Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8790 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8790 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a REGGIO CALABRIA il 10/12/1992 NOME COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il 25/06/1992 NOME nato a REGGIO CALABRIA il 14/12/1992 COGNOME NOME nato a ROSARNO il 22/04/1971 NOME nato a ROSARNO il 24/01/1973
avverso la sentenza del 19/09/2022 della Corte d’appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
udito l’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso;
uditi gli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo accogliersi il ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME NOMECOGNOME che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso;
Udito l’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME NOMECOGNOME che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Reggio Calabria, con la sentenza impugnata in questa sede, ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME dal G.u.p. del Tribunale di Reggio Calabria in data 27 ottobre 2020, in ordine ai delitti di direzione e partecipazione ad associazioni per delinquere finalizzate alla commissione di reati in materia di esercizio abusivo di scommesse, di truffa aggravata ai danni dello Stato, nonché al delitto di partecipazione e direzione di un’associazione per delinquere di stampo mafioso, riducendo la pena inflitta all’imputato COGNOME e confermando il giudizio di responsabilità nei confronti degli odierni ricorrenti. In particolare, COGNOME Domenico è stato riconosciuto responsabile dei delitti di partecipazione alle associazioni per delinquere contestate ai capi D) ed I), associazioni aggravate ai sensi dell’art. 416 bis.1 cod. pen., con la qualifica di partecipe; è stato, inoltre, riconosciuto partecipe con funzioni direttive al sodalizio di stampo mafioso descritto nel capo K); COGNOME NOME COGNOME COGNOME è stato riconosciuto anch’egli responsabile dei delitti di partecipazione alle associazioni per delinquere contestate ai capi D) ed I), aggravate ai sensi dell’art. 416 bis.1 cod. pen., con la qualifica di dirigente; è stato, inoltre, riconosciuto partecipe con funzioni direttive al sodalizio di stampo mafioso descritto nel capo K); NOME COGNOME è stato riconosciuto responsabile del delitto di partecipazione all’ associazione per delinquere contestata al capo I), aggravata ai sensi dell’art. 416 bis.1 cod. pen., con la qualifica di partecipe; è stato, inoltre, riconosciuto partecipe al sodalizio di stampo mafioso descritto nel capo K); gli imputati COGNOME NOME ed COGNOME NOME sono stati entrambi riconosciuti responsabili per la partecipazione all’associazione per delinquere di cui al capo A), escluse le aggravanti dell’art. 416, comma 5, e 416 bis.1, cod. pen. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2. Ha proposto ricorso per cassazione nell’interesse dell’imputato COGNOME Domenico l’Avv. NOME COGNOME deducendo, con il primo motivo, vizio della motivazione (per manifesta illogicità e “incongruenza logica”) in relazione al riconoscimento dell’esistenza delle associazioni per delinquere descritte nei capi D) e I); la sentenza impugnata aveva ignorato le indicazioni della giurisprudenza sovranazionale e di legittimità che hanno ripetutamente affermato il contrasto delle norme nazionali che prevedono sanzioni penali per l’esercizio dell’attività di raccolta delle scommesse da parte di operatori esteri privi delle concessioni interne, per effetto di illegittime esclusioni dalle gare per ottenere quel concessioni o di comportamenti discriminatori, ipotesi che ricorreva nella specie; mancando la rilevanza penale delle condotte ipotizzate quale oggetto del programma criminoso, era errata la statuizione della Corte territoriale.
2.1. Con il secondo motivo si deducono vizio della motivazione (per manifesta illogicità e contraddittorietà) e violazione di legge, per avere la Corte territori desunto l’esistenza delle associazioni per delinquere di cui ai capi D) e I) dalla mera sommatoria delle condotte concorsuali di esercizio dell’attività di raccolta di scommesse in difetto delle necessarie concessioni che, per le ragioni esposte nel precedente motivo di ricorso, erano svolte lecitamente alla stregua dell’interpretazione del diritto eurounítario fornito dalla giurisprudenza della Cort di giustizia UE e della Corte di legittimità; sotto altro profilo, difettava del tut dimostrazione dei requisiti della fattispecie associativa, risultando esclusivamente il concorso tra più soggetti nella realizzazione di sporadiche condotte considerate reati-fine e, quanto alla posizione del Tegano, lo svolgimento di attività di raccolta di scommesse on line per un periodo di tempo del tutto limitato, come tale insufficiente ad ipotizzare la condotta partecipativa.
2.2. Con il terzo motivo si è dedotto analogo vizio motivazionale in ordine sia al giudizio di responsabilità per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. (capo K), sia per ciò che concerne la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen., relativa ad entrambe le associazioni descritte ai capi D) e I); poiché la tipologia dei reati fine dei sodalizi oggetto di contestazione era la medesima, era illogica la tesi della costituzione di un’autonoma associazione di stampo mafioso (denominata dal ricorrente “sovra cosca”) da interporre tra il sodalizio tradizionale già riconosciuto in precedenti sentenze passate in giudicato e le associazioni per delinquere finalizzate all’esercizio abusivo della raccolta delle scommesse mediante piattaforme di gioco on line. Era errata, inoltre, la valutazione del materiale dichiarativo, poiché il contenuto delle dichiarazioni rese dai collaboratori non forniva alcuna certezza in ordine alla percezione – ipotizzata dall’accusa – di una percentuale sull’importo delle somme incassate dalle piattaforme, che sarebbero state riversate al ricorrente, risultando al contrario indicazioni (del tutt
ignorate dalla sentenza impugnata) sull’uso artificioso di tale causale da parte del correo COGNOME per potere incassare a titolo personale quelle somme.
Con separato atto hanno proposto ricorso nell’interesse dello stesso imputato gli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME deducendo con il primo motivo violazione di legge e vizio di motivazione, con riguardo al travisamento probatorio delle dichiarazioni rese da COGNOME NOME, concernenti le condotte di direzione e partecipazione alle associazioni di cui ai capi D), I) e K), oltre che delle dichiarazioni rese da NOME NOME. Ad avviso della difesa, dalle dichiarazioni del COGNOME emergeva l’assenza di conoscenza diretta del dichiarante sia della persona del COGNOME, sia delle condotte a lui riferibili, avendo appreso di tali circostanze solo attraverso le informazioni attinte da COGNOME; conseguentemente, le dichiarazioni del coimputato COGNOME non potevano essere valutate quale riscontro al dichiarato del collaboratore, attesa la circolarità della prova; la valutazione del dichiarato del COGNOME era, pertanto, in contrasto con il contenuto del significante; la conferma dell’errata percezione del dichiarato era fornita dalle dichiarazioni del collaboratore COGNOME che aveva attribuito allo COGNOME l’artificio di far apparire il COGNOME come soggetto da cui dipendevano le scelte strategiche nella destinazione di parte dei proventi del gioco illecito, in realtà incamerati dallo COGNOME.
3.1. Con il secondo motivo sono state dedotte la violazione di legge e il vizio della motivazione (per illogicità e contraddittorietà) in relazione al rilevato difett degli elementi costitutivi della condotta partecipativa del ricorrente alle associazioni oggetto di imputazione ai capi D) e I). Il giudizio di responsabilità era fondato “interamente su dichiarazioni rese da soggetti terzi”, in particolare dal correo COGNOME; peraltro, quelle dichiarazioni fornivano una descrizione del tutto limitata del contributo del ricorrente, per un periodo contenuto nel tempo; era indimostrata l’attività di apertura di nuovi punti di gioco sul territorio da parte de ricorrente; ciò rivelava la contraddittorietà della motivazione, che affermava la condotta partecipativa in assenza di prova della realizzazione dei reati fine dell’associazione.
3.2. Con il terzo motivo si deduce ancora la violazione di legge e il vizio della motivazione (per illogicità e contraddittorietà), con riguardo all’assenza di elementi dimostrativi della condotta di partecipazione al sodalizio di stampo mafioso di cui al capo K). Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia erano talune non conferenti (NOMECOGNOME perché relative ad epoche storiche non coincidenti con l’editto di accusa, altre (COGNOME) erano inattendibili perché sostanzialmente de relato in quanto derivanti dal dichiarato del correo COGNOME e senza alcun riscontro obiettivo esterno, altre confermavano l’estraneità del Tegano (Sergi). In definitiva, mancava del
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tutto il necessario quadro probatorio per individuare tempi e modalità dell’effettiva partecipazione, da parte del ricorrente, in termini di contributo causale all’operatività del sodalizio.
3.3. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge, in relazione agli artt. 416 bis.1, cod. pen., 416 bis, comma 6, cod. pen., relativamente all’aggravante dell’agevolazione mafiosa contestata in relazione alle associazioni di cui ai capi D) e I) e all’aggravante del reimpiego dei proventi dell’attività del sodalizio di cui a capo K); nella sentenza non vi era riferimento a validi elementi di prova in grado di dimostrare, a sostegno dell’affermata aggravante del reimpiego, l’effettiva percezione della quota dei proventi illeciti destinati secondo l’accusa alla cosca COGNOME; quanto all’aggravante dell’agevolazione mafiosa, la stessa si fondava esclusivamente sulle dichiarazioni del correo, prive di riscontri sul punto, non essendo sufficiente il dato del legame tra il COGNOME e l’omonima cosca mafiosa.
3.4. In data 20 novembre 2023 i difensori del ricorrente hanno inviato a mezzo pec motivi nuovi, relativi al profilo del travisamento probatorio, per ciò che riguarda le dichiarazioni del collaboratore COGNOME circa l’ipotizzato accordo concluso tra il dichiarante, lo COGNOME ed il COGNOME per garantire lo svolgimento delle attività illecite di raccolta delle scommesse con la protezione della criminalità organizzata.
Nell’interesse dell’imputato COGNOME NOME COGNOME COGNOME ha proposto ricorso l’Avv. NOME COGNOME deducendo, con il primo motivo, violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in relazione agli artt. 178, lett. b) e c), 1 e 521 cod. proc. pen., 416 bis, comma 2, cod. pen., 24 e 111 Cost.; la decisione impugnata aveva confermato il giudizio di responsabilità del ricorrente per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. quale dirigente ed organizzatore del sodalizio, in relazione al fatto contestato al capo K) che, al contrario, non conteneva la descrizione del ruolo verticistico riconosciuto in sentenza.
4.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 416 bis, comma 1 e 2, cod. pen. e vizio della motivazione (in quanto apparente) in punto di riconoscimento della qualità di dirigente ed organizzatore del ricorrente; a fronte delle specifiche censure sollevate con l’atto di appello, sulla mancanza di elementi di prova attestanti quel ruolo, la sentenza impugnata non aveva fornito risposta alcuna sul punto, pur risultando dal dichiarato dei collaboratori l’assenza di indicazioni su tale ruolo, attese le affermazioni vaghe e generiche sul carattere della partecipazione. La decisione era, altresì, contraddittoria nella misura in cui, rispetto alle diverse contestazioni relative all associazioni per delinquere di cui ai capi D) e I), aveva fornito specifica
motivazione sulla qualità del contributo fornito dal ricorrente, individuando gli elementi dimostrativi del ruolo direttivo assunto e svolto in quei sodalizi.
4.2. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 416 bis, comma 6, cod. pen. e vizio della motivazione, ritenuta apparente nonché manifestamente illogica e contraddittoria, quanto al riconoscimento della circostanza aggravante del reimpiego dei proventi derivanti dall’attività criminale dell’associazione mafiosa in attività economiche, in quanto sostenuta mediante richiami generici e indeterminati all’immissione di quei proventi in attività non specificate e, al più, aventi carattere illegale (come tali, irrilevanti ai fini riconoscimento della circostanza aggravante).
4.3. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge e vizio della motivazione quanto all’immotivato diniego delle circostanze attenuanti generiche, non potendo ritenersi valevole ad integrare una motivazione effettiva il solo richiamo alla “dimostrata capacità criminale” del ricorrente desunta da “un comportamento affatto collaborativo”, in modo peraltro contraddittorio rispetto alla misura della risposta sanzionatoria, attestata sui minimi edittali, e alla documentata utilizzazione a fini di prova da parte dei giudici di merito del contenuto dell’interrogatorio reso dal ricorrente, in cui erano contenute anche esplicite ammissioni di responsabilità e indicazioni sulla responsabilità di altri correi.
4.4. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 81 cod. pen., e vizio della motivazione in quanto carente, circa lo specifico profilo della commisurazione degli aumenti a titolo di continuazione apportati in misura diversa dal minimo edittale, peraltro a fronte di determinazioni per le pene dei singoli delitti fissate proprio in quella misura.
Anche l’Avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso nell’interesse dell’imputato COGNOME deducendo con il primo motivo violazione di legge, in relazione all’art. 416, comma 2, cod. pen. e vizio della motivazione per avere qualificato la partecipazione del ricorrente alle associazioni descritte nei capi D) e I) riconoscendo il ruolo di promotore ed organizzatore, mancando l’indicazione degli elementi di fatto atti a giustificare tale ruolo.
5.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 416 bis, n. 1, cod. pen. (scilicet, art. 416 bis.1 cod. pen.) e vizio della motivazione in punto di riconoscimento della circostanza aggravante dell’agevolazione mafiosa realizzata mediante la partecipazione alle associazioni di cui ai capi D) e I); la sentenza aveva indicato elementi fattuali dimostrativi, al più, dell’agevolazione del singolo (ossia, della figura del correo COGNOME NOME) ma non anche dell’intero sodalizio mafioso; incerti (quanto al COGNOME), inconferenti (quanto al COGNOME)
e contraddittori (quelli del COGNOME) i richiami a tale profilo esistenti nelle dichiarazion dei collaboratori di giustizia.
5.2. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 416 bis cod. pen., e vizio della motivazione quanto alla conferma della responsabilità del ricorrente per il delitto di cui al capo K). Era contraddittoria l’affermazione del controllo del territorio da parte del contestato sodalizio, rispetto ad un’attività, quale quella della gestione dei giochi e delle scommesse on line, per definizione operabile in qualsiasi contesto geografico; l’esclusione della ritenuta circostanza aggravante dell’agevolazione mafiosa, rispetto alle associazioni per delinquere di cui ai capi D) e I), comportava logicamente l’insussistenza dell’ipotizzato sodalizio mafioso; non poteva dedursi dalla commissione dei reati aggravati dall’agevolazione mafiosa, e dall’assicurare i relativi vantaggi economici, la condotta di partecipazione a quell’associazione in difetto di prova circa il contributo assicurato al sodalizio; ininfluenti e privi di concreta portata probatoria i dati riguardanti la riscossione violenta dei debiti di gioco non corrisposti (trattandosi di carattere connaturato all’assenza di tutela legale), l’ausilio episodico dell’invio di generi alimentari, a titolo di liberalità, a soggetti detenuti, l’organizzazione di un pellegrinaggio indicativo al più della condivisione di modelli culturali vicini alle associazioni mafiose.
5.3. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 416 bis, comma 2, cod. pen. e vizio della motivazione, in quanto mancante, circa il contestato ruolo direttivo assunto dal ricorrente nel sodalizio mafioso.
5.4. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 416 bis, comma 6, cod. pen. e vizio della motivazione, del tutto assente rispetto alle specifiche censure che lamentavano il difetto di prova degli elementi necessari per dimostrare l’avvenuto reimpiego dei proventi dell’attività illecita dell’associazione mafiosa, con specifico riguardo ai guadagni derivati dell’attività di esercizio illegale delle attività di scommesse on line.
5.5. Con il sesto motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 62 bis cod. pen., e vizio della motivazione, per l’immotivato diniego delle circostanze attenuanti generiche, giustificato dal mero richiamo alla capacità criminale, nozione inadeguata per escludere l’esistenza di elementi positivi (quali la collaborazione processuale fornita attraverso l’interrogatorio reso la cui valenza, anche ove negativamente considerata, non poteva assurgere a circostanza da sola ostativa al riconoscimento delle invocate attenuanti).
Ha proposto ricorso nell’interesse dell’imputato NOME COGNOME l’Avv. NOME COGNOME deducendo con il primo motivo violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in relazione all’art. 649 cod. proc. pen., relativamente
alla contestazione nel medesimo processo del reato di partecipazione all’associazione per delinquere di cui al capo D) e del reato di partecipazione all’associazione di stampo mafioso di cui al capo K).
Dalla stessa lettura dei capi di imputazione risulta evidente la sovrapposizione di epoche, luoghi e soggetti con cui sono descritte le (apparentemente) distinte associazioni, sicché doveva essere affermata la responsabilità al più per la partecipazione ad un unico sodalizio, anche alla luce del nesso strumentale esistente tra l’associazione finalizzata all’esercizio abusivo della raccolta delle scommesse on line e l’associazione di stampo mafioso, beneficiaria dei proventi di quell’attività. Era mancata la prova dell’autonomia delle diverse associazioni, del ruolo svolto dal ricorrente in ciascuna di esse e, ancor più, della cosciente e volontaria partecipazione del Franco ad entrambi i sodalizi ipotizzati.
6.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge in relazione all’art. 416 bis, comma 6, cod. pen.; la sentenza aveva affermato la sussistenza della contestata aggravante senza accertare ed indicare quali fossero le attività economiche in cui fossero stati reimpiegati i proventi dell’attività criminale, omettendo inoltre di verificare la consapevolezza (o la colpevole ignoranza) del ricorrente in ordine all’avvenuto reimpiego dei profitti dell’attività delittuosa.
6.2. Nell’interesse del medesimo imputato è stato proposto autonomo ricorso, a firma degli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME con cui è stata dedotta, con il primo motivo, la violazione di legge in relazione all’art. 416 bis cod. pen., e il conseguente vizio della motivazione; la sentenza non aveva fornito alcun apparato argomentativo idoneo a dimostrare sia il metodo mafioso adottato dal sodalizio descritto al capo K), sia la durata della partecipazione del ricorrente all’associazione nonché, e soprattutto, le caratteristiche di tale partecipazione, non potendo valere il richiamo all’analisi operata per affermare la partecipazione del ricorrente all’associazione di cui al capo I), né il rapporto “strettamente fiduciario” tra il ricorrente e lo COGNOME.
6.3. Con il secondo motivo si è dedotta violazione di legge, in relazione agli artt. 416 bis cod. pen., 192, comma 2, e 234 cod. proc. pen., nonché vizio della motivazione; la censura sollevata con l’atto di appello, circa il difetto di un ruolo funzionale del ricorrente con carattere di stabilità all’interno del sodalizio di cui al capo K), era rimasta senza risposta; analogamente indimostrata la tesi, sostenuta anche dalla sentenza impugnata, dell’esistenza di un rapporto di dipendenza del ricorrente dalla figura del padre NOME NOME, soggetto coinvolto in sodalizi criminali, da cui avrebbe ricevuto direttive; la portata del contenuto tratto dalle conversazioni intercettate andava ridimensionata, in ragione del contesto in cui i dialoghi erano stati captati, dell’assenza di riscontri oggettivi, del tenore di espressioni del ricorrente che si ponevano in logico contrasto con l’esistenza di un
sodalizio a carattere mafioso e della caratura criminale mafiosa del ricorrente. L’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate era stata condotta in palese violazione della regola fissata dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. difettando i necessari requisiti di gravità, precisione e concordanza attribuibili agli elementi fattuali derivati dalle captazioni.
7. Hanno proposto ricorso nell’interesse di COGNOME NOME i difensori Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME deducendo con il primo motivo violazione di legge in relazione all’art. 416 cod. pen., e vizio della motivazione; era mancante nella decisione impugnata l’individuazione del contributo materiale fornito dal ricorrente all’ipotizzato sodalizio descritto al capo A), difettando peraltro la contestazione di alcun reato scopo; inoltre, la descrizione fattuale contenuta nell’imputazione era del tutto coincidente con la fattispecie dell’esercizio abusivo dell’attività di raccolta di scommesse e di gioco, condotta che nella specie per la sicura titolarità da parte del ricorrente delle necessarie autorizzazioni avrebbe potuto integrare al più ipotesi contravvenzionali, rispetto alle quali non è configurabile la costituzione di un’associazione per delinquere; in definitiva, la sentenza non aveva adempiuto all’obbligo motivazionale, di maggior pregnanza attesa l’assenza di contestazioni di reati-scopo, riguardante l’individuazione dei dati fattuali dimostrativi dello specifico contributo fornito dal ricorrent all’associazione.
Anche in relazione al profilo concernente l’elemento soggettivo era del tutto mancante l’indicazione di elementi, indiziari o probatori, in grado di provare la consapevolezza del ricorrente circa il programma criminoso che avrebbe costituito l’oggetto dell’ipotizzata associazione per delinquere né, tantomeno, della sua adesione a tale programma. La stessa ricostruzione operata dai giudici di merito, che avevano individuato i reati scopo in quelli riferibili alle società titolari del autorizzazioni illecitamente utilizzate, escludeva che soggetti come il ricorrente, subordinato alle direttive e alle disposizioni impartite dai vertici societari, non solo potessero rendersi autori di quelle violazioni, ma anche che fossero a conoscenza dei programmi criminosi ideati e organizzati dai vertici aziendali.
Ancora, era stata trascurata la circostanza storica dell’intervenuta assoluzione proprio di quei vertici aziendali dalle imputazioni associative contestate in autonomi procedimenti penali (oltre che dell’assoluzione dei coimputati COGNOME e COGNOME dall’imputazione che gravava sul ricorrente, pronunciata sin dal primo grado di giudizio), risultando così evidente la contraddittorietà della decisione che aveva perseverato nel ritenere sussistente quel sodalizio e nel riconoscere la partecipazione dello COGNOME all’associazione, mentre erano venuti meno i soggetti che avrebbero ideato e programmato l’attività criminosa.
7.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di norme processuali, in relazione agli artt. 125, 546, lett. e) cod. proc. pen., e vizio della motivazione per l’omessa valutazione di risultanze processuali che dimostravano la manifesta illogicità della decisione di condanna dell’imputato; le sentenze emesse dal G.u.p. del Tribunale di Catania (24/9/2019) e dal Tribunale di Lecce (15/9/2021) avevano escluso l’esistenza dell’associazione contestata in questa sede, assolvendo i correi indicati nell’imputazione di cui al capo A) per l’insussistenza del fatto.
7.2. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 133 cod. pen. e vizio della motivazione; la circostanza positivamente accertata dell’intervenuto licenziamento del ricorrente, che aveva adito per tale ragione il giudice del lavoro, a differenza della posizione dei coimputati dello stesso livello (quali l’COGNOME e il COGNOME che avevano proseguito la collaborazione con la società madre), rendeva evidente la sproporzione nell’operato trattamento sanzionatorio inflitto al ricorrente, in misura deteriore rispetto ai correi; in ogni caso, la scelta di fissare la pena base in misura pressoché corrispondente al massimo edittale non aveva trovato adeguata giustificazione nella motivazione della sentenza, oltre ad essere contraddetta dall’atteggiamento leale e collaborativo manifestato attraverso l’interrogatorio reso e le numerose indicazioni fornite sull’organizzazione commerciale e sui soggetti facenti parte della rete di agenzie e punti gioco.
8. Ha proposto ricorso la difesa dell’imputato COGNOME NOME, deducendo con il primo motivo, violazione di legge in relazione all’art. 416 cod. pen., e vizio della motivazione in ordine all’affermata partecipazione del ricorrente all’associazione per delinquere di cui al capo A); il giudizio di responsabilità era fondato su dati (l’apertura di una sala giochi; la stipula di un contratto di agenzia con il coimputato COGNOME) inidonei a dimostrare un contributo effettivo all’associazione per delinquere; il ricorrente non aveva rapporti con altri sodali; non era integrato in alcuna struttura organizzata; del tutto generiche le indicazioni tratte sia dalle conversazioni intercettate, sia dalle dichiarazioni del collaboratore COGNOME.
Con ulteriore censura si evidenzia la mancata risposta agli specifici motivi di impugnazione concernenti la genericità del dichiarato del COGNOME; l’errata interpretazione delle conversazioni intercettate, dimostrative di una posizione del tutto marginale e subordinata del ricorrente; l’omessa valutazione delle sentenze acquisite nel corso del giudizio, da cui risultava l’esclusione dell’associazione per delinquere contestata ai correi indicati quali promotori e dirigenti del sodalizio di cui al capo A).
8.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 62 bis cod. pen., e vizio della motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, motivato esclusivamente col richiamo alla gravità della condotta e all’esistenza di precedenti penali, in difetto di una pregressa dichiarazione di recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi proposti nell’interesse dell’imputato COGNOME Domenico sono fondati limitatamente al contestato riconoscimento della circostanza aggravante prevista dall’art. 416 bis, comma 6, cod. pen.
Il ricorso proposto dall’Avv. NOME COGNOME
1.1. Il primo motivo, oltre ad esser reiterativo del contenuto dell’atto di appello, è manifestamente infondato.
Il ricorrente ripropone la tesi della liceità dell’attività svolta dall’operato estero, discriminato o comunque posto in condizione di non poter accedere al rilascio dei titoli abilitativi, ignorando la differente realtà fattuale descritt dettaglio nelle sentenze di merito (v. pagg. 58-60 della sentenza impugnata; pagg. 56 e ss. della sentenza del G.u.p.) che ha, peraltro, formato oggetto di altri procedimenti penali, scaturiti dalle medesime attività d’indagine e che si sono conclusi con l’affermazione della penale responsabilità degli imputati.
Si è chiarito in quei procedimenti, con argomenti che valgono anche per i fatti oggetto del ricorso, che gli imputati raggiunti dalle contestazioni riguardanti la partecipazione e la direzione delle associazioni finalizzate alla commissione dei reati di esercizio abusivo dell’attività di raccolta di scommesse on line (oltre che di altri reati) “erano impegnati nell’attività di gioco e scommesse mediante la gestione di CTD che non si limitavano alla trasmissione delle scommesse effettuate dai clienti italiani all’allibratore estero, svolgendo direttamente e in proprio attivit di gioco e scommesse. Infatti tali centri di trasmissione dati gestivano conti paralleli ed autonomi ove effettuavano compensazioni periodiche delle poste di dare ed avere, a seconda delle vincite accumulate dalla clientela, gestivano fidi, raccoglievano scommesse e giochi direttamente riferibili al singolo gestore, ripartivano i profitti, sfruttando l’applicazione della normativa fiscale vigente nel territorio maltese e la conseguente esclusione del prelievo tributario italiano in applicazione del divieto di doppia imposizione. Tali centri di raccolta non svolgevano una funzione di mera trasmissione dei dati e di agevolazione del contatto commerciale fra il cliente e la società estera, ma svolgevano in modo diretto ed autonomo attività di gioco e scommesse, raccogliendo danaro, gestendo
propri fidi bancari, pagando le vincite e producendo profitti direttamente riferibili ai medesimi gestori dei centri. Il rapporto intercorrente fra il centro italiano di raccolta e l’allibratore straniero – secondo il giudice a quo – costituiva, quindi, una mera occasione della condotta illecita da riferirsi esclusivamente all’operatore che raccoglie le scommesse. Il giudice a quo ha, quindi, affermato che l’operatività aziendale delle imprese con sede in Malta, sebbene munite di concessione e licenza italiana, occultasse l’esercizio abusivo di attività di gioco e scommessa, in quanto i partecipi dell’associazione si avvalevano della società estera e occultavano la loro vera attività di gioco e scommesse abusiva dietro la società estera, non rilevando, nel caso di specie, le questioni sollevate dalla difesa relativamente all’evoluzione normativa e giurisprudenziale in tema di esercizio organizzato delle scommesse, né la sussistenza – come nel caso della società RAGIONE_SOCIALE – di una concessione governativa e licenza italiana. Al riguardo, si richiama quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di esercizio abusivo dell’attività di gioco e scommessa e di raccolta diretta delle scommesse, vietata dall’art. 4, comma 4 bis della I. 401/1989, qualora il rapporto intercorrente tra il centro italiano di raccolta delle scommesse e l’allibratore estero costituisca una mera occasione di svolgimento dell’attività illecita, imputabile esclusivamente all’operatore italiano che raccoglie le scommesse (Sez.3, n.53329 del 16/07/2018, Rv. 275179). Ne segue che, con riferimento a tali fattispecie, ove gli agenti non si siano limitati alla mera trasmissione delle scommesse effettuate dai clienti ad un allibratore straniero, non assume rilevanza il profilo discriminatorio nella partecipazione dell’allibratore estero alle gare di cui si duole il ricorrente, dal momento che l’attività e la conseguente necessità di titolo autorizzativo si polarizzano direttamente in capo all’operatore italiano (Sez. 3, n. 889 del 28/06/2017, Rv. 271977). Sicché, le argomentazioni difensive in ordine alla legittimità dell’operato dell’allibratore estero COGNOME, abilitato allo svolgimento di attività di gioco e scommesse sia on line che da banco, non sono pertinenti” (Sez. 3, n. 47021 del 20/6/2023, COGNOME, n.m.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In definitiva, l’accertamento in fatto contenuto nelle sentenze di merito ha messo in luce quale fosse la reale attività svolta dalle agenzie e dai punti di raccolta riferibili, tra gli altri, anche al ricorrente; ossia, lo svolgimento di un’attivi intermediazione che, grazie allo schermo costituito dall’esistenza del legame con l’allibratore straniero, occultava un’autonoma e distinta attività di raccolta di scommesse, condotta in difetto di qualsivoglia autorizzazione; il che, come chiarito ancora di recente dalla giurisprudenza di legittimità, integra il fatto di reato sanzionato dall’art. 4, comma 4 bis, I. 401/1989 («Non integra il reato di cui all’art. 4, comma 4-bis, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 la condotta del soggetto che, agendo per conto di un allibratore straniero autorizzato ad operare
in uno Stato dell’Unione ed illegittimamente discriminato in Italia nell’assegnazione delle concessioni di gioco, effettui in modo trasparente, in forza di vincolo contrattuale con il bookmaker, attività di raccolta delle scommesse, di incasso delle poste di gioco, di trasmissione dei dati all’allibratore ed, eventualmente, di pagamento delle vincite su mandato di quest’ultimo, secondo lo schema della raccolta delle scommesse attraverso i “luoghi di vendita” di cui all’art. 1, comma 2, lett. i), d.m. 1 marzo 2006, n. 111, trattandosi di attività fatta salva dall’art. comma 5, dello stesso decreto; qualora, invece, il gestore di un centro scommesse italiano affiliato ad un bookmaker straniero metta a disposizione dei clienti il proprio conto-giochi o un conto-giochi intestato a soggetti di comodo, consentendo la giocata senza far risultare chi l’abbia realmente effettuata, è configurabile il reato “de quo”, essendosi realizzata un’illegittima intermediazione nella raccolta delle scommesse che rende irrilevante il rapporto intercorrente fra il centro italiano di raccolta delle scommesse e l’allibratore straniero, costituendo una mera occasione della condotta illecita imputabile esclusivamente all’operatore italiano»: Sez. 3, n. 25439 del 09/07/2020, COGNOME, Rv. 279869 – 01; in senso conforme, Sez. 3, n. 18590 del 09/01/2019, Ferrara, Rv. 275703 – 01)..
1.2. Il secondo motivo, oltre a risultare del tutto generico nell’illustrazione del vizio denunciato, è comunque manifestamente infondato.
La sentenza impugnata ha ampiamente illustrato (pag. 62) l’articolato sistema adottato dagli imputati per organizzare, con sofisticate strutture informatiche, sistemi di raccolta di scommesse del tutto estranei al regime disciplinato dalla legge (come chiarito nell’esame del precedente motivo di ricorso), mediante una rete commerciale che prevedeva differenti livelli di direzione, promozione dei prodotti informatici e degli strumenti pubblicitari, allestimento di strutture fisiche da affiancare alla raccolta on line, controllo e gestione dei flussi finanziari. Evidente a fronte di tale quadro fattuale l’impossibilità di ricondurre, in modo semplicistico come prospettato dal ricorrente, l’attività svolta in questi contesti in termini esclusivi di realizzazione dei reati fine.
Anche la ricostruzione in fatto alternativa (e, come tale, non consentita in sede di legittimità: Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, G., Rv. 280589 – 01) del limitato concorso del ricorrente in quelle attività è smentita in modo evidente dall’analisi condotta dalle sentenze di merito, ove si è dato conto del preminente rilievo da assegnare al ruolo svolto dal ricorrente di gestore, unitamente al coimputato ‘anni, dell’attività di giuoco illecita, restando irrilevante il mancato coinvolgimento nell’attività materiale di apertura di nuove sale giochi (pag. 64).
1.3. Il terzo motivo è infondato.
Va premesso che, secondo gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, è ammissibile la contemporanea esistenza di un’associazione per delinquere di
stampo mafioso ed altra associazione per delinquere finalizzata alla commissione di specifici reati (oltre che la contemporanea partecipazione di un medesimo soggetto ad entrambi i sodalizi) ove l’associazione per delinquere “semplice” sia dotata di un’autonoma struttura organizzativa che, avvalendosi del contributo di sodali anche diversi dai soggetti affiliati al sodalizio mafioso, persegua un proprio programma delittuoso, dalla cui attuazione discende il concomitante conseguimento dell’interesse del clan, dovendosi conseguentemente escludere la violazione del divieto di bis in idem, mancando, nel rapporto tra le due fattispecie associative, piena coincidenza degli elementi costitutivi (Sez. 2, n. 41736 del 09/04/2018, M., Rv. 274077 – 02, in fattispecie relativa al concorso tra sodalizio mafioso e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti; Sez. 6, n. 11356 del 08/11/2017, dep. 2018, Ardente, Rv. 272524 – 01, relativa ad associazione per delinquere finalizzata al giuoco d’azzardo); l’elemento che caratterizza l’una associazione, rispetto all’altra, è costituito dal profilo programmatico dell’utilizzo del metodo che, nell’associazione di cui all’art. 416 bis cod. pen., si estrinseca nell’imposizione di una sfera di dominio sul territorio, con un’operatività non limitata alle attività criminali della diversa associazione, ma estesa a svariati settori, in cui si inseriscono l’acquisizione della gestione o del controllo di attivit economiche, concessioni, appalti e servizi pubblici, l’impedimento al libero esercizio del voto, il procacciamento di voti in occasione delle consultazioni elettorali (Sez. 6, n. 31908 del 14/05/2019, COGNOME, Rv. 276469 – 01).
La sentenza impugnata ha messo in rilievo, con specifici richiami al materiale probatorio rilevante al riguardo, la connessione (in termini esplicitamente definiti di “interdipendenza e reciprocità”: pag. 77) tra le attività svolte dalle associazioni che gestivano autonomamente distinte piattaforme di gioco per la raccolta illecita di scommesse e la penetrazione, attraverso quelle associazioni, del sodalizio mafioso di stampo ‘ndranghetistico denominato “clan Tegano” nel lucroso settore della gestione dei giochi e delle scommesse on line; e ha individuato nello strumento della creazione sulle singole piattaforme di “posizioni”, riferibili al Tegano (così come al correo COGNOME), il mezzo per far confluire una percentuale prefissata dei guadagni conseguiti nelle casse del sodalizio mafioso che, in cambio, assicurava la diffusione (oltre che la protezione), sul territorio controllato dalla cosca, dei marchi e delle attività di raccolta illecita (pagg. 78 e 81).
A fronte di tale ricostruzione, fondata su fonti dichiarative e documentali già richiamate dalla sentenza di primo grado e ulteriormente specificate dalla Corte d’appello, il ricorrente reitera la tesi della superfluità di un’associazione di stampo mafioso riproduttiva per intero dell’apparato delle associazioni a delinquere descritte ai capi D) e I), senza contrappore alcun argomento idoneo a superare il dato della strutturale differenza tra le associazioni che gestivano la raccolta illecita
e il clan COGNOME che operava sul territorio, perseguendo tra i diversi obiettivi del sodalizio (puntualmente elencati nel capo d’imputazione) anche quello dell’inserimento nel settore dei giochi e delle scommesse on line e del relativo controllo.
Quanto alle censure riguardanti il dichiarato dei collaboratori di giustizia, esse si riducono alla lettura più volte riportata in termini semplificatori e riduttivi indicazioni che, considerate nel loro complesso e alla luce della logica ricostruzione operata dalla Corte (volta a sottolineare l’accorta operazione di “schermatura” della posizione del Tegano, “al fine di rendere più difficoltosa la riconducibilità a lui dell’attività di gioco illecito”: pag. 78), sostengono adeguatamente il giudizio di responsabilità.
Il ricorso proposto dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME 1.4. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Il travisamento della prova, che si realizza quando sia verificata l’errata trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio (o perché si introduce un dato inesistente tra le prova acquisite, oppure quando viene indicata come mancante una prova documentalmente esistente negli atti processuali), deve possedere il carattere della rilevanza e decisività per integrare un ammissibile motivo di ricorso in sede di legittimità (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085 – 01; Sez. 6, n. 36512 del 16/10/2020, COGNOME, Rv. 280117 – 01), restando comunque operante il divieto di rilettura e di reinterpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758 – 01).
La censura formulata, pur evocando il travisamento probatorio, mira in concreto a svalutare la portata probatoria delle dichiarazioni del collaboratore COGNOME, in primo luogo mettendo in rilievo la mancata conoscenza diretta del COGNOME da parte del dichiarante (elemento che non è stato né omesso né diversamente riportato nella sentenza impugnata); aggiungendo la mancanza di certezze, da parte del dichiarante, sulla destinazione delle somme che lo COGNOME aveva indicato come spettanti a organizzazioni criminali, e di cui il COGNOME non era in grado di affermare che fossero effettivamente pervenute ad associazioni a delinquere (elemento che, ancora una volta, non è stato diversamente riportato nella sentenza impugnata, avendo solo fatto riferimento la decisione al contenuto delle circostanze riferite dal COGNOME, come riportate dallo COGNOME); anche le indicazioni sulla riferibilità al Tegano delle “posizioni”, su cui lo COGNOME pretendeva i versamento di commissioni spettanti a organizzazioni criminali, erano
esclusivamente derivate dalle affermazioni dello COGNOME non avendo il dichiarante elementi di diretta conoscenza su tale profilo.
La conclusione formulata dal ricorrente, in ordine all’errata valutazione da parte della sentenza delle dichiarazioni del COGNOME, attiene alla concreta portata probatoria (evidenziando possibili profili di criticità per effetto de circolarità delle informazioni riferite, tutte provenienti dallo COGNOME); ma si trat ipotesi che è radicalmente diversa dal denunciato (e insussistente) travisamento della prova, afferendo alla concreta valutazione della valenza delle dichiarazioni alla luce delle carenze in punto di diretta percezione e conoscenza della persona del ricorrente e delle attività a lui riferibili.
Con i motivi nuovi è stato prospettato un ulteriore profilo di asserito travisamento probatorio, riguardante le dichiarazioni del COGNOME relative ad un incontro avvenuto per tematiche inerenti la protezione degli appartenenti alla rete commerciale delle scommesse on line da parte della criminalità organizzata, in cui il dichiarante aveva escluso la presenza del COGNOME, indicando altri soggetti; elemento che dimostrerebbe l’assenza di qualsivoglia accordo intercorso tra il COGNOME, e l’organizzazione da lui rappresentata, ed il Tegano; elemento che era stato omesso nella valutazione della Corte territoriale.
In relazione a questa censura, va rilevato che la lamentata omissione non possiede certamente carattere decisivo, tale da destrutturare la motivazione della sentenza impugnata; la narrazione del COGNOME non esclude logicamente che, pur in difetto di espressi accordi, gli operatori del settore delle scommesse che erano insediati nel territorio reggino avevano consapevolmente consentito l’aperura di “posizioni”, all’interno delle piattaforme da loro gestite, da parte esponenti della criminalità (come per lo COGNOME circostanza non contestata dal ricorrente ed espressamente riferita dal COGNOME), nella consapevolezza della “necessità” di siffatte operazioni per assicurarsi lo svolgimento delle attivit commerciali sotto la protezione delle organizzazioni criminali (come riferito dal COGNOME nell’interrogatorio del 13 giugno 2018, riportato a pag. 79 della sentenza impugnata).
Così inquadrate le censure articolate, con il motivo principale e con i motivi nuovi, va escluso che sussista alcun travisamento della prova ascrivibile alla sentenza impugnata; né può ritenersi che le critiche articolate siano in grado di demolire il costrutto argomentativo, attesa la loro genericità rispetto al complesso dei dati considerati dalla sentenza impugnata. L’affermazione di responsabilità del ricorrente non è stata fondata in via esclusiva su quelle dichiarazioni, come ritiene la difesa; la Corte territoriale ha chiarito che alle fonti orali (tra cui il ric non cita il decisivo apporto del teste NOME COGNOME: pag. 67) si sono aggiunti i risultati emergenti dalle attività di intercettazione e dalla documentazione
informatica, che hanno consentito di individuare la titolarità delle c.d. skin mediante le quali il COGNOME, che rivestiva il ruolo di master Calabria in posizione sovraordinata anche rispetto al correo COGNOME, operava (peraltro in modo occulto) per l’offerta dei servizi per la raccolta abusiva e per il transito di somme percentuali sui guadagni delle scommesse on line che, secondo criteri logici, rappresentavano una sorta di “tassa ambientale” riconosciuta a organizzazioni criminali (pagg. 62 e 68).
1.5. Il secondo motivo di ricorso è anch’esso infondato.
Le censure che il ricorrente rivolge alla sentenza sono ancora una volta generiche, poiché non considerano l’intero quadro probatorio apprezzato e valutato dai giudici di merito e, per altro verso, semplificano e ridimensionano il contenuto del contributo e dell’apporto assicurato dal ricorrente all’associazione.
NOME COGNOME risulta aver ricoperto un ruolo non meramente esecutivo delle attività illecite (di qui, l’assenza di contestazione di reati fine, così com elementi di prova circa la partecipazione alle attività materiali di apertura di nuov punti gioco, come già osservato nell’esame del secondo motivo del ricorso COGNOME: v. supra, § 1.2.), ma piuttosto di organizzazione e direzione raccogliendo l’insieme dei proventi illeciti derivanti dai sistemi di offerta abusiva di scommesse on line, facendoli confluire su posizioni a lui espressamente riferibili; e ciò si manifestava sia nel diretto intervento attraverso le “posizioni” a lui riferibili, su cui veni versate percentuali prestabilite degli incassi derivanti dalle scommesse gestite illegalmente, sia nella garanzia del «contratto sinallagmatico con la criminalità organizzata cui veniva, come contropartita, riconosciuta una sorta di “tassa ambientale” sul fatturato dello stesso COGNOME» (pag. 73).
Irrilevante, poi, la deduzione del limitato arco temporale in cui sarebbero state attive le “posizioni” riferibili al Tegano, alla luce del costante insegnamento d legittimità che non ritiene necessario, ai fini della configurabilità del reato partecipazione a un’associazione per delinquere, che il vincolo tra il singolo e l’organizzazione si protragga per una certa durata, ben potendo, al contrario, ravvisarsi il reato anche in una partecipazione di breve periodo (Sez. 1, n. 5445 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278471 – 01; Sez. 5, n. 18756 del 08/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263698 – 01; Sez. 1, n. 31845 del 18/03/2011, D., Rv. 250771 – 01), specie se – come accaduto nelle vicende in esame – il contributo abbia assunto carattere di decisiva importanza per la funzionalità del sodalizio e la realizzazione del programma criminoso.
1.6. Il terzo motivo di ricorso è reiterativo, oltre che manifestamente infondato.
Come già illustrato nell’esame del terzo motivo del ricorso dell’Avv. COGNOMEv. suora, § 1.3.), il ricorrente ripropone doglianze sulla portata delle dichiarazioni
dei collaboratori di giustizia, senza confrontarsi con la dettagliata motivazione della sentenza impugnata che, anche attraverso il richiamo ad altri dati di prova (in particolare, i risultati dei controlli documentali e di natura informatica) specificato l’incontestata esistenza del sodalizio denominato clan COGNOME, accertata con sentenze definitive, operante nell’area geografica ove il ricorrente, d’intesa con il correo COGNOME, ha conseguito l’obiettivo dell’infiltrazione della cosc all’interno delle società dedite all’esercizio abusivo di giochi e scommesse (pag. 78-80).
1.7. Il quarto motivo di ricorso è parzialmente fondato.
Mentre la censura è formulata in termini generici oltre che reiterativi del corrispondente motivo di appello quanto all’aggravante dell’agevolazione mafiosa, a fronte di una motivazione dettagliata sul nesso strumentale esistente tra i due sodalizi (v. pagg. 76-77), è invece fondato il rilievo circa il contestato riconoscimento della circostanza aggravante, prevista dall’art. 416 bis, comma 6, cod. pen.
La giurisprudenza della Corte è costante nell’affermare che la circostanza aggravante in questione ricorre quando attraverso l’impiego del provento dei delitti, esecutivi del programma criminoso, venga finanziata un’attività economica, nozione che va intesa come riferita ad interventi in strutture produttive di beni o che offrano servizi nell’ambito del mercato “legale”, in modo da prevalere, nel territorio di insediamento, sulle altre che offrono analoghi beni o servizi così influendo sulle (e alterando le) regole della concorrenza (Sez. 5, n. 9108 del 21/10/2019, dep. 2020, COGNOME Rv. 278796 – 01; Sez. 6, n. 4115 del 27/06/2019, dep. 2020, COGNOME Rv. 278325 – 01; Sez. 5, n. 49334 del 05/11/2019, COGNOME, Rv. 277653 – 01).
L’ insuperabile connessione tra l’operazione di impiego di proventi dell’attività illecita e l’alterazione delle regole di funzionamento della concorrenza in specifici settori del mercato era stata puntualmente rilevata dalle Sezioni unite della Corte (n. 25191 del 27/02/2014, COGNOME, Rv. 259588 – 01), sottolineando che «l’interpretazione letterale del sesto comma, la sua lettura logico-sistematica nel contesto complessivo dell’art. 416 bis cod. pen. e la sua ragione giustificativa inducono a ritenere che la previsione normativa si applichi esclusivamente alle ipotesi di reimpiego in attività economiche e non in altre finalità programmatiche dell’associazione» (§ 11, pag. 27), dovendosi pertanto escludere che la circostanza aggravante sia integrata anche quando i proventi dell’attività delittuosa siano impiegati in attività a carattere illecito.
La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di tali principi nell’esaminare le censure formulate dall’appellante limitandosi, con motivazione che risulta così del tutto apparente, a evocare (pag. 23) il reimpiego dei proventi
nelle medesime attività illecite con la finalità di monopolizzare il segmento di mercato relativo alla gestione dei giochi e delle scommesse; né può dirsi sufficiente il generico richiamo al “reimpiego del denaro ricavato nei più disparati settori merceologici” senza specifica descrizione delle modalità e della destinazione dei proventi, anche con riguardo alla dimensione degli investimenti eseguiti.
I ricorsi proposti nell’interesse dell’imputato COGNOME NOME COGNOME COGNOME sono parzialmente fondati, nei termini di seguito specificati.
Il ricorso dell’Avv. NOME COGNOME.
2.1. Il primo motivo di ricorso risulta formulato in termini con consentiti; i ogni caso, lo stesso è manifestamente infondato.
L’ipotizzata violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. non ha formato oggetto di devoluzione alla Corte d’appello; ciò impedisce di sollevare in questa sede la relativa questione, poiché riguardante un’ipotesi di nullità a regime intermedio che, in quanto verificatasi nel corso del giudizio di primo grado, poteva essere dedotta fino alla deliberazione della sentenza nel grado successivo, non potendo invece essere proposta per la prima volta in sede di legittimità (Sez. 4, n. 19043 del 29/03/2017, Privitera, Rv. 269886 – 01; Sez. 6, n. 31436 del 12/07/2012, COGNOME, Rv. 253217 – 01).
In fatto, la lettura dell’imputazione non lascia dubbi sulla positiv contestazione del ruolo direttivo e organizzativo, che è espressamente ascritto al ricorrente, non potendosi artatamente ricondurre la qualifica all’attività d direzione e organizzazione esclusivamente alle attività inerenti in modo diretto alla raccolta illecita delle scommesse.
2.2. Il secondo motivo risulta manifestamente infondato.
La sentenza della Corte d’appello ha fornito un’accurata ricostruzione quanto all’operatività dell’associazione mafiosa, che svolgeva un’opera di infiltrazione nel settore della raccolta illecita delle scommesse on line, con caratteri del tutto peculiari se posti a raffronto con le realtà criminali operanti in altre regioni particolare, la Campania: pagg. 51-52) sostituendo la classica imposizione estorsiva agli operatori commerciali di quel settore con la partecipazione diretta alla struttura delle società che gestivano la raccolta abusiva delle scommesse; mediante la creazione delle c.d. posizioni, attribuite in modo anonimo o anche con riferimenti nominativi a esponenti della criminalità (come avvenuto per COGNOME NOME, titolare della posizione PJ COGNOME), il clan si assicurava costanti flussi finanziari attraverso percentuali concordate con gli operatori del settore, che in cambio ottenevano il controllo e la protezione delle organizzazioni mafiose, funzionali all’esercizio indisturbato della raccolta delle scommesse e al ricorso alle
organizzazioni per il recupero di debiti non adempiuti (pagg. 47-49). In questo contesto organizzato, il ruolo del ricorrente è indicato da più .voci come punto di riferimento della strategia commerciale adottata, per garantire la riscossione della percentuale al clan di appartenenza, il che sottintende logicamente un ruolo necessariamente direttivo ed organizzativo (pag. 52).
2.3. Il terzo motivo è fondato, per le ragioni già esposte nell’esame dell’omologo motivo di ricorso proposto nell’interesse dell’imputato COGNOME (v. supra, § 1.7.). L’annullamento della sentenza sul punto comporta l’assorbimento del quarto e del quinto motivo, poiché correlati alla definitiva statuizione circa i trattamento sanzionatorio, dipendente dalla risoluzione della questione relativa all’applicazione della circostanza aggravante ex art. 416 bis, comma 6, cod. pen.
Il ricorso dell’Avv. NOME COGNOME.
2.4. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Premessa l’incontestata partecipazione del ricorrente alle associazioni descritte nei capi di imputazione D) ed I), la lamentata carenza di indicazioni fattuali utili a delineare il ruolo di promozione ed organizzazione di quelle associazioni non tiene conto delle specifiche osservazioni che la sentenza impugnata ha formulato attraverso il richiamo, quanto all’associazione di cui al capo D), alla promozione dell’apertura di numerose luoghi fisici nel territorio reggino curata personalmente dallo COGNOME, grazie all’attivazione in suo favore di plurimi siti non autorizzati (individuati attraverso il suffisso “.com”) da parte d vertici delle società che gestivano le piattaforme, nella prospettiva dell’espansione del mercato illegale e del correlato aumento esponenziale dei profitti illeciti (pag. 38); allo stesso modo, la formulata critica non considera le argomentazioni sviluppate, quanto all’associazione di cui al capo I), dalla Corte territorial nell’individuazione della collocazione del ricorrente, nel contesto organizzativo, in una posizione, pur se subordinata rispetto ai vertici del sodalizio, caratterizzata da ampia autonomia nell’attività di procacciamento di clienti, gestione del denaro attraverso un articolato sistema di fidi concessi ai giocatori con impiego di risorse personali, con inevitabile gestione del rischio dell’impresa illecita secondo le proprie determinazioni (pag. 39).
2.5. Il secondo motivo di ricorso è anch’esso infondato.
La Corte d’appello ha risposto puntualmente alle censure formulate con l’atto di appello (pagg. 42 e ss.) chiarendo l’evidente finalità di agevolazione per il sodalizio (e non del singolo sodale, il cui interesse personale comunque potrebbe pacificamente coesistere con la finalità di agevolazione dell’intero sodalizio: Sez. 3, n. 9142 del 13/01/2016, Basile, Rv. 266464 – 01 ) assicurata mediante la riscossione di provvigioni stabili e durature, alimentate da un settore
tradizionalmente destinato a realizzare profitti ingenti; la svalutazione del dichiarato dei collaboratori si risolve in una rilettura dei dati . probatori, peraltro monca della collocazione delle dichiarazioni in un quadro più articolato, alimentato anche dalle ammissioni del ricorrente negli interrogatori resi e ancor più dal materiale raccolto attraverso le intercettazioni, descrittivo delle caratteristiche de fenomeno criminale grazie all’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore economico dei giochi e delle scommesse on line con evidenti riflessi agevolativi dell’attività del sodalizio mafioso (pagg. 44-46).
2.6. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorrente, nel criticare la motivazione della sentenza relativamente al confermato giudizio di responsabilità per la partecipazione con ruoli direttivi al sodalizio di stampo mafioso, appunta le proprie censure su singoli aspetti fattuali (la contraddittorietà “geografica” tra ipotizzato controllo del territorio da parte d sodalizio e gestione delle scommesse attraverso piattaforme virtuali) e su premesse logiche (la contestata sussistenza della circostanza aggravante ex art. 416 bis.1 cod. pen. in relazione alle condotte di partecipazione alle associazioni di cui ai capi D) e I); gli uni non risultano decisivi, atteso che la sentenza non ha escluso l’apertura di sale giochi – funzionali anche allo svolgimento del gioco on line soggette al controllo del clan, le altre sono state smentite (come illustrato nell’esame del motivo che precede) e non costituiscono l’elemento portante dell’affermazione di responsabilità, come ipotizzato dal ricorrente; la Corte territoriale ha ampiamente argomentato le ragioni su cui è stato fondato l’accertamento dell’esistenza dell’associazione (già raggiunto con sentenze definitive) e della specifica articolazione operativa costituita per realizzare una delle finalità del sodalizio, ossia quella dell’infiltrazione nel settore economico de gioco illegale e del reimpiego, in senso lato, dei proventi delle attività illec dell’associazione (pag. 44). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Le ulteriori notazioni che la difesa opera, nel prospettare una differente analisi della portata degli elementi considerati dalla sentenza impugnata (pagg. 54 ss.), finiscono per sollecitare una non consentita rivalutazione del materiale probatorio (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 11/02/2021, F., Rv. 280601 – 01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482 – 01).
2.7. Il quarto motivo è generico e reiterativo.
Il ruolo contestato al ricorrente trova corrispondenza, come già illustrato nell’esame dell’omologo motivo di ricorso proposto nell’interesse dell’altro ricorrente Tegano (v. supra, § 2.2.), nella complessiva ricostruzione del fenomeno di infiltrazione della cosca COGNOME nel settore del gioco illegale, da cui si trae l’agevole individuazione della centralità del compito svolto dal ricorrente, che manteneva i contatti con i vertici della associazioni a delinquere responsabili della
gestione delle reti commerciali illegali per la raccolta delle scommesse, inserendosi attivamente nello stesso settore e fornendo le indicazioni necessarie per individuare e alimentare le “posizioni” destinate a far riversare parte dei profitt illeciti in favore del sodalizio mafioso (v. pag.52).
2.8. Il quinto motivo di ricorso è fondato per le ragioni già esposte nell’esame dell’omologo motivo di ricorso proposto nell’interesse dell’imputato COGNOME (v. supra, § 1.7.).
2.9. Il sesto motivo di ricorso va dichiarato assorbito per le medesime ragioni già indicate nell’esame dell’omologo motivo di ricorso proposto dall’Avv. COGNOME (v. supra, § 2.3.).
I ricorsi proposti nell’interesse dell’imputato NOME COGNOME sono parzialmente fondati, nei termini di seguito specificati.
Il ricorso proposto dall’Avv. NOME COGNOME.
3.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
La censura, pur se non proposta in sede di appello, è ammissibile in questa sede, poiché la denuncia della violazione della norma processuale non richiede accertamenti fattuali, ma unicamente la comparazione delle contestazioni dei capi I) e K).
La Corte territoriale ha considerato un’analoga eccezione, sollevata in relazione alla contestata duplicazione delle associazioni descritte nei capi D) e I) e l’ha correttamente superata (pagg. 70-72); ha, poi, espressamente escluso “l’indebita duplicazione di posizioni associative” tra associazione mafiosa e associazioni “semplici” (pag. 77).
La decisione adottata risulta coerente con i dati processuali e corretta quanto all’applicazione della regola di diritto che governa il divieto di bis in idem.
In primo luogo, va riaffermato il principio secondo il quale «il principio d preclusione del “ne bis in idem” non opera, per diversità del fatto, nel caso in cui un soggetto faccia parte, in coincidenza temporale, di due diverse associazioni criminose» (Sez. 5, n. 44537 del 10/03/2015, COGNOME, Rv. 264684 – 01, che nella motivazione ha ritenuto correttamente valorizzati dal giudice di merito, quali elementi idonei a differenziare il fatto storico, la diversità dei soggetti apicali e partecipi alle due associazioni, la circostanza che le organizzazioni operavano in ambiti territoriali distinti, seppur contigui, nonché la diversità di funzioni sv dall’imputato nei sodalizi considerati; nello stesso senso Sez. 1, n. 44860 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242197 – 01).
La lettura delle imputazioni in cui sono descritti la componente soggettiva delle associazioni, l’oggetto del relativo programma criminoso, l’ambito temporale
di esplicazione dell’attività delle consorterie, rende con evidenza la diversità delle associazioni considerate.
Va, inoltre, considerato il dato insuperabile della differente struttura dei reat contestati, atteso il profilo programmatico del ricorso alla capacità di intimidazione, caratteristica esclusiva dell’associazione di stampo mafioso e non presente in quella finalizzata alla commissione di reati collegati all’illecita raccolt delle scommesse.
A tale specifico riguardo, rileva il costante orientamento di legittimità già richiamato (v. supra, § 1.3.) che riconosce la possibilità della contemporanea esistenza di un sodalizio mafioso e di associazioni finalizzate alla commissione di reati comuni, ovvero all’esecuzione di reati in materia di sostanze stupefacenti (Sez. 1, n. 4071 del 04/05/2018, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278583 – 01; Sez. 6, n. 563 del 29/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265762 – 01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258163 – 01).
3.2. Il secondo motivo di ricorso è fondato, per le ragioni già espresse nell’esame del ricorso proposto nell’interesse del ricorrente Tegano (v. supra, § 1.7.).
Il ricorso proposto dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME.
3.3. Il primo motivo di ricorso è in parte formulato per ragioni non consentite, e per il resto risulta infondato.
La difesa, peraltro con un’esposizione oscillante tra il tema dell’insussistenza degli elementi tipici della fattispecie dell’associazione di stampo mafioso e le questioni riguardanti la dimostrazione della partecipazione del ricorrente al sodalizio descritto al capo K), lamenta l’omessa motivazione (così a pag. 9 del ricorso) della decisione di primo grado sul tema della carenza degli elementi strutturali dell’associazione ex art. 416 bis cod. pen., profilo che però non era stato devoluto con i motivi di appello (come risulta dall’esposizione della sentenza impugnata, che non forma oggetto di censura da parte del ricorrente); il che comporta l’inammissibilità della censura, non potendo essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione (Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745 – 01; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, COGNOME, Rv. 269632 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME Rv. 255577 – 01).
Del resto, e in ogni caso, la Corte d’appello (pagg. 24 e ss.) ha dettagliato la ricostruzione storica del sodalizio e la sua costante operatività, alla stregua di plurime decisioni già passate in giudicato; con eguale grado di specificità, la decisione ha argomentato circa l’inserimento all’interno del sodalizio del ricorrente,
che vantava frequentemente la “qualità” di discendente di NOME COGNOME, elemento di spicco della consorteria, operando secondo moduli operativi tipicamente mafiosi sia nelle attività di costrizione per il conseguimento di profitt illeciti, sia nello specifico settore delle attività di raccolta delle scommesse. H evidenziato, inoltre, il dato sintomatico (ignorato dal ricorrente) del costant impegno assicurato nell’interesse del sodalizio, anche dopo l’intervenuta scarcerazione, riprendendo le attività riguardanti il settore illecito delle scommesse (pag. 21).
3.4. Il secondo motivo di ricorso è formulato in termini non consentiti.
La difesa, attraverso gli argomenti a sostegno del motivo di ricorso, propone e auspica una diversa lettura ed un differente apprezzamento del contenuto delle intercettazioni, peraltro con estrazione di singole espressioni dal contesto complessivo dei dialoghi, e in contrasto con il divieto di rilettura del dato probatori in assenza di denunce di travisamento del contenuto delle intercettazioni; è stato più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità che l’interpretazione del contenuto delle attività di intercettazione, trattandosi di attività riservata giudizio di merito, può essere sindacata in sede di legittimità solo nei limiti dell manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione (Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389), essendo possibile la prospettazione di un’interpretazione diversa del significato delle intercettazioni in sede di legittimi solo in presenza dei presupposti per dedurre il travisamento della prova (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, Di COGNOME, Rv. 272558).
4. Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME è inammissibile.
4.1. Il primo motivo è generico oltre che manifestamente infondato; il ricorrente trascura e ignora la dettagliata motivazione della sentenza di primo grado (pagg. 120 e ss.), condivisa e rielaborata dalla sentenza impugnata (pagg. 82 e ss.), in cui sono delineate chiaramente le modalità artificiose adottate per proseguire la raccolta di scommesse, al di fuori dei canali legali; operazione che il ricorrente, in quanto operatore specializzato del settore e che aveva intrattenuto un rapporto lavorativo quasi decennale con la società titolare delle strutture operative (utilizzate per la raccolta illecita dietro lo schermo delle attiv autorizzate), non poteva ignorare e che, di fatto, ammetteva in diverse occasioni di conoscere e condividere (come risulta dalle stesse intercettazioni che non sono prese in considerazione dal ricorrente).
Il contributo all’attività dell’associazione è individuato dalle sentenze di merit (v. pag. 84 della sentenza impugnata) nell’incentivo e nel mantenimento della rete commerciale, strutturata con il doppio canale di raccolta, che era strumento imprescindibile per la realizzazione degli obiettivi dell’associazione criminale;
sicché il dato della rilevata sovrapposizione tra condotte integranti la violazione dell’art. 4 I. 401/1989 e condotta partecipativa è frutto. di un’analisi sol superficiale, in quanto essa prescinde dal fulcro del programma criminoso del sodalizio, ossia l’apprestamento dell’organizzazione necessaria per svolgere la vietata attività di intermediazione nella raccolta di scommesse on line, non autorizzata, dietro lo schermo della rete “ufficiale” delle società straniere autorizzate alla sola raccolta fisica delle scommesse.
Il profilo dell’elemento soggettivo (pagg. 84-86) è strettamente connesso al carattere peculiare dell’attività illecita organizzata, che ancora una volta era conosciuta dal ricorrente il quale era a perfetta conoscenza dei sistemi di realizzazione dei profitti dell’attività della raccolta di scommesse (cui prendeva parte egli stesso: pag. 84) e la differenza, evidente e consistente, della misura dei guadagni tra regime legale e sistema di raccolta abusiva.
Quanto al profilo dell’esistenza di sentenze che hanno escluso la partecipazione dei soggetti “apicali” ad associazioni per delinquere aventi il medesimo oggetto di quella contestata nel presente procedimento, si rinvia alle valutazioni che formano oggetto dell’esame del secondo motivo di ricorso
4.2. Il secondo motivo è carente del necessario carattere di specificità.
La critica rivolta alla sentenza impugnata, circa l’omessa valutazione da parte della Corte territoriale di talune sentenze indicate in ricorso, concerne prove documentali non allegate dalla parte con il ricorso, di cui non si chiarisce il contenuto e non si precisa la portata probatoria (quanto all’identità delle imputazioni e, quindi, del riferimento alla medesima associazione di cui tratta il processo). Il che rende non scrutinabile la censura in questa sede.
4.3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Il primo profilo della censura, fondato sull’errata valutazione del diverso esito del rapporto di collaborazione tra imputati e società estera (il ricorrente era stato licenziato, mentre altri imputati, come l’Abbadessa, avevano proseguito nel rapporto di lavoro), è inconferente quanto al criterio di proporzione tra le pene con i correi, trattandosi di diverse posizioni soggettive che i giudici di merito hanno correttamente valutato in autonomia, mettendo in risalto per ciascuno di essi i dati riferibili agli indicatori previsti dall’art. 133 cod. pen. per determinare la mis della risposta sanzionatoria; né può evocarsi alcun vizio della motivazione al riguardo, non risultando che il relativo giudizio di merito sia sostenuto da asserzioni irragionevoli o paradossali (Sez. 3, n. 9450 del 24/02/2022, COGNOME, Rv. 282839 – 01; Sez. 3, n. 27115 del 19/02/2015, COGNOME, Rv. 264020 – 01).
Quanto al secondo aspetto della doglianza, la Corte d’appello ha dato conto delle ragioni, già indicate dalla sentenza di primo grado, che hanno indotto a fissare la pena base (pag. 89) in misura superiore al medio edittale, apprezzando
a
il “contributo di rilevante importanza per la strategia dell’intero gruppo”; la differente valutazione che il ricorrente propone, reiterando gli argomenti dell’intervenuto licenziamento e dell’atteggiamento collaborativo, non mette in rilievo alcun vizio motivazionale apprezzabile a fonte della logica spiegazione resa dalla decisione sulla causale dell’interruzione del rapporto (“determinata dai problemi creati dalle reti commerciali calabresi facenti capo allo COGNOME che, non avendo programmato ed organizzato per tempo il passaggio al mercato legale, si erano trovate nell’incapacità di gestire avvedutamente le difficoltà conseguenti alle “sedimentazioni” criminali che avevano prosperato nel sistema Planetwin 365 e che risultavano difficili da estirpare”: pag.84).
5. Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è inammissibile.
5.1. Il primo motivo di ricorso è reiterativo delle censure formulate in grado di appello che, al contrario di quanto lamentato dal ricorrente, sono state esaminate e valutate dalla Corte territoriale che, con argomentazioni prive di vizi logici e fondate sul richiamo testuale a specifiche fonti di prova, sono state superate dalla sentenza.
La Corte, richiamando la dettagliata motivazione fornita dal giudice di primo grado (v. pagg. 155 ss.), ha considerato tutti gli aspetti ritenuti manchevoli o inadeguati dall’appellante; rispetto a quella motivazione il ricorrente, dopo aver formulato generiche censure di carenza della motivazione rispetto alle deduzioni formulate in appello, si concentra o su aspetti (il dichiarato del COGNOME, la sua genericità e il difetto di riscontri) che non hanno costituito parte essenziale e decisiva della piattaforma probatoria su cui è stata valutata la responsabilità dell’imputato; ovvero, su alternative letture dei dialoghi oggetto di intercettazione (con differenti interpretazioni delle espressioni e dei riferimenti, come per le questioni inerenti ai fidi che venivano concessi dall’organizzazione e dallo stesso COGNOME ai clienti per effettuare le scommesse, le vicende relative alle gestione dei rapporti commerciali e alle commissioni spettanti agli agenti e ai collaboratori, la stabilizzazione dell’Abbadessa dopo la sua estromissione dalla rete commerciale) che non possono formare oggetto di doglianza in sede di legittimità (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01).
Del tutto inconferenti i rilievi esposti con il motivo sul difetto di prova cir l’illecita percezione delle commissioni, il collegamento con la criminalità organizzata, l’agevolazione del conseguimento di profitti illeciti da parte dei presunti sodali; si tratta di aspetti che risultano eccentrici considerato l’oggetto dell’addebito, che riguardava la condotta di partecipazione ad un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati in materia di illecita raccolta di scommesse, rispetto alla quale gli elementi indicati dalla sentenza risultano
corretti e adeguati per sostenere il giudizio di responsabilità, essendo sufficiente la dimostrazione della consapevole partecipazione ad un’attività organizzata diretta alla gestione di sistemi di raccolta non consentita di scommesse (come ampiamente argomentato dalle decisioni di merito e come chiarito nell’esame del primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di COGNOME Domenico, supra, § 1.1.) senza che fosse necessaria la dimostrazione di altri elementi esterni alla fattispecie incriminatrice.
Per quanto attiene, infine, alla censura riguardante l’omessa risposta ai motivi di appello collegati al contenuto dei provvedimenti, di cui si è in parte già detto nell’esame del motivo di ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, va osservato che, pur avendo il ricorrente (a differenza del coimputato COGNOME adempiuto all’onere di allegare al ricorso il testo delle decisioni richiamate, i relativo contenuto rende evidente la manifesta infondatezza della censura.
In disparte la pacifica irrilevanza del decreto di archiviazione emesso dal G.i.p. del Tribunale di Roma, attesa l’inidoneità del relativo provvedimento nell’acquisire autorità di cosa giudicata e, quindi, nell’assumere portata probatoria in altro procedimento, la sentenza del Tribunale di Lecce del 15 settembre 2021 riguarda la contestazione di un’associazione operante “sino al 15 ottobre 2010” e, dunque, pacificamente diversa da quella oggetto del presente procedimento (che riguarda un contesto temporale del tutto diverso, operando il sodalizio sino all’anno 2017), oltre alla differente composizione soggettiva del sodalizio; quella del G.u.p. del Tribunale di Catania del 24 settembre 2019, concerne l’applicazione concordata della pena relativamente a reati che non comprendono alcuna contestazione di natura associativa.
L’omessa valutazione di quei dati da parte della Corte territoriale, in difetto della decisività dell’elemento pretermesso e della manifesta infondatezza della censura, non ha determinato conseguentemente alcun vizio della motivazione della sentenza e non comporta, secondo il costante orientamento di legittimità, alcuna causa di nullità della sentenza impugnata (Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, COGNOME, Rv. 276745 – 01; Sez. 3, n. 21029 del 03/02/2015, COGNOME, Rv. 263980 – 01; Sez. 5, n. 27202 del 11/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 256314 – 01).
5.2. Il secondo motivo è generico oltre che manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha motivato il diniego delle circostanze attenuanti generiche richiamando i precedenti penali e la gravità della condotta, così indicando gli elementi ostativi ritenuti rilevanti e prevalenti su ipotizzabili positivi (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549-02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269-01), risultando irrilevante l’omessa contestazione della recidiva che non incide sulla valutazione del giudicante.
6. In ragione delle statuizioni che precedono, la sentenza deve essere annullata nei confronti degli imputati COGNOME DomenicoCOGNOME NOME COGNOME COGNOME
e NOME Francesco quanto al capo della decisione che ha riconosciuto la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416
bis,
6 comma, cod.
pen.; il giudice di rinvio procederà a rinnovare il giudizio sul punto, alla stregua del principio di diritto enunciato, valutando l’intero compendio probatorio a
disposizione per accertare se sussistono gli elementi per affermare l’avvenuto impiego dei proventi conseguiti dall’associazione mafiosa, secondo i criteri indicati.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME
NOME e COGNOME NOME consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili d
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso
(Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME limitatamente all’aggravante di cui all’art. 416 bis 6 comma, cod. pen. con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio sul punto.
Rigetta nel resto i suddetti ricorsi.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6/12/2023