Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20938 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20938 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a BARI il 05/09/1992 COGNOME NOME nato a BARI il 16/06/1986 COGNOME NOME nato a BARI il 01/10/1992 COGNOME NOME nato a BARI il 24/06/1986 COGNOME NOME nato a BARI il 11/08/1980 COGNOMENOME nato a BARI il 22/07/1990 COGNOME NOME nato a BARI il 22/01/1993 COGNOME NOME nato a BARI il 04/10/1983 COGNOME nato a BARI il 16/12/1975 COGNOME nato a BARI il 20/06/1989 COGNOME NOME nato a BARI il 01/11/1993 COGNOME NOME nato a BARI il 18/10/1993
avverso la sentenza del 24/06/2024 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso per l’annullamento con rinvio quanto al ricorso di COGNOME Michele in ordine alla indicazione della data di cessazione della permanenza del reato associativo; inammissibilità per gli altri ricorsi.
E’ presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di BARI in difesa di NOME COGNOME il quale si riporta alle conclusioni dei precedenti difensori, chiede l’assoluzione dell’imputato e l’accoglimento dei motivi di ricorso.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di NAPOLI in difesa di COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME il quale preliminarmente chiede l’estensione del motivo di ricorso redatto dal difensore di COGNOME NOMECOGNOME relativamente alla qualificazione del fatto di cui al capo 1) nell’ambito del reato di cu all’art. 74 comma 6 del dpr 309/90; si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di BARI in sostituzione ex art. 102 c.p.p., come da nomina che deposita, dell’avvocato COGNOME del foro di BARI in difesa di COGNOME il quale si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di BARI in difesa di COGNOME NOME che si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di BARI in difesa di COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME anche in sostituzione dell’avvocato COGNOME del foro di BARI difensore di COGNOME il quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento. COGNOME
RITENUTO 1N FATTO
1.La Corte di appello di Bari, con sentenza pronunciata in data 24 giugno 2024, sugli appelli proposti tra l’altro da tutti gli odierni ricorrenti COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME avverso la sentenza del Tribunale di BARI che aveva deciso all’esito di rito abbreviato, rigettava le impugnazioni concernenti la richiesta di esclusione delle circostanze aggravanti del numero degli associati e dell’essere l’associazione armata e la richiesta del giudizio di prevalenza delle riconosciute circostanze attenuanti generiche e, in accoglimento dei motivi di appello concernenti la esclusione di posizioni apicali di taluni associati (COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME) e la continuazione esterna rispetto a fatti in precedenza giudicati con sentenze irrevocabili (COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME rideterminava la pena nei confronti di:
COGNOME NOME anni nove di reclusione. COGNOME NOME anni nove di reclusione COGNOME NOME anni nove di reclusione. COGNOME NOME anni sette mesi due di reclusione. COGNOME NOME anni otto mesi due di reclusione. COGNOME NOME anni undici di reclusione
Confermava l’affermazione di penale responsabilità a carico di tutti gli altri imputati appellanti anche in relazione ai reati fine ad essi rispettivamente ascritti e all misura dei trattamenti sanzionatori di seguito specificati:
NOME anni sei mesi dieci di reclusione.
COGNOME NOME sei mesi dieci di reclusione.
COGNOME NOME anni sette mesi otto di reclusione.
COGNOME Domenico anni otto mesi sei di reclusione.
COGNOME Gregorio anni sette mesi otto di reclusione.
NOME sei mesi otto di reclusione.
2. Il giudice distrettuale, a fronte della rinuncia ai motivi di appello da parte tutti gli imputati, ad eccezione di NOMECOGNOME in ordine alla affermazione di responsabilità dei ricorrenti con riferimento al delitto associativo di cui all’art comma 2 D.P.R. 309/90, ha affrontato le doglianze degli appellanti con riferimento
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alle posizioni apicali all’interno dell’organizzazione criminosa, escludendone la ricorrenza, nonché delle circostanze aggravanti riconosciute dal giudice di prima cure del numero degli associati e della dotazione di armi, disattendendo le censure degli appellanti sul punto.
Rideterminava la pena nei confronti degli imputati ai quali era stato escluso il ruolo verticistico e agli imputati che avevano prospettato il vincolo della continuazione esterna in relazione a fatti separatamente giudicati, ad eccezione di COGNOME NOME. Disattendeva le altre richieste in punto di trattamento sanzionatorio concernenti il giudizio di valenza tra circostanze di segno opposto e di dosimetria della pena.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione le difese dei suddetti imputati.
3.1 NOME ha avanzato tre motivi di ricorso.
3.1.1. Con il primo motivo assume erronea applicazione di legge per nullità del giudizio in ragione della genericità del decreto che ha disposto il giudizio immediato per omessa indicazione, in forma chiara e precisa, dei fatti storici rispetto ai quali stata promossa l’azione penale in ordine al capo sub 1 concernente il delitto associativo stigmatizzando, mediante il richiamo alla contestazione, la mancanza di puntualità dei fatti ascritti al ricorrente, omissione non sanabile nell’ambito di giudizio abbreviato secco, che non consente la modificazione del tema di accusa.
3.1.2. Con una seconda articolazione assume la manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso la censura sopra evidenziata e ha riconosciuto la partecipazione dell’COGNOME al sodalizio criminoso in assenza di un riscontro probatorio che in grado di collegare il ricorrente agli altri sodali, tenuto altresì conto della genericità del capo imputazione, dell’assenza di riferimenti alla persona dell’COGNOME negli appunti rinvenuti nella disponibilità del coimputato COGNOME della manifesta insufficienza del rionoscimento fotografico dell’COGNOME operato dal COGNOME, abituale acquirente dal sodalizio, il quale non era stato in grado di attribuire neppure una identità al soggetto che aveva riconosciuto in fotografia e dell’assoluta irrilevanza dell’arresto del prevenuto in flagranza di reato, in quanto l’attività di spaccio nel quale era stato sorpreso era stata occasionale e priva di collegamenti con una operatività strutturata nel settore degli stupefacenti.
3.1.3. Con una terza articolazione assume mancanza di motivazione con riferimento alla riconosciuta circostanza aggravante di cui all’art.74, comma 4 dPR 309/90 – associazione armata – con particolare riferimento alla mancata risposta alle argomentazioni dell’atto di appello concernenti la mancanza di consapevolezza da parte del ricorrente dell’esistenza di una dotazione di armi, rinvenute dagli
inquirenti nei pressi dei luoghi di spaccio, ovvero nella disponibilità di due degl asseriti sodali (COGNOME e COGNOME NOME).
3.2. COGNOME NOME ha articolato due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso assume violazione di legge e difetto motivazionale con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle ritenute circostanze aggravanti, sebbene la Corte avesse segnalato il corretto comportamento processuale del ricorrente, concretizzatosi nella rinuncia alla impugnazione in relazione all’affermazione di responsabilità penale e alla esclusione del ruolo di organizzatore e capo del sodalizio, ravvisando al contrario profili di gravità dell’azione delittuosa pur no risultando il BOCCASILE coinvolto negli episodi di spaccio più significativi per quantità di stupefacente ceduto, mentre i reati fine indicati in imputazione descrivono un fenomeno riconducibile al piccolo spaccio al minuto, tale da ridimensionare la portata offensiva dell’organizzazione criminale.
3.2.1. Con una seconda articolazione assume violazione di legge e manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione alla riconosciuta circostanza aggravante di cui all’art.74 comma 4 d.PR 309/90 – associazione armata- sia in ragione della mancanza di prova della riferibilità all’organizzazione delle armi rinvenute nascoste nei pressi dei luoghi di spaccio e in particolare quelle rinvenute in aperta campagna, sia in ragione della mancanza di un coefficiente di prevedibilità della disponibilità di armi in capo ai singoli associati, e in particolare COGNOME il quale risultava ristretto agli arresti domiciliari all’epoca dei fatti, no sussistendo alcuna reale necessità della dotazione di armi per un gruppo dedito all’attività di spaccio al minuto e non risultando altresì acclarato che l’uso dell armi non fosse esclusivamente personale.
3.3. COGNOME NOME ha articolato un unico motivo di ricorso con il quale assume violazione di legge e nullità della sentenza per non avere il giudice di appello motivato in ordine alla censura in appello, non rinunciata, di riconoscere la cessazione della partecipazione del RAGIONE_SOCIALE all’associazione a fare data dal 18 giugno 2018, epoca in cui era stato tratto in arresto, questione dedotta per la prima volta nei motivi di appello e sulla quale non era intervenuta nessuna pronuncia.
3.4. La difesa di COGNOME NOME ha articolato due motivi di ricorso.
3.4.1. Con il primo motivo assume inosservanza dell’art.598 cod. proc .pen. in relazione all’art.546, comma 1 lett.e) cod. proc. pen. per omessa motivazione con riferimento ai motivi di appello non rinunciati concernenti il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, pure riconosciute. Con il secondo denuncia analoga inosservanza con riferimento alla richiesta di contenimento al minimo
dell’aumento stabilito a titolo di continuazione. Le censure non erano state affatto considerate e, in relazione alla continuazione non risultavano evidenziati in alcun passaggio i criteri che avevano orientato la Corte nell’esercizio della propria discrezionalità, tenuto conto che i singoli aumenti apportati agli altri imputati erano pari a mesi tre di reclusione per ciascun capo di imputazione che afferiva a un reato fine, mentre nel caso in specie era stato applicato un diverso criterio di giudizio per la continuazione esterna non considerando che, una volta riconosciuto il vincolo della continuazione con i fatti separatamente giudicati, gli stess andavano valutati nell’orbita associativa e comunque ricondotti alla complessiva e unitaria vicenda in relazione alla quale era stato riconosciuto il vincolo con i delit commessi nell’ambito associativo.
3.5. COGNOME NOME e COGNOME NOME, assistiti dal medesimo difensore, si sono affidati a sei motivi di ricorso.
3.5.1. Con il primo deducono violazione di legge e mancanza di motivazione, anche in relazione a quanto devoluto nei motivi di appello, con riferimento all’affermazione di responsabilità in relazione al capo 19 della rubrica, relativo ad una fornitura di stupefacente da COGNOME NOME, tenuto conto di una totale carenza grafica di motivazione sul punto, anche in relazione agli argomenti proposti nei motivi di appello e con particolare con riferimento a quanto affermato dal Tribunale del Riesame nel corso delle indagini, che aveva escluso la gravità indiziaria nei confronti del fornitore COGNOME in ragione di una carente prova intercettiva, della risalenza dei contatti tra COGNOME e COGNOME e dell’impossibilità di accertare la natura dei beni che avevano formato oggetto di scambio.
3.5.2. Con una seconda articolazione deducono violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’affermazione di responsabilità del COGNOME in relazione alla cessione di stupefacente di cui al capo 18, pure sequestrato in quanto rinvenuto all’interno di autovettura in cui si trovavano due persone del tutto estranee alle dinamiche associative, evidenziando l’assoluta illogicità dell’impianto argomentativo fondato su criteri di verosimiglianza e non di ‘certezza processuale che aveva riconosciuto la responsabilità del COGNOME in una veste diversa da quella tracciata dal giudice di primo grado (che indicava avere svolto il ruolo di staffetta) in assenza peraltro di intercettazioni antecedenti e successive il sequestro che potessero contribuire a lumeggiare il ruolo del COGNOME come fornitore dello stupefacente.
3.5.3. Con il terzo motivo di ricorso assume violazione di legge e vizio motivazionale, per motivazione apparente e illogica, in ordine alla sussistenza di una associazione dedita al traffico di stupefacente di lieve entità con travisamento della prova sul punto, qualificazione giuridica che avrebbe dovuto essere data dalla
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stessa Corte di appello ai sensi dell’art.597 cod. proc. pen. dopo avere valutato la circostanza, che emergeva anche dalla sentenza di primo grado, che l’attività dell’associazione si esauriva in episodi di spaccio di minime quantità di stupefacente dal valore economico singolarmente trascurabile
3.5.4. Con una quarta articolazione assume violazione di legge e vizio motivazionale, per motivazione manifestamente illogica e congetturale, con riferimento al riconoscimento della circostanza aggravante dell’associazione armata, atteso che non era stata fornita adeguata dimostrazione della riferibilità delle armi rinvenute a componenti dell’associazione, in quanto erano rinvenute in nascondigli accessibili a tutti e comunque l’utilizzazione di armi da parte di alcuni soli dei componenti dell’associazione non poteva ridondare in termini negativi nei confronti di tutti i componenti sulla base di una valutazione meramente congetturale fondata su massime di esperienza, quali la necessità di controllo dei luoghi di spaccio e la comunanza di nascondiglio con la droga.
3.5.5. Con l’ultima articolazione la difesa dei ricorrenti lamenta vizio motivazionale in relazione alla misura degli aumenti apportati per i reati avvinti dal rapporto di continuazione che era stata indicata nella misura di tre mesi per il COGNOME e in sei mesi per il COGNOME in violazione degli obblighi motivazionali indicati dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite COGNOME, impedendo di controllare l’esercizio legittimo della discrezionalità da parte dei giudici di merito nella dosimentria del trattamento sanzionatorio.
3.6. La difesa di COGNOME Domenico ha articolato due motivi di ricorso.
3.6.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art.74, comma 4 dPR 309/90 – associazione armata -, sia in ragione della mancanza di prova della riferibilità all’organizzazione delle armi rinvenute nasconte nei pressi dei luoghi di spaccio e in particolare quelle nascoste in aperta campagna, sia in ragione della mancanza di un coefficiente di prevedibilità dell’uso di armi in capo ai singoli associati, a fronte della dimostrazione della disponibilità di armi da parte di due soli di essi, tenuto conto della non concludenza del dato esperenziale indicato dal giudice di appello concernente l’esigenza del controllo dei luoghi di spaccio, non risultando altresì adeguatamente acclarato che l’uso delle armi non fosse esclusivamente personale. Sul punto lamenta un difetto di motivazione con riferimento agli argomenti sul punto articolati nei motivi di impugnazione in appello.
3.6.2. Con una seconda articolazione lamenta vizio motivazionale, per carenza, contraddittorietà GLYPH e GLYPH manifesta GLYPH illogicità, GLYPH in GLYPH relazione GLYPH all’affermazione GLYPH di
responsabilità del COGNOME in relazione alle imputazioni di reati fine di cui ai capi 18 e 19 dell’editto accusatorio.
Con riferimento al capo 18, richiamati gli argomenti sviluppati nei motivi di appello, denuncia motivazione assertiva e illogica nella parte in cui il giudice distrettuale aveva riconosciuto, sulla base della presenza di un equipaggio composto da COGNOME e COGNOME che lo stupefacente contenuto nell’autoveicolo che li aveva preceduti nella marcia fosse destinato all’associazione e contraddittoria laddove aveva ritenuto che i componenti del suddetto equipaggio non fossero i concorrenti nel trasporto dello stupefacente, svolgendo un ruolo da staffetta, ma erano i destinatari dello stesso, benchè il COGNOME figurasse in veste di fornitore e che il COGNOME venisse indicato quale destinatario finale dello stesso, risultando un totale stravolgimento dell’edittto accusatorio e una totale confusione dei ruoli asseritamente rivestiti dai correi.
Con riferimento al capo 19 della rubrica, relativo ad una fornitura di stupefacente di marijuana da parte di COGNOME NOME che poi sarebbe stata consegnata al ricorrente COGNOME a Bisceglie in data 29 luglio 2018, il ricorrente lamenta una totale carenza grafica di motivazione sul punto, anche in relazione agli argomenti proposti nei motivi di appello e con particolare con riferimento a quanto affermato dal Tribunale del Riesame nel corso delle indagini che aveva escluso la gravità indiziaria nei confronti del fornitore COGNOME in assenza di adeguata prova intercettiva sulla consegna di stupefacente, della risalenza dei contatti tra COGNOME e COGNOME, del fatto che la consegna al COGNOME sarebbe avvenuta due giorni prima dell’incontro tra COGNOME e COGNOME, che non era stato acclarato l’oggetto dello scambio tra ignoto motociclista e il COGNOME e dell’impossibilità di accertare la natura dei beni che avevano formato oggetto di scambio.
3.7.COGNOME NOME propone due motivi di ricorso con i quali assume violazione di legge con riferimento all’art.81 cod.pen., nonché vizio motivazionale per mancanza di motivazione in relazione alla individuazioe della pena base e dell’aumento per la continuazione operato sulla stessa; nonché, con il secondo, violazione dell’art.62 bis cod.pen. per mancato riconoscimento delle circostnze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza.
In relazione alla prima censura deduce che gli aumenti per la continuazione esterna con fatti già in precedenza giudicati erano stati apportati in termini complessivi, senza specificazione della misura degli aumenti in relazione a ciascuna delle contestazioni giudicate con due distinte pronunce di condanna e senza indicare le ragioni dei singoli aumenti, ma attraverso un aumento complessivo di un anno di reclusione in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite.
3.7.1. Con riferimento alle circostanze attenuanti generiche la difesa ha denunciato una complessiva assertività e contraddittorietà della motivazione che, nell’escludere il giudizio di prevalenza, aveva equiparato profili personalistici e condotte partecipative dei rei, comprese quelle di indagati che avevano avuto un ruolo di spicco o si erano resi responsabili della detenzione di armi e comunque in assenza di qualsiasi valutazione ritagliata sulla personalità del ricorrente, ma soltanto facendo generico riferimento a fatti di “discreta gravità”.
3.8. COGNOME NOME ha articolato due motivi di ricorso.
3.8.1. Con il primo assume violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento all’affermazione di responsabilità per il delitto associativo e per i reat fine, in assenza di adeguata motivazione che riconosca la stabilità dell’accordo associativo e l’affectio societatis da parte del ricorrente.
3.8.2. Con una seconda articolazione deduce vizio motivazionale e violazione di legge in ragione della sproporzione ed eccessività della pena inflitta, la quale andava commisurata alla non gravità dei fatti ascritti al prevenuto nell’ambito della compagine associativa e della modesta pericolosità delle condotte ascritte.
3.9. La difesa di NOME ha sviluppato tre motivi di ricorso.
3.9.1. Con il primo lamenta mancanza assoluta di motivazione e erronea applicazione dell’aggravante del numero delle persone, con rifeimento agli argomenti evidenziati nei motivi di appello, nei quali si prospettava come la partecipazione del RAGIONE_SOCIALE all’associazione era tratto soltanto da elementi indiziari indiretti e che non ricorreva adeguata dimostrazione del fatto che l’imputato si relazionasse con altri associati e che, in particolare, lo stesso avesse cognizione della compessiva struttura organizzativa e delle diverse diramazioni che la componevano.
3.9.2. Analoga censura era svolta in relazione alla sussistenza della circostanza aggravante dell’essere l’associazione armata in assenza di qualsiasi elemento da cui desumere che il ricorrente potesse avere contezza della disponbilità delle armi in capo all’associazione, né potendo tale consapevolezza fondarsi, come aveva fatto il giudice di appello, su massime di esperienza storico criminali a carattere presuntivo, comunque risultando tale dato contrastato dalla defilata posizione del GELAO quale piccolo spacciatore sotto il controllo di figure maggiormente esposte.
3.9.4. Con una ultima articolazione lamenta mancanza assoluta di motivazione in relazione agli argomenti spesi nei motivi di appello a sostegno della richiesta di un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche.
3.10. La difesa di NOME ha articolato un unico motivo di ricorso con il quale deduce violazione di legge e vizio nnoivazionale con riferimento all’affermazione di responsabilità del prevenuto per mancanza di motivazione in relazione agli argomenti devoluti al giudice di appello nei motivi di impugnazione.
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3.10. La difesa di COGNOME NOME si è affidato a tre motivi di ricorso.
3.10.1. Con il primo deduce violazione di legge e difetto di motivazione, per contraddittorietà e manifesta illogicità, con riferimento all’affermazione di responsabilità per la ipotesi di cui all’art.74 dPR 309/90, aggravata dal numero dei partecipanti con travisamento della prova e violazione degli art.191, 192 e 546 cod. proc. pen. In particolare denuncia un deficit motivazionale sulle ragioni per le quali era stata riconosciuta la unicità del sodalizio associativo operante nel rione San Pasquale di Bari, piuttosto che due gruppi distinti di spacciatori che operavano secondo autonomi schemi organizzativi, manifestando saltuarie e non strutturate collaborazioni. Rileva in particolare che l’esistenza di interazione tra i due gruppi e l’esistenza di un canale comune di approvvigionamento dello stupefacente non erano sufficienti a fare confluire i diversi apporti operativi ad un unico soggetto organizzato in assenza della dimostrazione di un pactum sceleris aggregante e della affectio societatis tra i diversi componenti, in assenza di una cassa comune e di espliciti riferimenti, contenuti in intercettazioni telefoniche captate (com interlocutori COGNOME e COGNOME) nelle quali si facesse espresso riferimento alla separata e ben più remunerativa gestione finanziaria delle transazioni di stupefacente da parte del gruppo riconducibile a NOME COGNOME, così da condurre a ravvisare una autonomia tra le due compagini, laddove quella facente capo al COGNOME non era radicata in un unico luogo di spaccio (INDIRIZZO di Bari) ma si era sviluppata anche in altro zone della città e presentava una rete di spacciatori che curavano anche la fornitura a domicilio dello stupefacente.
Inconcludente era poi l’argomento su cui si fondava il giudizio sulla unicità dell’associazione consistente nella conoscenza reciproca tra sodali, in quanto la reciproca conoscenza tra spacciatori, l’interscambio di ruoli e le occasionali collaborazioni tra i due sottogruppi costituivano anche il limite di una tale inferenza, a fronte del fatto che la conoscenza e la collaborazione non escludevano, anzi portavano a riconoscere, la diversità e la autonomia tra le due articolazioni che venivano in relazione; né ricorrevano intercettazioni o altri elementi logici da cui potere affermare che, a parte i collegamenti tra singoli soggetti, esistesse un comune operare e una unicità di scopi criminali tra le due articolazioni, in quanto da una serie di conversazioni era rimarcata la distinzione tra i due gruppi e i soggetti (COGNOME da un lato, COGNOME dall’altro) intorno ai quali si concentravano le due distinte articolazioni.
3.10.2. Con una seconda articolazione deduce i medesimi vizi sopra specificati con riferimento al ricoscimento del carattere armato dell’associazione.
A tale proposito rileva che il giudice di appello, da un lato aveva omesso di dare risposta agli specifici rilievi su tale tema avanzati nei motivi di appello, incorrendo
pertanto in un deficit insanabile della motivazione e, dall’altro che gli argomenti sviluppati, riprendendo e richiamando la motivazione della sentenza impugnata, risultavano del tutto insufficienti, illogici e contraddittori in quanto dimostravan soltanto che un’arma era in dotazione al CAMPANALE e che, in una occasione, lo stesso veniva ripreso da una telecamera mentre la maneggiava unitamente al COGNOME, ma non erano in grado di dimostrare che la suddetta arma e quelle rinvenute in alcuni nascondigli fossero a disposizione dell’associazione o che connunue i singoli associati, dediti soltanto allo spaccio, come il ricorrente COGNOME avessero la conspapevolezza dell’esistenza delle armi ovvero potessero prevedere che le stesse fossero nella disponibilità dell’associazione ai fini de controllo dell’area di spaccio, ovvero per altre finalità, ovvero che non fossero nell’uso esclusivo di uno solo, o alcuni dei sodali.
3.10.3. Con una terza articolazione lamenta il totale deficit motivazionale con riferimento alla censura concernente il riconoscimento allo SCHINZANO delle cirrcostante attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Infondato è il primo motivo di ricorso con il quale NOME assume la nullità della imputazione per indeterminatezza dei fatti in essa delineati.
La eccezione risulta manifestamente infondata e tardivamente proposta. Sotto questo ultimo profilo va ribadita la giurisprudenza del giudice di legittimità secondo la quale la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto di citazion giudizio per indeterminatezza e per genericità della contestazione ha natura relativa e, in quanto tale, non è rilevabile di ufficio e deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall’art.491 cod.proc.pen. (sez.3, n.19649 del 27/02/2019, S., Rv.275749-01; sez.6, n.50098 del 24/10/2013, C., Rv. 257910-01; sez.3, n.40935 del 30/09/2005, COGNOME, Rv.232899) mentre, nella specie risulta prospettata soltanto nei motivi di innugnazione in appello. La eccezione è altresì e infondata atteso che il capo di imputazione delinea in termini sufficientemente specifici e dettagliati l’addebito nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e il ruolo ad esso riconosciuto all’interno dell’associazione, nonché il tertitorio in cu risultava operativa l’organizzazione criminosa e l’arco temporale di riferimento, desumibile non solo dalla ritenuta permanenza del vincolo al momento dela formazione della contestazione, ma anche con riferimento alla data di realizzazione dei reati fine (anni 2016-2018) come emerge dal capo 17 di imputazione elevato nei confronti dell’COGNOME in concorso con altri imputati, anch’essi riconosciuti sodali; la suddetta contestazione è inoltre risultata del tutto idonea ad assicurare all’imputato l’esercizio del diritto di difesa.
1.1. Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso con il quale l’COGNOME lamenta violazione di legge e vizio motivzionale con riferimento all’affermazione di responsabilità in relazione al delitto associativo.
Deve considerarsi che la Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato l’imputato responsabile del reato ascritto commesso configurandosi quindi, nel caso che occupa, una c.d. “doppia conforme” di condanna, avendo entrambi i giudici di merito affermato la responsabilità dell’RAGIONE_SOCIALE in ordine alla partecipazione alla compagine associativa oggetto di contestazione. Ne deriva che le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Ulteriore conseguenza della “doppia conforme” di condanna è che il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione solo nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L e altro, Rv. 27201801). Nessuna di queste condizioni appare ravvisabile nel caso in disamina, in cui il ricorso, sotto l’apparenza del vizio motivazionale, pretende di asseverare, su alcuni punti specifici, una diversa valutazione del compendio probatorio, richiamando aspetti di merito non deducibili in sede di legittimità e, soprattutto omettendo di confrontarsi con gli argomenti posti a fondamento dell’ione di responsabilità del prevenuto. Il ricorrente invero si limita a rappresentare di non figurare nella documentazione contabile seuestrata al coimputato COGNOME e che il riconoscimento operato nel corso delle indagini dal COGNOME sui suoi abituali fornitori dello stupefacente non risultava suffiientemente specifico e individualizzante, omettendo del tutto di considerare che i giudici di merito e, in particolare la Corte di appello di Bari a pagg.5-6 della sentenza, hanno valorizzato i rapporti dell’COGNOME con i principali referenti dei due sottogruppi in cui si aticolava l’associazione, COGNOME e COGNOME, e in particolare il contenuto di una intercettazione telefonica tra l’COGNOME e il COGNOME dalla quale emerge chiaramente il ruolo del ricorrente quale stretto collaboratore del COGNOME nella gestione dei traffici di stupefacente e quale soggetto chiamato ad assumere scelte decisionali in assenza di questo. Il motivo si presenta pertanto inammissibile. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2. Il terzo motivo, concernente l’aggravante di cui all’art.74, comma 4 dPR 309/90 (carattere armato dell’associazione), attiene a censura comune anche alle difese dei ricorrenti COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME le quali, nel contestare il ricorso a massime di esperienza da parte del giudice di appello, hanno sostanzialmente denunciato violazione di legge, per avere i giudici di merito erroneamente ritenuto che cle armi sequestrate fossero in dotazione a ciascuno dei sodali, piuttosto che ad alcuni soli di essi e la carenza di motivazione in relazione alla sussistenza di un coefficiente di prevedibilità in capo a ciascun sodale sul carattere armato dell’organizzazione criminosa.
1.2.1. Le censure risultano infondate in quanto il giudice di appello, anche mediante il richiamo alla sentenza di primo grado (pag.205-207) ha congruamente evidenziato come non solo alcuni dei sodali (COGNOME e COGNOME NOME) erano stati ripresi e videoregistrati nell’atto di maneggiare e provare un’arma semiautomatica con caricatori e munizioni sul terrazzo di INDIRIZZO, spazio chiaramente collegato all’abitazione del COGNOME, referente di una delle articolazioni della compagine associativa, ma alcune armi erano state rinvenute occultate in un deposito scantinato del fabbricato di INDIRIZZO, che costituiva la “roccaforte e la centrale operativa dell’associazione” e dove l’attività d smercio di sostanza stupefacente avveniva incessantemente anche in oraio notturno. Il rinvenimento delle armi era avvenuto in quanto vi era stata una segnalazione anonima che si “riferiva dell’avvenuta esplosione nel corso della notte di numerosi colpi di arma da fuoco verso una fioriera all’ingresso del civico n.INDIRIZZO di INDIRIZZO, il quale costituiva ingresso all’edificio e snodo nevralgico di attività spaccio e anche area di detenzione e di occultamento dello stupefacente commercializzato. Se si considera inoltre che il rinvenimento dell’arsenale di pistole e mitraglietta in zona di campagna da parte delle forze dell’ordine in data 20 settembre 2018 costituiva il risultato investigativo di attività di intercettazione e osservazione degli imputati COGNOME e COGNOME che erano stati pedinati e sottoposti a osservazione nel mentre, in due occasioni, si erano posti alla ricerca del nascondiglio sotto terra ove il borsone con le armi era stato occultato, logico e coerente appare l’argomento utilizzato dal giudice di appello dell’esistenza di un intimo collegamento tra la dotazione di armi (di cui una era stata altresì accertata nella disponibilità esclusiva di COGNOME NOMECOGNOME e l’associazione criminosa nel suo complesso e, in particolare, nell’esigenza dei referenti dell’organizzazione di pianificare e attuare un controllo dell’area di spaccio, conservando un collegamento costante e la vigilanza sulle dotazioni di stupefacente, pure variamente occultate nei luoghi di spaccio, così da evitare la dispersione di risorse e garantire la difesa dell’area riservata allo spaccio soprattutto in ora notturna. Ciò avveniva mediante Corte di Cassazione – copia non ufficiale
un presidio puntuale e armato, assicurato dall’occultamento delle armi in luoghi condivisi, accessibili a tutti i componenti del sodalizio, ovvero dalla predisposizione di un arsenale collocato fuori dal contesto dello spaccio, cui era possibile attingere le dotazioni in caso di bisogno. La pluralità di armi rinvenute in date, luoghi e circostanze diverse; la effettiva conoscenza dell’esistenza di tali armi da parte di una buona parte dei sodali; lo stretto collegamento tra i luoghi di occultamento e l’esercizio dell’attività di spaccio; l’esistenza di un deposito esterno cui erano i grado di attingere taluni dei sodali; la circostanza che l’attività di spacci prevedeva anche dei turni notturni e che le armi erano state utilizzate, quantomeno in un’ottica dimostrativa, anche in tempo di notte (spari ad una fioriera), rendono evidente il collegamento delle armi con l’organizzazione nel suo complesso, a prescindere dal fatto di essere puntualmente destinate all’attuazione dell’attivià criminosa e manifestano, anche in ragione delle modalità eclatanti e pubbliche del loro impiego, l’esistenza del coefficiente di prevedibilità concreta da parte di ciascuno dei ricorrenti, anche di coloro che erano impegnati in mera attività di spaccio (sez.6, n.49458 del 21/10/2015, COGNOME, Rv.266041-01; n.15528 del 12/01/2021, COGNOME, Rv.281212).
Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso di COGNOME NOME concernente il trattamento sanzionatorio, atteso che con motivazione congrua e lineare, che si sottrae al sindacato di legittimità, la sentenza impugnata ha escluso il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche in considerazione del GLYPH ruolo da questi rivestito all’interno dell’organizzazione, della complessiva attività di spaccio e dalla diversa natura dello stupefacente spacciato, tenuto altresì conto del carattere armato dell’organizzazione e del fatto che lo stesso COGNOME era stato ripreso nell’atto di maneggiare l’arma nella disponibilità di COGNOME NOMECOGNOME Il giudizio di valenza tra circostanze risulta essere stato congruamente motivato e gli argomenti indicati dal ricorrente nei motivi di ricorso risultano sprovvisti di analisi censoria rispetto alle suddette argomentazioni.
2.1. Il secondo motivo di ricorso attiene al carattere armato dell’associazione che risulta essere stato affrontato nel paragrafo precedente e, in ragione delle argomentazioni sopra indicate, deve essere rigettato.
Il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME volto a denunciare carenza di motivazione per non essersi il giudice di appello pronunciato sulla cessazione della permanenza del delitto associativo a fare data dalla sopravvenuta detenzione del ricorrente, intervenuta in data 18 giugno 2018, è inammissibile
per carenza di interesse all’impugnazione ai sensi dell’art.591 comma 1 lett.a) cod. proc. pen.
Invero, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, il giudice di primo grado, a pag.219 della motivazione, aveva riconosciuto che la partecipazione del CAMPANALE era durata fino alla data del 18 giugno 2018, allorquando lo stesso era stato attinto da ordinanza cautelare per fatti di cui all’art.416 bis cod. pen. e tale riconoscimento risulta implicitamente avallato dalla sentenza impugnata, la quale ha confermato, quanto al CAMPANALE, la sentenza di primo grado in relazione alle statuizioni in essa contenute, con conseguente assenza di interesse ad una riforma sul punto.
Fondato è il secondo motivo di ricorso proposto dalla difesa di COGNOME NOME concernente la misura degli aumenti di pena apportati dal giudice di appello a titolo di continuazione esterna.
In effetti NOME NOME all’esito del giudizio di primo grado, era stato condannato alla pena di anni sei, mesi dieci di reclusione per il delitto associativo, oltre che per un reato fine; in accoglimento della richiesta del riconoscimento di continuazione esterna avanzata dalla difesa del CAMPANALE, la Corte di Appello a pag.9 della sentenza recita “può essere riconosciuta la continuazione con quelli di cui alla sentenza della Corte di appello di Bari n.3406/19 del 13.9.2019 e ridetermina la pena in anni nove di reclusione”.
In definitiva risulta apportato, a titolo di continuazione esterna, un aumento complessivo di anni due mesi due di reclusione ma, dalla motivazione, non è dato comprendere il numero e il titolo dei reati uniti in continuazione e quale sia l’aumento apportato in relazione a ciascuno di esso, ovvero se sia stato apportato un aumento complessivo ma, in tale caso, nulla risulta riferito sulla gravità e sulla offensività delle singole fattispecie, così da consentire un qualsivoglia controllo sulla adeguatezza e proporzione di un aumento pari ad un terzo della pena applicata per i reati (di cui uno associativo) giudicati nel presente giudizio. Tale modo di procedere risulta porsi in contrasto con la più recente giurisprudenza di legittimità che richiede che gli aumenti vengano riferiti a ciascuna delle ipotesi poste in continuazione con il reato riconosciuto più grave (nella specie il delitto associativo) e vengano altresì scanditi da una motivazione, sia pure sintetica, sui criteri adottati in relazione a ciascun reato (sul punto (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01; sez.6, n.44428 del 5/10/2022, COGNOME, Rv.284005).
Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla misura degli aumenti apportati sulla pena applicata a COGNOME NOME in relazione ai reati posti in continuazione esterna per effeto del
riconosciuto vincolo della continuazione tra i fatti reato di cui all’odierno giudizi rispetto a quelli giudicati separatamente con sentenza della Corte di appello di Bari n.3406/19 del 13.9.2019.
4.1. Il ricorso deve essere rigettato nel resto quanto al trattamento sanzionatorio riconosciuto in relazione ai fatti giudicati nel presente giudizio, in quanto i giudici di merito hanno adeguatamente motivato sui criteri di determinazione partendo da pena base modulata nel minimo in relazione al delitto di associazione di cui all’art.74 dPR 309/90 (anni dieci di reclusione), apportando un aumento minimo di mesi tre di reclusione per la continuazione interna con il reato di cui al capo 27 di imputazione. Il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle riconosciute circostanze aggravanti è stato poi ecluso con motivazione non contraddittoria o manifestamente illogica utilizzando i criteri di cui all’art.133 cod. pen. e valorizzando il carattere armato dell’associazione criminosa. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche o di prevalenza delle stesse può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62 bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente il mero stato di incensuratezza dell’imputato (sez.3, n.44071 del 25.9.2014 Papini, 260610; sez.4, n.32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv.283489).
Il primo motivo di ricorso di COGNOME NOME è manifestamente infondato laddove assume una totale carenza di motivazione della sentenza impugnata con riferimento al capo 19 di imputazione, omettendo del tutto di confrontarsi con il richiamo operato dal giudice di appello alla sentenza di primo grado la quale (pag.101-110) aveva fornito ampio conto delle fasi del rifornimento di stupefacente operato in sinergia da COGNOME e COGNOME nel corso della tarda sera del 29 luglio 2018, viaggiando su due diverse autovetture (di cui quella del COGNOME sottoposta a intercettazione ambientale) i cui conducenti si erano incontrati prima della partenza per Bisceglie ed erano rimasti in contatto continuo, viaggiando di conserva, laddove il COGNOME svolgeva una funzione di staffetta e di bonifica del percorso. I giudici di merito, sulla base degli elementi tratti dalle intercettazioni ambientali e dal servizio di osservazione, ricostruivano tutte le fasi dell’approvvigionamento, dal momento in cui il COGNOME si recava in una delle basi operative dell’organizzazione in INDIRIZZO a ritirare una busta (che conteneva il denaro) fino allo scambio del denaro con lo stupefacente in Bisceglie, previo l’incontro con uno sconosciuto a bordo di ciclomotore, per poi rientrare a Bari, presso la base operativa, ove era osservato uscire dalla macchina con un
borsone che consegnava presso l’immobile di INDIRIZZO (in cui dimoravano agli arresti domiciliari Boccasile e Cannpanale), per poi tornare all’autovettura maneggiando le banconote ricevute come corrispettivo del rifornimento che in parte consegnava alla donna che lo aveva accompagnato, con la figlia, fornendo copertura alla trasferta. A tale proposito vale il principio, ripetutamente affermato dal S.C. con riferimento alla interpretazione del materiale captativo, cui il giudice di appello si è del tutto conformato, che riconosce agli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche prova diretta della colpevolezza dell’imputato che non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano: a) gravi, cioè consistenti e resistenti alle obiezioni e quindi attendibili convincenti; b) precisi e non equivoci, cioè non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto verosimile; c) concordanti, cioè non contrastanti tra loro e, più ancora, con altri dati o elementi certi (sez.6, n.3882 del 4/11/2011, COGNOME, Rv.251527; sez.5, n.48286 del 12/07/2016, COGNOME, Rv.268414; sez.1, n.37588 del 18.6.2014). In merito al significato attribuito alle intercettazioni il giudice di legittimità ha poi affermato che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (sez.U, n.22471 del 26.2.2015, Sebbar, Rv. 263715) se non per ragioni di manifesta irragionevolezza ed illogicità (sez.2, n.50701 del 4/10/2016, COGNOME e altri, Rv 268389; sez.3, n.44938 del 5/10/2021, COGNOME, Rv.282337), anche in ragione del valore indiziante delle intercettazioni telefoniche, in presenza di sistematiche e continuative attività di cessione di sostanze stupefacenti monitorate tramite lo strumento captativo (sez.5, n.14853 del 21/12/2022, COGNOME, Rv.281138). A nulla rileva la circostanza che in relazione al COGNOME, che secondo la prospettazione accusatoria era il fornitore dello stupefacente, sia stata eclusa la gravità indiziaria fin dal corso delle indagini, laddove il rifornimento di cui al cap 19 risulta fotografato, nella sua materialità, da una serie di elementi intercettivi investigativi e percettivi del tutto concludenti con riferimento all’attività svolta p l’acquisto da parte di componenti dell’associazione ben individuati (COGNOME e COGNOME), risultando pertanto a tal fine del tutto irrilevante la circostanza che sia rimasto ignota l’identità del soggetto che aveva assicurato la fornitura per il tramite del motociclista che si era avvicinato al veicolo del COGNOME. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5.1. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso che attiene ad analoga fornitura di stupefacente, nella specie sequestrato per oltre sei chilogrammi di marijuana, rinvenuto all’interno di autovettura, sulla quale viaggiavano due donne le quali, nelle fasi antecedenti all’arresto, erano state notate dagli investigatori interloquire con i componenti di una Fiat 500, che
dapprima si erano affiancati al veicolo che trasportava il narcotico e successivamente gli si erano accodati fornendo con i fari le indicazioni sul percorso da seguire. Lo stretto collegamento tra il trasporto dello stupefacente e la destinazione dello stesso all’organizzazione criminosa, mediante l’attività agevolatrice da COGNOME e COGNOME che si trovavano all’interno della Fiat 500, risulta essere stata adeguatamente valutata dai giudici di merito con motivazione congrua e priva di illogicità evidenti, mentre le consure svolte dalla difesa del COGNOME risultano in fatto, prive di specificità e di analisi censori rispetto agli argomenti posti a fondamento della decisione impugnata.
5.2. Il terzo motivo di ricorso risulta inamrnissiible in quanto attiene a questione non più proponibile per intervenuta rinuncia al relativo motivo di impugnazione in grado di appello (qualificazione dei fatti ai sensi dell’art.74, comma 6, dPR 309/90), rinuncia che ha comportato la impossibilità di dedurre e fare valere anche nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza concernente il tema rinunciato (sez.1, 15/01/2007 Grillo e altro Rv. 238688; sez.6, 30/11/2005, PG Moliterno e altri, Rv. 233393; sez.2, 3/12/2000 Izzo, Rv.249269), anche relativo a questioni rilevabili di ufficio, di carattere processuale o di merito, quale la qualificazione giuridica del fatto reato (sez.3, 15.6.2016, Dantese Rv. 268385; sez.2, 3/01/2014, COGNOME, Rv. 259825).
5.3. GLYPH Il quarto motivo, concernente il carattere armato dell’associazione criminosa, deve essere disatteso per le medesime ragioni indicate nel paragrafo 1.2.1. in cui la questione è stata affrontata in relazione al motivo di ricorso prospettato dalla difesa di COGNOME NOMECOGNOME tenuto conto altresì della genericità degli argomenti prospettati dalla difesa dei ricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME sul punto.
5.4. Fondato è invece il quarto motivo di ricorso proposto da COGNOME NOME con riferimento agli aumenti apportati dai giudici di merito a titolo di continuazione per i reati satellite (nella misura di anni uno, mesi sei di reclusione con riferimento a tre reati satellite), i quali non hanno adeguatamente motivato sulla misura degli aumenti apportati in relazione a ciascun reato satellite e alle ragioni per le quali siano stati utilizzati criteri di valutazione diversi in relazio alle posizioni di altri coimputati (COGNOME NOME, COGNOME NOME, tra gli altri), nei confronti dei quali gli aumenti sono stati indicati nella misura di mesi tre di reclusione per ciascuno dei reati da porsi in continuazione, il che assume rilievo sotto il profilo della manifesta illogicità rispetto al coimputato COGNOME il quale è stato riconosciuto concorrente del COGNOME negli stessi reati (capi 18-19-20), senza alcuna spiegazione delle ragioni di una tale disparità di trattamento. Tale modo di procedere risulta porsi in contrasto con la più recente giurisprudenza di legittimità che richiede che gli aumenti vengano riferiti a
ciascuna delle ipotesi poste in continuazione e vengano altresì scanditi da una motivazione, sia pure sintetica, sui criteri adottati in relazione a ciascun reato (sul punto (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01; sez.6, n.44428 del 5/10/2022, COGNOME, Rv.284005). Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla misura degli aumenti apportati sulla pena applicata a COGNOME NOME.
6. Il primo motivo del ricorso della difesa di COGNOME DomenicoCOGNOME che denuncia violazione di legge con riferimento alla riconosciuta circostanza aggravante di cui all’art.74, comma 4 dPR 309/90 (associazione armata) è infondato per le ragioni già indicate al paragrafo 1.2.1., nel quale è stato evidenziato che il controllo del territorio di spaccio anche mediante la funzione intimidatrice delle armi, occultate in prossimità dei luoghi di spaccio, non solo costituisce una massima di esperienza valorizzata dai giudici di merito ma, nella specie, assume connotazioni di obiettiva rilevanza probatoria se si considera l’esercitazione nel maneggio di armi da parte di significativi esponenti del sodalizio (COGNOME e COGNOME) nei luoghi deputati allo spaccio, nel rinvenimento di dotazioni nelle cantine del fabbricato, centrale e roccaforte dello spaccio, nonché nella presenza di un arsenale occultato sottoterra a disposizione di componenti del sodalizio quali il COGNOME che era stato in più occasioni osservato dagli investigatori intento a scavare in prossimità del nascondiglio.
La motivazione sul punto si presenta priva di contraddizioni e di difetti logici e il motivo non è scandito da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) nel riconoscere la sussistenza della specifica aggravante in esame.
6.1. Il secondo motivo di ricorso è infondato laddove assume difetto di motivazione nel riconoscere la responsabilità del ricorrente COGNOME in relazione agli episodi criminosi contestati ai capi 18 e 19 dell’imputazione, trattandosi di motivi in fatto, che si limitano a prospettare una ricostruzione alternativa dei due episodi, in contrasto con la interpretazione fornita dai giudici di merito alle risultanze investigative e, in particolare agli esiti del intercettazioni telefoniche, all’attività di pedinamento e osservazione realizzate dalle forze dell’ordine, ai riscontrati collegamenti e localizzazioni dei due correi (COGNOME e COGNOME) nel corso dei due approvvigionamenti di sostanza stupefacente, avendo i giudici di merito logicamente rappresentato come i due imputati avessero operato nell’interesse dell’organizzazione criminale, coordinando nel primo caso la movimentazione dello stupefacente che era trasportato su altro autoveicolo, nel secondo caso cooperando affinchè la provvista di stupefacente raggiungesse la base logistica dell’associazione (capo
19), dopo che il COGNOME aveva realizzato lo scambio denaro-stupefacente in Bisceglie previ accordi con il fornitore della sostanza. Devono pertanto ribadirsi, con riferimento al secondo motivo di ricorso del COGNOME le ragioni evidenziate ai paragrafi 5 e 5.1. nel disattendere le analoghe censure prospettate dal ricorrente COGNOME NOMECOGNOME
7. Fondato è il primo motivo di ricorso proposto dalla difesa di COGNOME NOME in relazione agli aumenti apportati a titolo di continuazione esterna dalla Corte di appello di Bari in relazione a due pronunce di condanna, divenute irrevocabili per fatti della stessa specie. Invero, anche in relazione alla posizione del COGNOME valgono le considerazioni già formulate con riferimento al motivo di ricorso proposto dalla difesa di COGNOME NOMECOGNOME
In definitiva a COGNOME NOME risulta apportato, a titolo di continuazione esterna, un aumento complessivo di un anno di reclusione, ma dalla motivazione non è dato comprendere il numero e il titolo dei reati considerati in continuazione e quale sia l’aumento apportato in relazione a ciascuno di esso, ovvero se sia stato apportato un aumento complessivo; peraltro, in tale caso, nulla risulta affermato sulla gravità e sulla offensività delle singole fattispecie riconosciute in continuazione esterna, così da consentire un qualsivoglia controllo sulla adeguatezza e proporzionalità degli aumenti apportati in relazione ai reati (di cui uno associativo) giudicati nel presente giudizio.
Tale modo di procedere risulta porsi in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che richiede che gli aumenti vengano riferiti a ciascuna delle ipotesi poste in continuazione con il reato riconosciuto più grave (nella specie il delitto associativo) e vengano altresì scanditi da una motivazione, sia pure sintetica, sui criteri adottati in relazione a ciascun reato (sul punto (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01; sez.6, n.44428 del 5/10/2022, COGNOME, Rv.284005). Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla misura degli aumenti apportati sulla pena applicata a COGNOME NOME in relazione ai reati posti in continuazione esterna per effetto del riconosciuto vincolo della continuazione tra i fatti reato di cui all’odierno giudizio rispetto a quelli giudicati separatamente.
7.1. Il ricorso deve essere rigettato nel resto, quanto al trattamento sanzionatorio riservato al COGNOME per i fatti giudicati nel presente giudizio, in quanto i giudici di merito hanno adeguatamente motivato partendo da pena base modulata nel minimo edittale in relazione al delitto di associazione di cui all’art.74 dPR 309/90 (anni dieci di reclusione), apportando un aumento minimo di mesi tre di reclusione per la continuazione interna in relazione ai tre reati fine posti in continuazione. Il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle
riconosciute circostanze aggravanti è stato poi escluso con motivazione non contraddittoria o manifestamente illogica dal giudice di appello, facendo riferimento ai criteri di cui all’art.133 cod. pen. e al carattere armato dell’associazion criminosa. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ovvero del giudizio di prevalenza può essere legittimamente giustificato dall’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62 bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente il mero stato di incensuratezza dell’imputato (sez.3, n.44071 del 25.9.2014 Papini, 260610; sez.4, n.32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv.283489).
Il ricorso proposto da COGNOME COGNOME risulta improponibile quanto alla censura concernente la sussistenza del delitto associativo, stante la intervenuta rinuncia al relativo motivo di impugnazione in appello, di talchè la statuizione sulla responsabilità del COGNOME per detto titolo è divenuta inoppugnabile, mentre è inammissibile in quanto assertivo, generico e e privo di analisi censoria degli argomenti della sentenza impugnata il motivo concernente il trattamento sanzionatorio, il quale è stato determinato sulla base di criteri edittali improntati al minimo (anni dieci per il delitto associativo) con aumento percentuale assai modesto (mesi tre di reclusione) per ciascuno dei reati satellite. Va pertanto dichiarata la inammissibilità del ricorso proposto dalla difesa del COGNOME.
Il ricorso proposto da COGNOME NOME è inammissibile in quanto generico, privo di confronto con la decisione impugnata, non scandito da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e privo di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale sulle questioni oggetto di ricorso risulta coerente con le risultanze processuali e non é altresì manifestamente illogico o contraddittorio e comunque non ha formato oggetto di specifiche censure da parte del ricorrente.
La difesa di COGNOME NOME e quella di COGNOME NOME, con il rispettivo primo motivo di ricorso, denunciano violazione di legge e contraddittorietà della motivazione con riferimento al riconoscimento della circostanza aggravante del numero degli associati (art.74, comma 3 dPR 309/90) sul presupposto della mancata conoscenza da parte del GELAO di partecipare ad un complesso organizzativo a base così ampia ovvero, sotto il profilo strutturale, della duplicità
delle strutture organizzative, ciascuna dotata di una propria indipendenza operativa, finanziaria e contabile, benchè mantenessero saltuarie interessenze e relazioni tra i rispettivi componenti, evocando il tenore di alcune intercettazioni che esplicitavano i diversi piani operativi, organizzativi e finanziari su cui si muovevano i due gruppi, rispettivamente riconducibili alle persone del COGNOME e del COGNOME.
10. Le censure sono infondate e devono essere disattese. I giudici di merito e da ultimo la Corte di appello di Bari, anche mediante il richiamo ai principali snodi della sentenza di primo grado (pagg. 15 ss., 62 ss., 205 ss, sentenza del Tribunale di Bari) hanno rappresentato, con motivazione non manifestamente illogica e contraddittoria che i due sottogruppi della medesima organizzazione operavano nello stesso contesto spaziale e temporale (2017-2018) e avevano come principale e comune base logistica di spaccio il comprensorio popolare denominato “INDIRIZZO Enrico COGNOME“, sito in Bari alla INDIRIZZO (soprannominato “Forcella o Le Case”). Lo spaccio avveniva in simultanea, anche in turni notturni, organizzati e coordinati, ma ciascuna delle due articolazioni procedeva a consegne di stupefacenti anche presso diversi punti dii incontro. Le due articolazioni, pur mantenendo una propria autonomia in fase di spaccio, si avvalevano dello stesso comune fornitore, COGNOME in grado, attraverso i propri referenti, di movimentare rilevanti provviste di stupefacente, così da soddisfare le necessità di approvvigionamento comuni. Il giudice di primo grado, con argomenti richiamati dalla Corte di appello, ha evidenziato come non solo ricorreva un collegamento ambientale e cronologico nello svolgimento dell’attività di spaccio tra i due sottogruppi ma, nell’individuare i singol componenti delle due articolazioni, poneva in risalto il collegamento funzionale tra gli stessi e, primi fra tutti, tra i due coordinatori delle rispettive articolaz COGNOME e COGNOME che mantenevano relazioni reciproche e che, nel commentare l’andamento dei propri affari, avevano come principale riferimento l’attività della articolazione gemella (intercettazioni tra COGNOME e COGNOME). I giudici di merito ponevano altresì in luce come alcuni dei componenti del gruppo riferibile a COGNOME (COGNOME e COGNOME) operavano anche alle dipendenze del COGNOME e che i due fratelli COGNOME NOME (agli arresti domiciliari) e COGNOME NOME operavano all’interno dei due distinti sottogruppi, in particolare COGNOME NOME pur a stretto contatto con il COGNOME, collaborava cón il COGNOME nella preparazione dello stupefacente da spacciare e nella gestione contabile dei proventi dello spaccio. Rilevavano inoltre i giudici di merito come le interazioni tra i singoli componenti dei due sottogruppi fossero costanti e che, anche in ragione di tale aspetto, ricorreva una consapevolezza diffusa del rispettivo agire nell’attività criminosa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
10.1. Le censure articolate nei richiamati motivi di ricorso si limitano ad avversare tale logica ricostruzione, su base unitaria, dell’organizzazione dedita allo spaccio nel quartiere San INDIRIZZO di Bari, ponendo in rilievo alcuni profili, tratti dal compendio intercettivo, da cui emergerebbero differenze nella gestione finanziaria dei due sottogruppi e della maggiore remuneratività dello spaccio come organizzato nel sottogruppo del COGNOME‘COGNOME, senza peraltro confrontarsi con la pacifica giurisprudenza di legittimità secondo la quale, ai fini della individuazione del vincolo associativo nel traffico di sostanze stupefacenti non è la presenza di una cassa comune o di una spartizione concordata dei ricavi dell’attività di cessione essendo sufficiente, anche nell’ipotesi di una gestione degli utili non paritaria né condivisa con tra i vari sodali, che tra questi sussista un comune e durevole interesse ad immettere nel mercato sostanza stupefacente, nella consapevolezza della dimensione collettiva dell’attività e dell’esistenza di una sia pur minima organizzazione (sez. 6, n.2394 del 10/12/2021, Napoli, Rv.Rv.282677-01), tutti profili ricorrenti nella specie in presenza di una parziale sovrapposizione di soggetti, tempi, territorio, oggetto dell’attività criminale e comunanza di fonti di approvvigionamento, così da potere inferire la unitarietà del gruppo criminale che operi in permanenza, con fisiologici adattamenti e della propria composizione e dell’azione in ragione del trascorrere del tempo (sez.6, n.43963 del 30/09/2013, P.C., COGNOME e altri, Rv.258154-01.), né in tema associativo l’aggravante del numero delle persone, di cui all’art. 416, comma quinto, cod. pen., richiede la consapevolezza della partecipazione di altri concorrenti nel numero sufficiente a integrarla (sez.3, n.33152 del 7/06/2024, COGNOME, Rv.286841-01; sez.4, n.27523 del 10/05/2017, COGNOME, Rv. 271126 01.). le censure vanno pertanto rigettate.
10.2. I motivi di ricorso prospettati dalle difese di COGNOME NOME e di COGNOME NOME concernenti la circostanza aggravante di cui all’art.74, comma 4 dPR 309/90 (secondo motivo del ricorso COGNOME e seconda parte del primo motivo di ricorso COGNOME), vanno rigettati per le medesime ragioni indicate nel paragrafo 1.2.1., concernente l’analoga doglianza articolata dalla difesa di NOME
10.3. I motivi proposti dai due ricorrenti concernenti il trattamento sanzionatorio risultano al pari infondati in presenza di pena base modulata sui minimi edittali e, per lo SCHINZANO, del minimo aumento a titolo di continuazione con il reato fine allo stesso riconosciuto. Le circostanze attenuanti generiche sono state riconosciute equivalenti rispetto alle circostanze aggravanti e il giudizio di prevalenza è stato escluso nei confronti di tutti i ricorrenti con motivazione priva di illogicità manifesta in ragione dei profili ponderali dello stupefacente trattato, del giro di affari e del carattere armato dell’associazione.
La motivazione risulta coerente con la giurisprudenza di legittimità sul punto, la quale insegna che non
è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli a
ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (cos
sez. 3, n. 23055 del 23/04/2013, Banic e altro, rv. 256172), laddove il beneficio in questione, a seguito delle intervenuta modifica normativa dell’art.62 bis
cod.pen, non costituisce più una sorta di automatico riconoscimento all’imputato eventualmente incensurato, ma una attribuzione dalla valenza premiale (sez.1,
n.46568 del 18/05/5.2017, COGNOME, Rv.271315; sez.2, n.23903 del 15/07/2020,
Marigliano, 279549-01).
11. In conclusione, in accoglimento dei motivi di ricorso proposti dalle difese di COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME deve essere
annullata la sentenza impugnata limitatamente ai disposti aumenti per la continuazione, con rigetto degli altri motivi di ricorso.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME Gregorio,
COGNOME NOME e condanna i predetti al pagamento delle spese processuali, nonché, non ricorrendo ragioni di esonero al riguardo per assenza di colpa, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., nella misura indicata in dispositivo.
Rigetta i restanti ricorsi proposti da COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali. e
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME limitatamente ai disposti aumenti per la continuazione con rinvio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Bari. Rigetta nel resto i ricorsi dei predetti imputati. Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME e condanna i predetti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuna in favore della Cassa delle ammende. Rigetta i ricorsi di COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 marzo 2025 con dispositivo integrato dal Presidente in data 19 marzo 2025