Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 16674 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Presidente: COGNOME NOME COGNOME Relatore: COGNOME NOME
In nome del Popolo italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Sent. Sez. 6 Num. 16674 Anno 2025
Data Udienza: 01/04/2025
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. 411/2025
Martino COGNOME
NOME COGNOME
NOME COGNOME
Relatore –
CC – 01/04/2025
R.G.N. 6217/2025
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME COGNOME nato a Lamezia Terme il 23/02/1973
avverso l ‘ ordinanza del 19/11/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
uditi gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori di COGNOME Pasquale, che hanno concluso chiedendo l’ accoglimento dei ricorsi e hanno depositato l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Catanzaro nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con l ‘ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Catanzaro ha respinto l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva applicato nei suoi
confronti la misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/1990.
Avverso la suddetta ordinanza hanno proposto due distinti ricorsi per cassazione i difensori di NOME COGNOME denunciando i motivi di annullamento di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. L ‘avvocato NOME COGNOME ha dedotto un unico, articolato motivo di annullamento per violazione di legge e difetto di motivazione in relazione a ll’art. 74 d.P.R. n. 309/1990, in quanto, in primo luogo, la mancata contestazione dei reati fine relativi alle cessioni di stupefacente in cui il ricorrente, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe fatto da intermediario mette in dubbio la stessa condotta di intermediazione, in cui si sostanzia la partecipazione all’associazione. Peraltro, le cessioni in esame, poste in essere da NOME COGNOME e NOME COGNOME attengono ad altra associazione, contestata al capo n. 129 di incolpazione, e non a quella di cui al capo n. 2, a cui parteciperebbe il ricorrente.
In ogni caso, le difese rilevano che la condotta contestata al ricorrente è stata occasionale, di breve durata ed è stata posta in essere in favore di un solo soggetto.
Viene, poi, dedotto il vizio di travisamento della prova in riferimento all ‘intercettazione n. 32 del 26/02/2022, nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che a riferire la notizia dell’arresto di NOME COGNOME sia stato il ricorrente e non NOME COGNOME mentre dal dialogo emergerebbe il contrario.
Si contesta, infine, la sussistenza del dolo, per difetto di consapevolezza di fare parte di un sodalizio.
2.2. L ‘avvocato NOME COGNOME ha dedotto un unico motivo di annullamento per violazione di legge e difetto di motivazione sia in relazione alla partecipazione del ricorrente al sodalizio -per motivi sovrapponibili a quelli dedotti da codifensoresia in relazione alla sussistenza e attualità delle esigenze cautelari e alla adeguatezza della misura applicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati e meritano accoglimento.
Va premesso che l’elemento distintivo del delitto di cui all’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990, rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti, va individuato non solo nel carattere dell’accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie
non preventivamente determinata di delitti in materia di stupefacenti e nella permanenza del vincolo associativo, ma anche nell’esistenza di un’organizzazione, seppur rudimentale, che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso.
Il patto associativo non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale esplicitamente manifestato, ma può anche essere non espresso e costituirsi di fatto tra soggetti consapevoli che le attività proprie e altrui ricevono vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscono all’attuazione dello scopo comune con la conseguenza che, ferma restando l’autonomia rispetto ai reati posti in essere in attuazione del programma, la prova in ordine al delitto associativo può desumersi anche dalle modalità esecutive dei reati scopo, ovvero da comportamenti significativi, che si concretino in un’attiva e stabile partecipazione (Sez. 2, n. 28868 del 02/02/2020, Rv 279589).
E’ sufficiente, infatti, che tra gli associati esista un comune e durevole interesse ad immettere sostanza stupefacente sul mercato del consumo, nella consapevolezza della dimensione collettiva dell’attività e dell’esistenza di una pur minima organizzazione. Non è di ostacolo alla costituzione del rapporto associativo, invece, la diversità degli scopi personali e degli utili che costoro, si tratti di fornitori, di acquirenti o di addetti ad altre mansioni, si propongono di ottenere dallo svolgimento della complessiva attività criminale, potendo, anzi, gli interessi individuali, secondari e mediati, addirittura confliggere, come fisiologicamente accade, ad esempio, tra il fornitore e l’acquirente, senza che per questo venga meno lo scopo, invece primario, essenziale e comune tra loro, della commercializzazione e diffusione di tali sostanze (tra altre, Sez. 6, n. 22046 del 13/12/2018, Rv. 276068; Sez. 3, n. 6871 del 08/07/2016, Rv. 269150).
Ciò premesso, rileva il Collegio che le risultanze investigative riassunte nell’ordinanza impugnata non sono idonee a fondare la gravità indiziari della partecipazione del ricorrente all’ associazione.
Sulla base degli esiti di attività di intercettazione telefonica, delle immagini estrapolate dai sistemi di videosorveglianza installati presso i siti di interesse investigativo, dei sequestri di chili di marijuana e di centinaia di grammi di cocaina, delle annotazioni di polizia giudiziaria il Tribunale ha ricostruito la struttura e l’attività di una associazione finalizzata alla coltivazione, allo spaccio e alla cessione di sostanze stupefacenti, facente capo alla famiglia COGNOME (capo n. 2).
Nell’ambito di tale associazione il ruolo di NOME COGNOME sarebbe stato quello di intermediario tra il capo, NOME COGNOME e NOME COGNOME uno dei maggiori spacciatori della sostanza, per cui il ricorrente avrebbe anche fatto da garante.
I gravi indizi di colpevolezza sono stati ricostruiti dal Tribunale nei termini di seguito sintetizzati (pagg. 19 e ss): a) il ricorrente ha presentato NOME COGNOME a NOME COGNOME, che lo voleva conoscere per intraprendere una collaborazione per lo spaccio di stupefacenti. Parlando con NOME COGNOME, il ricorrente gli ha assicurato che, se non avesse avuto i soldi per l’acquisto dello stupefacente, glieli avrebbe prestati lui, per evitare lamentele di COGNOME per eventuali ritardi nei pagamenti (ma non risulta che tale garanzia sia mai stata attivata); b) NOME COGNOME e NOME COGNOME, con l’intermediazione del ricorrente, si sono incontrati tre volte; nel corso del terzo incontro, il 14 gennaio 2022, NOME COGNOME ha chiesto a NOME COGNOME il numero di telefono, in modo da poterlo contattare direttamente, senza passare attraverso l’intermediazione di NOME COGNOME; c) quando NOME COGNOME è stato arrestato, un altro collaboratore, NOME COGNOME, avrebbe incaricato il ricorrente di comunicare al fornitore COGNOME la notizia.
Tali elementi, però, non sono idonei a integrare l’elemento materiale del reato associativo contestato, in quanto non sono univocamente indicativi della partecipazione del ricorrente all’organ izzazione facente capo a NOME COGNOME in quanto, a prescindere dalla breve durata del periodo di osservazione, dagli stessi non può inferirsi che il ricorrente si sia stabilmente inserito e abbia fatto riferimento, anche implicito, a un sistema organizzato e collaudato per il perseguimento del fine comune di commercializzare stupefacente.
L’ordinanza tratteggia, cioè, una attività specifica, peraltro divenuta in breve tempo inutile, perché NOME COGNOME e NOME COGNOME si sono potuti sentire direttamente, che, in sé, non è indicativa della stabile messa a disposizione a favore dell’associazione.
Sul punto, quindi, l’ordinanza impugnata va annullata per nuovo giudizio, nell’ambito del quale si verificherà la presenza di ulteriori elementi indiziari della appartenenza del ricorrente all’associazione, ferma restando la possibilità che le condotte a lui ascritte possano essere valutate ad altri fini.
All’esito di tale giudizio, sarà rivalutato anche il profilo delle esigenze cautelari.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale cdi Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Manda alla Cancelleria pe gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 01/04/2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente