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Associazione a delinquere stupefacenti: i requisiti

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di tre imputati condannati per associazione a delinquere stupefacenti. La sentenza conferma che per provare il reato associativo non basta la reiterazione dei reati, ma è necessaria la prova di un vincolo stabile e di una struttura organizzata, anche se rudimentale. Viene inoltre ribadita la legittimità delle intercettazioni basate su ‘sufficienti indizi’ per i reati di criminalità organizzata, un criterio meno stringente rispetto ai reati comuni.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a delinquere stupefacenti: i requisiti secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sui criteri distintivi dell’associazione a delinquere stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/90), delineando nettamente i confini tra la partecipazione a un sodalizio criminale e il semplice concorso in singoli episodi di spaccio. La decisione offre importanti chiarimenti anche sulla legittimità delle intercettazioni nelle indagini sulla criminalità organizzata, confermando un orientamento consolidato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di tre persone da parte della Corte di Appello per aver partecipato a un’associazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti, tra cui cocaina, marijuana e hashish. La Corte territoriale, pur dichiarando prescritti alcuni reati-scopo (le singole cessioni di droga), aveva confermato l’impianto accusatorio principale, rideterminando le pene per il reato associativo residuo. Gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, contestando la sussistenza stessa del vincolo associativo e la legittimità degli strumenti investigativi utilizzati.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa degli imputati ha articolato il ricorso su diversi punti cruciali, sostenendo principalmente:

1. Inutilizzabilità delle intercettazioni: Si lamentava che le autorizzazioni alle intercettazioni telefoniche fossero state concesse in assenza di sufficienti indizi del reato di associazione e senza una reale necessità investigativa.
2. Insussistenza del reato associativo: Secondo i ricorrenti, le prove raccolte dimostravano al massimo una serie di episodi di spaccio in concorso tra loro, ma non l’esistenza di una struttura organizzativa stabile e permanente, elemento essenziale dell’associazione a delinquere stupefacenti.
3. Errata qualificazione giuridica: In subordine, si chiedeva di qualificare il fatto nella fattispecie attenuata del ‘fatto di lieve entità’ (art. 74, comma 6), data la modesta portata delle singole operazioni e le limitate risorse del gruppo.
4. Carenza di prova sulla partecipazione individuale: I singoli imputati contestavano il proprio coinvolgimento stabile nel sodalizio, sostenendo di aver offerto contributi meramente occasionali.

La Decisione della Corte: i Criteri per l’Associazione a Delinquere Stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, fornendo una motivazione dettagliata che ribadisce principi fondamentali in materia.

La Validità delle Intercettazioni Telefoniche

La Corte ha innanzitutto respinto la censura sulla presunta illegittimità delle intercettazioni. Ha chiarito che, per i procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata (come l’art. 74 d.P.R. 309/90), la legge richiede ‘sufficienti indizi di reato’, un presupposto meno rigoroso rispetto ai ‘gravi indizi’ previsti per i reati comuni. Questa deroga si giustifica con la necessità di contrastare efficacemente fenomeni criminali complessi e pericolosi. Nel caso di specie, i contatti tra i soggetti indagati e personaggi già noti per reati di droga erano stati ritenuti un fondamento sufficiente per avviare l’attività di captazione.

La Prova del Vincolo Associativo

Il cuore della sentenza riguarda la distinzione tra concorso di persone nel reato e partecipazione a un’associazione. La Cassazione ha confermato che la prova del vincolo associativo può essere desunta da una serie di elementi fattuali (i cosiddetti facta concludentia), quali:

* La stabilità e continuità dei rapporti tra i membri.
* La suddivisione strutturata dei ruoli (chi si occupa dei fornitori, chi del confezionamento, chi della distribuzione).
* L’utilizzo di risorse comuni come autovetture dedicate e luoghi di deposito.
* L’adozione di cautele e linguaggi criptici per eludere i controlli.

La Corte ha sottolineato che non è necessario un accordo formale, ma è sufficiente che i soggetti agiscano con la consapevolezza di far parte di un’entità più ampia e permanente, il cui scopo è la realizzazione di un programma criminale indeterminato.

L’impossibilità di Riconoscere la Lieve Entità

Anche la richiesta di derubricazione del reato nella fattispecie di lieve entità è stata respinta. I giudici hanno spiegato che la valutazione non deve basarsi solo sulla quantità delle singole cessioni, ma sulla potenzialità offensiva complessiva dell’organizzazione. La frequenza delle operazioni, la pluralità degli acquirenti e il traffico anche di droghe pesanti sono stati considerati elementi sintomatici di un’attività illecita di ampio respiro, incompatibile con la nozione di lieve entità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha ritenuto i ricorsi inammissibili in quanto tendenti a una rivalutazione del merito dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. I giudici di merito avevano, secondo la Cassazione, fornito una motivazione logica e coerente sia sulla sussistenza del sodalizio criminale sia sulla partecipazione dei singoli imputati, descrivendo in modo puntuale i ruoli ricoperti da ciascuno. La difesa, invece di evidenziare vizi logici o violazioni di legge, ha proposto una lettura alternativa delle prove, che non può trovare spazio in sede di Cassazione. La decisione di negare le attenuanti generiche è stata altresì giudicata immune da censure, in quanto basata su una valutazione di fatto (la gravità dei reati e l’assenza di resipiscenza) adeguatamente motivata.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida l’interpretazione giurisprudenziale sui requisiti dell’associazione a delinquere stupefacenti. Stabilisce con chiarezza che la prova del reato non richiede necessariamente complesse strutture organizzative o ingenti capitali, ma può emergere da un insieme di indicatori che rivelano un patto stabile e una divisione funzionale del lavoro criminale. Inoltre, riafferma la legittimità di strumenti investigativi incisivi come le intercettazioni, anche quando basati su un quadro indiziario iniziale non ancora granitico, purché sufficiente a delineare un serio progetto investigativo nell’ambito della criminalità organizzata.

Quando una serie di reati di spaccio diventa un’associazione a delinquere?
Secondo la sentenza, ciò avviene quando emerge la prova di un accordo stabile tra almeno tre persone, un’organizzazione strutturata con una chiara divisione dei ruoli e la disponibilità di mezzi, finalizzata a commettere un numero indeterminato di reati di traffico di stupefacenti. La semplice reiterazione di episodi di spaccio in concorso non è, di per sé, sufficiente.

Con quali presupposti si possono autorizzare le intercettazioni per i reati di criminalità organizzata?
La sentenza chiarisce che per reati come l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, la legge richiede la presenza di ‘sufficienti indizi di reato’, un criterio meno stringente rispetto ai ‘gravi indizi’ necessari per i reati comuni. Questo permette agli investigatori di agire più efficacemente per contrastare tali fenomeni.

La breve durata delle indagini può escludere l’esistenza di un’associazione criminale?
No. La Corte ha precisato che la durata del periodo di osservazione non è un elemento decisivo. Anche in un lasso di tempo breve, si può desumere l’esistenza di una struttura criminale stabile e preesistente se gli elementi raccolti (come la divisione dei compiti, l’uso di linguaggi codificati e le modalità operative) dimostrano un sistema consolidato e non una collaborazione occasionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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