Associazione con pregiudicati: la Cassazione conferma la condanna
L’associazione con pregiudicati è una condotta che, in determinate circostanze, può costituire reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un uomo condannato per questa fattispecie, chiarendo i limiti del ricorso e la rilevanza delle giustificazioni addotte dall’imputato. La pronuncia sottolinea l’importanza di contestare specificamente le motivazioni di una sentenza, anziché richiedere un semplice riesame dei fatti.
I Fatti di Causa
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale. Successivamente, la Corte d’Appello, pur riconoscendo l’unicità del reato, ha parzialmente riformato la sentenza, riducendo la pena a otto mesi di reclusione per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del d.lgs. 159/2011. L’imputazione contestata era quella di essersi associato a persone con precedenti penali.
L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo, tra le altre cose, che i suoi incontri con i soggetti pregiudicati fossero inevitabili, date le piccole dimensioni del comune di residenza. A suo dire, non vi era una reale volontà di frequentare tali individui, ma si trattava di circostanze fortuite.
Il ricorso per l’associazione con pregiudicati e la decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici supremi hanno osservato che la Corte territoriale aveva già valutato e respinto l’argomentazione dell’imputato con una motivazione considerata adeguata e non manifestamente illogica.
Secondo la Corte d’Appello, infatti, i cinque episodi contestati integravano pienamente il reato, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo. La giustificazione basata sulla vita in un piccolo centro abitato è stata ritenuta insufficiente a escludere la responsabilità penale. La Cassazione ha rilevato che il ricorrente, nel suo gravame, non si è confrontato in modo specifico con tale ragionamento, limitandosi a lamentare una violazione di legge e a richiedere una diversa valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale dell’ordinanza si basa sulla natura del giudizio di cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo di legittimità. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare le prove e i fatti come farebbe un giudice di primo o secondo grado.
Nel caso di specie, il ricorrente non ha evidenziato vizi di legittimità o palesi illogicità nel percorso argomentativo della Corte d’Appello. Al contrario, ha tentato di ottenere una nuova e più favorevole interpretazione degli elementi di merito, il che è inammissibile. La Corte ha quindi ribadito che, di fronte a un ragionamento coerente e ben fondato dei giudici di merito, il ricorso che si limita a proporre una lettura alternativa dei fatti non può essere accolto.
Conclusioni
La decisione riafferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione deve basarsi su specifici motivi di diritto e non può trasformarsi in un appello mascherato. La condanna per associazione con pregiudicati è stata pertanto confermata, non perché la Cassazione abbia riesaminato i fatti, ma perché ha giudicato il ricorso incapace di scalfire la logicità e la correttezza giuridica della sentenza impugnata. Come conseguenza dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Vivere in un piccolo paese giustifica la frequentazione di persone con precedenti penali?
No. Secondo la sentenza, le piccole dimensioni del comune di residenza non sono state ritenute una giustificazione sufficiente per escludere la responsabilità penale, in quanto i giudici di merito hanno accertato che gli incontri contestati integravano il reato.
Qual è il ruolo della Corte di Cassazione in un processo penale?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti e le prove, ma verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 567 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 567 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SALERNO il 17/04/1980
avverso la sentenza del 11/07/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che la Corte di appello di Salerno ha parzialment riformato (ritenendo l’unicità del reato) quella emessa dal Tribunale della s città in data 15 settembre 2022, ed ha ridotto la pena inflitta a NOME COGNOME in mesi otto di reclusione per il reato di cui all’art.75, comma 2, d.lgs. 15 per essersi associato a pregiudicati;
Rilevato che la Corte territoriale – con motivazione adeguata e non manifestamente illogica – ha respinto il gravame dell’imputato quanto al pro della responsabilità, escludendo la inevitabilità dei suoi incontri con i s pregiudicati per le dedotte piccole dimensioni del comune di residenz confermando quindi che i cinque episodi oggetto di imputazione integravano il reato contestato sotto il profilo oggettivo e soggettivo;
Rilevato che il ricorrente non si confronta in modo specifico rispetto a t coerente ragionamento svolto dalla Corte di appello e, pur lamentando violazione di legge, chiede una differente (ed inammissibile) valutazione de elementi di merito rispetto al trattamento sanzionatorio;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, co conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, i mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cas delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in Roma il 7 dicembre 2023.