Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14024 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14024 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Nocera Inferiore il DATA_NASCITA NOME NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA NOME NOME, nata in Romania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/3/2023 emessa dalla Corte di appello di Roma visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratore gen NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi p da COGNOME e COGNOME, nonchè il rigetto del ricorso di COGNOME; udito l’avvocato COGNOME NOME, difensore di fiducia di COGNOME NOME quale si riporta ai motivi di ricorso; udito l’avvocato COGNOME NOME, difensore di fiducia di COGNOME NOME che chiede l’accoglimento dei motivi di ricorso; udito l’avvocato COGNOME NOME, difensore di fiducia di NOME COGNOME
che chiede l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, condannava gli imputati per il reato di associazione a delinquere, di tipo transnazionale, finalizzata all’importazione di carburante che veniva introdotto in Italia quale olio lubrificante, in tal modo eludendo il pagamento delle imposte ed accise.
Gli imputati, in particolare, venivano ritenuti meri partecipi dell’associazione a delinquere, nell’ambito della quale NOME COGNOME provvedeva, assieme ad altri coimputati separatamente giudicati, a ricevere il carburante per poi rivenderlo agli acquirenti finali. NOME COGNOME, invece, si occupava dell’organizzazione dei trasporti, collaborando a tal fine con NOME COGNOME, ritenuto uno dei vertici d sodalizio.
Infine, NOME COGNOME provvedeva, quale legale rappresentante della società estera RAGIONE_SOCIALE, a predisporre la falsa documentazione necessaria per l’introduzione del carburante, nonché al pagamento dello stesso.
Nel giudizio di primo grado, a seguito della modifica delle imputazioni, alcuni degli originari coimputati chiedevano di definire il giudizio con il rito abbrevia mentre per gli odierni ricorrenti si procedeva al dibattimento. Il Tribunale disponeva lo stralcio del procedimento da definire con l’abbreviato e, tuttavia, rinviava per la decisione all’esito del dibattimento, così che il medesimo collegio giudicante si pronunciava su entrambi i giudizi.
Avverso tale decisione, NOME COGNOME ha proposto dieci motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione relativamente al rigetto dell’eccezione di incompetenza del Tribunale di Roma. Sostiene il ricorrente che il luogo ove si era manifestata l’operativit dell’associazione non era ricompreso nel circondario di Roma, bensì in quello di Tivoli o, al più, in quelli di Salerno o Lodi. Invero, il primo reato fine riconduci all’associazione era stato accertato nel territorio ricadente nella competenza del Tribunale di Tivoli.
Peraltro, l’assunto secondo cui l’accordo fondativo era stato raggiunto a Roma, era sconfessato dalle dichiarazioni rese dal coimputato COGNOME, il quale aveva riferito dei plurimi contatti e incontri programmatici, che si erano susseguiti in varie località tutte diverse da Roma, all’esito dei quali l’associazione aveva iniziato ad operare.
2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione degli artt. 34 e 178, lett. c),
cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, relativamente alla ritenuta legittimità della celebrazione da parte di uno stesso collegio di due procedimenti- l’uno in abbreviato e l’altro con rito ordinario – avente ad oggetto le medesime condotte associative, senza che fosse stata ravvisata alcuna incompatibilità. Il ricorrente, peraltro, deduceva anche la nullità del provvedimento con il quale il Presidente del Tribunale di Roma, a fronte dell’astensione presentata dai componenti del collegio, riteneva insussistente l’incompatibilità.
2.3. Con il terzo motivo, deduce violazione di norme processuali in merito al mancato esame dei coimputati, escluso sul presupposto che la difesa non avesse articolato i capitoli di prova sui quali i predetti dovevano essere sentiti.
2.4. Con il quarto motivo, eccepisce la nullità del rigetto immotivato della richiesta di rito abbreviato subordinato all’esame dell’imputato in procedimento connesso, NOME COGNOME. Il Tribunale, infatti, riteneva che tale richiesta fosse in contrasto con le esigenze di economia processuale, non considerando che i coimputati già ammessi al rito abbreviato rimanevano in attesa di giudizio per ben quattro anni, mentre si procedeva allo svolgimento del giudizio ordinario a carico dei restanti coimputati. Peraltro, all’esito dell’escussione in dibattimento d COGNOME, veniva disposta l’acquisizione delle dichiarazioni rese in sede di indagini ai sensi dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen., sicchè il ricorrente lamenta i mancato riconoscimento della riduzione per il rito, nonostante la decisione si sia basata sulla medesima acquisizione probatoria che avrebbe avuto ingresso in caso di ammissione al rito abbreviato.
2.5. Con il quinto motivo, censura per violazione di legge l’acquisizione delle dichiarazioni rese da COGNOME in sede di indagini preliminari, sostenendo che non ricorrevano i presupposti richiesti dall’art. 500, comma 4, cod. proc. pen.
2.6. Con il sesto motivo, deduce il vizio di motivazione in relazione all’omessa assoluzione nel merito in relazione al reato fine contestato al capo F), dichiarato prescritto in sede di appello.
2.7. Con il settimo motivo, contesta la mancanza di motivazione in ordine alla determinazione del profitto ai fini della disposta confisca per equivalente, non essendo stata compiutamente accertata l’entità dei tributi evasi, l’utilizzo del carburante per le esigenze dirette del ricorrente e, quindi, la mancanza di prova di cessione a terzi. Peraltro, l’importo del profitto non poteva essere neppur accertato valorizzando il mero dato relativo al numero dei trasporti di carburante diretti verso il sud Italia, posto che in tale ambito territoriale il COGNOME non l’unico destinatario delle consegne. In ogni caso, l’ammontare del carburante inviato e, quindi, delle accise evase, non poteva essere determinato in assenza di dati certi.
2.8. Con l’ottavo motivo, si censura la motivazione resa in ordine all’appartenenza di COGNOME al sodalizio, ritenuta senza che i giudici di merito si siano adeguatamente confrontati con i plurimi elementi che escludevano l’esistenza dell’a ffectio societatis, sostanzialmente esclusa anche da COGNOME.
2.9. Con il nono motivo, si censura il trattamento sanzionatorio e il diniego delle attenuanti generiche.
2.10. Con il decimo motivo, infine, si sostiene l’intervenuta prescrizione del reato associativo, sul presupposto che il termine di cessazione dell’appartenenza al sodalizio doveva essere anticipato a febbraio 2014, essendo erroneo il riferimento alla data di esecuzione della misura cautelare (marzo 2015). Per effetto di tale anticipazione e considerando che per la partecipazione all’associazione il termine massimo di prescrizione è pari a 7 anni e 6 mesi, l’effetto estintivo doveva ritenersi maturato prima dell’emissione della sentenza di appello.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati formulati due motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce il vizio di motivazione e travisamento della prova, in relazione alla ritenuta appartenenza all’associazione per delinquere. Si deduce che, con l’atto di appello, era stato sollecitato un più attento esame della posizione della COGNOME, evidenziando come le prove acquisite escludessero l’elemento soggettivo, difettando nella ricorrente la consapevolezza di agire nell’ambito di un’organizzazione criminale; essendosi limitata a svolgere funzioni esecutive sotto la direzione di COGNOME, come chiaramente riferito dal teste COGNOME, commercialista della società RAGIONE_SOCIALE di cui l’imputata era stat formalmente amministratrice, pur avendo dimostrato di non avere alcuna conoscenza delle vicende relative alla gestione della stessa. Anche COGNOME aveva reso dichiarazioni ampiamente liberatorie nei confronti della ricorrente, senza che le stesse fossero state in alcun modo esaminate dalla Corte di appello che, pertanto, era incorsa nel vizio di omessa motivazione.
3.2. Con il secondo motivo, deduce vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, nonostante il ruolo assolutamente marginale svolto nell’intera vicenda.
Il difensore di NOME COGNOME, dopo un’articolata premessa nella quale ricostruiva i fatti oggetto di accertamento, formulava tre motivi di ricorso.
4.1. Con il primo motivo, deduce vizio di violazione di legge in ordine al mancato espletamento dell’esame dell’imputato, nonostante questo fosse stato ritualmente richiesto ed ammesso, avendo il Tribunale negato il differimento
dell’udienza resosi necessario a causa dell’impossibilità dell’imputato di venire in Italia per la data del 19 giugno 2020, in considerazione dei notori limiti agli spostamenti imposti dall’emergenza pandemica. La Corte di appello, alla quale la questione era stata ritualmente sottoposta, ometteva di motivare circa l’esistenza o meno di un impedimento a comparire e della conseguente illegittima mancata assunzione dell’esame.
4.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta partecipazione del ricorrente all’associazione, essendosi omesso di valutare le prove dalle quali risultava che NOME – dipendente di una società di trasporti – si era limitato a svolgere le proprie ordinarie attiv lavorative, non essendo a conoscenza della natura illecita dei traffici.
4.3. Con il terzo motivo, deduce violazione di legge e vizio della motivazione relativamente al diniego delle attenuanti generiche, nonché della mancata concessione della non menzione della condanna e dell’omessa affermazione della particolare tenuità del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati nei limiti di seguito specificati.
L’eccezione di incompetenza territoriale formulata da COGNOME e posta a fondamento del primo motivo di ricorso è manifestamente infondata. I giudici di merito hanno ampiamente dato conto del criterio utilizzato per stabilire la competenza, ritenendo che – sulla base di elementi di fatto non suscettibili di rivalutazione in sede di legittimità – gli accordi preliminari e quelli funzionali gestione del sodalizio erano stati conclusi a Roma, così come pure a Roma si trovavano i principali punti di stoccaggio del carburante.
La giurisprudenza ha anche recentemente ribadito che in tema di reati associativi, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio, salvo restando che, quando è impossibile applicare tali criteri, la stessa va stabilita a norma dell’art. 9, comm 1, cod. proc. pen., in relazione al luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione (da ultimo, Sez.3, n. 38009 del 10/5/2019, Assisi, Rv. 278166). La competenza per territorio si determina, pertanto, non tanto nel luogo in cui si è radicato il pactum sceleris, quanto in quello in cui si è effettivamente manifestata e realizzata l’operatività della struttura (Sez.6, n. 49995 del 15/9/2017, COGNOME, Rv. 271585).
La nozione di luogo in cui si manifesta l’operatività della struttura non deve ritenersi necessariamente coincidente con il luogo in cui si realizzano i singoli reati fine, posto che, ove sia possibile individuare il luogo ove si sono svolte l’attivit organizzativa e di programmazione, è in relazione a quest’ultimo che si radica la competenza territoriale, tanto più quando – come nel caso di specie – i reati fine sono per loro natura e funzione destinati a svolgersi in una pluralità di luoghi diversi.
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, deve ritenersi che i giudici di merito (si veda pag.10 sentenza di appello e pag.16-17 sentenza di primo grado) hanno compiutamente individuato una pluralità di indici rilevatori del fatto che la struttura organizzata si sia costituita ed abbia operato essenzialmente nel territorio di Roma, dato rispetto al quale non rileva la circostanza che singoli incontri tra associati si siano svolti in luoghi diversi, come pure quella che i reati fine sian stati commessi anche altrove.
2.1. Il secondo motivo, concernente la dedotta incompatibilità del collegio giudicante a pronunciarsi nei confronti di COGNOME, avendo conosciuto degli atti delle indagini preliminari nell’ambito del parallelo procedimento celebrato con il rito abbreviato, è manifestamente infondato per due ordini di motivi.
In primo luogo, deve rilevarsi che l’ordinamento prevede un apposito rimedio volto a far valere l’incompatibilità, consistente nella ricusazione del giudice ex art 34 cod. proc. pen. Ne consegue che l’imputato è tenuto a servirsi di tale specifico rimedio, non potendo proporre con gli ordinari mezzi di impugnazione questioni rilevabili esclusivamente nella procedura incidentale di ricusazione.
A tale conclusione si giunge sulla base del consolidato principio secondo cui l’esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., allorchè non rilevata dal giudice con dichiarazione di astensione, nè tempestivamente dedotta con istanza di ricusazione, non incide sulla capacità dello stesso e, conseguentemente, non dà luogo alla nullità prevista dall’art. 178, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. (ex multis, Sez.6 n. 39174 del 9/9/2015, COGNOME, Rv. 264637; Sez.6, n. 12550 dell’1/3/2016, Rv. 267419).
A tale argomento, che sarebbe di per sé sufficiente a condurre all’inammissibilità del motivo, deve aggiungersi anche l’ulteriore principio secondo cui la trattazione congiunta del rito abbreviato con quello ordinario nei confronti degli imputati che non hanno formulato la relativa istanza non é causa di abnormità o di nullità della decisione, né, tanto meno, di una situazione di incompatibilità suscettibile di tradursi in motivo di ricusazione per il giudice, poiché la coesistenza dei procedimenti comporta solo la necessità che, al momento della decisione, siano tenuti rigorosamente distinti i regimi probatori rispettivamente
previsti per ciascuno di essi (Sez.6, n. 16365 del 27/4/2012, Trani, Rv. 252509; Sez. 5, n. 9266 del 25/11/2014, dep. 2015, Tronfi, Rv. 263618).
2.2. Il terzo motivo, attinente all’illegittimità del rigetto della richies esame dei coimputati, è inammissibile in quanto generico, posto che il ricorrente ha dedotto che l’escussione dei predetti coimputati sarebbe stata decisiva per la posizione del COGNOME, senza fornire alcuna giustificazione di tale affermazione. Ne consegue che non è possibile stabilire se la dedotta lesione delle prerogative difensive abbia o meno determinato un qualche tipo di effetto negativo sul diritto di difendersi provando.
2.4. Il quarto motivo è volto censurare il diniego della riduzione per il rit abbreviato condizionato, sul presupposto che il rito alternativo era stato negato in quanto la richiesta di integrazione probatoria non veniva ritenuta compatibile con le esigenze di economia processuale. Tuttavia, nel corso del giudizio si procedeva all’acquisizione delle dichiarazioni rese dal coimputato COGNOME, alla cui escussione era stata subordinata la richiesta di abbreviato.
Si tratta di un motivo inammissibile, posto che con esso il ricorrente pretende di far conseguire la riduzione della pena non già all’ammissione al rito alternativo, bensì dall’esito del giudizio dibattimentale.
2.5. Il quinto motivo di ricorso è parimenti inammissibile per genericità. Invero, si censura l’acquisizione delle dichiarazioni rese da COGNOME ai sensi dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen., deducendosi l’insussistenza delle condizioni legittimanti la lettura di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero.
Anche in questo caso, infatti, era onere del ricorrente specificare se ed in quale misura le dichiarazioni acquisite avessero svolto un ruolo determinante ai fini del convincimento dei giudici di merito, dovendosi superare la cosiddetta prova di resistenza.
2.6. Il sesto motivo, concernente il vizio di motivazione in ordine al capo F) per il quale è stata dichiarata la prescrizione, è manifestamente infondato, posto che per consolidata giurisprudenza, a fronte della constatazione del decorso del termine prescrizionale, il giudice non è tenuto a valutare nel merito l’infondatezza dell’accusa, a meno che questa non emerga ictu ocuii, evenienza non sussistente nel caso di specie (Sez.U, n.35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275).
2.7. Il settimo motivo di ricorso, concernente la quantificazione del profitto oggetto di confisca per equivalente, è invece fondato per una pluralità di ragioni.
Deve in primo luogo osservarsi che la sentenza di appello dedica alla quantificazione del profitto, riferito alle singole ipotesi di reato fine contestate, u mera presa d’atto degli importi indicati nei singoli capi di imputazione (si veda pg.13) senza che si sia proceduto ad una effettiva e concreta valutazione del
combustibile illegalmente importato e del profitto che ne è derivato. Ancor più generica è la qualificazione della confisca, disposta in relazione agli artt. 240 e 240-bis cod. pen., senza un’esatta qualificazione giuridica della misura adottata.
Si tratta di carenze che inficiano irrimediabilmente la decisione.
Deve premettersi che, nel caso di specie, la Corte di appello ha dato atto che la confisca è stata disposta ai sensi dell’art. 11, I 16 marzo 2006, n. 146 che, in caso di reati transnazionali, prevede la confisca obbligatoria delle cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato, anche per equivalente.
Fatta tale condivisibile premessa, la Corte di appello avrebbe tuttavia dovuto tener conto dei principi elaborati in tema di confisca e segnatamente della regola secondo cui la confisca obbligatoria del denaro è sempre diretta e, quindi, può essere disposta anche nel caso di intervenuta prescrizione del reato (Sez.U, n.42415 del 27/5/2021, Rv. 282037).
A diverse conclusioni, invece, deve pervenirsi nel caso in cui si proceda a confisca per equivalente, non potendosi applicare il disposto dell’art.578-bis cod. proc. pen. che, in relazione a determinate ipotesi di confisca, ne consente il mantenimento anche nel caso di prescrizione del reato.
In base ad una recente pronuncia delle Sezioni unite, infatti, la disposizione di cui all’art. 578-bis cod. proc. pen., introdotta dall’art. 6, comma 4, d.lgs. marzo 2018, n. 21, ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche sostanziale e, pertanto, è inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore (Sez.U, n. 4145 del 29/9/2022, dep. 2023, Esposito, Rv. 284209).
Nel caso di specie, il reato contestato al capo F) dichiarato prescritto è stato commesso nel 2014 e, quindi, in epoca precedente rispetto all’introduzione dell’art. 578-bis cod. proc. pen., con la conseguente impossibilità di procedere alla confisca per equivalente a seguito dell’intervenuta estinzione per prescrizione.
Ne consegue l’annullamento con rinvio, dovendo la Corte di appello motivatamente quantificare l’ammontare del profitto, per poi distinguere il tipo di confisca disposta – diretta o per equivalente – escludendo la confiscabilità per equivalente in relazione al profitto del reato prescritto.
2.8. L’ottavo motivo sollecita una rivalutazione in punto di fatto degli elementi che hanno condotto alla condanna dell’imputato, peraltro prospettando come dirimente il contenuto di una singola conversazione intercettata e le dichiarazioni rese da COGNOME, il quale riferiva che COGNOME “si era messo in proprio”. Si tratta, evidentemente, di una non consentita lettura assolutamente parziale del materiale probatorio, prospettando una ricostruzione alternativa che non si confronta con
l’apparato argomentativo ben più ampio e solido recepito dai giudici di merito.
2.9. Manifestamente infondato è anche il nono motivo, posto che i giudici di merito hanno dato atto di aver effettuato una valutazione complessiva della gravità delle condotte, sicuramente dotate di una apprezzabile offensività, ritenendo l’insussistenza di elementi di fatto concretamente idonei ad attenuarne la gravità.
2.10. L’ultimo motivo, concernente l’intervenuta prescrizione, è fondato.
Deve premettersi che, per la mera partecipazione al reato associativo, è prevista la pena massima di cinque anni di reclusione, sicchè la durata massima del termine di prescrizione è pari a sette anni e sei mesi, cui occorre aggiungere ulteriori quindici mesi per le sospensioni disposte in corso di giudizio (come indicato in sentenza pag.5).
Deve anche precisarsi che, in relazione al reato associativo, non deve tenersi conto dell’aggravante della transnazionalità, prevista dall’art.4 d.l. n. 146 del 2006, che correttamente non è stata contestata, nè riconosciuta.
L’originario art. 4, d.l. n. 146 del 2006 (attualmente trasfuso nell’art.61-bi cod. pen.) prevede che, per i reati puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, nella commissione dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
In base alla previsione normativa, quindi, deve verificarsi a quali condizioni l’aggravante possa operare esclusivamente in relazione ai reati-fine commessi da un’associazione transazionale, ovvero se possa applicarsi anche al reato associativo in quanto tale.
Sul tema è opportuno segnalare l’esistenza di precedenti favorevoli all’applicabilità dell’aggravante nei confronti di qualsivoglia associazione per delinquere che operi in più Stati (sul punto si veda, in motivazione, Sez.4, n. 3398 del 14/12/2023, dep.2024, Abbattista, Rv. 285702-04).
La questione è stata espressamente affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione che ha affermato il principio secondo cui «la circostanza aggravante si applica, per regola generale, a tutti i reati in ambito nazionale puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni la cui commissione sia stata determinata o anche solo agevolata dall’apporto di un gruppo criminale organizzato transnazionale; che la locuzione “dare contributo” di cui all’art. 4 (oggi art. 61 -bis cod. pen.) postula “alterità” o diversità tra i soggetti interessati, o tra soggetto agente (il “gruppo organizzato”) e realtà plurisoggettiva beneficiaria dell’apporto causale; che il tasso di maggior disvalore insito nell’aggravante postula una necessaria autonomia tra condotta che integra il reato “comune” e
quella che vale a realizzare il contributo prestato dal gruppo transnazionale giacché, in caso contrario, la circostanza aggravante verrebbe a porsi come elemento costitutivo del reato associativo transnazionale» (così in motivazione, Sez.3, n. 10116 del 24/11/2020, COGNOME, Rv. 281481; Sez.6, n. 37081 del 19/11/2020, Anslem, Rv. 280552-02; Sez.3, n. 36381 del 9/5/2019, COGNOME, Rv. 276701).
Tale principio è stato ribadito partendo da quanto affermato da Sez.U, n. 18374 del 31/1/2013, Adami, Rv. 255038, che ha correttamente distinto la nozione di “gruppo criminoso” richiamata dall’art.4 d.l. cit. rispetto a quella d associazione per delinquere, sottolineando come “gruppo organizzato” è, certamente, un quid pluris rispetto al mero concorso di persone, ma è un minus rispetto alla associazione per delinquere. Per la sua configurazione è, infatti, richiesta soltanto una certa stabilità dei rapporti, un minimo di organizzazione senza formale definizione dei ruoli, la non occasionalità od estemporaneità della stessa, la costituzione in vista anche di un solo reato. Ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 416 cod. pen. occorrono, invece, un’organizzazione strutturale, tendenzialmente stabile e permanente, una precisa ripartizione dei ruoli e la pianificazione di una serie indeterminata di reati.
Partendo dalla distinzione tra associazione per delinquere e “gruppo organizzato”, le Sezioni unite hanno concluso nel senso che l’aggravante di cui all’attuale art. 61-bis cod. pen. non è compatibile con la figura dell’associazione per delinquere nei casi in cui la condotta associativa coincida con l’apporto fornito dal “gruppo organizzato” operante su base transnazionale, realizzando sul piano strutturale e funzionale un’unica associazione transnazionale, viceversa, ove l’associazione a delinquere sia di per sé autonoma, ma riceva un apporto causale fornito da un gruppo organizzato transazionale, l’aggravante in questione è applicabile anche in relazione al reato di cui all’art. 416 cod. pen.
Sul punto è opportuno richiamare le eloquenti considerazioni svolte nella sentenza “Adami”, lì dove si precisa che ai fini della configurabilità dell’aggravante della transnazionalità non vi può essere coincidenza tra il “gruppo organizzato” e l’associazione in quanto «la previsione del contributo causale implica diversità soggettiva, ossia l’esistenza di due distinte realtà organizzative, nel senso che il gruppo criminale organizzato, peraltro impegnato in attività criminali in più di uno Stato, deve aver contribuito alla commissione del reato associativo, cioè alla costituzione od all’agevolazione, in qualsiasi forma, dell’associazione formatasi ed operante in ambito nazionale. Dalla sfera di operatività della circostanza aggravante deve, quindi, essere espunta l’ipotesi in cui il gruppo organizzato sia esso stesso associazione per delinquere. D’altronde, in uno al dato ontologico
dell’immedesimazione, all’applicabilità dell’aggravante osterebbe, sul piano formale, il chiaro disposto normativo dell’art. 61 cod. pen., secondo cui le circostanze, positivamente previste, aggravano il reato “quando non ne sono elementi costitutivi”. Deve pure essere espunta l’ipotesi che l’associazione abbia sue articolazioni periferiche in altri Stati od anche l’ipotesi che parte dei sodal della stessa consorteria operino all’estero oppure gli effetti sostanziali dell’attivi della stessa consorteria si producano oltre confine».
Sulla base di tali considerazioni, pertanto, deve ribadirsi il principio secondo cui l’aggravante speciale della transnazionalità, attualmente prevista dall’art. 61bis cod. pen., è applicabile al reato associativo, a condizione che il gruppo criminale organizzato transnazionale non coincida con l’associazione stessa.
Una volta esclusa la configurabilità dell’aggravante e tenendo conto del termine ordinario di prescrizione prevista per la partecipazione ad associazione per delinquere, ne consegue l’intervenuta maturazione del termine estintivo, dovendosi considerare che, in base alla contestazione, il reato associativo è stato commesso fino al 24.3.2015, per cui tenendo conto del termine di prescrizione ordinario pari a 7 anni e 6 mesi, maggiorato di 15 mesi di sospensione, si arriva a quello massimo di 8 anni e 9 mesi, sicchè l’effetto estintivo è intervenuto in data 24 dicembre 2023.
L’intervenuta prescrizione deve essere rilevata anche in relazione ai ricorsi proposti dai restanti due imputati, posto che entrambi hanno sollevato censure attinenti alla motivazione non manifestamente infondate. GLYPH In particolare, per quanto riguarda COGNOME, si evidenzia come la motivazione della sentenza impugnata presenta effettivamente carenze ricostruttive in ordine all’effettiva consapevolezza dell’imputata di fornire un apporto causale rispetto all’attività dell’associazione. GLYPH Altrettanto deve dirsi in relazione alla posizione di NOME, posto che alcuni temi di prova – potenzialmente dirimenti – non sono stati oggetto di adeguata motivazione, avendo omesso la Corte di appello una compiuta disamina delle doglianze difensive riguardanti la consapevolezza da parte dell’imputato della natura illecita dei trasporti. Una volta esclusa l’inammissibilità dei ricorsi, deve, pertanto, darsi prevalenza all’intervenuta prescrizione.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, con riguardo al capo A), per intervenuta prescrizione.
Limitatamente alla confisca disposta nei confronti del solo NOME COGNOME, la sentenza va invece annullata con rinvio, dovendo la Corte di appello procedere ad una nuova valutazione in ordine all’entità del profitto ed alla natura, diretta o
per equivalente, della confisca, adeguandosi ai principi indicati al paragrafo 2.7.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato di cui al capo A) è estinto per sopravvenuta prescrizione.
Annulla la sentenza con riferimento alla disposta confisca nei confronti di COGNOME NOME e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso il 6 febbraio 2024
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