Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47537 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47537 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Cosenza il 16/09/1984
avverso la ordinanza del 11/06/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Catanzaro, in sede di riesame, confermava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro del 17 aprile 2024, con la quale era stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare carceraria in relazione ai reati di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 1) e all’art. 73 stesso d.P.R. (capi 35, 36, 37 e 47).
Secondo la provvisoria imputazione, NOME COGNOME avrebbe fatto parte del sodalizio dedito al narcotraffico, posto sotto il controllo di NOME COGNOME e che gestiva i traffici illeciti sia per le forniture che per lo smercio delle sosta stupefacenti, attraverso un sistema di gruppi e sottogruppi capaci di tessere una ragnatela di controllo capillare delle piazze di spaccio e delle cessioni al minuto sull’intero territorio cosentino.
COGNOME avrebbe fatto parte di uno di questi gruppi, nella specie quello facente capo a NOME COGNOME con il ruolo di commercializzare lo stupefacente.
Al medesimo indagato erano provvisoriamente contestati anche tre distinti episodi di cessione e uno di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 273, 274, 192 cod. proc. pen. e alle contestazioni ex artt. 74 e 80 d.P.R. n. 309 del 1990, 416-bis.1. cod. pen.
L’impianto motivazionale del Tribunale di riesame è incentrato quanto al capo 1) esclusivamente sul rapporto di parentela con il collaboratore NOME COGNOME che lo qualifica come uno spacciatore molto attivo, salvo poi non riuscire a fornire un sufficiente inquadramento della sua posizione nell’ambito dei presunti sodalizi criminali (ora lo colloca nell’organigramma del gruppo COGNOME ora al sottogruppo NOME ora ancora al gruppo di NOME COGNOME)
La veridicità e soprattutto l’attendibilità del Greco sono compromesse da quello che è stato il comportamento tenuto dal collaboratore allorquando si riconosce come appartenente di spicco del gruppo Porcaro (si era appropriato di proventi della vendita di stupefacenti e costretto ad allontanarsi dal gruppo), che andava verificata in modo pregnante. Non solo questa verifica non è stata compiuta ma non sono stati neppure rinvenuti riscontri esterni alle suddette propalazioni.
2.2. Vizio di motivazione in relazione agli artt. 273, 274 cod. proc. pen. e alla contestazione di cui al capo 35) e al giudicato già formatosi in capo ad altro soggetto.
Secondo il Tribunale, l’attività di spaccio era riscontrata da una serie di appuntamenti con un soggetto identificato in NOME COGNOME A smentire la tesi della procura totalmente recepita dai giudici catanzaresi – secondo la quale la vendita della sostanza stupefacente sarebbe stata condotta assieme al COGNOME NOME vi è il dispositivo della sentenza di patteggiamento che descrive compiutamente la condotta del COGNOME che avrebbe agito in assoluta autonomia avendo la polizia giudiziaria trovato presso il suo domicilio strumentazione atta alla pesatura e al confezionamento dello stupefacente.
Vi è dunque un giudicato già formato e una sentenza ormai irrevocabile che dimostra l’estraneità del ricorrente all’addebito cautelare.
2.3. Violazione grave dell’obbligo di motivazione dell’ordinanza cautelare in relazione all’art. 292, lett. c) cod. proc. pen.
Si denuncia il rigetto del rilievo denunciato in sede di riesame quanto all’omessa motivazione della ordinanza cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
Sono da accogliere i rilievi sollevati dal ricorrente nel primo motivo con riferimento all’ipotesi delittuosa descritta nel capo 1).
Va rammentato preliminarmente il consolidato principio in tema di misure cautelari personali, secondo cui il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (tra tante Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976);
Esaminato il motivo del ricorrente in questa prospettiva, va rilevato che effettivamente sono presenti nell’ordinanza impugnata i dedotti vizi logico-giuridici con riferimento alla partecipazione del ricorrente al sodalizio criminale.
Il ragionamento giustificativo esposto nell’ordinanza impugnata, con riferimento alla gravità indiziaria della partecipazione del ricorrente al sodalizio di cui al capo 1) della imputazione cautelare, si fonda in primo luogo sul “dato conclamato” (pag. 26) per cui chi esercita l’attività di spaccio a Cosenza lo fa – e può farlo – solo perché partecipe di un sistema associativo, che controlla in modo capillare l’attività di spaccio, vietando di operare al di fuori delle regole imposte sul territorio (il cosiddetto “sottobanco”). In altri termini, secondo il Tribunal non esiste attività di narcotraffico nel territorio cosentino collocabile al di fuori questo sistema: il traffico è realizzato attraverso singoli gruppi “accreditati”, che sebbene autonomi, sono tutti riconducibili all’associazione confederata, con conseguente “fisiologica fluidità e variabilità” delle relative compagini in ragione di esigenze contingenti e irrilevanza della mancanza di contratti tra i singoli partecipi e i vertici.
Sulla base di questa premessa, il Tribunale ritiene che tutte le cessioni poste in essere sul territorio di Cosenza non possano essere avulse dal contesto associativo di cui al capo 1) e siano realizzate con piena conoscenza delle dinamiche che lo caratterizzano e volontà di aderire allo stesso.
Va al riguardo osservato che, come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, risulta del tutto congetturale nella ordinanza genetica la dimostrazione che qualunque episodio di spaccio che si verifichi nel territorio della provincia di Cosenza debba per forza di cose essere sempre riferito all’organizzazione criminale che controlla il mercato illecito degli stupefacenti, con l’ulteriore corollario che tu coloro che risultino comunque coinvolti in una qualche attività di spaccio di sostanze stupefacenti in quell’ambito territoriale siano, solo per questa ragione, soggetti che necessariamente fanno parte dell’associazione (Sez. 6, n. 42295 del 02/10/2024).
Il ragionamento seguito dal Tribunale assume infatti la valenza di una presunzione astratta in assenza di elementi concreti che consentano di ricollegare il ricorrente all’associazione di cui al capo 1) e, quindi, per dare conto del suo stabile inserimento nell’associazione.
2.1. Se quindi esaminiamo la posizione del ricorrente al netto di questa argomentazione, va rilevato che il Tribunale non ha offerto una adeguata motivazione che delinei il quadro di gravità indiziaria per l’ipotesi associativa contestata al ricorrente.
Gli elementi dimostrativi del suo ruolo nell’associazione sono costituiti dalle dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME e dalle captazioni.
Le prime descrivevano il ricorrente come uno spacciatore assiduo per conto degli “Italiani” e che oltre a rifornirsi dal Greco aveva rapporti stretti con al fornitori presenti sul territorio.
A riscontro di queste dichiarazioni sono poi indicate le captazioni che davano atto della natura del rapporto tra il COGNOME e NOME COGNOME.
Peraltro, le captazioni, come descritte dal Tribunale, restituiscono soltanto il dato che il ricorrente si riforniva dal Porcaro, avendo con lui un debito da estinguere e per il pagamento del quale si era rivolto allo zio COGNOME, avendo avuto rassicurazioni che il COGNOME aveva stima di lui, e che il ricorrente svolgeva attività di spaccio.
2.2. Da questi complessivi elementi, il Tribunale ha tratto il convincimento del ruolo del ricorrente di stabile “pusher” su cui l’associazione poteva contare e la sua piena adesione alle regole dell’associazione criminale.
Si impongono a tal riguardo due rilievi di diritto.
Secondo il pacifico principio in tema di valutazione della chiamata in reità o correità in sede cautelare, le dichiarazioni accusatorie rese dal coindagato o coimputato nel medesimo reato o da persona indagata o imputata in un procedimento connesso o collegato, integrano i gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273, comma 1, cod. proc. pen. soltanto se esse, oltre ad essere intrinsecamente attendibili, risultino corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, tali cioè da assumere idoneità dimostrativa in ordine all’attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di esse, ferma restando la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, Spennato, Rv. 234598).
Quindi, anche a voler considerare le pur non specifiche indicazioni del Greco sulla intraneità del ricorrente del gruppo COGNOME, le captazioni dovevano fornire il riscontro della condotta associativa ascritta all’accusato o comunque delle dichiarazioni del propalante e quindi della loro attendibilità, nella parte d riferimento.
Inoltre, secondo la costante linea interpretativa di questa Corte, integra la partecipazione nel delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 anche la stabile disponibilità alla cessione di sostanze stupefacenti di cui l’illecito sodalizio f traffico, perché agevolando lo svolgimento dell’attività assicura la realizzazione del suo programma delittuoso, sempre che si accerti che la condotta dell’agente sia posta in essere avvalendosi delle risorse dell’organizzazione e vi siano la coscienza e la volontà di farne parte e di contribuire al suo mantenimento (per tutte, Sez. 4, n. 19272 del 12/06/2020, Rv. 279249).
Nella specie, l’ordinanza impugnata non ha fatto buon governo dei suddetti principi, in quanto difetta la dimostrazione della costituzione di un vincolo reciproco
durevole tra il ricorrente e il sodalizio criminale che abbia superato la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale delle singole operazioni e che si sia trasformato nell’adesione consapevole dell’acquirente al programma criminoso (Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, Rv. 280450).
L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro, che, in coerenza con principi di diritto innanzi richiamati, dovrà, in piena libertà di giudizio ma con motivazione completa ed immune da vizi logici, riconsiderare la vicenda cautelare del ricorrente quanto al capo 1).
Sono invece inammissibili le restanti censure.
3.1. Quanto al capo 35), il Tribunale ha ritenuto generica la eccezione riproposta in questa sede, in quanto non sostenuta da adeguate allegazioni.
A tale genericità non è consentito porre rimedio in questa sede, in quanto la decisione della relativa questione comporta la necessità di accertamenti di fatto (Sez. 6, n. 29188 del 15/05/2024, Rv. 286759).
Ed invero dalla sentenza allegata si evince soltanto che il COGNOME era stato tratto in arresto dalla Guardia di Finanza perché trovato in possesso dell’hashish, mentre era in auto. Nel presente procedimento, il ricorrente è stato raggiunto dalla misura cautelare per la cessione al Fiore dell’hashish. La gravità indiziaria a suo carico è stata tratta da una captazione in cui era stato lo stesso indagato a spiegare al fratello (“3 panetti l’altra volta, lo sai elle mi è successo avantieri? Ho dato tre panetti a uno … la finanza, proprio mentre io stavo là … “) la avvenuta cessione di 3 panetti di hashish al Fiore tratto in arresto.
Prima facie, non disponendo degli atti del diverso procedimento, i fatti risultano del tutto compatibili.
3.2. In ordine alla violazione dell’art. 292, lett. c) cod. proc. pen., risulta c la eccezione non è stata sollevata davanti al Tribunale del riesame ed è pertanto preclusa in questa sede (Sez. 3, n. 41786 del 26/10/2021, Rv. 282460).
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 18/12/2024.