rosario, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Si afferma, in particolare, che i fatti sono avvenuti tra dicembre 2020 e gennaio 2021 e consistono nell’aver costretto NOME COGNOME con violenza e minaccia, ad acquistare contro la sua volontà crediti di imposta inesistenti per 4.600.000 euro dietro un corrispettivo di 1.600.000 euro.
In un complesso contesto di azioni illecite tra loro collegate, secondo il Tribunale, vi sarebbero precisi elementi indizianti circa le minacce rivolte dai due COGNOME al COGNOME per la riscossione di un credito da costoro vantato (e basato su una cessione di crediti di imposta ritenuti fittizi). In questo conflitto si sarebbero ‘inseriti’ i COGNOME a dar man forte agli COGNOME in una seconda fase della vicenda, mentre il COGNOME veniva a sua volta coadiuvato da NOME COGNOME. In ciò si sostiene che i COGNOME, già in conflitto con lo stesso NOMECOGNOME sarebbero intervenuti a sostegno della posizione
degli COGNOME, ben consapevoli della illiceità della pretesa.
La volontà di intervento di NOME e NOME (con intenzione di inserirsi nella gestione della RAGIONE_SOCIALE) si desume dal tenore delle conversazioni intervenute tra costoro e gli COGNOME. Si precisa, altresì che l’azione estorsiva non venne ulteriormente portata avanti a causa di mediazioni dovute all’intervento di altre persone, di cui si sconoscono gli esiti.
A fronte di tali elementi, il Tribunale afferma che,.. per quanto la dinamica degli eventi non sia sempre lineare e chiara nel suo evolvere .., Ł evidente che le intimidazioni nei confronti del NOME sono state accantonate da un lato perchØ i fratelli COGNOME avevano raggiunto un accordo con terzi per fare in modo di ottenere quanto preteso, dall’altro per una scelta strategica dovuta al fatto che il NOME aveva raggiunto un accordo con l’agenzia delle entrate.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – Pace COGNOME.
Il ricorso Ł affidato a sei motivi
4.1 Al primo motivo si deduce erronea applicazione di legge in riferimento alla ritenuta esistenza di gravi indizi del reato di associazione di stampo mafioso. Secondo la difesa il Tribunale si sarebbe allontanato dal recinto della tipicità, per come dimensionato dalla piø recente elaborazione giurisprudenziale.
La critica si rivolge essenzialmente verso l’avvenuta identificazione di un gruppo ‘traversale’ che si alimenta attraverso condotte di soggetti facenti parte, o comunque vicini, a mafie storiche già presenti sul territorio lombardo, gruppo che avrebbe espresso – secondo il Tribunale – un autonomo potere di intimidazione di cui, in realtà, non vi Ł traccia. Da qui il vizio di metodo, non potendosi parlare di un sodalizio mafioso autonomo solo in ragione del coinvolgimento in affari comuni di alcuni soggetti già ritenuti appartenenti a mafie storiche delocalizzate sul territorio.
4.2 Al secondo motivo si deduce erronea applicazione di legge in riferimento – si assume – al ritenuto ruolo direttivo, contestato a COGNOME.
Si evidenzia che la contestazione indica COGNOME Bernardo come soggetto avente ruolo direttivo all’interno del sodalizio ma vi Ł totale assenza di motivazione sul preteso ruolo di vertice svolto da NOME COGNOME, che non trova riscontro alcuno nello sviluppo argomentativo della decisione impugnata. NØ ciò poteva essere, proprio in rapporto alle caratteristiche anomale del sodalizio, di natura trasversale, in ragione della assenza di elementi circa la stessa appartenenza di COGNOME COGNOME alla cellula trapanese di cosa nostra.
Pacifica Ł la diversità di ipotesi delittuosa tra semplice condotta di partecipazione e condotta di direzione, promozione o organizzazione.
4.3 Al terzo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento sempre alla gravità indiziaria in riferimento al capo n.1.
Si riprendono sun specie vizio argomentativo della decisione i punti già introdotti al primo motivo.
4.4 Al quarto motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza di gravità indiziaria per i capi n.2 e n.18.
Quanto ai fatti di cui al capo n.2 si osserva che le conversazioni poste a fondamento della ricostruzione evidenziano la ‘marginalità’ della posizione del ricorrente, che non mostra la necessaria consapevolezza della detenzione dell’arma da parte dei correi. Non si Ł accertata, peraltro, la presenza dell’arma in epoca successiva alle captazioni, il che renderebbe assente il pericolo di reiterazione della condotta.
Quanto ai fatti di cui al capo n.18 si evidenzia che le conversazioni sono per lo piø inter alios, che non vi Ł prova di contatti diretti tra i Pace e la pretesa persona offesa, che l’intera ricostruzione Ł caratterizzata da motivazione illogica.
4.5 Al quinto motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza della finalità di agevolazione della associazione mafiosa (v. capo 2) e di quella del metodo mafioso di consumazione (v. capo 18) .
Secondo la difesa l’assenza del sodalizio di riferimento si riflette sulla stessa possibilità di applicare la circostanza aggravante.
4.6 Al sesto motivo si deduce vizio di motivazione in rapporto alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari.
Il Tribunale si affida alla presunzione ex lege senza valutare in concreto la condizione del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato limitatamente alla statuizione relativa al capo n.18, mentre – previa qualificazione del fatto di cui al capo n.1 in termini di partecipazione, Ł infondato nel resto .
In riferimento alla ritenuta sussistenza del conglomerato associativo di stampo mafioso le doglianze difensive sono infondate.
Va premesso che risale alla sentenza delle Sezioni Unite n. 11 del 23/02/2000, Audino, Rv. 215828 l’insegnamento secondo cui «in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Occorre avere anche riguardo alla specificità della valutazione compiuta nella fase cautelare, dovendosi sempre tenere conto della «diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato» (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, Rv. 264213, tra le molte conformi).
Inoltre questa Corte, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento».
La necessità di una motivazione rafforzata in tema di misure cautelari, invece, non costituisce un principio giurisprudenziale del tutto consolidato, dal momento che pronunce anche recenti affermano che «In caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello “de libertate”, della precedente decisione del primo giudice reiettiva della
domanda cautelare, non Ł richiesta una motivazione rafforzata, in ragione del diverso “standard cognitivo” che governa il procedimento incidentale, ma Ł necessario un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, non potendosi ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale» (Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, Rv. 284982 – 04; vedi anche Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, Rv. 279593).
Il collegio intende, però, aderire all’indirizzo maggioritario, secondo cui «In tema di appello cautelare, la riforma in senso sfavorevole all’indagato della decisione impugnata impone al tribunale, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, un rafforzato onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative evidenziate dal primo giudice, essendo necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata. (In motivazione, la Corte ha precisato che, pur non essendo necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilità della decisione riformata, ogni divergente valutazione adottata dal tribunale deve essere comunque dotata di maggiore persuasività e credibilità razionale)» (v. Sez. 1, n. 47361 del 09/11/2022, Rv. 283784).
Va pertanto precisato che l’ordinanza impugnata contiene una motivazione rafforzata rispetto all’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Milano, in quanto riesamina in maniera piø dettagliata tutti gli indizi già oggetto dell’ordinanza genetica, approfondendo l’esame del contenuto delle intercettazioni, dalle quali emerge, ad esempio, in piø occasioni, il contenuto degli incontri tra i vari indagati, individuando gli episodi in cui il tribunale del riesame ha ritenuto essersi manifestata la forza intimidatrice e l’uso di metodi mafiosi, e soprattutto valutando tali indizi in modo unitario e complessivo, senza parcellizzarli come effettuato in varie parti dell’ordinanza genetica.
Sulla base di tale esame il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi del delitto contestato al capo 1), inteso come costituzione di una associazione, legata ad uno specifico territorio, tra soggetti già appartenenti o comunque collegati alle mafie ‘storiche’ denominate Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra, autonoma rispetto a queste anche se i singoli associati manterrebbero continui rapporti con i sodalizi di origine, dalla struttura non verticistica ma orizzontale, dotata di una cassa comune e dedita sia alla commissione dei reati tipici dei sodalizi mafiosi, dalla estorsione al traffico di sostanze stupefacenti, sia soprattutto alla costituzione di società dedite ad attività lecite, in particolare nel settore dell’edilizia, compiute però, in molti casi, con modalità illecite, sia quanto alla provenienza del denaro investito, sia quanto alla gestione e al raggiungimento dello scopo di profitto.
I caratteri specifici di un’associazione di tipo mafioso sono individuati in modo preciso dalla norma stessa, secondo cui un’associazione Ł di tipo mafioso quando «coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti». Perciò, secondo la giurisprudenza di legittimità, «Ai fini della qualificazione ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen. di una nuova ed autonoma formazione criminale Ł necessario accertare se il sodalizio: a) abbia conseguito fama e prestigio criminale, autonomi e distinti da quelli personali dei singoli partecipi, in guisa da esser capace di conservarli anche nel caso in cui questi ultimi fossero resi innocui; b) abbia in concreto manifestato capacità di intimidazione, ancorchØ non necessariamente attraverso atti di violenza o di minaccia, nell’ambito oggettivo e soggettivo, pur eventualmente circoscritto, di effettiva operatività; c) abbia manifestato una capacità di intimidazione effettivamente percepita come tale ed abbia conseguentemente prodotto un assoggettamento omertoso nel “territorio” in cui l’associazione Ł attiva» (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Rv. 279555-17; v. anche Sez. I n. 51489 del 29.11.2019, Rv 227913).
L’ordinanza impugnata si Ł conformata al dettato della norma, valutando la sussistenza di gravi
indizi relativi non solo alla sussistenza di un vincolo associativo, ma altresì all’esercizio e alla esternalizzazione del metodo mafioso per affermarsi sul territorio. Quanto alla sussistenza di gravi indizi relativi all’esistenza di un gruppo associato, stabilmente costituito e tendenzialmente permanente, che non si esaurisce nella consumazione di singoli reati, il tribunale del riesame ha valorizzato, in particolare, la continuità e frequenza degli incontri e degli accordi, l’apporto comune di capitali e mezzi al fine di perseguire un comune fine di profitto, l’esistenza di una cassa comune, la consapevolezza delle condotte criminose, anche gravi, commesse da altri sodali, e il frequente richiamo degli indagati stessi all’esistenza di un’associazione costituita in quel territorio, e di cui sarebbero partecipi (così, ad esempio, in relazione alla creazione della RAGIONE_SOCIALE, e, in piø parti della motivazione, le affermazioni di singoli indagati sull’attività di Vestiti quale ‘epicentro di molti equilibri’, sulla costruzione di ‘un’associazione che non finisce mai’, sulla necessità di ‘trovare una quadra per guadagnare tutti’, sulla non operatività di Sicilia, Roma e Napoli perchØ ‘Qua Ł Milano … le cose giuste qua si fanno’, sulla scomparsa della distinzione tra le tre mafie storiche di provenienza, laddove NOME COGNOME dice ad Amico ‘qua siamo tutti e tre, siamo tutti insieme, siamo tutti una cosa’).
Da questi elementi, il Tribunale ha dedotto senza vizi logici la sussistenza della necessaria affectio societatis, negando la rilevanza dei contrasti interni, sulla base dei quali il G.i.p. aveva, principalmente, escluso la sussistenza di un’associazione, ed anzi evidenziando gli sforzi dei vari associati per risolvere ogni contesa, in vista del perseguimento della comune finalità di profitto.
Questa motivazione Ł logica e completa, tenuto conto del livello di gravità indiziaria che deve essere ritenuto sufficiente per l’emissione di una misura cautelare; lo stesso G.i.p., peraltro, nelle sue conclusioni dalla pag. 918 dell’ordinanza genetica, non ha radicalmente escluso la possibilità di configurare, alla luce della comune organizzazione di mezzi e di persone, l’esistenza di un’associazione semplice quanto meno tra alcuni dei soggetti indagati, pur dubitando della sussistenza, tra tutti, di una reale affectio societatis.
La sussistenza del necessario utilizzo del metodo mafioso e della sua esternalizzazione viene ribadita in senso positivo nella decisione impugnata.
Il Tribunale ha approfonditamente esaminato gli indizi relativi a tale elemento, valorizzando i singoli episodi di effettivo impiego di violenza e minaccia e affermando che Ł sufficiente la spendita della fama criminale precedentemente acquisita, o l’acquisizione dell’assoggettamento omertoso del territorio mediante piccoli soprusi, prevaricazioni o, al contrario, illeciti privilegi. Secondo il Tribunale, Ł rilevante il fatto che la spendita della «fama criminale» delle mafie storiche di appartenenza – già radicate in territorio lombardo- avvenga, talvolta, da parte di sodali affiliati, in realtà, ad una diversa associazione storica, evidentemente con il consenso degli altri associati in quanto dimostrazione della particolarità ed autonomia dell’associazione qui contestata.
L’ordinanza ha ritenuto dimostrata l’avvenuta acquisizione della forza intimidatrice, sul territorio lombardo, da alcune vicende specifiche che appaiono non irragionevolmente valutate, nella attuale fase procedimentale.
Secondo il Tribunale, quindi, l’associazione qui delineata ha una propria ‘mafiosità’, derivante anche dalla partecipazione ad essa di soggetti dalla già accertata caratura mafiosa, ma soprattutto la manifesta all’esterno in modo autonomo, pur avvalendosi anche dell’assoggettamento già realizzato nel territorio lombardo, in passato, dalle singole mafie storiche, in quanto opera in modo distinto rispetto a queste ultime e mantiene, rispetto ad esse, una propria autonomia. Si tratta – in particolare – di un giudizio in fatto che in quanto non manifestamente illogico risulta non sindacabile in questa sede di legittimità.
3. In riferimento alla ricostruzione del ruolo partecipativo del Pace Bernardo il ricorso Ł infondato, fermo restando che va espressa adesione alla tesi difensiva per cui il Tribunale ha
ritenuto sussistente – in motivazione – i presupposti in fatto e in diritto della semplice condotta di partecipazione e non quelli del ruolo direttivo/ organizzativo, su cui nessuna argomentazione Ł stata spesa in concreto, con riqualificazione del fatto in tal senso nel dispositivo della presente decisione.
Quanto alla ricorrenza dell’apporto, sia pure in termini di partecipazione, le attività captative restituiscono un attivismo che del Pace che concretizza la condizione legale di partecipazione, specie in ragione degli indicatori rappresentati dalle contribuzioni economiche verso NOME COGNOME e verso i familiari del COGNOME, in un contesto di comuni interessi illeciti.
Il motivo relativo al capo n.2 Ł inammissibile perchØ manifestamente teso ad una rivalutazione di contenuti captativi che non risultano arbitrariamente apprezzati in sede di merito.
Va dunque applicato l’orientamento interpretativo secondo cui questa Corte di legittimità non può compiere una nuova e diversa attribuzione di valore ai contenuti intercettati, lì dove l’operazione compiuta dal giudice di merito non presenti aspetti di ‘travisamento’ o di manifesta irragionevolezza nella attribuzione di significato ai contenuti medesimi (come ribadito, per tutte, da Sez. U. n. 22471 del 26.2.2015, rv 263715); Ł dunque possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice del merito solo in presenza del travisamento della prova o in presenza di una manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione espressa sul punto, irragionevolezza che nel caso in esame non si rinviene (tra le molte v. Sez. II n. 35181 del 22.5.2013 rv 257784; Sez. VI n. 11189 del 8.3.2012, rv 252190). Da ciò deriva la inammissibilità anche del motivo relativo alla aggravante del finalismo mafioso, atteso l’esito del ricorso in relazione al capo n.1 .
5. Il ricorso Ł fondato in riferimento al capo n.18.
La motivazione espressa nella decisione impugnata – circa il concorso di COGNOME COGNOME nella ipotizzata estorsione – non può dirsi realmente ‘rafforzata’ rispetto al diniego espresso dal GIP, anche perchØ oltre ad essere – in alcuni punti – in sØ perplessa, non chiarisce la posizione di COGNOME Bernardo rispetto alla contestazione e finisce con il discostarsi dai contenuti della stessa imputazione provvisoria.
E’ lo stesso Tribunale, nella nota numero 24, ad evidenziare che rispetto al contenuto fattuale della contestazione provvisoria (aver costretto Marin ad acquistare dei crediti di imposta contro la sua volontà) nell’atto di appello il Pubblico Ministero si focalizza sui pagamenti richiesti in adempimento degli accordi pregressi, aventi ad oggetto i crediti fittizi oggetto di cessione.
Si tratta – in verità – di una osservazione esatta cui non Ł seguita – tuttavia – la necessaria constatazione della sostanziale ‘diversità’ del fatto oggetto di valutazione rispetto a quello descritto nella contestazione provvisoria, con compromissione delle facoltà difensive, specie in riferimento alla posizione dei Pace, soggetti che alla fase dell’accordo iniziale sono – pacificamente – estranei.
Da ciò deriva un vizio di fondo della decisione, posto che non si tratta di una diversa qualificazione giuridica del fatto (aspetto che rientra nel dominio del giudice) ma di una indebita estensione in fatto della contestazione ad accadimenti successivi a quello descritto nella contestazione (accadimenti rilevanti proprio nei confronti dei Pace).
Pur se – in tesi di accusa – correlati, si tratta di fatti oggettivamente diversi, su cui il Tribunale non avrebbe potuto provvedere senza un preliminare modifica della provvisoria contestazione in fatto (v. sul tema Sez. II n. 10255 del 26.2.2019, rv 275776; Sez. II n. 29429 del 20,4.2011, rv 251015).
Inoltre, risultano fondate anche le doglianze difensive in punto di scarsa chiarezza della complessiva ricostruzione dei fatti, in ragione della non completezza delle argomentazioni probatorie circa la effettiva percezione – da parte della persona offesa – dell’interesse manifestato dai Pace a sostenere la pretesa degli Abilone, fermo restando che assorbente risulta essere, a giudizio del Collegio, quanto si Ł sopra affermato, con necessità di annullamento con rinvio della decisione
limitatamente a tale capo.
Inammissibile Ł il motivo relativo alle ritenute esigenze cautelari, per l’assoluta genericità dei contenuti, atteso che la integrazione della gravità indiziaria sul capo n.1 rende operative le doppie presunzioni di cui all’art. 275 comma 3 cod.proc.pen. e non risultano allegate ragioni di effettivo contrasto alla operatività in concreto di simile assetto legislativo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al delitto di estorsione di cui al capo 18 con rinvio per nuovo giudizio su detto capo al Tribunale di Milano sezione per il riesame. Qualificato il delitto di cui al capo 1 come partecipazione ad associazione di stampo mafioso di cui all’art. 416 bis comma 1 cp, rigetta nel resto il ricorso.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 28/01/2025.
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME