Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30305 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30305 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME NOMECOGNOME nato a Messina il 19/07/1979
NOMECOGNOME nato a Messina il 24/09/1979
COGNOME nato a Messina il 05/08/1979
NOME NOMECOGNOME nato a Messina il 14/12/1961
COGNOME NOMECOGNOME nato a Messina il 19/09/1970
NOME NOMECOGNOME nato a Messina il 13/02/1993
NOME NOMECOGNOME nato a Messina il 17/01/1985
COGNOME NOMECOGNOME nato a Messina il 17/03/1989
NOME nato a Messina il 09/03/1958
COGNOME NOMECOGNOME nato a Messina il 24/06/1978
COGNOME NOMECOGNOME nato a Messina il 25/11/1977
COGNOME nato a Messina il 03/03/1973
NOME nato a Messina il 07/06/1974
avverso la sentenza del 14/04/2022 della Corte di appello di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi relativamente alle responsabilità per i reati e il parziale annullamento della sentenza circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche nella determinazione della pena.
sentiti i difensori degli imputati – l’avvocato NOME COGNOME per COGNOME, l’avvocato NOME COGNOME per COGNOME, COGNOME, COGNOME, Misa, COGNOME e COGNOME, l’avvocato NOME COGNOME per Misa e COGNOME, l’avvocato NOME COGNOME per COGNOME, l’avvocato NOME COGNOME e l’avvocato NOME COGNOME per Molonia, l’avvocato NOME COGNOME per COGNOME e COGNOME, l’avvocato NOME COGNOME per COGNOME, COGNOME e COGNOME – che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 aprile 2022 la Corte di appello di Messina, ha confermato la condanna, decisa in primo grado dal Tribunale di Messina, di NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ex artt. 99 e 416-bis cod. peri. (capo 1); di COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME ex artt. 110 e 629, comma secondo, in relazione all’art. 628, comma terzo, nn. 1) e 3), cod. pen., 7 dl. 13 maggio 1991 n. 152 e 71 d. Igs. 6 settembre 2011 n. 159 (capo 2); ex artt. 110, 353, comma secondo, cod. pen. e 7 d.l. n. 152/1991 (capo 4); di COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME, e NOME ex artt. 110 e 697 cod. pen., 2, 4 e 7 legge 2 ottobre 1967 n. 895, 7 d.l. n. 152/1991 e 71 d. Igs. n. 159/2011 n. 159 (capo 5) e ex artt. 110, 81, comma 2, e 648, cod. pen. e 7 d.l. n. 152/1991 (capo 6); parzialmente, nei limiti indicati nel dispositivo, di COGNOME Schepis ex artt. 81, comma 2, 12-quinquies d.l. 8 giugno 1992 n. 306 e 7 d.l. n. 152/1991 (capo 11); di Tibia ex artt. 81, comma 2, cod. pen., 31 legge 13 settembre 1982 n. 646 e 7 d.l. n. 152/1991 (capo 12) e ex artt. 110, 605 cod. pen. e 7 d.l. n. 152/1991 n. 152 e 71 d. Igs. n. 159/2011 (capo 14): di De Leo per il solo capo 14. Tuttavia, anche escludendo la circostanza aggravante ex art. 416-bis, comma 6, cod. pen., la Corte ha diminuito le pene.
Nei ricorsi presentati dai loro difensori gli imputati chiedono l’annullamento della sentenza.
Nel seguito i motivi dei ricorsi «sono enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione» (art. 173, disp att. cod. proc pen.).
2.1. GLYPH Ricorso di NOME COGNOME
Il ricorso di COGNOME è contenuto in due atti: il primo redatto il 27/04/2023 dall’avvocato NOME COGNOME anche nell’interesse del coimputato NOME COGNOME e il secondo redatto dall’avvocato NOME COGNOME il 17/05/2023.
2.1.1. GLYPH Con il primo motivo del primo atto di ricorso, si deduce vizio della motivazione della sentenza perché esauritasi nella mera riproduzione delle argomentazioni espresse dal Tribunale senza tenere conto dei motivi di appello.
2.1.2. Con il secondo motivo del primo atto di ricorso di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione per avere travisato i dati probatori che mostrano come la persona offesa NOME COGNOME non avesse titolo per gestire lo stabilmente balneare sicché la condotta attribuita a NOME (come al coimputato COGNOME) nel capo 2 non poteva arrecare danno a COGNOME.
2.1.3. Con il terzo motivo del primo atto di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare il reato di estorsione, trascurando che le espressioni rivolte da COGNOME a Puglisi furono mera reazione al suo comportamento offensivo e non espressione di una volontà minatoria connessa all’interesse del coimputato NOME COGNOME per lo stabilimento;
2.1.4. GLYPH Con il quarto motivo del primo atto di ricorso e con il primo motivo del secondo atto di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione, per avere attribuito a NOME in concorso morale nella estorsione pur essendo egli rimasto del tutto inerte e senza che sia provata una sua consapevolezza delle intenzioni di NOME mentre è emerso che la sua presenza era connessa alla sua attività di elettricista;
2.1.5. GLYPH Con il quinto motivo si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare l’associazione per delinquere di stampo mafioso descritta nel capo 1 pur in assenza dell’estrinsecarsi di una concreta forza di intimidazione, ma soltanto per lo sfruttamento della fama criminale di NOME COGNOME.
2.1.6. Con il sesto motivo del primo atto di ricorso e con il secondo motivo del secondo atto di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare la partecipazione di NOME alla associazione per delinquere ex art. 416-bis cod. pena oggetto del capo 1, pur in assenza di una sua costante presenza nel luogo indicato come base della associazione, desumendola soltanto da due eventi compresi nell’arco di 18 giorni: la presenza alla supposta estorsione oggetto del capo A e la sua interlocuzione nella conversazione in cui si parlo di occultamento e custodia di armi.
2.1.7. GLYPH Con il settimo motivo del primo atto di ricorso e con il terzo motivo del secondo di ricorso, si deducono vizio della motivazione nel determinare la pena
secondo la normativa successiva alla legge 27 maggio 2015 n. 69, nonostante che le condotte contestate risultino essere cessate certamente nel 2014, non potendo valere, sol perché la imputazione circa il tempus commissi delicti nella fattispecie è aperta, la presunzione del protrarsi della condotta sino alla sentenza di condanna in primo grado.
2.1.8. GLYPH Con l’ottavo motivo del primo atto di ricorso e con il quinto motivo del secondo atto di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nella mancata riduzione della pena di un terzo, nonostante che, con prospettazione almeno ex ante non infondata, fosse stata avanzata richiesta di giudizio abbreviato condizionato al mezzo istruttorio di cui si dà conto a p. 158 della sentenza impugnata.
2.1.9. GLYPH Con il nono motivo del primo atto di ricorso e con il quarto motivo del secondo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel disconoscere le circostanze attenuanti generiche senza enunciare le ragioni concrete del diniego e trascurando gli elementi di valutazione positivi prospettati nell’atto di appello.
2.2. GLYPH Ricorso di NOME COGNOME
2.2.1. GLYPH Con il primo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizzo della motivazione nella affermazione della responsabilità di NOME per il reato ex art. 416-bis cod. pen. e carenza di motivazione relativamente alla protrazione della condotta oltre il luglio del 2014 (alla quale è connessa l’applicazione dei limiti di pena previsti dalla legge n. 69 del 2015).
Si argomenta che la Corte di appello – avendo riconosciuto che l’associazione per delinquere oggetto del capo 1 sarebbe un organismo di nuova formazione avrebbe dovuto dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato e, in particolare, l’esistenza di una forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e di una concreta condizione di assoggettamento e omertà, proiettata anche all’esterno del gruppo criminale.
Con lo stesso motivo di ricorso si argomenta che la Corte di appello ha ravvisato la partecipazione del ricorrente enfatizzando la sua partecipazione a singoli episodi delittuosi (estorsione, turbativa di gara, detenzione e di armi, sequestro di persona) tutti collocati nel 2014 (mentre l’imputazione relativa alla associazione decorre dal 2011). Si osserva, in particolare, che l’attribuzione a NOME del ruolo di partecipe «addetto alla custodia delle armi e fornendo altre condotte utili» collide con il fatto che NOME non sia menzionato nella conversazione del 15/04/2014 fra COGNOME e COGNOME in cui si parla di custodia di armi.
2.2.2. GLYPH Con il secondo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel determinare la pena secondo la normativa successiva alla legge 27 maggio 2015 n. 69, nonostante che le condotte contestate cessarono certamente nel luglio del 2014, quando NOME fu arrestato e rimase sino al successivo arresto del giugno 2016.
2.2.3. COGNOME Con il terzo motivo di ricorso, si deduce mancanza assoluta o mera apparenza della motivazione del diniego delle circostanze attenuanti generiche.
2.2.4. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce violazione di legge derivante dall’evidente contrasto fra il contenuto della motivazione e quello del dispositivo dove, nonostante l’esclusione della circostanza aggravante ex artt. 416-bis, comma 6, cod. pen. (p. 160), la pena è rideterminata in misura superiore a quella derivante dal calcolo contenuto nella motivazione (p. 159).
Ulteriormente, si deduce mancanza di motivazione circa l’aumento di pena ex art. 81, comma 2, cod. pen. per il resto oggetto del capo 2.
2.2.5. GLYPH Con il quinto motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel rigettare, per esigenze di economia processuale, la richiesta di giudizio abbreviato condizionato nonostante che la sentenza abbia fondato le sue argomentazioni probatorie proprio sui mezzi di prova acquisiti nel dibattimento e di cui si dà conto a p. 158 della sentenza impugnata, sicché, infine, la Corte avrebbe dovuto ingiustificato il diniego di giudizio abbreviato condizionato e ridurre la pena di un terzo.
Con il sesto motivo di ricorso, si deduce mancanza di motivazione circa la contestata legittimità della confisca del fabbricato descritto in atti infatti comunque, circa la mancata limitazione del provvedimento ablativo alla sola parte del fabbricato non adibita a civile abitazione.
2.3. GLYPH Ricorso di NOME COGNOME
2.3.1. GLYPH Con il primo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione circa la sussistenza del reato ex art. 416-bis cod. pena., perché la Corte di appello – avendo riconosciuto che l’associazione per delinquere oggetto del capo 1 sarebbe un organismo di nuova formazione – avrebbe dovuto dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato e, in particolar l’esistenza di una forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e di una concreta condizione di assoggettamento e omertà, proiettata anche all’esterno del gruppo criminale.
Si aggiunge che tutti gli altri reati contestati a COGNOME (capi 5, 6 e 14) sono collocati temporalmente nel 2014 e vi è carenza di motivazione circa il protrarsi della partecipazione alla associazione oltre il 2014, sicché ingiustificata risulta l’applicazione dei limiti di pena previsti dalla legge n. 69 del 2015.
2.3.2. GLYPH Con il secondo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nell’affermare la responsabilità per la detenzione ( il porto oggetto del capo 5 e la ricettazione di armi oggetto del capo 6 pur essendo venuta meno la valenza probatoria delle videoriprese e della intercettazione ambientale del 15/04/2014, avendo la stessa Corte di appello escluso che le armi sequestrate dalla polizia giudiziaria fossero le stesse di quelle contenute nei sacchi inquadrati nelle videoriprese, mentre, per quel che riguarda la detenzione delle armi, la Corte di appello non ha confutato la spiegazione alternativa offerta dalla difesa – che sulla scorta delle conclusioni della consulenza di parte dell’ing. COGNOME esclude che COGNOME, durante i tempi di permane nella stalla, abbia potuto raggiungere il luogo in cui furono rivenute le armi – ma, con illogicità manifesta, si è limitata a meramente indicare i fatti sui quali si fonderebbe la responsabilità del ricorrente.
2.3.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione nell’escludere la riqualificazione del reato oggetto del capo 14 come violenza privata, senza indicare quali elementi consentirebbero di escludere che gli imputati abbiano ordinato a NOME COGNOME di rimanere per sette giorni all’interno del lido sotto la sorveglianza di NOME COGNOME e, per altro verso, circa l’aggravante ex art. 7 d. I. n. 152/1991, trascurando che la reazione di NOME fu, in realtà, causata dal fatto che questi era persona offesa dai furti commessi ai danni dello stabilimento balneare da lui gestito.
2.3.4. GLYPH Con il quarto motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione per avere applicato, senza una specifica motivazione, la pena per il reato ex art. 416-bis cod. pen. sulla base della modifica introdotta legge n. 69 del 2015 e non della norma previgente.
2.3.5. COGNOME Con il quinto motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione nel disconoscere le circostanze attenuanti generiche sulla base del giudizio sulla negativa personalità del ricorrente, desumendolo come per tutti gli altri imputati, soltanto dai precedenti penali.
2.3.6. COGNOME Con il sesto motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione nel rigettare la richiesta di riduzione della pena di un terzo stante, per essere risultato ingiustificato il precedente rigetto della richiesta di giudizio abbreviato, avendo la sentenza fondato le sue argomentazioni probatorie proprio sui mezzi di prova richiesti, poi acquisiti nel dibattimento fosse stata avanzata richiesta di giudizio abbreviato condizionato al mezzo istruttorio, dei quali si dà conto a p. 158 della sentenza impugnata
2.4. Ricorso di NOME COGNOME
2.4.1. Con il primo motivo di ricorso, si deducono violazioni e di legge e vizio della motivazione circa la responsabilità di COGNOME per il reato ex art. 353 cod.
pen. oggetto del capo 4 e riguardante la turbativa della libertà della gara alla quale lo stesso COGNOME era preposto come Commissario liquidatore della RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione coatta amministrativa, per lo stabilimento balenare della società.
Si esclude che possa essere il ricorrente il soggetto al quale COGNOME (suo coimputato) si riferì (parlando con COGNOME) in una conversazione del 9/02/2024 individuandolo come colui che gli avrebbe fatto ottenere il bene, poiché non risultano precedenti contatti fra i due, mentre da altra conversazione (del 2/04/214) tra COGNOME e NOME COGNOME e da altre circostanze (p. 4-8 del ricorso) emerge era quest’ultimo il soggetto che COGNOME voleva favorire. Si osserva che COGNOME avrebbe potuto affidare direttamente lo stabilimento balneare senza alcuna gara, sicché l’indizione della gara fu mossa proprio dall’intento, non realizzato, di non affidarlo a Tibia. Si aggiunge che, in ogni caso, non vi fu una turbativa di gara perché nella fattispecie l’offerta formulata dal privato era, comunque, non vincolante per la curatela.
2.4.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione circa il riconoscimento della aggravante ex art. 416-bis.1. cod. pen. perché non è provato che il ricorrente conoscesse gli interessi criminali di Tibia e il suo ruolo di vertice nella associazione e che abbia agito allo scopo di favorirli.
2.4.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione nel negare le circostanze attenuanti generiche trascurando le specifiche caratteristiche dell’imputato, specificamente la sua incensuratezza, e determinato la pena in misura superiore al minimo edittale.
2.4. GLYPH Ricorso di NOME COGNOME
2.5.1. Con il primo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione circa la sussistenza del reato ex art. 416-bis cod. pen. descritto nel capo 1, la partecipazione di COGNOME alla associazione e la protrazione della sua condotta oltre il luglio del 2014.
Si osserva che la Corte di appello – avendo riconosciuto che l’associazione per delinquere oggetto del capo 1 sarebbe un organismo di nuova formazione avrebbe dovuto dimostrare, in particolare, l’esistenza di una forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e di una concreta condizione di assoggettamento e omertà, proiettata anche all’esterno del gruppo criminale.
Per quanto riguarda la partecipazione alla associazione si argomenta che, l’attribuzione a COGNOME del ruolo di partecipe «addetto alla custodia delle armi e fornendo altre condotte utili» incentrata sul contenuto di conversazione del 15/04/2014 fra COGNOME e COGNOME in cui si parla di custodia di armi collide
con l’assoluzione di NOME e COGNOME dal reato di detenzione, porto e ricettazione delle armi rinvenute il 17/04/2014 e non trova ulteriori specifici – se non nel generico assunto che COGNOME avrebbe detenuto armi per conto di COGNOME, cioè di un singolo soggetto e non dell’associazione – mentre deve rilevarsi che mancano dati che registrino la presenta del ricorrente presso il casolare in cui poi furono trovate le armi.
Si aggiunge che tutti gli altri reati contestati a Lisitano (capi 5, 6 e 14) sono collocati temporalmente nel 2014 e vi è carenza di motivazione circa il protrarsi della sua partecipazione alla associazione oltre il 2014, sicché è ingiustificata risulta l’applicazione dei limiti di pena previsti dalla legge n. 69 del 2015.
2.5.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deducono vizio della motivazione nell’attribuire a COGNOME un concorso morale nella estorsione nonostante che egli si sia mantenuto in silenzio durante la condotta minacciosa di Smiraglia in occasione dei fatti oggetto del capo 2.
2.5.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel determinare la pena individuando come reato più grave l’associazione per delineare ex art. 416-bis cod. pen., trascurando che, essendo stata esclusa l’aggravante di cui al sesto comma della disposizione, reato più grave risulta la estorsione aggravata (art. 629 cod. pen. e 7 legge 203/1991) oggetto del capo. Si adduce che l’intererete del ricorrente a rilevare l’errore deriva di fatto che comunque il minimo edittale della nStpa prevista per l’estorsione è inferiore (considerando che il delitto è collocato alla data del 2/0572014 precedente alla novella alla legge 23 giugno 2017 n. 103) a quello previsto per l’associazione ex art. 416-bis cod. pen. e che, essendo stata nella sentenza determinata nel minimo edittale può supporsi che lo sarebbe anche se si individuasse come reato più grave l’estorsione.
2.5.4. Con il quarto motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e mancanza della motivazione nell’applicare la pena secondo la normativa della legge n. 69/2015 nonostante che sia provato che le condotte contestate come partecipazione risultano essere cessate certamente 2014, come già osservato nel terzo motivo di appello.
2.5.5. Con il quinto motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione nel negare le circostanze attenuanti generiche trascurando le specifiche caratteristiche dell’imputato indicate nell’atto di appello e determinato la pena in misura superiore al minimo edittale.
2.5.6. Con il sesto motivo di ricorso, si deduce violazione di legge derivante dall’evidente contrasto fra il contenuto della motivazione e quello del dispositivo dove, nonostante l’esclusione della circostanza aggravante ex artt. 416-bis,
comma 6, coCi pen. (p. 160), la pena è rideterminata in misura superiore a quella derivante dal calcolo contenuto nella motivazione (p. 159).
2.5.7. COGNOME Con il settimo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione nel rigettare la richiesta di riduzione della pena di un terzo, per essere risultato ingiustificato il precedente rigetto della richiesta di giudizio abbreviato, avendo la sentenza fondato le sue argomentazioni probatorie proprio sui mezzi di prova (richiesti) poi acquisiti nel dibattimento, di cui si dà conto a p. 158 della sentenza impugnata
2.6. GLYPH Ricorso di NOME COGNOME
L’imputato ha presentato un ricorso redatto (dall’avvocato NOME COGNOME) in parte anche per il coimputato COGNOME
2.6.1. Con il primo motivo di ricorso, relativo al solo NOME, si deducono violazione di legge e vizio motivazione nell’affermare la responsabilità del ricorrente per i reati descritti nei capi 5 e 6 relativo alla detenzione e al ricettazione delle armi rinvenute e sequestrate il 17/07/2014, con l’arresto in flagranza del coimputato NOME COGNOME in un casolare presso il quale dagli inquirenti erano state installate due telecamere.
Si argomenta che le videoriprese non mostrano NOME nella condizione di osservare NOME quando questi prelevò dal cofano della propria automobile un fucile poi rinvenuto nella sua abitazione e che mancano elementi per sostenere che egli fosse consapevole dell’occultamente delle armi nel casolare e nella abitazione di NOME e, ancor più, che abbia partecipato alla loro detenzione.
2.6.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione circa la partecipazione alla associazione per delinquere oggetto del capo 1.
Nella parte riguardante NOME, si osserva che egli ha frequentato NOME perché è suo nipote e nel suo interesse ha svolto una regolare attività lavorativa quale addetto a un campo di calcetto e a un chiosco per la vendita di frutta – e, tuttavia, nessuno dei collaboranti con l’Autorità giudiziaria lo ha indicato come intraneo alla associazione per delinquere. Si aggiunge, per altro verso, che la sua mera presenza (il 15/04/2014 e il 18/0472017) presso la stalla dove erano custodite le armi e l’essere stato riconosciuto dalla persona offesa da una azione estorsiva che non ha condotto a una imputazione indicano una contiguità al gruppo criminale ma non una partecipazione.
2.6.4. Con il quarto motivo di ricorso (comune a Misa), si deducono violazione della legge e difetto di motivazione nell’applicare la pena secondo la normativa della legge n. 69/2015, nonostante che sia provato che le condotte contestate come partecipazione risultano essere cessate certamente prima nel 2014 e non
bastando a provare la permanenza della associazione e la partecipazione degli associati il fatto che con le loro dichiarazioni spontanee alcuni imputati si sarebbero preoccupati di «difendere l’associazione e il loro capo», trascurando che in realtà essi si sono preoccupati di difendere sé stessi.
2.6.5. Con il quinto motivo di ricorso (comune a Misa), si deduce vizio della motivazione nel disconoscere le circostanze attenuanti generiche soltanto sulla base di una valutazione collettiva di gravità del reato, ma trascurando la specifica posizione del singolo soggetto e, in particolare, la sua incensuratezza.
2.7. GLYPH Ricorso di NOME COGNOME
L’imputato ha presentato due atti di ricorso.
Il primo del 22/04/2023 (redatto dall’avvocato NOME COGNOME anche per conto del coimputato COGNOME) e il secondo del 15/05/2023 (redatto dall’avvocato NOME COGNOME).
2.7.1. Con il secondo motivo del primo atto di ricorso (relativo anche a Mercurio) e con il primo motivo del primo atto di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare l’associazione per delinquere di stampo mafioso, «costituente un organismo di nuova formazione» 8p. 137 della sentenza impugnata) descritta nel capo 1 pur in assenza dell’estrinsecarsi di una concreta forza di intimidazione e assoggettamento, produttiva di omertà, proiettata anche all’esterno del gruppo criminale, e non connessa soltanto alle attività di una persona (il coimputato NOME).
Si osserva che non basta a comprovare tale elemento la condotta estorsiva di alcuni degli imputati ai danni di NOME COGNOME con il violento pestaggio e il sequestro di persona di NOME COGNOME da parte dei coimputati COGNOME e COGNOME perché l’episodio può essere interpretato in un contesto diverso da quello di una associazione per delinquere, tanto più se si considera che l’esercizio commerciale di NOME COGNOME, ritenuto nelle sentenze un fedele partecipante alla associazione, fu destinatario di una violenta azione predatoria proprio nel territorio di influenza del clan.
Si aggiunge che l’esistenza di una associazione per delinquere di stampo mafioso non può essere provata semplicemente dalla collocazione e dalla gestione di macchinette da gioco (peraltro posizionate non solo nella zona di presunta competenza territoriale della associazione) e dalla difesa dei punti in cui le macchinette erano controllate (perché può spiegarsi come difesa di interessi imprenditoriali e non come forma di controllo del territorio).
2.7.2. Con il secondo motivo del secondo atto di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nella mancata risposta ai motivi di appello (secoOndo atto di appello) con il quale era stata richiesta, in va
subordinata, la riqualificazione delle condotte oggetto del capo 1 in termini di associazione per delinquere semplice, non essendo provata una condizione ambientale di intimidazione connessa alla esistenza della associazione.
2.7.3. Con il terzo motivo del primo atto di ricorso e nel primo motivo del secondo atto di ricorso si rileva che ha sentenza impugnata (p. 147) ha ritenuto che il ricorrente abbia partecipato alla associazione con il «ruolo di custode delle armi e per essersi occupato della cura dei cavalli destinati alle corse clandestine che costituivano un’altra importante fonte di reddito per il clan».
Su questa base, si argomenta che:
NOME è stato assolto dai reati di detenzione illecita e ricettazione di armi oggetto dei capi 5 e 6 la prova dei quali è tratta da una conversazione del 15/04/2014 nel corso della quale NOME avrebbe rivelato a COGNOME e a NOME che aveva fatto affidamento su un soggetto genericamente indicato come «NOME» (sicché non identificabile con certezza con il ricorrente) per custodire le armi, il che fa intendere un ruolo non più attuale e, comunque, senza che sia provato che NOME avesse detenuto le armi per conto della associazione e non del solo Tibia;
dal solo fatto che NOME si sia preso cura dei cavalli non può desumersi che abbia concorso nella organizzazione e esecuzione di corse clandestine e che abbia raccolto scommesse sulle corse e i relativi illeciti introiti.
2.7.4. Con il quarto motivo del primo atto di ricorso (relativo anche a Mercurio) e con il terzo motivo del secondo atto di ricorso si deducono violazione della legge e difetto di motivazione nell’applicare la pena secondo la normativa della legge n. 69/2015, nonostante che sia provato che le condotte contestate come partecipazione risultano essere cessate certamente prima nel 2014 e non bastando a provare la permanenza della associazione e la partecipazione degli associati il fatto che con le loro dichiarazioni spontanee alcuni imputati si sarebbero preoccupati di «difendere l’associazione e il loro capo», trascurando che in realtà essi si sono preoccupati di difendere sé stessi.
2.7.5. Con il quarto motivo del secondo atto di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nell’applicare l’aggravante di cui al quarto e al quinto comma dell’art. 416-bis cod. pen. (“associazione armata”) ai reati oggetto dei capi 5 e 6 delle imputazioni nonostante non sia provato che gli imputati sapessero delle armi sequestrate e ne avessero l’effettiva disponibilità.
2.7.6. Con il quinto motivo del primo atto di ricorso (relativo anche a Mercurio) e con il quinto motivo del secondo atto di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel disconoscere le circostanze attenuanti generiche soltanto sulla base di una valutazione di gravità del reato, ma trascurando la specifica posizione del singolo soggetto (in particolare, la incensuratezza) e nel non ridurre la pena per la richiesta di giudizio abbreviato condizionato
ingiustificatamente respinta perché relativa a mezzi istruttori poi acquisiti in dibattimento
2.8. GLYPH Ricorso di NOME COGNOME
2.8.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione perché la sentenza, nell’affermare la responsabilità del ricorrente per reati oggetto dei capi 5 e 6 attribuendogli la disponibilità delle armi trovate in un casolare il 17/07/2024 e descrivendo come uomo di fiducia di NOME, custode delle armi, sebbene non sia mai stato avvistato sui luoghi se non dopo diverse ore dal sequestro delle armi, mentre non spiega, neanche alla luce dei contenuti delle conversazioni intercettate, perché COGNOME avrebbe dovuto (assieme a NOME COGNOME), come affermato nella sentenza, «verificare le condizioni del sito» dopo che vi era stato arrestato in flagranza il coimputato NOME COGNOME tanto più che nessuna videoripresa lo coglie nei pressi del vano utilizzato come nascondiglio (come dimostrato nella consulenza tecnica di parte redatta dall’inga. COGNOME).
2.8.2. Con il secondo motivo ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione della sentenza nel desumere la partecipazione del ricorrente alla associazione oggetto del capo 1 dalla commissione dei reati oggetto dei capi 5 e 6 in assenza di una continuità e ripetitività di apporti a vantaggio della associazione (e non del solo Tibia) e per il perseguimento dei suoi fini. Si osserva che Molonia era un dipendente di Tibia, sicché la sua disponibilità nei confronti di questi va intesa nel contesto del rapporto personale e lavorativo che li legava e senza che, oltretutto, sia stato dimostrato che gli interessi di Tibia si identificassero con quel della supposta associazione.
2.9. GLYPH Ricorso di NOME COGNOME
2.9.1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione nel ritenere la responsabilità di COGNOME per la turbativa di gara oggetto del capo 4 perché la responsabilità dell’imputato non poteva derivare dall’interessamento all’assegnazione dello stabilimento balneare ma occorre individuare un suo specifico ruolo nella procedura di assegnazione, essendo egli estraneo alla gara e non avendo egli tratto l’assegno a garanzia che integrerebbe la condotta antigiuridica nella vicenda.
2.9.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione nel riconoscere l’aggravante ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991 per la «consapevolezza di assecondare l’interesse di NOME NOME, quale esponente di vertice del sodalizio dal lui diretto», senza indicare elementi di fatto a sostegno dell’assunto e chiarendo perché si trattasse dell’interesse dell’associazione e non di quello personale di NOME.
2.9.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce mancanza di motivazione nel quantificare la pena senza indicare la misura della pena-base (comunque ben superiore al minimo edittale) e l’entità dell’aumento per la circostanza aggravante.
2.10. GLYPH Ricorso di NOME COGNOME
2.10.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione per avere affermato la responsabilità di COGNOME per il reato oggetto dei capi 5 e 6, nonostante che le videoriprese dei luoghi non abbiano mostrato nessuno recarvisi o avvicinarvisi, né, per altro verso, che il ricorrente sapesse della presenza delle armi. Si osserva che fallacemente sono state accumunate le vicende dei tre fucili sequestrati il 17/07/2014 perché il beretta calibro 20 a canna tagliata è stato trovato nel casolare dove aveva la residenza il padre di NOME COGNOME che lì lo aveva portato – quando sul luogo era pure NOME, ma impegnato in altre attività (relative i cavalli) – poco prima che venisse trovato dalla polizia, mentre gli altri due furono scoperti in una intercapedine sotto il casolare e non è stato accertato chi ve li abbia collocati. Su questa base, si esclude che COGNOME abbia avuto la autonoma disponibilità delle armi necessaria per integrare il reato.
2.10.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’applicazione dell’art. 416-bis cod. pen.
2.10.2.1. Si argomenta che fallacemente la responsabilità per il reato associativo è desunta da quella relativa ai reati-fine oggetto dei capi 5 e 6 e si aggiunge che l’atti zone all’imputato del ruolo di fantino nelle corse dei cavalli risulta del tutto apodittica, tanto più dopo l’assoluzione dai reati oggetto dei capi 7-8-9, concernenti le corse clandestine di cavalli e le relative scommesse, mentre per altro verso, mancano del tutto altri elementi indizianti (dichiarazioni dei collaboranti, frequentazioni,…) a carico di COGNOME.
2.10.2.2. Inoltre, si contesta l’applicazione della pena secondo la normativa della legge n. 69/2015, nonostante che sia provato che le specifiche condotte contestate come partecipazione cessarono certamente prima nel 2014 e che non emergano altri ruoli di Musolino che potrebbero indicare il protrarsi della sua partecipazione.
2.10.2.3. Ancora, si deduce violazione del quarto comma dell’art. 416-bis cod. pen. per la mancata esclusione dell’aggravante pur non essendovi prova della sua conoscenza del possesso di armi da parte della associazione.
2.10.3. Con il terzo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e mancanza di motivazione nel disconoscere le circostanze attenuanti generiche soltanto sulla base di una valutazione collettiva di gravità del reato, ma trascurando la specifica posizione del ricorrente e, in particolare, la
incensuratezza, invece erroneamente negata nel fondare il disconoscimento sulla presenza di precedenti penali.
2.10.4. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione nel rigettare la richiesta di riduzione della pena di un terzo, per essere risultato ingiustificato il precedente rigetto della richiesta di giudizio abbreviat condizionato, avendo la sentenza fondato le sue argomentazioni probatorie proprio sui mezzi di prova prospettati al Giudice dell’udienza preliminare, che rigettò la richiesta, ma poi acquisiti nel dibattimento e utilizzati per la decisione di cui si dà conto a p. 158 della sentenza impugnata.
Si osserva che la modifica della disciplina del giudizio abbreviato condizionato prevede (art. 438, comma 5, cod. proc. pen.) come parametro di valutazione, in alternativa (non escludente) alla necessità, ai fin della decisione, dei mezzi istruttori richiesti, la loro funzionalità alla «economia processuale, in relazione ai prevedibili tempi dell’istruzione dibattimentale».
2.11. GLYPH Ricorso di NOME COGNOME
2.11.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare la sussistenza della associazione per delinquere oggetto del capo 1. Si osserva che la Corte di appello – avendo riconosciuto che l’associazione per delinquere oggetto del capo 1 sarebbe un organismo di nuova formazione – avrebbe dovuto dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato e, in particolare, l’esistenza di una forza di intimidazion derivante dal vincolo associativo e di una concreta condizione di assoggettamento e omertà, proiettata anche all’esterno del gruppo criminale. Si argomenta che non basta a comprovare tale elemento il violento pestaggio di NOME COGNOME da parte dei coimputati COGNOME e COGNOME perché autore di furti nello stabilimento balneare gestito dai componenti del gruppo criminale, perché l’episodio (conosciuto da poche persone) può essere interpretato in un contesto diverso da quello di una associazione per delinquere e volto a rassicurare l’utenza dello stabilimento. Si aggiunge che l’esistenza di una associazione per delinquere di stampo mafioso non può essere provata semplicemente dalla collocazione e dalla gestione di macchinette da gioco (peraltro posizionate non solo nella zona di presunta competenza territoriale della associazione) e dalla difesa dei punti in cui le macchinette erano controllate (perché può spiegarsi come difesa di interessi imprenditoriali e non come forma di controllo del territorio), tanto più che il testimone sovraintendente della Polizia di Stato ha escluso che vi fossero casi in cui l’installazione delle macchinette no fosse frutto di un libero contatto fra le parti (p. 160 del sentenza impugnata).
2.11.2. Nello stesso primo motivo di ricorso si contesta che COGNOME possa essere ritenuto partecipe della associazione per delinquere solo perché da tempo amico di NOME e suo lavoratore subordinato nel panificio, nello stabilimento balneare e nella manutenzione delle macchinette da gioco.
2.11.3. Con il secondo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nella mancata risposta ai motivi di appello (secondo atto di appello) con il quale era stata richiesta, in via subordinata, di riqualificare l condotte oggetto del capo 1 come associazione per delinquere semplice, non essendo provata una condizione di intimidazione.
2.11.4. Con il terzo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nell’affermare la responsabilità per i reati oggetto dei capi 5 e 6 senza rispondere alle deduzioni contenute nell’atto di appello, solo perché COGNOME si recò dopo alcune ore presso la stalla, luogo frequentato, in cui erano state già sequestrate le armi, e nonostante che il perito del Tribunale e quello di parte hanno concordato nell’escludere che egli il 18/07/2014 (giorno successivo a quello del sequestro delle armi) in una conversazione intercettata, abbia pronunziato la frase «ci prende e ci fa arrestare».
2.11.5. Con il quarto motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nell’applicare la pena secondo la normativa della legge n. 69/2015, nonostante che sia provato che le condotte contestate come partecipazione risultano essere cessate certamente nel 2014 e non bastando a provare la permanenza della associazione e la partecipazione degli associati il fatto che con le loro dichiarazioni spontanee alcuni imputati – fra i quali, comunque, non vi è Schepis – si sarebbero preoccupati di «difendere l’associazione e il loro capo», trascurando che in realtà essi si sono preoccupati di difendere sé stessi.
2.11.6. Con il quinto motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nell’applicare l’aggravante di cui al quarto e al quinto comma dell’art. 416-bis cod. pen. (“associazione armata”) ai reati oggetto dei capi 5 e 6 delle imputazioni nonostante non sia provato che gli imputati sapessero delle armi sequestrate e ne avessero l’effettiva disponibilità.
2.11.6. Con il sesto motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel disconoscere le circostanze attenuanti generiche senza adeguata motivazione e nel non ridurre la pena per la richiesta di giudizio abbreviato, condizionato alla trascrizione delle intercettazioni, ingiustificatamente respinta.
2.12. GLYPH Ricorso di NOME COGNOME
Nel ricorso di Smiraglia redatto il 27/04/2023 dall’avvocato NOME COGNOMEanche nell’interesse del coimputato COGNOME) si deduce quanto segue.
2.12.1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione perché esauritasi nella mera riproduzione delle argomentazioni espresse dal Tribunale senza rispondere a i motivi di appello.
2.12.2. GLYPH Con il secondo motivo, si deducono vizio della motivazione, per avere travisato i dati probatori che mostrano come la persona offesa NOME COGNOME non avesse titolo per gestire lo stabili – nente balneare sicché la condotta attribuita agli imputati NOME COGNOME nel capo 2 non poteva recare danno a COGNOME.
2.12.3. COGNOME Con il terzo motivo, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare il reato di estorsione trascurando che le espressioni rivolte da COGNOME a Puglisi furono mera reazione al suo comportamento offensivo e non espressione di una volontà minatoria connessa all’interesse del coimputato NOME COGNOME per lo stabilimento.
2.12.4. Con il quinto motivo di ricorso (il quarto riguarda soltanto il coimputato NOME) si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare l’associazione per delinquere di stampo mafioso descritta nel capo 1 pur in assenza dell’estrinsecarsi di una concreta forza di intimidazione, ma soltanto per lo sfruttamento della fama criminale di NOME COGNOME.
2.12.5. Con il sesto motivo deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare la partecipazione di COGNOME alla associazione per delinquere oggetto del capo 1, desumendola soltanto dalla sua partecipazione alla supposta estorsione oggetto del capo A e dalla sua interlocuzione nella conversazione in cui si parlò di occultamento e custodia di armi, trascurando che Consolato Campagna, collaborante con l’Autorità giudiziaria, ha dichiarato che COGNOME fu vittima di una estorsione da parte di esponenti del clan di Santa Lucia Sopra Contese, mentre non emergono profili di illeceità nella sua collaborazione commerciale con NOMECOGNOME
2.12.6. GLYPH Con il settimo motivo di ricorso, si deducono violazione della legge e difetto di motivazione nell’applicare la pena secondo la normativa della legge n. 69/2015 nonostante che sia provato che le condotte contestate come partecipazione risultano essere cessate certamente prima nel 2015.
2.12.7. COGNOME Con l’ottavo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nella mancata riduzione della pena di un terzo, nonostante che, con prospettazione almeno ex ante non infondata, fosse stata avanzata richiesta di giudizio abbreviato condizionato alla escussione del testimone COGNOME quale persona presente al momento della estorsione oggetto del capo 2.
2.12.8. Con il nono motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel disconoscere le circostanze attenuanti generiche senza enunciare le ragioni concrete del diniego.
2.13. GLYPH Ricorso e motivi nuovi di NOME COGNOME
2.13.1. Con il primo motivo di ricorso e con l’ottavo (indicato come settimo) dei motivi nuovi si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare la sussistenza della associazione per delinquere oggetto del capo 1. Si osserva che la Corte di appello – avendo riconosciuto che l’associazione per delinquere oggetto del capo 1 sarebbe un organismo di nuova formazione, anche perché la estraneità di Tibia alla associazione per delinquere di stampo mafioso precedentemente operante nel rione Giostra di Messina è stata accertata con sentenze passate in giudicato – avrebbe dovuto dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato e, in particolare, l’esistenza di una forza intimidazione derivante dal vincolo associativo e di una concreta condizione di assoggettamento e omertà, proiettata anche all’esterno del gruppo criminale.
Si osserva che nelle sentenze di assoluzione passate in giudicato l’attività imprenditoriale nel settore dei videogiochi e dei lidi balneari è stata valutata come irrilevante quale inizio di partecipazione a associazione mafiosa e che la Corte di appello avrebbe dovuto individuare fatti dimostrativi della esistenza di una associazione a partire dal 2011, con la particolarità che questa associazione si sarebbe manifestata soltanto nel mesi estivi del 2014 nella gestione del lido e dei videogiochi (già ritenute irrilevanti nelle precedenti sentenze)
Si aggiunge che non basta a comprovare tale elemento il violento pestaggio di NOME COGNOME da parte dei coimputati COGNOME e COGNOME e il suo sequestro, oggetto del capo 14, perché connesso ai furti commessi dalla vittima nello stabilimento balneare e mirante a evitarne la ripetizione e anche a che NOME usasse in futuro sostanze stupefacenti, mentre il fatto che l’esercizio commerciale del coimputato NOME COGNOME fu destinatario di attentati dimostra l’insussistenza di un riconoscimento, all’esterno, della presunta associazione.
Con il nono (indicato come ottavo) dei motivi nuovi si osserva che la Corte di appello doveva considerare che la individuazione della pena applicabile, quel che rileva non è la data della sentenza di primo grado ma, semmai, quella di entrata in vigore della disciplina del 2015 e, perciò, la distanza temporale esistente tra quella data e quella delle condotte oggetto di accertamento nel corso delle indagini e che i dati acquisiti dimostrano che l’associazione e/o, comunque, le condotte di partecipazione realizzate dagli imputati risultano certamente cessate prima dell’anno 2015.
2.13.2. Con il secondo motivo di ricorso e con il terzo e il quarto dei motivi nuovi, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nella conferma della condanna nel primo grado di giudizio per la estorsione oggetto del capo 2.
Si osserva che NOME fu legittimamente presente presso lo stabilimento il 2/05/2014 perché doveva effettuare un sopralluogo per formulare una offerta per la sua gestione, intanto illegittimamente e informalmente affidata al figlio di NOME COGNOME e non con l’intento di fare recedere COGNOME dalla futura partecipazione alle gare (alla quale non avrebbe comunque partecipato, essendo privo dei requisiti, anche economici necessari per gestire lo stabilimento) tanto che solo dopo l’interessamento di NOME il liquidatore della società decise di affidare lo stabilimento attraverso la necessaria procedura partecipata, sicché la condotta degli imputati non recò danno alla vittima del reato, rendendo così giuridicamente illogica la sussunzione di tali comportamenti nella previsione normativa di cui all’art. 629 cod. pen.
Si aggiunge che fu soltanto COGNOME a litigare inaspettatamente, per motivi personali (come si desume dalle intercettazioni) con COGNOME, mentre COGNOME si astenne da qualsiasi intervento.
2.13.3. Con il terzo motivo di ricorso e con il quinto dei motivi nuovi si deduce mancanza della motivazione nel confermare la condanna nel primo grado di giudizio per i reati oggetto dei capi 5 e 6. Si osserva che le videoriprese sul luogo in cui furono sequestrate le armi il 17/07/2014 in realtà mostrano soltanto il coimputato NOME prelevare dal cofano della propria autovettura il fucile che poi sarà rinvenuto nascosto in un armadio e gli operanti della Polizia giudiziaria recuperare le altre ami nascoste in un anfratto. Si aggiunge, per altro verso, che alla perquisizione nella abitazione di NOME COGNOME non partecipò la moglie NOME COGNOME NOME che da NOME era stata indicata come la persona di fiducia che egli aveva chiesto di fare assistere all’attività. Si rileva che la sentenza impunta non ha esaminato questi aspetti.
2.13.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce vizio della motivazione nel confermare la condanna nel primo grado di giudizio per i reati oggetto dei capi 5 e 6 con specifico riferimento alla posizione di Tibia, considerando che nessuno dei dati collega il ricorrente alla vicenda se non la sua frequentazione della stalla e del recinto rientranti nella proprietà in cui furono rinvenute le armi perché in quella scuderia stava un cavallo di proprietà di Tibia.
2.13.5. Con il quinto motivo (indicato ancora come quarto) del ricorso e con il sesto (indicato come quinto) dei motivi nuovi, si deduce violazione di legge in relazione al capo 14 delle imputazioni, non configurandosi un sequestro di persona perché Russo non fu privato della libertà ma soltanto violentemente invitato a non allontanarsi dal luogo: egli era libero di uscirne e, difatti, ne uscì.
2.13.6. Con il settimo (indicato come sesto) dei motivi nuovi si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nell’applicare l’aggravante ex art. 416bis.l. cod. pen. con una mera petizione di principio che riguardo il metodo mafioso
senza nulla motivare in relazione al nesso finalistico che non può, comunque, sussistere avuto riguardo alle specifiche ragioni che hanno determinato la realizzazione della condotta.
2.13.7. Con il sesto (indicato come quinto) motivo di ricorso e con il secondo dei motivi nuovi in relazione al capo 4 delle imputazioni, Si osserva che la vicenda non riguardò una gara ma una semplice manifestazione di interesse, mentre mancano tutti gli altri elementi costitutivi del reato e della aggravante contestata e vi è stato «travisamento della prova o, per meglio dire del risultato della prova» nell’escludere che l’indizione della gara da parte di COGNOME è stata determinata dall’intento, non riuscito, di non affidare lo stabilimento balneare proprio a Tibia.
2.13.8. Con il settimo (indicato come sesto) motivo di ricorso si contesta la mancata revoca della confisca relativamente ai capi 11 e 12 delle imputazioni a seguito della assoluzione nel merito per alcune delle ipotesi di intestazione fittizia e della dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, previa esclusione della aggravante ex art. 7 d.l. n. 152/1991.
2.13.9. Con l’ottavo (indicato come settimo) motivo di ricorso di deducono violazione di legge e mancanza della motivazione circa la quantificazione della pena perché nel dispositivo NOME è condannato a 19 anni di reclusione mentre nella motivazione risulta condannato a 18 anni di reclusione. Si aggiunge che la Corte di appello ha indicato un aumento per la continuazione relativo al reato oggetto del capo 14 nella misura di due anni, mentre nel primo grado era stato disposto un aumento di 6 mesi, violando il divieto di reformatio in pejus.
2.13.10. Con il primo dei motivi nuovi si deduce nullità della sentenza per difetto di motivazione, perché la motivazione si esaurisce nella mera riproduzione delle argomentazioni del Tribunale e non tiene conto dei rilievi mossi dai ricorrenti nel genetico atto di appello.
2.13.11. Con il decimo (indicato come nono) dei motivi nuovi si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nella mancata riduzione della pena di un terzo, nonostante che, con prospettazione almeno ex ante non infondata, fosse stata avanzata richiesta di giudizio abbreviato condizionato alla acquisizione di mezzi di prova poi acquisiti nel dibattimento e utilizzati per la decisione, sicché la richiesta è stata ingiustificatamente respinta.
2.13.12. Con l’undicesimo (indicato come decimo) dei motivi nuovi, si deduce vizio della motivazione nel negare le circostanze attenuanti generiche sulla base di un criterio non individualizzato di valutazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Premessa
Per economia espositiva e per un miglior inquadramento delle questioni, i ricorsi vengono esaminati seguendo l’ordine adottato nella sentenza della Corte di appello.
Va preliminarmente rilevato che tale sentenza – come può evincersi dal quel che nel seguito si espone – si fonda sullo sviluppo coerente di una argomentazione probatoria che coincide, negli esiti, con gran parte di quella sviluppata nella sentenza di primo grado, ma che della stessa non costituisce una mera riproduzione, sicché, salvo alcun vizi della motivazione che hanno condotto in alcune parti al suo annullamento, risponde ai motivi di appello sulla base di una adeguata valutazione dei loro contenuti. Pertanto, risultano infondati il primo motivo del ricorso di COGNOME, il primo motivo del ricorso di COGNOME e il primo dei motivi nuovi del ricorso di COGNOME, con i quali si deduce vizio della motivazione della sentenza impugnata perché si sarebbe esaurita nella mera riproduzione delle argomentazioni espresse dal Tribunale senza rispondere ai motivi di appello.
2. L’estorsione oggetto del capo 2
2.1. Sulla base delle conversazioni intercettate e delle dichiarazioni della persona offesa e di sua moglie, si contesta agli imputati di avere minacciato NOME COGNOME per costringerlo a recedere dal proposito di gestire lo stabilimento balneare indicato nel capo 2 al quale era interessato NOME COGNOME
Il riconoscimento delle responsabilità degli imputati è oggetto dei ricorsi di COGNOME (secondo motivo, terzo e quarto dei motivi nuovi), di COGNOME (secondo e terzo motivo), di COGNOME (secondo, terzo e quarto dei motivi del primo atto di ricorso, primo motivo del secondo atto di ricorso), di COGNOME (secondo motivo) nei termini prima esposti nel «Ritenuto in fatto».
2.2. Come il Tribunale, la Corte di appello ha valutato (p 32) che gli imputati si introdussero arbitrariamente nello stabilimento affidato dal commissario liquidatore COGNOME a Puglisi, incuranti della presenza di Puglisi, e concorsero nella minaccia di COGNOME – che disse a Puglisi che avrebbe spaccato tutto, lo avrebbe gettato nella piscina e l’indomani sarebbe andato a trovarlo in Municipio per percuoterlo ulteriormente – avvicinandosi a Puglisi e annuendo con le teste, così manifestando adesione al comportamento di COGNOME.
La Corte ha considerato (p. 36) che COGNOME si trovava – anche perché appoggiato dal commissario liquidatore COGNOME che si era offerto di porre a carico della cooperativa le spese per rifare l’impianto elettrico – nella condizione ottimale per continuare l’impresa, sicché fu la minaccia subita a indurlo a desistel.
Nella sentenza impugnata si valuta che le dichiarazioni della persona offesa COGNOME, confermate da quelle di sua moglie, risultano scevre da intenti calunniatori (anzi tendenti a ridimensionare la portata della intimidazione) e che nella conversazione del 2/05/2014 e in quella del 6/05/2014 gli stessi imputati, pur preoccupati che COGNOME si potesse rivolgere ai Carabinieri, commentarono che questi, per paura, avrebbe desistito dall’intento di gestire lo stabilimento (p. 22-37).
Inoltre, la Corte ha evidenziato che in una conversazione dello stesso 2/05/2014 COGNOME informò COGNOME dell’accaduto e, sempre nello stesso giorno, COGNOME condusse COGNOME da COGNOME e poi incontrò COGNOME che, a quel punto, abbandonò la custodia del lido e il progetto di gestirlo comunicandolo a COGNOME, con il quale concordò di rappresentare a tale NOME COGNOME che la sua decisione dipendeva dall’essersi reso conto di non potere affrontare le spese necessarie per sistemare la struttura.
Per altro verso, la Corte ha ritenuto inattendibili le dichiarazioni di NOME COGNOME presente al fatto, perché in contrasto con le dichiarazioni della persona offesa e di NOME COGNOME) e con il complesso delle prove (p. 32). Ha osservato che, essendo COGNOME, soggetto con precedenti penali e già condannato per associazione per delinquere di stampo mafioso, era certamente consapevole della caratura criminale di COGNOME e della forza intimatrice promanante non da lui come singolo ma dal gruppo criminale a cui apparteneva e che, in parte, anche fisicamente si presentò nel lido.
2.3. Su queste basi, con argomentazione esente da manifeste illogicità, ha ricostruito le condotte degli imputati come tali da essere correttamente qualificate quale estorsione nei termini espressi nel capo 2 delle imputazioni.
La minaccia attuata dagli imputati, più persone riunite, che si recarono presso il lido custodito da Puglisi fu rivolta a conseguire l’effetto che poi effettivamente raggiunse, come dimostrato dalle condotte della persona offesa, essa fu attuata da soggetti appartenenti alla associazione per delinquere di cui il capo 1 e con modalità evocative delle capacità criminale del gruppo, sicché l’aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 3, cod. pen., richiamata dall’art. 629, comma secondo, cod. pena., concorre con quella di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. (Sez. 2, n. 21616 del 18/04/2024, Armenio, Rv. 286433; Sez. 2, n. 20320 del 15/05/2024, COGNOME, Rv. 286426; Sez. 2, n. 15429 del 08/03/2024, Zagaria, Rv. 286280).
Pertanto, i motivi di ricorso prima indicati sono infondati.
La turbata libertà di pubblico incanto oggetto del capo 4
3.1. La vicenda riguarda la gara alla quale NOME COGNOME era preposto come Commissario liquidatore della RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione coatta amministrativa, per lo stabilimento balneare della società.
Il riconoscimento della responsabilità degli imputati e della sussistenza delle aggravanti è contestato nei ricorsi di COGNOME (primo motivo), COGNOME (primo motivo, COGNOME (sesto motivo indicato come quinto, secondo dei motivi nuovi) nei termini prima esposti.
3.2. Nel confermare la decisione di primo grado, la sentenza impugnata (p. 37-58) ha illustrato come, dopo il recesso di COGNOME e del figlio, lo stabilimento balneare avrebbe potuto essere assegnato all’imprenditore NOME COGNOME ma COGNOME sollecitò COGNOME a formalizzare un’offerta e – poiché la società di COGNOME e di COGNOME non poteva emettere l’assegno bancario di garanzia, perché non era ancora costituita – fece apparire come tempestivo l’assegno emesso da COGNOME sebbene i termini per la partecipazione alla gara fossero ormai scaduti.
Ha rilevato che: dalle dichiarazioni di COGNOME e di NOME COGNOME (altro partecipante alla gara) risulta che COGNOME stava già effettuando dei lavori di ammodernamento dello stabilimento, quando ancora vi erano presenti attrezzature appartenenti a Colosi, e si osserva che solo COGNOME poteva consentire questo andamento delle cose, tanto che aveva consegnato a RAGIONE_SOCIALE le RAGIONE_SOCIALE. chiavi deltUabirmente, così sostanzialmente anticipando l’esito della gara (p. 3940); nella conversazione del 6/04/2014 COGNOME e COGNOME convennero che, anche se COGNOME avesse indetto una gara, COGNOME avrebbe poi comunque potuto, per ritorsione, danneggiare l’aggiudicatario.
Ha argomentato che: COGNOME concorse nel reato perché, dalle conversazioni e dai servizi di osservazione, risulta che, dopo le minacce a Puglisi del 2 maggio, incontrò Puglisi e poi COGNOME per mettere quest’ultimo in condizione di iniziare le opere di manutenzione; in una conversazione del 6 giugno 2014, COGNOME, COGNOME e COGNOME convennero di fare avanzare l’offerta dalla società RAGIONE_SOCIALE (peraltro non ancora costituita), per evitare, anche nell’interesse di COGNOME, che COGNOME comparisse formalmente nella vicenda, e concordarono l’importo dell’assegno di garanzia che COGNOME falsamente indicò come tempestivamente pervenuto (p. 50-51, 55-57).
Ha evidenziato, per la configurabilità del reato ex art. 353 cod. pen., che COGNOME non si limitò a invitare le imprese a formulare delle offerte, fra le quali scegliere liberamente, secondo le regole di una contrattazione fra privati, ma pubblicò su un giornale locale un avviso di gara con la specifica indicazione di una scadenza temporale e delle modalità di presentazione delle offerte, precisando che
la concessione sarebbe stata aggiudicata all’impresa che avesse formulato l’offerta più vantaggiosa (p. 54).
Sulla base di questa ricostruzione dei fatti, esente da manifeste illogicità, correttamente ha qualificato le condotte ex art. 353 cod. pen.
Il reato ex art. 353 cod. pen. è configurabile anche nel caso in cui la procedura di gara riguardi l’appalto, da parte di un ente formalmente privato che gestisce un servizio pubblico (Sez. 6, n. 11366 del 09/01/2020, Vinassa, Rv. 278717) e la gara è configurabile quando, al di là del nomen juris, è prevista per la scelta del contraente, una gara, sia pure informale, cioè una valutazione dei concorrenti; non è configurabile solo nei casi in cui il procedimento di scelta sia svincolato da ogni schema concorsuale (Sez. 5, n. 45709 del 26/10/2022, COGNOME, Rv. 283890; Sez. 6, n. 5536 del 28/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282902).
3.3. Tuttavia, va esclusa nella fattispecie l’aggravante ex art. 7 dl. n. 152/1991 contestata nel capo di imputazione (oggetto del secondo motivo del ricorso di COGNOME, del secondo motivo del ricorso di COGNOME, del sesto motivo indicato come quinto, nonché del secondo dei motivi nuovi, del ricorso di COGNOME.
Infatti, per la configurabilità di tale circostanza occorre accertare la specific finalità, in termini di dolo specifico, di agevolare l’attività di un’associazione di mafioso (Sez. 6, n. 8891 del 19/12/2017, dep. 2018, Castiglione, Rv. 272335): tale fine deve essere il diretto obiettivo della condotta, non rilevando possibil vantaggi indiretti, né il semplice scopo di favorire un esponente di vertice della cosca, indipendentemente da ogni verifica in merito all’effettiva e immediata coincidenza degli interessi del capomafia con quelli dell’organizzazione (Sez. 6, n. 44698 del 22/09/2015, COGNOME, Rv. 265359). Inoltre, va accertata l’oggettiva idoneità del delitto a agevolare l’attività dell’associazione stessa, ovvero una delle manifestazioni esterne della vita della medesima. (Sez. 6, 28212 del 12/10/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273538; Sez. 6, n. 28212 del 12/10/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273538).
Invece, la sentenza impugnata non sviluppa una argomentazione al riguardo e, anzi, deve rilevarsi che, in senso contrario, vi si osserva che COGNOME non fu mosso da intimidazione mafiosa ma valutò, per convenienza personale, che era preferibile stare dalla parte del più forte (p.55).
3.4. Pertanto, relativamente al capo 4, l’aggravante ex art. 7 d.l. n. 152/1991 va esclusa. Ne deriva, che – in assenza di sospensioni dei termini della prescrizione che lo impediscano – il reato risulta estinto perché prescritto, con la conseguente dichiarazione di non doversi procedere per questo reato nei confronti degli imputati COGNOMEdel ricorso del quale viene conseguentemente meno la rilevanza del terzo motivo) e COGNOME, come in dispositivo.
I reati di detenzione, porto illecito (capo 5) e ricettazione (capo 6) di armi
4.1.1 reati riguardano tre fucili, di provenienza illecita, rinvenuti il 17/07/201 in un casolare sede della scuderia dove erano custoditi i cavalli di Tibia, utilizzati per le corse clandestine organizzate nel rione Giostra.
Le indagini, avviate con videoriprese mediante l’installazione di due telecamere e intercettazioni telefoniche il 13/04/2014, sono culminate con l’arresto in flagranza di NOME COGNOME (poi condannato con sentenza divenuta definitiva) e il sequestro delle armi, e proseguite con intercettazioni di conversazioni fra gli imputati.
Le responsabilità degli imputati sono oggetto dei ricorsi di COGNOME (secondo motivo), COGNOME (primo motivo), COGNOME (primo motivo), COGNOME (primo motivo), COGNOME (terzo motivo), COGNOME (terzo motivo) nei termini prima esposti nel «Ritenuto in fatto».
4.2. Nella sentenza impugnata sono descritti l’incontro del 15/04/2014 di COGNOME, NOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, presso il casolare dove sta la scuderia che custodisce i cavalli di COGNOME, con due giovani, sopraggiunti con un ciclomotore, che consegnarono loro delle buste di plastica, e la successiva conversazione in automobile in cui COGNOME, COGNOME e COGNOME, menzionarono le modalità di occultamento e custodia delle armi nella loro disponibilità e le persone più adatte per tale compito (p. 67-72).
Inoltre, è analiticamente descritto (p. 72-73) l’esito delle videoriprese del 17/07/2014, che mostrano NOME estrarre dal cofano della sua autovettura un fucile per recarsi, seguito da NOME, nel retro del casolare e, poi, NOME e il nipote NOME raggiungerlo sul retro del casolare, ma senza venire inquadrati dalla telecamera, così da fare ritenere che si fossero recati dentro il casolare (dove più tardi fu trovato il fucile); nel frattempo, NOME veniva filmato mentre andava verso la piattaforma in cemento in cui furono rinvenuti gli altri due fucili.
I contenuti delle successive conversazioni (con i commenti relativi all’arresto di NOME) e i movimenti degli imputati sono analizzati nella sentenza (p. 73-75) e sono richiamati anche nei ricorsi degli imputati.
La sentenza chiarisce, sulla base dei dati acquisiti, rivelativi della consapevole disponibilità del armi, che:
la sera del 17/07/2014 Molonia e COGNOME compirono un sopralluogo nel retro della stalla e poi Molonia informò NOME che due fucili erano stati trovati e NOME era stato arrestato (p. 74);
la mattina del 18/07/2014 NOME, COGNOME e COGNOME compirono un nuovo sopralluogo anche sotto la piattaforma di cemento dove erano stati rinvenuti i fucili, per poi andare a informare Tibia (p. 75).
4.3. Per quanto riguarda la reiezione della eccezione di nullità della perquisizione, la sentenza chiarisce (p. 75-77) che questa è avvenuta per la ricerca delle armi ex art. 41. dell’art. 41, r.d. 18 giugno 1931 n. 773 (T.U.L.P.S.), in base al quale «Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria, che abbiano notizia, anch se per indizio, della esistenza, in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni o materie esplodenti, non denunciate o non consegnate o comunque abusivamente detenute, procedono immediatamente a perquisizione e sequestro». Tale disciplina dell’attività di perquisizione e sequestro diretta alla ricerca di armi ha carattere speciale rispetto alla disciplina generale dei mezzi di ricerca della prova contenuta nel codice di procedura penale, come desumibile dall’esplicita previsione contenuta all’art. 225 disp. att. cod. proc. pen.: non presuppone l’esistenza di una notizia di reato, né richiede la preventiva autorizzazione dell’Autorità giudiziaria, anche nel caso in cui non sia eseguita contestualmente alla ricezione dell’informazione anonima, né che la persona sottoposta a controllo sia avvisata del diritto all’assistenza di un difensore. (Sez. 6, n. 16844 del 01/03/2018, Gangemi, Rv. 272925).
Inoltre, se, a seguito di perquisizione eseguita d’iniziativa dalla polizia giudiziaria ex art. 41 T.U.L.P.S. sono sequestrate cose o tracce pertinenti al reato, le esigenze di difesa sociale e di accertamento dei reati prevalgono sulla tutela dei diritti dei privati, che affievoliscono rispetto al superiore interesse pubblico, con l conseguenza che l’eventuale vizio della perquisizione non ha riflessi, a seguito della constatazione del reato, sul compimento del sequestro: in altri termini, l’eventuale illegittimità della perquisizione non comporta la inutilizzabilità de sequestro del corpo del reato. (Sez. 1, n. 42010 del 28/10/2010, COGNOME, Rv. 249021; Sez. 4, n. 13718 del 27/02/2003, COGNOME, Rv. 226436).
Del resto, come correttamente osservato nella sentenza impugnata (p. 7680), il rinvenimento delle armi è provato dalle stesse dichiarazioni degli operanti della Squadra mobile – che danno anche conto delle modalità di funzionamento delle telecamere (attivantesi tramite un sensore di movimento) delle quali è stata valutata la corrispondenza ai contenuti delle videoriprese, e dagli stessi contenuti della sentenza di condanna definitiva di NOME COGNOME (per questi fatti giudicato con il rito abbreviato).
In questo quadro – senza incorrere in manifeste illogicità – la Corte di appello ha anche vagliato la compatibilità della ricostruzione delle condotte dalla quale è conseguita la condanna dei ricorrenti con l’argomentazione sviluppata del consulente della difesa circa i tempi del percorso fra il cancello di ingresso del casolare e il locale in cui sono state rivenute le armi, osservando, sulla base di una massima di comune esperienza pertinente al caso e non irragionevole, che nella fattispecie i tempi di percorrenza dei luoghi da parte degli imputati devono essere
considerati con riferimento a valori minimi, data la loro conoscenza dei luoghi e l’esigenza di agire rapidamente) e non a quelli medi, (p. 80-81). Ha, per altro verso, dato conto delle ragion della assoluzione degli originari coi untati NOME, COGNOME e COGNOME (p. 81).
Pertanto, i motivi di ricorso prima indicati sono infondati.
Il sequestro di persona oggetto del capo 14
5.1. L’imputazione riguarda la privazione della libertà personale di NOME COGNOME costretto a permanere presso il lido Park, dopo le percosse infertegli perché autore di tentativi di furto non graditi dagli imputati.
Il riconoscimento delle responsabilità degli imputati è oggetto dei ricorsi di COGNOME (terzo motivo) e COGNOME (quinto motivo, indicato come quarto, sesto motivo, come quinto dei motivi nuovi) e, circa l’applicazione dell’aggravante ex art. 416bis.1. nel settimo (indicato come sesto) dei motivi nuovi del ricorso di COGNOME.
5.2. La vicenda, con le percosse da parte di COGNOME e COGNOME e le minacce, attuate anche tramite il coltello procurato da COGNOME a COGNOME – è analiticamente descritta nella sentenza (p.93-95) e le fasi del pestaggio sono state riprese dalla microspia installata nella cabina in cui esso si svolse (p. 97).
Dalle conversazioni intercettate emerge l’intento di NOME non solo di punire ma anche di fare disintossicare il giovane NOME. Tuttavia, nella sentenza correttamente si osserva che lo scopo perseguito dall’agente non rileva per escludere il reato: l’elemento soggettivo del delitto di sequestro di persona non richiede un dolo specifico, basta il dolo generico consistente nella consapevolezza di infliggere alla vittima una illegittima restrizione della sua libertà fisica, int come libertà di locomozione (Sez. 5, n. 19548 del 17/04/2013, M., Rv. 256747).
Inoltre, come osservato dalla Corte di appello, l’elemento materiale del reato di sequestro di persona permane anche se la limitazione della libertà deriva da costrizione psichica e anche se la privazione della libertà non è assoluta; il reato non richiede necessariamente la privazione in senso assoluto della libertà di movimento del soggetto passivo, può realizzarsi anche come limitazione della libertà di azione, volta a inibire le relazioni interpersonali del soggetto stesso, sottraendolo al suo abituale contesto abitativo e di vita (Sez. 6 n. 39807 del 30/05/2019, R., Rv. 277367).
Nel caso in esame, che NOME COGNOME si sentisse limitato nella sua libertà personale si evince dal fatto che egli si recò (perché concessogli) in ospedale per farsi medicare, ma poi rientrò immediatamente nel lido, e dalle comunicazioni con il figlio di NOME e con i suoi genitori, ai quali chiese di portargli dei vestiti, mani di aderire alla intimazione di NOME
Né ricorse una mera violenza privata perché non fu lesa soltanto la libertà psichica del soggetto passivo ma, con le previe percosse e con il controllo sugli spostamenti (da parte di COGNOME e COGNOME), anche la sua libertà di movimento (Sez. 5, n. 10543 del 31/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263453; Sez. 1, n. 36465 del 26/09/2011, COGNOME, Rv. 250812).
Adeguatamente argomentato risulta anche il riconoscimento della circostanza aggravante ex art. 416-bis. 1.: la punizione di COGNOME fu manifestazione del ruolo criminale di Tibia (leso dalla realizzazione di furti da lui non autorizzati) espressa (con l’apporto di alcuni suoi sodali), quand’anche in termini paternalistici, con particolare violenza connessa alla lesione degli interessi criminali da lui capeggiata (la gestione del lido in cui erano avvenuti i furti) della associazione
Pertanto, i motivi di ricorso prima indicati sono infondati.
6. La associazione per delinquere ex art. 416-bis cod. pen. (capo 1)
6.1. L’associazione per delinquere oggetto del capo 1 è contestata come «condotta in atto, accertata a decorrere dall’anno 2011» e descritta come interessata alla gestione di attività economiche (discoteche, scommesse sulle corse clandestine di cavalli, stabilimenti balneari, gestione di sale di videogiochi) soprattutto ma non esclusivamente nel rione INDIRIZZO di Messina.
6.1.1. La sua sussistenza è oggetto dei ricorsi degli imputati (quinto motivo del ricorso di NOME, primo motivo del ricorso di NOME, primo motivo del ricorso di COGNOME, primo motivo del ricorso di COGNOME, secondo motivo del ricorso di COGNOME, secondo motivo del primo atto di ricorso di Misa, primo motivo di ricorso di COGNOME, quinto motivo di ricorso di Smiraglia, primo motivo ricorso e l’ottavo, indicato come settimo, dei motivi nuovi di COGNOME) nei termini prima esposti nel «Ritenuto in fatto».
Con l’argomentazione difensiva centrale sviluppata nei ricorsi si sostiene che la Corte di appello- avendo riconosciuto che l’associazione per delinquere oggetto del capo 1 sarebbe un organismo di nuova formazione – avrebbe dovuto dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato e, in particolar di una forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e di una concreta condizione di assoggettamento, produttiva di omertà, proiettata anche all’esterno del gruppo, e non derivante soltanto dallo sfruttamento della fama criminale di NOME COGNOME
In particolare, nel ricorso di Tibia si precisa che la estraneità del ricorrente alla associazione per delinquere di stampo mafioso precedentemente operante nel rione INDIRIZZO di Messina è stata accertata con sentenze definitive di assoluzione, nelle quali l’attività imprenditoriale nel settore dei videogiochi e dei lidi balnear stata valutata non rilevante come indizio di partecipazione a una associazione
mafiosa. Inoltre, si assume che la Corte di appello avrebbe dovuto individuare fatti dimostrativi della esistenza di una associazione a partire dal 2011 valutando che l’associazione si sarebbe manifestata soltanto nei mesi estivi del 2014 nella gestione del lido e dei videogiochi.
Su queste basi, nei ricorsi (di COGNOME (secondo motivo del secondo atto) e di COGNOME (secondo motivo) si assume che, semmai, dovrebbe configurarsi una associazione per delinquere semplice.
6.1.2. Inoltre, nei ricorsi di COGNOME (secondo motivo), di COGNOME (quarto motivo del secondo atto di ricorso) e di COGNOME (quinto motivo), si contesta l’applicazione dell’aggravante di cui al quarto e al quinto comma dell’art. 416-bis cod. pen. (“associazione armata”) ai reati oggetto dei capi 5 e 6 delle imputazioni, nonostante che non sia provato che gli imputati sapessero delle armi sequestrate e ne avessero l’effettiva disponibilità.
6.1.3. Per quel riguarda la durata della associazione per delinquere, nei ricorsi di COGNOME (settimo motivo del primo atto di ricorso, terzo motivo del secondo atto di ricorso), di NOME (primo e secondo motivo), di COGNOME (quarto motivo), di COGNOME (quarto motivo del primo atto), di Misa (quarto motivo del primo atto di ricorso, terzo motivo del secondo atto) di COGNOME (secondo motivo), di COGNOME (quarto motivo), di COGNOME (settimo motivo) si contesta la determinazione della pena secondo la modifica introdotta dall’art. 5 legge 27 maggio 2015 n. 69, nonostante che le condotte contestate cessarono certamente nel 2014 e che non siano emerse altre attività che potrebbero indicare il protrarsi della partecipazione alla associazione. Nel ricorso di NOME, in particolare, si evidenzia che le condotte contestate cessarono certamente nel luglio del 2014, quando NOME fu arrestato e rimase in custodia cautelare sino al successivo arresto del giugno 2016. Con il nono (indicato come ottavo) dei motivi nuovi del ricorso di COGNOME si osserva che la Corte di appello doveva considerare che per la individuazione della pena applicabile, quel che rileva non è la data della sentenza di primo grado ma, semmai, quella di entrata in vigore della disciplina del 2015 e che i dati acquisiti dimostrano che l’associazione e/o, comunque, le condotte di partecipazione realizzate dagli imputati risultano certamente cessate prima dell’anno 2015.
Inoltre, nei ricorsi si osserva che non basta a provare la permanenza della associazione e la partecipazione degli associati il fatto che, secondo la sentenza, con le loro dichiarazioni spontanee, alcuni imputati si sarebbero preoccupati «difendere l’associazione e il loro capo», trascurando che in realtà essi si sono preoccupati di difendere sé stessi. Specificamente, nel ricorso di Schepis si precisa che il ricorrente non è fra coloro che rilasciarono le predette dichiarazioni spontanee e nel ricorso di Lisitano (primo motivo) si rimarca che (come già dedotto nel terzo motivo di appello) tutti gli altri reati contestatigli (capi 5, 6 e 14) s
collocati temporalmente nel 2014 e vi è carenza di motivazione circa il protrarsi della sua partecipazione alla associazione oltre il 2014.
6.2. La Corte di appello ha ritenuto che l’associazione oggetto del capo 1 sia «un organismo di nuova formazione, a prescindere dal fatto che si sia posta in prosecuzione con l’associazione, avente lo stesso nome e lo stesso territorio di azione, già accertata con sentenze passate in giudicato» (p. 137).
Nel caso di nuova formazione di una associazione per delinquere ex art. 416bis cod. pen. in rapporto di continuità con la associazione oggetto di passati accertamenti irrevocabili, può prescindersi da specifici accertamenti circa l’esteriorizzazione del metodo mafioso solo in presenza di univoci elementi che dimostrino che la formazione oggetto di indagine sia priva di reali elementi di novità (nei programmi, nella comunanza dei territori oggetto di azione, nella coincidenza dei soggetti coinvolti), sicché continua a operare su un determinato territorio, replicando o, comunque, sfruttando, un contesto riconducibile all’alveo del terzo comma dell’art. 416-bis cod. pen. (Sez. 2, n. 38831 del 17/09/2021, Ciccia, Rv. 282199).
La sentenza impugnata non ha sviluppato una specifica analisi per valutare gli elementi di continuità o di discontinuità rispetto alla precedente associazione ma ha direttamente valutato la sussistenza degli elementi che provano l’esistenza della associazione per delinquere di stampo mafioso descritta nel capo 1, traendoli da: dichiarazioni testimoniali (NOME COGNOME: p. 106), dichiarazioni dei collaboranti con l’autorità giudiziaria (NOME COGNOME e NOME COGNOME, p. 107-108), dalla prova dei reati oggetto delle altre imputazioni e prima esaminati.
I diversi ruoli di NOMECOGNOME quale capo della associazione, degli altri associati e dei soggetti contigui e le ramificazioni delle attività della associazione nel territorio quali descritti già nella sentenza di primo grado, sono analiticamente valutati nella sentenza impugnata (p.105-124; ulteriori dati sono offerti dai contenuti delle p. 96-165 della sentenza del Tribunale).
La Corte d’appello ha ricostruito l’associazione in esame come un gruppo ben strutturato, con l’attribuzione di ruoli e di rigide regole di comportamento, che si attivava a sostegno degli affiliati e delle sue famiglie (come si evince dai contenuti delle conversazioni successive all’arresto di NOME).
Circa l’utilizzazione del metodo mafioso per la configurabilità di una associazione per delinquere ex art. 416-bis cod. pen., va ribadito che non è necessaria la prova che l’impiego della forza intimidatoria del vincolo associativo sia penetrato in modo massiccio nel tessuto economico e sociale del territorio di elezione, ma basta la prova di tale impiego munito della connotazione finalistica richiesta dalla suddetta norma incriminatrice (Sez. 2, n. 24851 del 04/04/2017, COGNOME, Rv. 270442; Sez. 5, n. 44156 del 13/06/2018, S., Rv. 274120).
Su questa base, la Corte ha adeguatamente rilevato l’utilizzo del metodo mafioso: dalla estorsione in danno di COGNOME (peraltro soggetto già condannato per associazione mafiosa e, quindi, in grado di valutare la caratura criminale dei suoi interlocutori), dal pestaggio e dal sequestro di Russo. Inoltre, ha tratto ulteriori specifici elementi di valutazione dalle vicende della spartizione delle zone per la gestione dei giochi, delle scommesse e delle corse clandestine di cavalli e, anche, in particolare, dai contenuti delle conversazioni – relative alla ripartizione di competenza sulla gestione dei giochi e delle scommesse – fra COGNOME e COGNOME e tra COGNOME e COGNOME (p. 139-145) dato, quest’ultimo, con il quale i ricorsi non si confrontano
Per quanto riguarda la significatività dei danni patiti dall’esercizio commerciale dell’imputato COGNOME partecipe della associazione, nella sentenza si evidenzia che dopo il primo attentato COGNOME si rivolse a un soggetto criminale della zona sud della città per ribadire che l’attività di Smiraglia non doveva essere oggetto di attentati e, dopo la rapina, COGNOME riuscì a individuare il rapinatore e a recuperare la refurtiva (p. 145). Anche con questo dato i ricorsi non si confrontano.
Con adeguata argomentazione la Corte d’appello ha desunto la prova dell’aggravante della associazione armata ex art. 416-bis, comma quarto, cod. pen., dalla sussistenza dei reati oggetto dei capi 5 e 6.
L’aggravante è a carico di ogni partecipe che sia consapevole del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa, per l’accertamento della quale assume rilievo anche il fatto notorio della stabile detenzione di tali strumenti di offesa da parte del sodalizio mafioso (Sez. 2, n. 50714 del 07/11/2019, COGNOME, Rv. 278010; Sez. 2, n. 31541 del 30/05/2017, COGNOME, Rv. 270467; Sez. 1, n. 13008 del 28/09/1998, Bruno, Rv. 211901).
Nella fattispecie in esame deve registrarsi che NOME (in un separato processo), COGNOME, COGNOME, COGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME sono stati condannati per i reati descritti nei casi 5 e 6, concernenti proprio armi nella disponibilità della associazione.
NOME e a Smiraglia sono stati assolti da questi reati ma la loro conoscenza della disponibilità delle armi da parte della associazione si desume dalla conversazione del 14/04/2014 in cui NOME rivelò a NOME e a Smiraglia che per custodire le armi per lungo tempo si era rivolto a Misa.
Sulla base di quel che precede, i motivi di ricorso concernenti la esistenza della associazione per delinquere ex art. 416-bis cod. pen. come descritta nel capo 1 delle imputazioni sono infondati.
6.3. A diversa conclusone deve giungersi relativamente ai motivi di ricorso concernenti la durata della associazione, con quel che ne deriva circa l’individuazione della norma da applicare per la quantificazione della pena.
Nel capo 1 delle imputazioni l’attività della associazione per delinquere è descritta come «condotta in atto, accertata a decorrere dall’anno 2011».
La sentenza della Corte di appello sulla questione dell’applicazione della normativa del 2015 rinvia (p. 159) alla motivazione della sentenza di primo grado, dove (p. 102) si assume che l’associazione per delinquere è un reato permanente e si valorizza la massima d’esperienza secondo cui il vincolo associativo non è interrotto neppure dalla sopravvenuta carcerazione degli associati. In aggiunta, si osserva che nel dibattimento di questo processo quasi tutti gli associati hanno rilasciato dichiarazioni spontanee che risultano volte a difendere, più che se stessi, il gruppo e il loro capo, a riprova del perdurare del vincolo associativo.
Deve, invece, ribadirsi che nei reati permanenti nei quali la contestazione sia effettuata nella cosiddetta forma “aperta” o a “consumazione in atto”, senza indicazione della data di cessazione della condotta illecita, la regola processuale secondo cui la permanenza si considera cessata con la pronuncia della sentenza di primo grado non equivale a presunzione di colpevolezza fino a quella data, perché comunque spetta all’accusa l’onere di fornire la prova del protrarsi della condotta criminosa dell’imputato fino a tale ultimo limite processuale e all’imputato l’onere di allegazione di eventuali fatti interruttivi della partecipazio alla associazione.
Questo onere probatorio a carico dell’accusa sussiste particolarmente quando è necessario individuare il momento dell’eventuale cessazione dell’appartenenza degli imputati alla associazione. Come nel caso in esame, nel quale è intercorsa una modifica in peius dell’arco edittale della pena a seguito di successione di leggi nel tempo, sicché è necessario accertare se la partecipazione alla associazione si è protratta per tutto il periodo contestato e anche con la vigenza della modifica legislativa (Sez. 2, n. 37104 del 13/06/2023, COGNOME, Rv. 285414; Sez. 2, n. 23343 del 01/03/2016, Ariano, Rv. 267080). Vale, peraltro, osservare che risulta coerente con questa impostazione l’interpretazione, non incontroversa, secondo la quale tale onere esisterebbe anche nel caso di una contestazione del delitto, in forma “chiusa”, che comprenda un arco temporale nel corso del quale sia stata modificata in peius la disciplina della pena (Sez. 1, n. 14823 del 28/02/2020, COGNOME, Rv. 279061; contra: Sez. 2, n. 1688 del 26/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282516; Sez. 2, n. 34615 del 10/06/2021, Desio, Rv. 281961).
Seguendo l’interpretazione che ha adottato, la motivazione della sentenza impugnata non prova che la partecipazione alla associazione oggetto del capo 1 si sia protratta per tutto il periodo contestato e anche nella vigenza della modifica
legislativa. Come osservato nei ricorsi, i dati concernenti le condotte dei singoli imputati si arrestano a date anteriori a quella della modifica legislativa dell’arco edittale della pena prevista per il reato ex art. 416-bis cod. pen. Né in senso contrario, può attribuirsi rilevanza ai contenuti delle dichiarazioni spontanee degli imputati, le quali hanno una valenza processuale ma non una inerenza probatoria rispetto alle condotte penalmente rilevanti.
Pertanto, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio per nuovo giudizio a altra Sezione della Corte di appello di Messina, che determinerà la pena per il reato ex art. 416-bis cod. pen. secondo i parametri legislativi anteriori alla modifica del 2015 e, su questa base, potrà, se lo riterrà nell’ambito dei suoi poteri discrezionali, eventualmente rimodulare le pene per gli altri reati.
7. La partecipazione alla associazione per delinquere oggetto del capo 1
7.1. La partecipazione alla associazione per delinquere oggetto del capo 1 e oggetto dei ricorsi di COGNOME (sesto motivo del primo atto di ricorso, secondo motivo del secondo atto), NOME (primo motivo), COGNOME (primo motivo), COGNOME (primo motivo), COGNOME (terzo motivo), COGNOME (terzo motivo del primo atto di ricorso, primo motivo del secondo atto), COGNOME (secondo motivo), COGNOME (secondo motivo), COGNOME (secondo motivo), COGNOME (sesto motivo).
7.2. La sentenza della Corte di appello ha ritenuto provata la partecipazione degli imputati alla associazione per delinquere oggetto del capo 1 condividendo pienamente la valutazione del Tribunale circa la loro «compenetrazione organica nel tessuto organizzativo dell’associazione», desumibile dal compimento di una o più attività significative nell’interesse della associazione (p. 146).
Il criterio di valutazione utilizzato dalla sentenza impugnata è in linea con i principi espressi dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo i quali la condotta di partecipazione a una associazione per delinquere di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione, funzionale, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, al perseguimento dei fini della associazione (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889), esplicando un ruolo dinamico e funzionale, tramite il quale l’agente rimane a disposizione della associazione (Sez. 5, n. 45840 del 14/06/2018, M., Rv. 274180).
Inoltre, la prova della partecipazione all’associazione di stampo mafioso può essere desunta anche dalla sussistenza di un rapporto gerarchico dell’interessato rispetto ai soggetti al vertice della associazione (Sez. 6, n. 1162 del 14/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282661; Sez. 6, n. 1162 del 14/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282661), nel caso in esame rispetto a NOME COGNOME.
7.3. Il criterio di valutazione adottato è stato applicato coerentemente per quasi tutti gli imputati.
7.3.1. Per quanto riguarda NOME, la Corte di appello ha valutato (p. 146) il concorso nella estorsione oggetto del capo 2 e ha evidenziato che nella conversazione del 15/04/2014, NOME menzionò persone di sua fiducia alle quali per lungo tempo aveva dato in custodia le armi e descrisse le dinamiche interne alla associazione, temi che non avrebbero potuto essere trattati se NOME fosse stato un semplice collaboratore (Sez. 5, n. 25838 del 23/07/2020, COGNOME, Rv. 279597).
L’assunto difensivo secondo il quale la collaborazione di NOME sarebbe stata di breve durata non è dimostrato per il solo fatto che le condotte specificamente rilevate si concentrano in un breve arco temporale e, in ogni caso, deve ribadirsi che per configurare la partecipazione a un’associazione per delinquere di tipo mafioso non è essenziale la estensione della durata del vincolo tra il singolo e l’organizzazione (Sez. 1, n. 5445 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278471 Sez. 5, n. 18756 del 08/10/2014, dep. 2015, COGNOME. Rv. 263698; Sez. 1, n. 31845 del 18/03/2011, D. Rv. 250771).
7.3.2. Per quanto riguarda NOME, la Corte ha valutato il concorso nei reati, relativi alle armi, oggetto dei capi 5 e 6 e la preoccupazione destata dal suo arresto, a conferma che egli detenne le armi per conto della associazione. Inoltre, ha considerato che sia lui che i suoi familiari ricevettero assistenza dal gruppo dopo l’arresto e ha osservato che alla famiglia di NOME apparteneva la stalla in cui furono custodite le armi e cavalli destinati alle corse (p. 146).
7.3.3. Per quanto riguarda COGNOME, la Corte ha valutato il suo apporto operativo alla gestione del settore delle scommesse on line e alla turbativa d’asta (sebbene un concorso in questo reato non gli sia imputato) oggetto del capo 4, la partecipazione al sequestro di Russo oggetto del capo 14 e il concorso nei reati, relativi alle armi, oggetto dei capi 5 e 6 (p. 146).
7.3.4. Per quanto riguarda COGNOME, la Corte ha evidenziato il suo ruolo di custode delle armi – desunto dal contenuto della conversazione del 14/04/2014 in cui NOME rivelò a NOME e a COGNOME che a questo scopo si era rivolto a lui e che partecipò attivamente alla estorsione oggetto del capo 2 (p. 147). Né il fatto che non sia stato imputato dei reati oggetto dei capi 5 6 delle imputazioni collide con il suo precedente ruolo di custode di armi, poiché si tratta di vicende collocate in ambiti temporali diversi.
7.3.5. Per quanto riguarda NOME, la Corte ha motivatamente escluso che la sua frequentazione con NOME sia stata dovuta soltanto al fatto che ne fosse nipote e lavoratore dipendente, perché, come NOME, ha partecipato ai reati,
relativi alle armi, oggetto dei capi 5 e 6 e ai commenti della vicenda successivi all’arresto di NOMECOGNOME
7.3.6. Per quanto riguarda Molonia, la Corte ha valutato che egli è stato condannato per i reati oggetto dei capi 5 e 6 e ha svolto un ruolo nella fase successive all’arresto di NOME, sicché non può recepirsi l’argomento difensivo secondo il quale la sua condotta andrebbe interpretata nel contesto del rapporto personale e lavorativo con NOME, a sua disposizione quale factotum (fu formalmente intestatario della rivendita di frutta di Tibia durante la Fiera di Messina del 2012).
7.3.7. Per quanto riguarda NOME, la Corte ha valutato il suo ruolo di custode delle armi e ha contributo alle attività successive al sequestro delle armi oggetto dei capi 5 e 6, per i quali è stato condannato. In aggiunta, la Corte di appello non incongruamente ha considerato che era il fantino ufficiale nelle corse clandestine dei cavali e addetto alla cura degli animali (p 148), perché per l’integrazione della partecipazione una associazione per delinquere di tipo mafioso, rileva anche il compimento di attività significative nell’interesse dell’associazione mafiosa (Sez. 2, n. 18559 del 13/03/2019, COGNOME, Rv. 276122; Sez. 2, n. 56088 del 12/10/2017, COGNOME, Rv. 271698).
7.3.8. Per quanto riguarda COGNOME, la Corte ha valutato che: egli è stato condannato per i reati relativi alle armi oggetto dei capi 5 e 6 delle imputazioni e diede apporto successivamente al sequestro delle armi. Inoltre, a lui NOME si rivolse per continuare a gestire di fatto le attività sottoposte a sequestro (il Lido il Pilone e la Euro Giochi), gestiva ordinariamente le scommesse on line e le macchine per il gioco illecito, nonché rapporti con ambienti esterni (con NOME COGNOME e NOME COGNOME) al gruppo (p. 148). Sotto questo ultimo profilo, vale, quindi, per COGNOME quanto prima espresso per COGNOME.
7.3 9. Per quanto riguarda COGNOME, la Corte ha valutato che il suo ruolo è emerso con evidenza dalla vicenda dell’estorsione oggetto del capo 2 e, inoltre che egli partecipò attivamente alla conversazione del 14/04/2014 riguardante le armi e le dinamiche interne alla associazione (p. 149).
7.3.10. Invece, a conclusione diversa deve giungersi relativamente all’imputato COGNOME Il fatto che egli sia stato assolto dai reati oggetto dei capi 5 e non è incompatibile, come già considerato per COGNOME, con il suo precedente «ruolo di custode delle armi» quale si desume dalla conversazione del 14/04/2014 in cui NOME rivelò a NOME e a COGNOME che a questo scopo per lungo tempo si era rivolto a lui, poco prima incontrato presso il casolare dove erano state collocate delle armi, per custodire le armi.
Tuttavia – come osservato nel ricorso – la conversazione fa intendere un ruolo non più attuale e, comunque, senza che sia chiarito se NOME avesse detenuto le armi per conto della associazione e non del solo NOME.
Per altro verso, dal solo fatto che NOME si sia preso cura dei cavalli non può desumersi che abbia concorso nella organizzazione e esecuzione di corse clandestine e che abbia raccolto scommesse sulle corse e i relativi illeciti introiti.
In definitiva, la motivazione della sentenza impanata non dimostra a suo carico condotte illecite sicuramente funzionalizzate al conseguimento dei fini della associazione descritti nel capo 1.
7.3.11. Pertanto, sulla base di quanto precede – mentre risultano infondati i ricorsi di tutti gli altri imputati relativi alla partecipazione alla associazione delinquere – il ricorso di Misa, invece, va accolto, annullando con rinvio la sentenza impugnata per un nuovo giudizio, sulla scorta degli elementi di valutazione agli atti o di altri eventualmente acquisibili, come in dispositivo.
8. Questioni relative alla determinazione delle pene
8.1. I motivi di ricorso, concernenti il diniego della richiesta di riduzione della pena per illegittimo rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato, di NOME (ottavo motivo del primo atto di ricorso, quinto motivo del secondo atto), di NOME (quinto motivo), COGNOME (sesto motivo), Listano (settimo motivo), di COGNOME (quinto motivo) del primo atto di ricorso, quinto motivo del secondo atto), COGNOME (quarto motivo) di COGNOME (sesto motivo), di COGNOME (l’ottavo motivo) sono infondati, mentre è inammissibile il motivo nuovo di ricorso di COGNOME (decimo, indicato come nono, dei motivi nuovi) perché riguardante un punto della decisione non investito dall’atto di ricorso originario (Sez. 2, n. 11291 del 17/02/2023, COGNOME, Rv. 284520).
Con corretta motivazione, la Corte di appello ha rigettato la richiesta, osservando che il giudice di appello deve valutare la legittimità della richiesta di giudizio abbreviato condizionato avanzata in primo grado verificandone i presupposti secondo una valutazione ex ante al momento in cui la richiesta fu esaminata (Sez. 3, n. 3993 del 01/12/2020, dep. 2021, Trapanese, Rv. 280873; Sez. 1, n. 20495 del 20/02/2019, Ziu, Rv. 276311), in base alla quale in quella fase le integrazioni istruttorie siano risultati, nel loro complesso, incompatibili con le finalità di economia processuale proprie del giudizio abbreviato (p. 158-159).
Pertanto, non infondatamente il Tribunale rigettò la richiesta per esigenze di economia processuale, considerando i mezzi istruttori dei quali veniva prospettata l’acquisizione e la «parziale definizione del processo che sarebbe derivata dall’accoglimento parziale delle precedenti richieste».
8.2. Nei ricorsi di NOME (nono motivo del primo atto di ricorso, quarto motivo del secondo), di NOME (terzo motivo), di COGNOME (quinto motivo), di COGNOME (terzo motivo), di COGNOME (quinto motivo), di COGNOME e di Misa (quinto motivo), di COGNOME (terzo motivo), di COGNOME (sesto motivo) di COGNOME (nono motivo), di COGNOME (undicesimo, indicato come decimo, dei motivi nuovi) trascurando le caratteristiche specifiche di ogni imputato. In particolare, nei ricorsi di COGNOME, COGNOME, Misa, COGNOME si evidenzia la incensuratezza dei ricorrenti.
Nella sentenza impugnata si è ritenuto, condividendo il giudizio del Tribunale, con formula generale, che tutti degli imputati non sono meritevoli delle circostanze attenuanti generiche in considerazione della gravità dei fatti e delle loro personalità, desumibili dai precedenti penali e dalle condotte contestate (p. 159).
L’utilizzo di una formula generale per giustificare il disconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non vizia la motivazione se i criteri di valutazione utilizzati risultano pertinenti a i vari casi, perché non è necessario che il giudice consideri tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabi dagli atti, ma basta il riferimento a quelli ritenuti decisivi (Sez. 3, n. 2233 d 17/06/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282693; Sez. 3, n. 23055 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. 256172).
Nel caso in esame il diniego è stato fondato sulla gravità dei fatti e sulle personalità degli imputati, desunte (in alternativa non escludente) anche dalle condotte contestate, sicché non inficia la motivazione la incensuratezza di alcuni degli imputati.
Pertanto, infondati risultano i motivi di ricorso relativi alle circostanze attenuanti generiche.
8.3. Relativamente al terzo motivo del ricorso di Lisitano – con il quale si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel determinare la pena individuando come reato più grave l’associazione per delinquere ex art. 416-bis cod. pen., ma trascurando che, essendo stata esclusa l’aggravante di cui al sesto comma della disposizione, reato più grave risulta la estorsione aggravata (art. 629 cod. pen. e art. 7 legge 203/1991 oggetto del capo 2 – va ribadito che nel caso di reato continuato, la violazione più grave si individua in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata – calcolando nel minimo la riduzione per le circostanze attenuanti e nel massimo l’incremento per le circostanze aggravanti e all’eventuale giudizio di comparazione fra di esse (Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, COGNOME, Rv. 255347).
Nel caso in esame gli imputati NOMECOGNOME e COGNOME sono stati condannati sia ex art. 416-bis, commi primo, secondo, quarto e quinto, cod. pen. (capo 1) sia ex artt. 110 e 629, comma secondo, in relazione all’art. 628, comma
terzo, nn. 1) e 3), cod. pen., 7 d.l. 13 maggio 1991 n. 152 e 71 d. Igs. 6 settembre 2011 n. 159 (capo 2).
Per il capo 2 la pena edittale massima è di 20 anni ai quali va aggiunto l’aumento (massimo) della metà ex art. 7 d.l. n. 152/1991, sicché la pena massima risulta quella di 30 anni. (per NOME, va aggiunta l’aggravante, contestatagli nel capo 2, di avere commesso il fatto nei tre anni dalla cessazione della misura di prevenzione).
Per il capo 1, relativamente alla associazione armata (art. 416-bis, comma quarto, cod. pen.) la pena edittale massima previgente alla modifica del 2015 è di 15 anni per il partecipe dell’associazione e di 24 anni per chi (come NOME nella fattispecie) riveste il ruolo di capo, promotore, organizzatore. Nel capo di imputazione sono contestate, ma non sono state ritenute da applicare nella determinazione della pena: a COGNOME e COGNOME la recidiva specifica infraquinquennale e a COGNOME la recidiva reiterata specifica.
Di queste puntualizzazioni il Giudice del rinvio terrà conto nella rideterminazione della pena, conseguente all’annullamento con rinvio connesso alla necessità di applicare per l’art. 416-bis cod. pen. la pena previgente alla modifica del 2015.
8.4. Nel quarto motivo del ricorso di NOME, si deducono mancanza di motivazione circa l’aumento di pena art. 81, comma 2, cod. pen. per il reato oggetto del capo 2. e violazione di legge derivante dal contrasto fra il contenuto della motivazione e quello del dispositivo dove, nonostante l’esclusione della circostanza aggravante ex artt. 416-bis, comma 6, cod. pen. (p. 160), la pena è rideterminata in misura superiore a quella derivante dal calcolo contenuto nella motivazione (p. 159).
Al riguardo deve fondamentalmente rilevarsi che NOME COGNOME non è imputato del reato descritto nel capo 2 (nella ricostruzione del quale, del resto, non compare), sicché – al di là di quanto rappresentato nel ricorso – non ha giustificazione l’applicazione di un aumento della pena pettale reato, per l’evidente mancanza di correlazione fra l’accusa e la sentenza (Sez. 2, n. 21089 del 29/03/2023, COGNOME, Rv. 284713; Sez. 6, n. 54457 del 17/11/2016, COGNOME, Rv. 268957).
Sempre in questa prospettiva, vale osservare che la Corte di appello ha rideterminato la pena nei confronti di NOME ravvisando, erroneamente, una continuazione fra i capi 1 e 2 delle imputazioni, mentre nel primo grado di giudizio, NOME è stato condannato per il capo 1 in continuazione con i reati giudicati con la sentenza della Corte di appello di Messina, divenuta irrevocabile del 9 novembre 2015.
Questo comporta che la sentenza impugnata va annullata nei confronti di NOME COGNOME limitatamente alla determinazione della pena, alla quale il Giudice del rinvio provvederà tenendo conto di quanto prima espresso con riferimento alla norma da applicare in relazione all’art. 416-bis cod. pen. e di quanto ora espresso in relazione all’aumento per la continuazione.
8.5. I motivi di ricorso di NOME (ottavo motivo indicato come settimo) e d Listano (sesto motivo) – concernenti il contrasto fra la pena indicata nella motivazione della sentenza e quella indicata nel suo dispositivo – perdono rilevanza attuale, a seguito dell’annullamento della sentenza con rinvio per la rideterminazione delle pene.
9. Questioni relative alle confische
9.1. Nel sesto motivo del ricorso di NOME si deduce mancanza di motivazione circa la contestata legittimità della confisca del fabbricato descritto in atti e comunque, circa la mancata limitazione del provvedimento ablativo alla sola parte del fabbricato non adibita a civile abitazione.
A Bruno il fabbricato è stato confiscato perché «domicilio di alcuni degli affari illeciti del clan, luogo di custodia delle armi, sede per la cura dei cavalli di interesse della scuderia del Tibia» (p. 171 della sentenza di primo grado).
Il motivo di appello, riproposto con il ricorso in esame, che fa leva sulla insussistenza fattispecie di reato contestate risulta manifestamente infondato, stante la conferma della condanna in appello, donde la sua implicita reiezione nella sentenza di appello.
Invece, deve rilevarsi che la Corte di appello non ha risposto alla deduzione con la quale si contesta l’integrale confisca del fabbricato, pur destinato a civile abitazione dei familiari di NOME rimasti estranei al reato.
Pertanto, relativamente a questo secondo profilo, la sentenza va annullata, come in dispositivo, con rinvio per un nuovo giudizio che valuti i presupposti della confisca seguendo il principio per il quale, ai fini di confisca, è persona estranea al reato, nei confronti della quale tale misura di sicurezza non può essere applicata, il soggetto che non abbia ricavato vantaggi e utilità dal reato e che sia in buona fede, non potendo conoscere, con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, l’utilizzo del bene per fini illeciti (Sez. 3, n. 34548 del 06/06/2023, D., Rv. 285207; Sez. 3, n. 29586 del 17/02/2017, C., Rv. 270250; Sez. 6, n. 37888 del 08/07/2004, Sulika, Rv. 229984).
9.2. Il sesto motivo del ricorso di COGNOME in cui si deduce carenza di motivazione circa la mancata revoca della confisca relativamente ai capi 11 e 12 delle imputazioni a seguito della assoluzione nel merito per alcune delle ipotesi di
intestazione fittizia e della dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, è
fondato.
La Corte di appello ha assolto NOME nel merito dall’imputazione di intestazione fittizia relativamente alla s.a.s. “RAGIONE_SOCIALE” (p. 89 e nel dispositivo) e alla
RAGIONE_SOCIALE (p- 89-90 e nel dispositivo).
Pertanto, deve essere annullata senza rinvio nei confronti di NOME
TI.DE.
limitatamente alla confisca della s.a.s.
Sapori del Mattino e alla
RAGIONE_SOCIALE con la loro conseguente restituzione all’avente diritto, come in dispositivo.,
P.Q.M.
Previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 7 dl. n. 152 del 1991, dichiara non doversi procedere nei confronti di NOME NOME, NOME e NOME
NOME in ordine al reato di cui il capo 4 perché estinto per prescrizione.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, nonché, limitatamente alla determinazione della pena, nei confronti degli altri imputati con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Messina.
Annulla senza rinvio la medesima sentenza nei confronti di NOME NOME limitatamente alla confisca della sRAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE, beni dei quali dispone l’immediata restituzione all’avente diritto.
Annulla la sentenza nei confronti di NOME COGNOME limitatamente alla confisca in suo danno con rinvio per nuovo giudizio al predetto giudice di appello.
Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc pen.
Così deciso il 5/06/2024