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Associazione camorristica: prova della partecipazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo accusato di partecipazione ad un’associazione camorristica con il ruolo di custode delle armi. La Corte ha ritenuto che le prove, composte da dichiarazioni di collaboratori di giustizia e intercettazioni recenti, formassero un quadro indiziario solido e coerente, confermando la misura della custodia cautelare in carcere. Il ricorso è stato respinto in quanto mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione camorristica: la Cassazione sulla continuità del ruolo di custode delle armi

La recente sentenza n. 5337/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante analisi sulla valutazione degli indizi per il reato di partecipazione ad associazione camorristica. Il caso esamina come elementi probatori risalenti nel tempo, quali le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, possano essere saldati con risultanze investigative più recenti, come le intercettazioni, per delineare un quadro di stabile appartenenza a un sodalizio criminale.

I Fatti del Caso

Il Tribunale del riesame di Napoli confermava un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un soggetto, indagato per due reati: partecipazione a un’associazione di stampo camorristico e detenzione illecita di armi da fuoco. Secondo l’accusa, l’indagato svolgeva un ruolo cruciale all’interno del clan: quello di custode delle armi del gruppo.

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la solidità del quadro indiziario relativo alla partecipazione all’associazione criminale. In particolare, si sosteneva che:
1. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia erano datate (risalenti al 2013) e, all’epoca, non erano state ritenute sufficientemente specifiche per coinvolgere l’indagato.
2. Le intercettazioni più recenti erano poche e generiche. Secondo la difesa, da una conversazione emergeva solo il timore dell’indagato di essere vittima di violenza da parte di un clan rivale, non un ruolo attivo come custode delle armi.

In sintesi, la difesa argomentava che le scarse risultanze investigative non permettevano di configurare una partecipazione stabile e organica al clan, ma al massimo un’ipotesi di detenzione di armi.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le argomentazioni della difesa non evidenziavano vizi di legittimità (come violazioni di legge o manifesta illogicità della motivazione), ma si limitavano a proporre una lettura alternativa degli elementi indiziari. Tale operazione, che costituisce una rivalutazione del merito, è preclusa in sede di legittimità.

Le Motivazioni: la prova della partecipazione all’associazione camorristica

La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale del riesame immune da censure. Il ragionamento dei giudici di merito si fondava sulla combinazione di diversi elementi, che insieme creavano un quadro indiziario grave, preciso e concordante.

La Convergenza tra Vecchie e Nuove Prove

Il punto centrale della decisione è la valorizzazione delle dichiarazioni dei collaboratori. Sebbene datate, esse descrivevano l’indagato come un soggetto stabilmente inserito nelle dinamiche del clan, con il compito specifico di occultare e custodire le armi. Questo dato storico, secondo la Corte, ha riacquistato piena attualità grazie alle intercettazioni recenti. Le conversazioni captate, infatti, hanno mostrato la continuità di tale attività, svolta nell’interesse del gruppo criminale. Emergeva, inoltre, il pieno coinvolgimento del ricorrente nelle fasi di conflitto con un clan rivale.

L’Interpretazione delle Intercettazioni

Contrariamente alla lettura ‘riduttiva’ proposta dalla difesa, la Cassazione ha avallato l’interpretazione del Tribunale. Da un’intercettazione chiave, l’indagato non appariva come una potenziale vittima, ma come un soggetto pienamente coinvolto nelle dinamiche associative, consapevole del suo ruolo e dei rischi connessi. Un passaggio emblematico, sottolineato nell’ordinanza, è quello in cui l’indagato si diceva pronto a “buttare a terra” la palazzina del capo del clan rivale, dimostrando un atteggiamento proattivo e non di mera paura.

Il Ruolo Strategico del Custode delle Armi

La Corte ha infine evidenziato l’importanza strategica del compito di custode delle armi, specialmente in un contesto di alta conflittualità per il controllo del territorio. Tale ruolo presuppone un elevato grado di fiducia da parte dei vertici del clan e suggella definitivamente la gravità indiziaria della partecipazione. Nel caso di specie, questo legame fiduciario era ulteriormente corroborato dai legami di parentela dell’indagato con figure di spicco dell’organizzazione criminale.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: la valutazione del materiale indiziario è compito del giudice di merito. Alla Corte di Cassazione spetta solo il controllo sulla correttezza giuridica e sulla logicità del ragionamento seguito, non la possibilità di sostituire la propria interpretazione dei fatti a quella del tribunale. La decisione dimostra come la prova di un reato associativo possa essere costruita attraverso la lettura combinata di elementi di diversa natura e provenienza temporale, capaci di illuminarsi a vicenda e di delineare un quadro coerente di partecipazione stabile e consapevole a un’organizzazione criminale.

Dichiarazioni di collaboratori di giustizia molto datate possono essere utilizzate per giustificare una misura cautelare attuale?
Sì, la Corte ha ritenuto che tali dichiarazioni possano essere valorizzate se trovano riscontro e attualità in elementi investigativi più recenti (come le intercettazioni), dimostrando la continuità della condotta criminale nel tempo.

Quale ruolo è stato considerato decisivo per dimostrare la partecipazione all’associazione camorristica?
Il ruolo di custode delle armi del sodalizio è stato ritenuto di importanza strategica. Questo compito, secondo la Corte, presuppone un elevato grado di fiducia da parte dei vertici e dimostra un inserimento stabile e organico dell’individuo nelle dinamiche del clan.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare vizi di legittimità (violazioni di legge o manifesta illogicità della motivazione), proponeva una lettura alternativa e parziale degli elementi indiziari. Questo equivale a una richiesta di rivalutazione del merito, che non è consentita nel giudizio di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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