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Associazione con pregiudicati: quando è reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per associazione con pregiudicati. La difesa sosteneva che gli incontri fossero inevitabili a causa delle ridotte dimensioni del comune di residenza, ma i giudici hanno confermato la decisione della Corte d’Appello, ritenendo che il ricorso non contestasse vizi logici o giuridici della sentenza, ma richiedesse un inammissibile riesame dei fatti.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione con pregiudicati: la Cassazione conferma la condanna

L’associazione con pregiudicati è una condotta che, in determinate circostanze, può costituire reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un uomo condannato per questa fattispecie, chiarendo i limiti del ricorso e la rilevanza delle giustificazioni addotte dall’imputato. La pronuncia sottolinea l’importanza di contestare specificamente le motivazioni di una sentenza, anziché richiedere un semplice riesame dei fatti.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale. Successivamente, la Corte d’Appello, pur riconoscendo l’unicità del reato, ha parzialmente riformato la sentenza, riducendo la pena a otto mesi di reclusione per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del d.lgs. 159/2011. L’imputazione contestata era quella di essersi associato a persone con precedenti penali.

L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo, tra le altre cose, che i suoi incontri con i soggetti pregiudicati fossero inevitabili, date le piccole dimensioni del comune di residenza. A suo dire, non vi era una reale volontà di frequentare tali individui, ma si trattava di circostanze fortuite.

Il ricorso per l’associazione con pregiudicati e la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici supremi hanno osservato che la Corte territoriale aveva già valutato e respinto l’argomentazione dell’imputato con una motivazione considerata adeguata e non manifestamente illogica.

Secondo la Corte d’Appello, infatti, i cinque episodi contestati integravano pienamente il reato, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo. La giustificazione basata sulla vita in un piccolo centro abitato è stata ritenuta insufficiente a escludere la responsabilità penale. La Cassazione ha rilevato che il ricorrente, nel suo gravame, non si è confrontato in modo specifico con tale ragionamento, limitandosi a lamentare una violazione di legge e a richiedere una diversa valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione centrale dell’ordinanza si basa sulla natura del giudizio di cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo di legittimità. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare le prove e i fatti come farebbe un giudice di primo o secondo grado.

Nel caso di specie, il ricorrente non ha evidenziato vizi di legittimità o palesi illogicità nel percorso argomentativo della Corte d’Appello. Al contrario, ha tentato di ottenere una nuova e più favorevole interpretazione degli elementi di merito, il che è inammissibile. La Corte ha quindi ribadito che, di fronte a un ragionamento coerente e ben fondato dei giudici di merito, il ricorso che si limita a proporre una lettura alternativa dei fatti non può essere accolto.

Conclusioni

La decisione riafferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione deve basarsi su specifici motivi di diritto e non può trasformarsi in un appello mascherato. La condanna per associazione con pregiudicati è stata pertanto confermata, non perché la Cassazione abbia riesaminato i fatti, ma perché ha giudicato il ricorso incapace di scalfire la logicità e la correttezza giuridica della sentenza impugnata. Come conseguenza dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Vivere in un piccolo paese giustifica la frequentazione di persone con precedenti penali?
No. Secondo la sentenza, le piccole dimensioni del comune di residenza non sono state ritenute una giustificazione sufficiente per escludere la responsabilità penale, in quanto i giudici di merito hanno accertato che gli incontri contestati integravano il reato.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione in un processo penale?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti e le prove, ma verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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