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Associazione di stampo mafioso: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di associazione di stampo mafioso. Il caso riguarda una nuova organizzazione criminale operante in Lombardia, formata da esponenti di diverse mafie storiche (‘ndrangheta, cosa nostra, camorra). La Corte ha confermato la sussistenza di un sodalizio autonomo, dotato di propria forza intimidatrice e operatività, respingendo le eccezioni sulla mancanza di gravità indiziaria, sull’incompetenza territoriale e sulle esigenze cautelari, nonostante l’età avanzata dell’indagato.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione di Stampo Mafioso: Nuove Forme e Autonomia Territoriale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità: la configurabilità di una nuova e autonoma associazione di stampo mafioso nata dalla sinergia, in un nuovo territorio, di esponenti provenienti da diverse organizzazioni criminali storiche. La decisione chiarisce come un sodalizio possa acquisire una propria identità e forza intimidatrice, distinta da quella delle ‘case madri’, operando in contesti economici e sociali differenti da quelli di origine.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un’ampia indagine della D.D.A. di Milano su un vasto gruppo criminale operante prevalentemente in Lombardia. L’accusa principale era quella di aver costituito una confederazione mafiosa, composta da soggetti legati a Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra, attiva in vari settori illeciti come estorsioni, traffico di stupefacenti e reati fiscali.

Un indagato, ritenuto figura di vertice, si era visto applicare la misura della custodia cautelare in carcere dal Tribunale di Milano, in riforma di una precedente decisione del GIP che non aveva ravvisato sufficienti indizi per il reato associativo. L’indagato ha quindi proposto ricorso per cassazione, contestando la sussistenza stessa dell’associazione mafiosa, la propria partecipazione con un ruolo apicale, l’aggravante mafiosa su un connesso reato in materia di armi e la sussistenza di esigenze cautelari, data la sua età avanzata (oltre 70 anni). Contestava, inoltre, la competenza territoriale del Tribunale di Milano, indicando quella di Reggio Calabria come corretta.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando l’ordinanza del Tribunale di Milano. I giudici di legittimità hanno ritenuto inammissibili o infondati tutti i motivi di doglianza, fornendo importanti chiarimenti sulla natura delle nuove mafie delocalizzate.

Le motivazioni: l’autonomia della nuova associazione di stampo mafioso

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi della configurabilità di una associazione di stampo mafioso autonoma. La Corte ha stabilito che, sebbene gli indagati mantenessero contatti con le loro organizzazioni di provenienza, in Lombardia avevano dato vita a un’entità nuova e distinta, non una semplice confederazione, ma una vera e propria associazione a sé stante.

Secondo la Cassazione, la mafiosità di questo nuovo gruppo non derivava solo dal ‘prestigio’ criminale dei singoli membri, ma si era concretizzata in una forza di intimidazione propria, esercitata sul tessuto economico e sociale lombardo. Questa forza era visibile in diverse attività, come il recupero crediti, la risoluzione di controversie tra privati (che si rivolgevano al gruppo anziché alle autorità), e la disponibilità di armi per affermare il proprio potere. L’associazione operava attraverso una cassa comune e agiva congiuntamente, dimostrando una proiezione operativa unitaria.

La Corte ha inoltre respinto la tesi difensiva secondo cui mancassero gli elementi tipici del metodo mafioso, sottolineando come l’utilizzo di concetti quali ‘onore’ e ‘famiglia’, unito alla capacità di imporre la propria volontà e a risolvere controversie al di fuori dei canali legali, costituisse la prova della sua natura mafiosa.

In merito agli altri motivi di ricorso, la Corte ha:
* Confermato la competenza di Milano, poiché il centro organizzativo e decisionale del sodalizio si trovava in Lombardia.
* Ritenuto sussistente l’aggravante mafiosa per la detenzione di un’arma, in quanto custodita nell’interesse di un altro membro e quindi funzionale agli scopi del gruppo.
* Giustificato le esigenze cautelari di grado eccezionale, nonostante l’età dell’indagato, in virtù della sua posizione di vertice, dei gravi precedenti e della perdurante operatività del clan.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto fermo nella lotta alla criminalità organizzata, specialmente per quanto riguarda la sua capacità di evolversi e radicarsi in territori non tradizionali. Viene affermato il principio che un’associazione di stampo mafioso può sorgere e sviluppare una propria autonomia e forza intimidatrice anche lontano dalle sue radici storiche, attraverso la fusione di culture criminali diverse che si adattano al nuovo contesto. Questa decisione rafforza gli strumenti investigativi e giudiziari, riconoscendo la fluidità e la pericolosità delle nuove forme di mafia che si infiltrano nel tessuto economico del Nord Italia.

È possibile configurare una nuova e autonoma associazione di stampo mafioso composta da membri di diverse mafie storiche (es. ‘ndrangheta, camorra)?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che soggetti provenienti da differenti organizzazioni criminali possono dare vita a una vera e propria associazione autonoma, dotata di una propria e concreta forza di intimidazione sul nuovo territorio in cui opera, distinta da quella delle ‘case madri’.

Come si determina la competenza territoriale per i reati di associazione mafiosa che operano in più luoghi?
La competenza territoriale si individua nel luogo in cui si trova il centro organizzativo e decisionale del sodalizio, ovvero dove vengono prese le decisioni strategiche e impartite le direttive, a prescindere dalla residenza anagrafica dei singoli membri o dal luogo di origine.

L’età avanzata di un indagato (oltre 70 anni) impedisce l’applicazione della custodia cautelare in carcere per reati di mafia?
No. L’età avanzata non è un impedimento assoluto. La custodia in carcere può essere disposta qualora sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, come nel caso di un soggetto che ricopre una posizione di vertice, con gravi precedenti penali e con la dimostrata perdurante operatività dell’organizzazione criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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