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Associazione a delinquere stupefacenti: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha dichiarato inammissibili i ricorsi contro una condanna per associazione a delinquere stupefacenti. La Corte ha confermato che un rapporto stabile e continuativo tra fornitori e spacciatori, volto a un programma criminoso indeterminato, integra il reato associativo e non un semplice concorso di persone, anche in presenza di due sottogruppi familiari operanti.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a delinquere stupefacenti: Quando il rapporto fornitore-cliente diventa reato associativo

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, affronta un tema cruciale nel diritto penale: la linea di demarcazione tra il concorso di persone nel reato di spaccio e la più grave fattispecie di associazione a delinquere stupefacenti. La pronuncia offre importanti chiarimenti su quali elementi trasformano un rapporto stabile tra fornitori e spacciatori in un sodalizio criminale strutturato, anche quando questo è composto da diversi nuclei familiari. Analizziamo la decisione per comprendere i principi affermati dai giudici di legittimità.

I Fatti: La Struttura dell’Organizzazione Criminale

La vicenda giudiziaria trae origine da un’articolata indagine che aveva svelato l’esistenza di un’organizzazione criminale dedita al traffico di cocaina. L’associazione era composta principalmente da tre gruppi familiari imparentati tra loro, operanti prevalentemente nell’area di Napoli. La struttura era gerarchica: al vertice vi era un soggetto che gestiva l’approvvigionamento all’ingrosso da un clan locale, coadiuvato dai suoi suoceri e da altri stretti collaboratori. Lo stupefacente veniva poi distribuito a un secondo gruppo, guidato da altri due familiari, che a sua volta gestiva una fitta rete di spacciatori al dettaglio, organizzando i turni e raccogliendo i proventi.

La Corte d’Appello, pur dichiarando prescritti molti singoli episodi di spaccio (i cosiddetti ‘reati fine’), aveva confermato la condanna per il reato associativo, ritenendo provata l’esistenza di un vincolo stabile e di un programma criminoso comune.

L’impugnazione in Cassazione e le doglianze dei ricorrenti

Gli imputati ricorrevano in Cassazione lamentando, principalmente, due aspetti:
1. Errata qualificazione giuridica: Sostenevano che i fatti dovessero essere inquadrati come un semplice concorso di persone in singoli reati di spaccio. A loro avviso, mancava la prova di un vero e proprio patto associativo (affectio societatis), configurandosi piuttosto un mero rapporto commerciale tra fornitori e acquirenti, sebbene continuativo.
2. Mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve: In subordine, chiedevano che il reato fosse riqualificato nella fattispecie attenuata di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. 309/1990, relativa alle associazioni finalizzate a commettere fatti di lieve entità.

Associazione a delinquere stupefacenti: i principi della Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato inammissibili tutti i ricorsi, cogliendo l’occasione per ribadire i principi cardine che distinguono il reato associativo dal concorso di persone.

La differenza con il concorso di persone

I giudici hanno chiarito che, per integrare l’associazione a delinquere stupefacenti, sono necessari tre elementi fondamentali:
* Un accordo criminoso (pactum sceleris) che crei un vincolo permanente tra tre o più persone.
* Un programma criminoso volto alla commissione di una serie indeterminata di delitti di spaccio.
* Una minima struttura organizzativa stabile, destinata a perdurare oltre la commissione dei singoli reati.

Il discrimine essenziale risiede nel carattere dell’accordo: nel concorso di persone, l’accordo è occasionale e si esaurisce con la commissione dei reati programmati. Nell’associazione, invece, l’accordo crea una struttura stabile, un supporto permanente all’attività criminale che esiste indipendentemente dai singoli episodi di spaccio.

L’ipotesi attenuata del comma 6

Quanto alla richiesta di applicare l’ipotesi lieve, la Corte ha specificato che questa è configurabile solo se i sodali hanno programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo una struttura incompatibile con reati di maggiore gravità. Per escluderla, i giudici hanno valorizzato elementi come l’elevato numero di cessioni, la stabilità dei rifornimenti, l’ingente quantitativo di droga movimentata e la presenza di un’organizzazione strutturata, tutti indici di una capacità operativa non riconducibile alla lieve entità.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto le motivazioni della Corte d’Appello logiche e coerenti. È stato sottolineato come la stabilità dei rapporti tra il gruppo degli ‘approvvigionatori’ e quello degli ‘spacciatori’ non costituisse una frattura, ma una precisa ripartizione di compiti all’interno di un’unica entità criminale. La durevole comunanza di scopo, ovvero l’interesse comune a immettere droga sul mercato, crea un legame che trascende la singola compravendita e costituisce l’essenza del vincolo associativo. La continua disponibilità a fornire e a ricevere la sostanza, unita a una struttura organizzata (corrieri, turni di spaccio, raccolta del denaro), è stata considerata prova sufficiente dell’esistenza del sodalizio.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale: un rapporto continuativo tra grossisti e spacciatori, quando non si limita a singole transazioni ma si inserisce in un programma criminoso più ampio e supportato da una minima organizzazione, integra la grave fattispecie dell’associazione a delinquere. La presenza di sottogruppi con compiti distinti non inficia l’unicità dell’associazione, ma ne rappresenta, al contrario, una prova della sua strutturazione. Questa pronuncia ribadisce la necessità di un’analisi complessiva dei rapporti tra i soggetti coinvolti per qualificare correttamente la loro condotta criminale.

Quando un rapporto continuativo tra fornitori e spacciatori di droga si trasforma in associazione a delinquere stupefacenti?
Quando esiste un accordo stabile (pactum sceleris) per un programma criminoso indeterminato, con una minima struttura organizzativa e la consapevolezza dei partecipanti di contribuire a un fine comune che va oltre le singole cessioni.

È possibile configurare un’unica associazione anche se sono presenti due gruppi distinti, uno che si occupa dell’approvvigionamento e uno dello spaccio al dettaglio?
Sì, la Corte ha stabilito che la presenza di due gruppi operativi non esclude l’esistenza di un’unica associazione, se i loro rapporti sono stabili, continuativi e funzionali a un programma criminoso condiviso. La diversa operatività rappresenta solo una ripartizione di compiti.

Perché la Corte ha escluso l’ipotesi lieve di associazione (art. 74, comma 6)?
Perché l’attività del gruppo non era limitata a fatti di lieve entità. La Corte ha considerato l’elevato numero di consegne, la stabilità dei rifornimenti, la varietà delle sostanze (leggere e pesanti), i significativi quantitativi movimentati e l’esistenza di un’adeguata struttura organizzativa, elementi incompatibili con l’ipotesi attenuata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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