Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44359 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44359 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato il 31/03/1981 ad Ariano Irpino
COGNOME NOMECOGNOME nato il 18/03/1981 ad Ariano Irpino
COGNOME NOMECOGNOME nato il 02/09/1969 a Civitanova Marche
COGNOME NOMECOGNOME nato il 04/03/1983 ad Avellino
avverso la sentenza del 17/11/2023 della Corte d’appello di Napoli.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Ariano Irpino, con sentenza del 3 ottobre 2012 riteneva gli odierni ricorrenti responsabili dei reati loro rispettivamente ascritti di partecipazione ad associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti di varie tipologie (capo 1), facente capo a NOME COGNOME e operante sul mercato della droga di Ariano Irpino, nonché di acquisto, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, quali plurimi reati fine della relativa associazione, condannandoli alle pene di legge.
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 17 novembre 2023, in disparte la declaratoria di non doversi procedere in relazione ad alcuni reati fine (capi 2-6-810-12) per essere estinti per prescrizione, la concessione delle attenuanti generiche a COGNOME e la più favorevole rideterminazione delle pene nei confronti di tutti gli imputati, confermava nel resto quella di primo grado. In particolare, ribadiva il giudizio di responsabilità per il delitto associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobr 1990, n. 309, nella veste – NOME, COGNOME e COGNOME – di “corrieri” per conto dell’organizzazione diretta da COGNOME, “mediante la messa a disposizione di utenze cellulari e delle proprie auto per l’effettuazione dei viaggi finalizzati all’acquisto di droga presso i fornitori, NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché NOME e COGNOME anche quali addetti alla vendita dello stupefacente”, e COGNOME quale “stabile fornitore di hashish e cocaina”.
La Corte territoriale ribadiva la consistenza della ricostruzione probatoria dei fatti contestati, con riguardo alle specifiche condotte di partecipazione all’associazione criminale e ai singoli delitti fine, richiamando a fondamento del giudizio di colpevolezza gli esiti dell’attività investigativa compendiata nelle varie informative dei Carabinieri di Ariano Irpino, e valorizzando i contenuti delle numerose conversazioni intercettate, riscontrate dalle operazioni di osservazione, perquisizione, sequestro e arresto di polizia giudiziaria e dalle propalazioni auto- ed etero-accusatorie di COGNOME e COGNOME, appartenenti al clan COGNOME di Carinaro nel Casertano. Questi, divenuti collaboratori di giustizia nelle more della celebrazione del processo, hanno ammesso di avere rifornito sistematicamente l’organizzazione di COGNOME – la cui sala giochi fungeva da base logistica – fino al giugno 2002, con cadenza di una o due volte alla settimana, nella misura di 30/50 grammi di cocaina e di 1 /2 kg. o 1 kg. di hashish, dichiarando di conoscere “NOME” e di effettuare di volta in volta le consegne ai “ragazzi” inviati da COGNOME, mediante un consueto modus operandi e l’uso nei colloqui telefonici di un linguaggio criptico costituito da termini convenzionali per definire lo stupefacente oggetto delle singole forniture.
Quanto alla specifica posizione dei coimputati NOME e COGNOME, previa declaratoria di prescrizione dei plurimi reati fine (di cui ai capi 2-3-12 per il primo e
ai capi 2-6-8 per il secondo), lo stabile inserimento degli stessi nell’associazione diretta e organizzata da COGNOME, nella veste di “corrieri” addetti alla consegna e al trasporto di panetti di hashish e varie dosi di cocaina, era ritenuto provato da entrambi i giudici di merito alla stregua dei molteplici episodi in cui essi risultavano coinvolti, dall’utilizzo del medesimo schema operativo mediante il ricorso a parole convenzionali per definire il tipo di stupefacente, dalla messa a disposizione della propria persona, dell’auto e del telefono ai fini della consegna e del trasporto dei quantitativi di stupefacente di volta in volta concordati fra COGNOME e i fornitori.
Inoltre, quanto a COGNOME, la Corte, per dimostrare il perdurante e consolidato rapporto instauratosi nel tempo fra l’imputato, COGNOME e i fornitori, evidenziava il rilievo di una conversazione telefonica fra l’imputato e COGNOME, da cui risultava che il fornitore COGNOME era a conoscenza dell’utenza telefonica nella disponibilità dell’imputato.
Con riguardo a COGNOME, previa declaratoria di prescrizione del solo reato fine di cui al capo 10) e ritenuti viceversa non prescritti gli episodi di cessione a terzi di alcune dosi di cocaina di cui ai capi 4) e 5) – non derubricati alla ipotesi lieve per essere l’imputato inquadrato in un contesto associativo criminale -, lo stabile inserimento dello stesso nell’associazione diretta e organizzata da COGNOME, nella veste di “corriere” addetto alla consegna e al trasporto di panetti di hashish e varie dosi di cocaina, era ritenuto provato da entrambi i giudici di merito alla stregua dei molteplici episodi in cui egli risultava coinvolto, dall’utilizzo del medesimo schema operativo mediante il ricorso a parole convenzionali per definire il tipo di stupefacente, dalla messa a disposizione della sua persona (conosciuta dai fornitori come “NOME“), dell’auto e del telefono ai fini della consegna e del trasporto dei quantitativi di stupefacente, di volta in volta concordati fra COGNOME e i fornitori.
La Corte, infine, negava a Compagnone l’applicazione dell’attenuante speciale della collaborazione processuale (ex art. 8 legge n. 203 del 1991), poiché le sue parziali, generiche ed eccessivamente tardive dichiarazioni rese dopo la sentenza di primo grado non avevano recato alcun contributo aggiuntivo rispetto al già acquisito materiale probatorio circa l’identificazione delle persone e dei ruoli dei coimputati.
Avverso detta sentenza hanno presentato distinti ricorsi per cassazione i difensori degli imputati.
2.1. Il difensore di NOME, con ricorso datato 2 gennaio 2024, ha denunziato il vizio di mancanza, illogica o apparente motivazione, con riferimento all’affermazione di responsabilità in ordine al delitto di partecipazione al sodalizio criminoso diretto da COGNOME, di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 1),
trattandosi a suo avviso di un’ipotesi, non già di stabile, organico e consapevole inserimento nella struttura organizzativa, bensì di mero e occasionale concorso di persone nella commissione dei contestati episodi di acquisto, trasporto e spaccio di stupefacenti di cui ai capi 3-2a-2g-2h-12 (estinti per prescrizione). Non risulta provato che NOME abbia effettivamente frequentato la sala giochi di Cocco, considerata la base logistica del sodalizio, né che abbia svolto il ruolo di “corriere” oltre i quattro episodi contestati come reati fine, mentre non assumono un significativo rilievo le circostanze dell’avvenuto utilizzo di un’autovettura e di uri telefono cellulare nella sua disponibilità e di un linguaggio convenzionale per indicare la tipologia dello stupefacente. NOME sarebbe stato, pertanto, solo uno dei “ragazzi” incaricati da COGNOME di provvedere alla consegna e al trasporto della sostanza stupefacente da destinare al mercato della droga di Ariano Irpino, oggettc dei concreti accordi intervenuti di volta in volta fra COGNOME e i fornitori Cantone e Compagnone.
Lo stesso difensore, con un secondo ricorso in data 15 gennaio 2024, ha altresì denunziato per il profilo della violazione di legge l’omessa notifica all’imputato (contumace in prime cure, senza che ne fosse emesso il decreto di irreperibilità, e assente in secondo grado) dell’avviso per la prima udienza di appello del 4 ottobre 2016. Nella relata di notifica del 7 settembre 2016, allegata all’atto di impugnazione, si legge “non potuto notificare in quanto emigrato a Massa il 19/01/13 come da informazioni assunte c/o ufficio anagrafe”
2.2. Il difensore di COGNOME, con una serie di motivi di ricorso largamente sovrapponibili a quelli del coimputato NOMECOGNOME ha denunziato il vizio di carente o apparente motivazione con riguardo all’affermazione di responsabilità in ordine al delitto di partecipazione all’associazione criminale di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 1), versandosi a suo avviso in una fattispecie, non già di stabile, organico e consapevole inserimento nella struttura organizzativa, bensì di mero e occasionale concorso di persone nella commissione dei contestati episodi di acquisto, trasporto e spaccio di stupefacenti di cui ai capi 2e-2g-6-8 (estinti per prescrizione). Non risulta provato che COGNOME abbia effettivamente frequentato la sala giochi di Cocco, considerata la base logistica del sodalizio, né che abbia svolto il ruolo di “corriere” oltre gli episodi contestati come reati fine, mentre non assumono un significativo rilievo le circostanze dell’avvenuto utilizzo di un’autovettura e di un telefono cellulare nella sua disponibilità e di un linguaggio convenzionale per indicare la tipologia dello stupefacente. COGNOME, al pari di NOME, sarebbe stato, pertanto, solo uno dei “ragazzi” incaricati da COGNOME di provvedere alla consegna e al trasporto della sostanza stupefacente da destinare al mercato della droga di Ariano Irpino, oggetto dei concreti accordi intervenuti di volta in volta fra COGNOME e i fornitori COGNOME e COGNOME. Inoltre, il riferimento
della Corte territoriale a una presunta conoscenza dell’utenza telefonica dell’imputato da parte di COGNOME, che sarebbe desumibile da una conversazione telefonica intercorsa 1’8 giugno 2002 fra l’imputato e COGNOME, asseritamente dimostrativo di un consolidato rapporto instauratosi fra l’imputato, COGNOME e i fornitori, sarebbe frutto di un travisamento del reale contenuto del colloquio intercettato, dalla cui trascrizione (allegata in copia al ricorso) sarebbe risultato con chiarezza che era il COGNOME a disporre del numero di telefono del fornitore e non viceversa.
2.3. Il difensore di COGNOME, con una serie di motivi di ricorso largamente sovrapponibili a quelli dei coimputati NOME e COGNOME, ha denunziato il vizio di carente o apparente motivazione con riguardo all’affermazione di responsabilità in ordine al delitto di partecipazione all’associazione criminale di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 1), versandosi a suo avviso in una fattispecie, non già di stabile, organico e consapevole inserimento nella struttura organizzativa, bensì di mero e occasionale concorso di persone nella commissione dei contestati episodi di acquisto, trasporto e spaccio di stupefacenti (quattro e, rispettivamente, cinque confezioni di 5 bustine di cocaina), non dichiarati estinti per prescrizione. Non risulta provato che COGNOME (conosciuto dai fornitori come “NOME“) abbia effettivamente frequentato la sala giochi di Cocco, considerata la base logistica del sodalizio, né che abbia svolto il ruolo di “corriere” oltre gli episodi contestati come reati fine, mentre non assumono un significativo rilievo le circostanze dell’avvenuto utilizzo di un’autovettura e di un telefono cellulare nella sua disponibilità e di alcune parole convenzionali per indicare la tipologia dello stupefacente. COGNOME, citato da COGNOME e COGNOME solo perché conosciuto come “NOME” (cfr. i verbali di esame dei due coimputati allegati al ricorso), sarebbe stato, al pari di NOME e COGNOME, uno dei “ragazzi” incaricati da COGNOME di provvedere alla consegna e al trasporto della sostanza stupefacente da destinare al mercato della droga di Ariano Irpino, oggetto dei concreti accordi intervenuti di volta in volta fra COGNOME e i fornitori COGNOME e COGNOME. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto ai reati fine di cui ai capi 4) e 5), il ricorrente ha denunziato il vizio d mancanza o apparente motivazione circa la prova della destinazione dei modici quantitativi acquistati nelle due occasioni da Cantone al sodalizio criminale diretto da COGNOME e, in ogni caso, in ordine alla qualificazione dei fatti come di lieve entità ex art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, perciò estinti per prescrizione. L’argomento ostativo del preteso inserimento dell’imputato in un contesto associativo criminale sarebbe meramente apparente, siccome non sorretto da adeguata dimostrazione giustificativa.
2.4. Il difensore di COGNOME ha denunziato la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo all’ingiustificato diniego dell’attenuante premiale (ex art. 8 I. 12 luglio 1991, n. 203).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il difensore di NOMECOGNOME con il ricorso del 15 gennaio 2024, ha innanzitutto censurato la sentenza impugnata per il profilo della violazione di legge, denunziando l’omessa notifica dell’avviso all’imputato (contumace in prime cure, senza che ne fosse emesso il decreto di irreperibilità, e assente in secondo grado) per la prima udienza di appello del 4 ottobre 2016. Nella relata di notifica del 7 settembre 2016, allegata all’atto di impugnazione, si legge “anzi non potuto notificare in guanto emigrato a Massa in data 19/01/13 1 come da informazioni assunte c/o ufficio anagrafe”
Premesso che il diritto d’impugnazione può essere legittimamente esercitato dal medesimo difensore dell’imputato – come è avvenuto nel caso in esame mediante la proposizione di autonomi e reiterati atti anche di diverso contenuto, sempre che, in ossequio al principio di unicità dell’impugnazione e al fine di evitare l’insorgere del rischio di pronunce contrastanti sulla medesima regiudicanda, al momento di presentazione del secondo atto non sia già decorso il termine perentorio per il gravame e non sia intervenuta una decisione sull’impugnazione in ordine a quella precedentemente proposta (Sez. 1, n. 32593 del 19/05/2023, COGNOME, Rv. 285099; Sez. 3, n. 37196 del 19/11/2020, COGNOME, Rv. 280823; Sez. 1, n. 11600 del 09/01/2019, COGNOME, Rv. 274922), ritiene il Collegio che il motivo di ricorso in rito non sia fondato.
Occorre ribadire il principio di diritto per il quale la nullità, derivante dall esecuzione della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello presso il difensore di fiducia dell’imputato (come nel caso in esame, in cui l’avviso per la prima, effettiva, udienza di trattazione del 7 marzo 2017 è stato regolarmente notificato al difensore di fiducia ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen., che peraltro era stato già avvisato per la prima udienza di mero rinvio del 4 ottobre 2016), anziché nel domicilio dichiarato o eletto dall’imputato, siccome di ordine generale a regime intermedio, deve ritenersi sanata quando risulti provato che non ha impedito allo stesso di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto di difesa, ed è, comunque, priva di effetti se non dedotta tempestivamente, essendo soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184, comma 1, alle sanatorie generali di cui all’art. 183, alle regole di deducibilità di cui all’art. 182, oltre che ai termin rilevabilità di cui all’art. 180 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 46638 del 13/09/2019,
COGNOME, Rv. 278002; Sez. 6, n. 42755 del 24/09/2014, COGNOME, Rv. 260434; Sez. 6, n. 29677 del 24/06/2014, COGNOME, Rv. 259819; Sez. 6, n. 1742 del 22/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258131; Sez. 4, n. 15081 del 08/04/2010, COGNOME, Rv. 247033).
Pertanto, nella specie, la dedotta nullità deve intendersi sanata in quanto, tenuto conto del rapporto fiduciario tra il difensore e l’imputato, la notificazione non era stata inidonea a determinare la effettiva conoscenza dell’atto da parte di quest’ultimo e il difensore comparso fin dalla prima udienza dibattimentale e per l’intero, non breve, corso del giudizio di appello nulla ha eccepito al riguardo.
Mette inoltre conto di rilevare che l’odierno ricorso non offre alcuna specifica indicazione della concreta inidoneità della notifica a consentire l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario e la sua partecipazione al giudizio di appello. Sicché deve ritenersi per tale profilo inammissibile, per difetto di specificità, il relativo motivo di ricorso (Sez. 6, n. 24741 del 04/01/2018, COGNOME, Rv. 273101; Sez. 2, n. 1668 del 09/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268785; Sez. 6, n. 28971 del 21/05/2013, COGNOME, Rv. 255629).
I motivi di ricorso riguardo all’affermazione all’associazione dedita al meritano accoglimento. dei ricorrenti NOMECOGNOME e COGNOME con di responsabilità in ordine al delitto di partecipazione narcotraffico e diretta da COGNOME, risultano e
La Corte territoriale, nell’operazione valutativa del complessivo materiale probatorio, non ha infatti argomentato in modo adeguato, lineare e immune da vizi logici circa il disvelamento del reale significato dei colloqui intercettati e dell propalazioni dei collaboratori di giustizia in ordine all’effettivo perimetro operativo del ruolo e dei compiti svolti dai suddetti imputati nella concreta dinamica delle illecite attività realizzate sulla base degli incarichi di volta in volta loro affidat COGNOME capo e organizzatore del sodalizio dedito al narcotraffico nel territorio di Ariano Irpino.
La veste di “corrieri” attribuita agli stessi per le operazioni di consegna, trasporto, detenzione e cessione dei singoli quantitativi di hashish e cocaina, per le quali essi venivano di volta in volta incaricati da COGNOME all’esito dei contatti dello stesso con i due fornitori, Cantone e Compagnone, non appare di per sé dimostrativa di condotte di partecipazione all’associazione, in difetto di seri e obiettivi elementi idonei a dimostrarne l’effettiva intraneità al sodalizio criminale, anche con riguardo al profilo soggettivo.
Questa Corte di legittimità ha infatti affermato il principio per il quale, in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, lo svolgimento dell’attività di “corriere” per conto del sodalizio non costituisce, in sé
automaticamente, prova della partecipazione al reato associativo, qualora non venga dimostrato che il soggetto agente, consapevole dell’esistenza di un sodalizio volto alla commissione di una serie indefinita di reati nel settore degli stupefacenti, aderisca volontariamente a tale programma ed assicuri la sua stabile disponibilità ad attuarlo (Sez. 4, n. 18776 del 30/09/2016, COGNOME, Rv. 269881).
L’elemento distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti va individuato nel carattere dell’accordo criminoso, contemplante la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti, con permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti, i quali, anche al di fuori dei singoli reati programmati, assicurino la propria disponibilità duratura ed indefinita nel tempo al perseguimento del programma criminoso del sodalizio (Sez. 4, n. 51716 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 257906). Nell’ipotesi di concorso l’accordo si concretizza in via meramente occasionale, essendo diretto alla commissione di uno o più reati determinati anche nell’ambito del medesimo disegno criminoso, con la realizzazione dei quali si esaurisce l’accordo e cessa ogni motivo di allarme sociale; mentre nel reato associativo risulta diretto all’attuazione di un più vasto programma criminoso, per la commissione di una serie indeterminata di delitti, con la permanenza di un vincolo associativo tra i partecipanti, anche indipendentemente ed al di fuori dell’effettiva commissione dei singoli reati programmati (Sez. 6, n. 5150 del 16/01/2014, Nosa, Rv. 258570; Sez. 2, n. 933 del 11/10/2013, dep. 2014, Debbiche, Rv. 258009; Sez. 5, n. 42635 del 04/10/2004, Collodo, Rv. 229906).
Di tale principio non risulta che la Corte territoriale abbia fatto corretta applicazione nelle vicende in questione, inferendo la responsabilità per il reato associativo dal mero coinvolgimento degli imputati in alcune operazioni di consegna e trasporto di invero modesti quantitativi di droga da parte dei fornitori di Cocca, effettuate nell’arco temporale di pochi mesi.
Orbene, a fronte della brevità temporale del contributo partecipativo, dell’emersione di rari contatti con i fornitori – oltre quelli diretti con NOME COGNOME, degli spostamenti per la consegna e il trasporto di modesti quantitativi di droga, effettuati con la propria vettura e con l’uso del proprio telefono, della utilizzazione di parole convenzionali semplici e funzionali solo a identificare la tipologia dello stupefacente, i giudici di merito non spiegano da dove traggano la sicura prova, “al di là di ogni ragionevole dubbio”, dello stabile, organico e consapevole inserimento di NOME, COGNOME e COGNOME nell’associazione diretta e organizzata da COGNOME.
Neppure possono considerarsi espressione di una stabile e sistematica disponibilità all’attività di acquisto, trasporto e cessione di sostanze stupefacenti,
tali da fornire un rilevante e funzionale contributo causale al raggiungimento del fine di profitto perseguito dall’associazione finalizzata al narcotraffico, effettuata peraltro con la consapevolezza di farne parte ed avvalendosi continuativamente delle sue risorse, le circostanze sintomatiche indicate dalla Corte territoriale, quali: – l’esistenza di una base logistica nella sala giochi di Cocca; – la pluralità degli episodi in cui essi risultavano coinvolti; – l’utilizzo del medesimo schema operativo mediante il ricorso a parole convenzionali per definire il tipo di stupefacente; – la disponibilità della propria persona, dell’auto e del telefono ai fini della consegna e del trasporto dei quantitativi di stupefacente di volta in volta concordati fra COGNOME e i fornitori.
Non risulta infatti provato che gli imputati frequentassero la sala giochi di Cocca, né che avessero svolto i compiti di “corrieri” al di là dei pochi episodi ad essi contestati come reati fine. Né assumono un significativo rilievo le circostanze dell’avvenuto utilizzo di autovetture e telefoni cellulari nella propria disponibilità e d uno scarno linguaggio convenzionale al mero scopo di indicare la tipologia dello stupefacente richiesto.
In particolare, quanto alla posizione di COGNOME, la ritenuta conoscenza dell’utenza telefonica dell’imputato da parte del fornitore COGNOME, desumibile secondo la Corte territoriale da una conversazione telefonica intercorsa 1’8 giugno 2002 fra COGNOME e COGNOME asseritamente dimostrativa di un consolidato rapporto instauratosi fra il primo e i fornitori della droga, risulta obiettivamente frutto travisamento dell’effettivo tenore del colloquio captato, dalla cui trascrizione (allegata in copia al ricorso) si evince chiaramente che era il COGNOME a disporre del numero di telefono del fornitore presso il quale doveva recarsi per la consegna dello stupefacente e non viceversa.
NOME, COGNOME e COGNOME, anche alla stregua di quanto sostenuto dai collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME, erano dunque i “ragazzi” incaricati da COGNOME di provvedere alla consegna e al trasporto della sostanza stupefacente da destinare al mercato della droga di Ariano Irpino, oggetto dei concreti accordi intervenuti di volta in volta fra COGNOME e i fornitori del casertano.
Sicché, in linea generale, la motivazione della sentenza impugnata (come quella di prime cure), non rispondendo adeguatamente alle specifiche doglianze già mosse con i motivi d’appello in ordine al reale peso probatorio dei dati probatori acquisiti, non si presenta congruamente e logicamente argomentata nella ricostruzione probatoria delle vicende e nei relativi apprezzamenti di merito, ed è perciò censurabile in sede di controllo di legittimità per il profilo della correttezza delle inferenze tratte dal tenore delle conversazioni intercettate e delle propalazioni dei collaboratori di giustizia.
Attesa la ormai risalente configurazione storica (fino al giugno 2002) della fattispecie associativa oggetto del presente giudizio, che ne rende praticamente impossibili ulteriori approfondimenti fattuali delle lacune e delle criticit argomentative in merito alla relativa ricostruzione probatoria e perciò superfluo il rinvio, s’impone ex art. 620 lett. I) cod. proc. pen. la pronuncia di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti dei ricorrenti COGNOME, COGNOME e COGNOME, relativamente all’imputazione di cui al capo 1), per non avere commesso il fatto.
Con riguardo alla specifica posizione di COGNOME, per il quale la Corte territoriale ha dichiarato prescritto il solo reato fine di cui al capo 10), ritenend viceversa non prescritti gli episodi di cessione a terzi di alcune, invero modiche, dosi di cocaina acquistate da Cantone di cui ai capi 4) e 5), non derubricati alla ipotesi lieve ex art. 73, comma 5 d.P.R. 309 del 1990, per l’affermato inserimento dell’imputato in un contesto associativo criminale, siffatto argomento ostativo, alla luce di quanto sopra detto circa il perimetro dell’opera di “corriere” dell’imputato, non appare più sorretto da adeguata dimostrazione giustificativa.
Sicché, previa qualificazione dei fatti come di lieve entità (non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto e apparendo quindi superfluo il rinvio), la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 620 lett. l) cod. proc. pen., va annullata senza rinvio nei confronti di COGNOME per essere i reati di cui ai capi 4) e 5) estinti per prescrizione.
Il difensore di COGNOME ha denunziato la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo all’ingiustificato diniego dell’attenuante premiale di cui all’art. 8 legge n. 203 del 1991.
Osserva preliminarmente il Collegio che la speciale circostanza attenuante prevista per i collaboratori di giustizia dall’art. 8 di. n. 152 del 1991, conv. in legge n. 203 del 1991, si applica solo ai delitti di cui all’art. 416-bis cod. pen. ed a quell commessi avvalendosi delle condizioni previste da detta norma per agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso. Sicché essa si può applicare solo nel caso in cui la condotta dissociativa dell’imputato abbia aiutato la ricerca degli autori di un reato con finalità mafiosa, e non anche quando abbia agevolato le attività investigative inerenti a reati in materia di stupefacenti, per i quali soccorre la differente attenuante di cui all’art. 74, comma 7, d.P.R. n. 309 del 1990, che si applica a colui che si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato previsto dall’art. 74 o per sottrarre al traffico illecito di stupefacenti risorse decisi per la commissione dei delitti.
Si tratta di circostanze premiali aventi diversi ambiti di operatività, in quanto dirette ad evitare, attraverso una sorta di ravvedimento post delictum, che il reato associativo, cui rispettivamente si riferiscono, sia portato ad ulteriori conseguenze, precisandosi che le due attenuanti possono trovare simultanea applicazione solo nell’ipotesi in cui il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso concorra con quello di associazione finalizzata alla commissione di reati concernenti il traffico di stupefacenti (Sez. 2, n. 5771 del 23/09/2022, dep. 2023, Gallo, Rv. 28440701; Sez. 6, n. 27784 del 05/04/2017, COGNOME, Rv. 270399; Sez. 6, n. 1395 del 14/10/2014, dep. 2015, Valentino, Rv. 261797; Sez. 6, n. 29626 del 11/03/2010, COGNOME, Rv. 248194.
Ciò posto, ritiene il Collegio che il mancato riconoscimento per Compagnone dell’attenuante premiale sia insindacabile in sede di legittimità, avendo entrambi i giudici del merito concordemente e motivatamente escluso, in linea di fatto, che le dichiarazioni e le ammissioni di responsabilità dell’imputato, siccome parziali, generiche ed eccessivamente tardive perché rese dopo la sentenza di primo grado, avessero recato alcun utile contributo aggiuntivo rispetto al già acquisito materiale investigativo e probatorio circa l’identificazione delle persone e dei ruoli dei coimputati.
Il ricorso di COGNOME si palesa pertanto inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta equa, di tremila euro alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, relativamente al reato di cui al capo 1), per non avere commesso il fatto. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME relativamente ai reati di cui ai capi 4) e 5), per essere, previa riqualificazione ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, estinti per intervenuta prescrizione.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/10/2024