Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 43143 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 43143 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/06/2024 del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale del riesame di Palermo, in parziale accoglimento della richiesta, ex art. 309 cod.proc.pen., avanzata da COGNOME NOME, ha escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.l. cod.pen., ed ha confermato nel resto l’ordinanza emessa dal locale Giudice per le indagini preliminari, in data 14/05/2024, con la quale era stata disposta nei confronti del predetto la misura cautelare della custodia in carcere in relazione alla provvisoria incolpazione di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Al COGNOME, come da imputazione cautelare, è contestato il reato di partecipazione all’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze
stupefacenti ai sensi dell’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, quale partecipe nell’attività illecita di vendita al dettaglio della sostanza stupefacente tipo hashish, occultamento e di custodia della stessa e di raccolta dei proventi dell’attività illecit svolta, in ordine al quale il Collegio ravvisava i gravi indizi di colpevolezza e l esigenze cautelari del pericolo di recidiva.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’indagato e ne ha chiesto l’annullamento deducendo i seguenti motivi.
2.1. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 273 cod.proc.pen. e art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Il tribunale cautelare avrebbe ritenuto sussistente la partecipazione del COGNOME al sodalizio criminoso, non contestata la sussistenza dell’associazione rientrante nel paradigma normativo di cui all’art. 74 cit., in ragione della commissione di due reati fine, di cui ai capi 16) e 27), per i quali lo stesso P.M. non aveva avanzato richiesta di applicazione di misura cautelare, sicchè avrebbe posto a fondamento della misura fatti estranei alla richiesta di applicazione della misura cautelare neppure utilizzat dal RAGIONE_SOCIALE in sede di adozione. Il tribunale sarebbe così incorso in una violazione di legge avendo posto a base del proprio ragionamento fatti estranei al titolo cautelare rispetto ai quali il ricorrente non si era potuto difendere.
Al contrario di quanto argomentato, nella vicenda che ci occupa, difetterebbero i molteplici requisiti dell’associazione di cui al paradigma normativo ex art. 74 cit., mancando la stabilità del vincolo, una cassa comune, chiare manifestazioni di affectio societatis. Al contrario la completa ed integrale lettura del compendio probatorio riporterebbe uno spaccato ben diverso rispetto a quello indicato dal tribunale laddove ha ritenuto integrato il reato di partecipazione all’associazione a delinquere piuttosto che il concorso nel semplice reato fine in due occasioni, senza aver mai una percezione che così collaborando con uno dei soggetti di questa avrebbe in concreto aiutato l’intera associazione.
Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 274 lett. c) cod.proc.pen. e 275 comma 3, cod.proc.pen. Motivazione insufficiente per ritenere concreto e attuale il pericolo di recidiva tenuto conto che l’attività illecita si arresta al 2022 e con riguardo alla ritenuta inidoneità della mis meno afflittiva con le modalità di controllo del braccialetto elettronico in assenza di precedenti per evasione ed essendo il ricorrente persona incensurata.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto privo di confronto specifico con le ragioni della decisione.
A tale riguardo deve rammentarsi che sono inammissibili le censure concernenti al profilo della gravità indiziaria rispetto all’incolpazione provvisoria che non confrontano con i passaggi argomentativi sviluppati dall’ordinanza impugnata in punto sussistenza della gravità indiziaria e che in parte si risolvono in una mirata rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento del giudizio di gravità indiziari omesso confronto che rende aspecifiche le doglianze e conseguentemente inammissibile il ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838).
Ciò premesso, il ricorso che per un verso denuncia la carenza di motivazione in punto partecipazione del COGNOME al sodalizio criminoso, di cui genericamente ne contesta anche la sussistenza, e, per altro verso, invoca una diversa lettura del compendio probatorio, non si confronta con la decisione impugnata che, invece, ha confermato l’ordinanza genetica della misura cautelare in punto gravità indiziaria della partecipazione del COGNOME con una motivazione oltremodo adeguata, ispirata ad oggettive emergenze investigative e connotata da evidente logicità.
Il Tribunale del riesame ha, invero, esplicitato, con motivazione scevra da illogicità manifesta, le ragioni per le quali si debba ritenere provata, seppure i termini di elevata probabilità, la partecipazione del ricorrente all’associazione finalizzata all’attività di illecita commercializzazione al dettaglio di sostan stupefacente tipo cocaina e hashish sviluppata all’interno di una specifica area metropolitana del quartiere urbano di Palermo, denominato Sperone, nel quale il ricorrente aveva assunto il ruolo attivo nelle diverse fasi dell’attività delittuosa c particolare riguardo, tra l’altro, all’attività di illecita cessione al dettaglio sulla di spaccio della sostanza stupefacente tipo hashish, all’occultamento alla custodia della stessa e alla raccolta dei proventi dell’attività delittuosa quotidiani, com desunta dal nnonitoraggio di ciò che avveniva in quel luogo ove erano state disposte, tra l’altro, video riprese e servizi di appostamento che avevano consentito di accertare, attraverso il sistema di videosorveglianza, l’attività illecita posta in esse dal ricorrente in tempo reale.
L’ordinanza impugnata, dopo aver ripercorso in linea AVV_NOTAIO gli esiti RAGIONE_SOCIALE investigazioni, ha esposto gli elementi sulla scorta dei quali ha ritenuto, a livell gravemente indiziario, la partecipazione del COGNOME. Segnatamente l’attività di captazione ambientale telefonica, puntualmente riscontrata da servizi di osservazione tramite videosorveglianza, aveva disvelato l’attività illecita posta in essere dal COGNOME
descritta nelle vicende sottostante ai capi 16) e 27), reati fine che, sebbene non costituenti oggetto di richiesta cautelare nei confronti dell’indagato, costituivano indicatori fattuali della piena e stabile adesione dell’indagato quale pusher nella piazza di spaccio, essendo stabilmente dedito allo smercio al dettaglio, alternandosi con rigidi turni di servizio ad altri soggetti, nonché, dopo l’arresto in flagranza d pusher COGNOME, al medesimo era affidato, oltre al ruolo di pusher, il delicato compito di ricezione e custodia RAGIONE_SOCIALE forniture di stupefacente e di collettore dei proventi giornalieri RAGIONE_SOCIALE attività di spaccio da riversare nelle casse del sodalizi capeggiato dall’COGNOME. Ulteriore plastica conferma si ricava, secondo l’ordinanza impugnata, nel ruolo assunto dal ricorrente nelle visite a domicilio presso l’abitazione dell’COGNOME, in occasione RAGIONE_SOCIALE quali l’indagato recapitava alcune buste ritenute contenenti proventi giornalieri dell’attività di spaccio, nonché l’esecuzione RAGIONE_SOCIALE direttive del capo COGNOME all’indomani sempre dell’arresto dei pusher COGNOME.
A fronte di siffatta motivazione il ricorrente non si confronta compiutamente limitandosi a contestare il rilievo attribuito alle vicende delittuose contestate nei cap 16) e 27) che, contrariamente alla prospettazione difensiva, ben possono avere rilievo quali circostanze di fatto che, oltre ad assumere rilievo quali condotte ex art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, riverberano anche la loro portata indiziaria quali elementi indicativi di una stabile adesione dell’indagato al sodalizio criminale, essendo del tutto irrilevante la circostanza che il Giudice della cautela non avesse fondato il proprio convincimento sulle vicende fattuali confluite nelle contestazioni nei capi 16) e 27), ben potendo il Tribunale del riesame confermare il provvedimento genetico per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento impugnato, come dispone l’art. 309 comma 9 cod.proc.pen., essendo gli elementi presi a base del convincimento presenti nel panorama cognitivo del tribunale e sui quali l’indagato ben poteva difendersi.
In tale contesto l’indagato omette di confrontarsi sulle circostanze di fatto registrate dall’attività di videosorveglianza che, in presa diretta, documentava non solo l’attività illecita di pusher sulla piazza di spaccio descritta puntualmente a pag. 14, ma anche l’ulteriore attività di “custode ” e “collettore” dei proventi giornalie dell’attività di spaccio da riversare, previo dettagliato resoconto da effettuare direttamente alla COGNOME, nella cassa comune del sodalizio, di cui al vertice vi era proprio il citato COGNOME, da cui anche la prova indiziaria di stabile adesione al sodalizi allorchè dietro indicazione del capo COGNOME si atteneva alle sue direttive e si prodigava a fare quello che gli veniva richiesto, dopo la notizia dell’arresto dei due pusher COGNOME (cfr. pag. 15). L’omesso confronto specifico si traduce nella genericità del motivo di ricorso che conduce all’inammissibilità dello stesso.
La motivazione è congrua e non manifestamente illogica e, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità.
La decisione, inoltre, è in linea con i principi di diritto affermati da ques Suprema Corte in subiecta materia.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, alla base della figura dell’associazione finalizzata a traffici di sostanze stupefacenti (art 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) è identificabile un accordo destinato a costituire una struttura permanente in cui i singoli associati divengono – ciascuno nell’ambito dei compiti assunti o affidati – parti di un tutto finalizzato a commettere una serie indeterminata di delitti ex art 73 d.P.R. n. 309 del 1990, preordinati alla cessione o al traffico droga.
La prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, può essere data anche per mezzo dell’accertamento di facta concludentia, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per il rifornimento della droga, le basi logistic le forme di copertura e i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 6, n. 10781 del 13/12/2000, Rv. 218731).
Il COGNOME mostra di aderire pienamente al sodalizio: non è solo un pusher che opera sulla piazza di spaccio in sintonia con gli altri, alternandosi con gli altri secondo schemi precostituiti, e di custode dello stupefacente e collettore dei proventi dello spaccio, ma è significativo, a delineare l’affectio societatis, la circostanza che il COGNOME agisce alle direttive del capo COGNOME, rispondendo positivamente alle due richieste.
Infine, quanto al profilo della sussistenza RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari, individuate nel pericolo di recidiva l’ordinanza impugnata, contrariamente all’assunto difensivo che lamenta una insufficiente motivazione sulla concretezza e attualità del pericolo di recidiva, è pienamente argomentata, avendolo ancorato il menzionato pericolo, ritenuto concreto ed attuale, all’inserimento stabile del predetto nel contesto associativo ricoperto dal medesimo all’interno di questo, in un contesto, non si dimentichi, di presunzione relativa, di cui all’art. 275 comma 3 cod.proc.pen. di adeguatezza della misura non superata da elementi di segno contrario neppure allegati dalla difesa.
Il regime presuntivo applicabile, qualora si sia in presenza di ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990, diversamente da quanto avviene per la diversa fattispecie di cui all’art.
416 cod.pen. caratterizzata dall’esistenza dei requisiti strutturali e RAGIONE_SOCIALE peculiar connotazioni del vincolo associativo, risultando quindi inapplicabile la regola di esperienza, elaborata per quest’ultimo, della tendenziale stabilità del sodalizio, in difetto di elementi contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglimento de gruppo (Sez. 6, n. 52404 del 26/11/2014, COGNOME, Rv. 261670; Sez. 4, n. 26570 del 11/06/2015, COGNOME, Rv. 263871), postula pur sempre l’allegazione di elementi concreti per il suo superamento che, quanto al caso in esame, non sono neppure allegati essendo del tutto neutra l’allegazione della risalenza dei fatti (al 2022) in u contesto come quello in esame, di tendenziale stabilità del vincolo associativo. Anche la motivazione in punto inidoneità del braccialetto elettronico è congrua e non manifestamente illogica là dove il tribunale, pag. 17 e 18, ha evidenziato come lo strumento di controllo non consente di impedire le comunicazioni con i soggetti non conviventi e di segnalarle all’A.G., da cui l’inidoneità della misura di controllo.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 07/11/2024