Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26497 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26497 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CROTONE il 15/05/1992
avverso l’ordinanza del 10/12/2024 del TRIB. LIBERTA di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del PG, in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. sentito l’avv. NOME COGNOME del foro di LAMEZIA TERME, in difesa di NOME COGNOME il quale ha esposto i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
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RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catanzaro ha rigettato il ricorso proposto ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. da NOME COGNOME nato a Crotone il 15 maggio 1992, detto “sofficino’; avverso l’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale locale con cui lo stesso è stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere. Il Tribunale ha ritenuto la sussistenza di un grave quadro indiziario in relazione al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 nonché del reato contestato al capo 19) relativo ad un episodio di cessione di sostanza stupefacente.
Avverso l’ordinanza è stato proposto ricorso nell’interesse del NOME affidandolo a due motivi.
2.1.Con il primo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla contestata associazione. Il Tribunale evidenzia da pag. 4 in poi tutti gli accadimenti (sequestri di stupefacente, arresti in flagranza, rapporti con soggetti di altri territori, disvelamento di una sorta di cassa comune, colture di marijuana e smercio pressoché quotidiano di stupefacenti; la destinazione del denaro al mantenimento in carcere dei sodali in stato di detenzione), senza minimamente indicare la persona del ricorrente coinvolto in detta associazione.
Dagli atti non si evince alcun elemento, né precedente né susseguente all’episodio contestato al capo 19) dell’imputazione provvisoria che colleghi il ricorrente agli altri soggetti implicati nella vicenda procedinnentale.
Il coinvolgimento nella fattispecie di cui al capo 19), secondo la difesa sarebbe insufficiente per desumere il dato dell’intraneità al sodalizio criminale dedito al narcotraffico che il Tribunale ha ricavato da una circostanza ultronea, ossia il fatto di essersi, l’COGNOME, probabilmente già fornito di droga dal COGNOME, soggetto ritenuto in posizione apicale nella contestata consorteria. Da qui si inferisce che il ricorrente sarebbe uno spacciatore in grado di smerciare grossi quantitativi di cocaina e lo si individua quale finanziatore del sodalizio. Si tratta, secondo la difesa, di elementi privi ex se di qualunque addentellato, di mere deduzioni prive del requisito della gravità indiziaria che si scontra con la mancanza di elementi ulteriori, rispetto a quelli del 21 maggio 2021, che possano attestare la prosecuzione di un rapporto illecito con COGNOME. Tutto ciò benché le indagini si siano protratte per oltre due anni. Né l’argomento secondo cui COGNOME sarebbe stato disponibile ad acquistare sostanza stupefacente dal COGNOME costituisce elemento valorizzabile a fini associativi a carico del ricorrente. In sostanza si duole la difesa che nel caso in esame difetta la prova dell’accordo criminoso che è desunta solo da un episodio criminoso o da comportamenti che possono costituire il frutto di un aiuto episodico.
L’insussistenza dell’affectio societatis si evincerebbe, peraltro, dalla circostanza che il ricorrente non compare in alcuna imputazione ex art. 73 d.P.R. cit. L’ordinanza, inoltre, secondo la difesa non esamina il profilo della consapevolezza di far parte del sodalizio e non riesce ad evidenziare elementi dai quali si possa desumere che il ricorrente abbia contribuito consapevolmente con le proprie condotte, al mantenimento dell’associazione in esame e non piuttosto che debba rispondere di una ipotesi concorsuale.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. e vizio di motivazione. Dall’unico episodio di partecipazione si è ritenuto di desumere la condotta partecipativa del ricorrente alla contestata associazione, collocabile in un periodo antecedente al maggio del 2021. La distanza temporale tra la commissione dei fatti e l’emissione dell’ordinanza appare dissonante rispetto alla attualità e concretezza delle esigenze cautelari stante la risalenza del tempus commissi delicti impone uno specifico e rigoroso obbligo motivazionale. Il provvedimento, secondo la difesa, opera una inammissibile valutazione di tipo cumulativo e reputa l’attualità delle esigenze cautelari con canali di smercio di droga protrattisi sino al 2023 senza che, tuttavia, essi investano l’odierno ricorrente il c eventuale “contributo” si colloca a maggio del 2021.
All’udienza, il P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; l’avv. NOME COGNOME, difensore dell’COGNOME, ha insistito nei motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
L’ordinanza impugnata, con riguardo all’imputazione associativa è costruita mediante l’individuazione degli elementi dimostrativi dell’esistenza del sodalizio per poi individuare gli indici dell’appartenenza dell’COGNOME al sodalizio.
Il Tribunale ha ritenuto la sussistenza del sodalizio contestato sulla scorta del compendio indiziario esaminato dal Gip e richiamato, per ampi stralci, anche nell’ordinanza impugnata. In base ad esso, secondo il Tribunale, gli inquirenti erano stati in gradoli ricostruire le modalità dell’azione delittuosa oltre ch -eTi- g- ingoli associati ed i ruoli da costoro ricoperti.
A fronte dei convergenti elementi messi in luce nella ordinanza gravata, le ragioni di censura si limitano ad affermazioni generiche quali la mera ipotetica alternativa configurabilità di un concorso di persone, l’occasionalità del
coinvolgimento, la genericità delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, l’assenza del dolo associativo.
A ben vedere, con il motivo di ricorso non è stata formulata una critica effettiva circa la sussistenza degli elementi indiziari esaminati o alla valutazione che di essi ha dato il Tribunale né sono stati offerti argomenti indicativi di una non congruità della spiegazione fornita dal giudice. Al contrario si propone una rilettura riduttiva, a trat generica e soprattutto in fatto, degli argomenti posti dal Tribunale, senza un reale confronto con la motivazione che dà atto della esistenza di un rapporto ben più stabile di quello che si ricava dall’episodio contestato.
Un simile modo di procedere si pone in contrasto con i principi consolidati di questa Corte di legittimità secondo cui i limiti della cognizione, anche in relazione ai provvedimenti riguardanti l’applicazione di misure cautelari, sono individuabili nell’ambito della specifica previsione normativa contenuta nell’art. 606 cod. proc. pen., con la conseguenza che, qualora venga denunciato il vizio di motivazione di un’ordinanza, tale vizio, per poter essere rilevato, deve assumere i connotati indicati nell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., e cioè riferirsi alla mancanza della motivazion o alla sua manifesta illogicità (Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, De Lorenzo, Rv. 199391). Ne deriva che il sindacato di legittimità sulla motivazione del provvedimento cautelare personale è circoscritto alla verifica che l’apparato argomentativo del provvedimento impugnato risponda a due requisiti: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, cioè la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine del provvedimento (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976 – 01; Sez. F, n. 347748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698).
Da quanto detto discende che la verifica che questa Corte è abilitata a compiere sulla corretta della motivazione non può essere confusa con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite né con la possibilità di formulare un nuovo giudizio, diverso da quello operato dal giudice di merito dovendo il controllo essere limitato alla congruità e coerenza delle valutazioni compiute che, ove sorrette da un procedimento induttivo non contraddittorio né illogico o da un esame incompleto o impreciso degli elementi acquisiti, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. 1, n 6972 del 07/12/1999 – dep. 08/02/2000, COGNOME, Rv. 215331; Sez. 1, n. 4491 del 03/07/1996, COGNOME, Rv. 205643).
Alla luce della superiore premessa occorre passare alla disamina dei singoli motivi di ricorso.
4. Il primo motivo non si confronta con l’ampio apparato motivazionale che il Tribunale ha posto a sostegno del giudizio di gravità indiziaria espresso nei confronti dell’COGNOME al quale è stato contestato nell’incolpazione provvisoria di avere “innestato uno stabile rapporto con il gruppo COGNOME” dal quale acquistava in uno alla moglie e a NOME COGNOME sostanza stupefacente del tipo cocaina immettendola nel mercato. Ciò avveniva per il tramite di COGNOME il quale, alla stregua di NOME COGNOME era ritenuto organizzatore e pianificatore dell’approvvigionamento di stupefacente che si interfacciava con soggetti dediti, a loro volta, allo smistamento di partite di stupefacenti, tra cui l’COGNOME e la moglie, nei confronti di altri spacciat
Il Tribunale ha preso le mosse dall’analisi del capo 19) che attiene all’acquisto da parte del ricorrente, insieme alla moglie NOME COGNOME i , di un quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina non accertato ma, comunque, certamente riconnprendente una partita di 82 grammi.
E’ stata passata in rassegna la vicenda relativa al capo in esame in quanto secondo i giudici della cautela la stessa conferma un collaudato rapporto illecito tra COGNOME e una fazione del rione Rom di Crotone.
La gravità indiziaria del reato associativo è stata argomentata muovendo dalle interlocuzioni nel corso delle quali si fa riferimento a stupefacente, alla quantità, al qualità, al taglio, al confezionamento oltre che a somme di denaro. E’ stato evidenziato che COGNOME si incontrava con COGNOME presso l’abitazione dove costui viveva con la moglie e che i due si lamentavano della scarsa qualità della droga ricevuta. E’ stato posto in evidenza il passaggio in cui COGNOME, per giustificarsi dell modesta qualità di stupefacente in precedenza ceduto, faceva riferimento alla “forma” del narcotico rappresentando che si trattava del residuo di un panetto di un chilogrammo di cocaina, creatosi dopo lo sfaldamento del corpo solido.
Nell’occasione, secondo quanto si legge nel provvedimento del Tribunale, COGNOME ricordava all’COGNOME e alla moglie che in occasione della precedente fornitura (quella rivelatasi di scarsa qualità) i due gli avevano messo fretta per trovare la droga, il che l’aveva spinto a prodigarsi nel tentativo di recuperare in tempi brevi, i quantitativo richiestogli (“Misticoni: mi avete pressato quel giorno che ne volevate 50, vi ho detto ne ho 30 e ve le ho date”). La COGNOME, nell’occasione, precisava che erano 32 grammi e che era già tagliata e che le persone si erano lamentate. COGNOME replicava che glielo aveva detto di non prenderla ma che loro avevano insistito con il dire “siamo a piedi”.
Con quanto argomentato dal Tribunale, il ricorso non si confronta affatto limitandosi a porre in evidenza l’unicità e occasionalità dell’episodio di acquisto, contestato al capo 19). Come pure il ricorso non si confronta con la circostanza che nell’occasione dell’incontro con COGNOME, veniva in rilievo un rapporto di fornitura che
non era evidentemente occasionale dato che vi erano state forniture pregresse come dimostravano i debiti preesistenti ai quali, nel corso del dialogo, si faceva riferimento
Rilevava il Tribunale, infatti, che allorquando COGNOME chiedeva la fornitura di ulteriori 30 grammi di cocaina, COGNOME gli rispondeva che non poteva consegnargliela se prima non provvedevano a saldare il debito dei 200 grammi di cocaina con i loro fornitori dicendo però che poi, gli avrebbe dato tutta una “pietra” e non più “polvere”, come era già accaduto, perché non voleva “lamentele”.
Nel provvedimento impugnato, inoltre, senza che di ciò si faccia cenno nel ricorso, veniva altresì evidenziato il passaggio del dialogo captato e riportato da cui emerge che COGNOME aveva un credito nei confronti della coppia COGNOME di circa 3.000/3500 euro relativi ad una pregressa fornitura di sostanza del tipo cocaina. Nella medesima circostanza COGNOME esortava il ricorrente e la moglie a saldare il debito cosicché COGNOME avrebbe potuto consegnare loro altra sostanza stupefacente da destinare al mercato illecito. La somma di denaro, secondo quanto viene messo in evidenza dai giudici della cautela, veniva effettivamente consegnata e il ricorrente manifestava a questo punto l’intenzione di voler continuare ad approvvigionarsi di stupefacente da COGNOME insieme al COGNOME il quale riferiva di essere in attesa di ricevere una cospicua somma di denaro da reinvestire nell’acquisto di una grossa partita di cocaina.
Il provvedimento impugnato, ad. avviso di questo Collegio non merita affatto le censure mosse con il ricorso che si rivelano del tutto generiche.
Ricostruita come sopra la vicenda in maniera coerente con le emergenze indiziarie, è statcl,ritenuta l’esistenza del quadro cautelare relativamente al contributo partecipativo, atteso il consolidato rapporto illecito creatosi con il Misticoni dal qua la coppia si riforniva abitualmente, valorizzando., in merito al loro inserimento nel contesto associativo, l’elemento sintomatico della preesistenza di un consolidato rapporto di fornitura. A tal fine si è messa in luce anche la vicenda relativa al capo 5) della rubrica, per quanto la stessa non sia oggetto di contestazione nei confronti dell’COGNOME.
E’ stato evidenziato, in proposito, che COGNOME e la moglie si dimostravano ben consapevoli della più ampia catena di montaggio in cui si innestava il loro contributo, alla luce della qualità della sostanza, riconoscendone la provenienza (COGNOME dice a COGNOME che “quella roba è di Napoli … perché non vale” e la moglie ribadiva che i 30 erano “uno schifo totale”).
Nella motivazione del provvedimento appellato, inoltre, si dà atto che dopo l’arresto dell’COGNOME, COGNOME che evidentemente aveva rifornito lo stupefacente, parte del quale era stato sequestrato, ne chiedeva il corrispettivo in denaro a COGNOME il quale chiamava in causa la moglie dell’COGNOME. E’ stato tra l’altro evidenziato che COGNOME e COGNOME si mostravano interessati alle sorti dell’COGNOME
come emerge dalle interlocuzioni di 27.12.2021 avvenute nel corso dell’udienza di convalida presso il Tribunale di Crotone. Nell’occasione COGNOME si riprometteva di richiamare COGNOME al termine dell’udienza. Non ha mancato il Tribunale di evidenziare che il 3 marzo 2021 si registrava un contatto più esplicito nel quale COGNOME chiedeva l’incasso del denaro e COGNOME gli rispondeva che la COGNOME, moglie di COGNOME non c’era; poi su insistenza del COGNOME i due si incontravano e COGNOME corrispondeva la propria parte di denaro. Poco dopo COGNOME contattava anche la COGNOME chiedendole esplicitamente il versamento della somma di denaro. Alla luce di quanto sopra esposto, il Tribunale, da pag. 10 in poi, ha ritenuto, con motivazione affatto illogica e coerente con le emergenze acquisite, che NOME COGNOMEnon è un occasionale acquirente di sostanza stupefacente ma assume un ruolo stabile e dinamico in quanto abituale pusher su cui l’associazione può contare per la distribuzione della droga sulle piazze di spaccio, aggiungendo che i reati fine (ossia il capo 19) ma anche il suo arresto avvenuto nel febbraio 2021) “sono riconducibili ad attività del sodalizio e COGNOME è il fornitore”.
L’COGNOME è stato, dunque, ritenuto uno stabile gestore del canale di smercio e spaccio dell’associazione evidenziando la frequenza e la stabilità delle transazioni che emergono dai dialoghi, il dato ponderale della droga spacciata, il rapporto fiduciario e continuativo con gli altri sodali come si è ritenuto emergere dalla circostanza che riceve droga a credito, la piena consapevolezza di aderire allo schema criminoso associativo, favorendo la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio della droga.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale ha ritenuto non superata la doppia presunzione relativa prevista dall’art. 275 cod, proc. pen, la prima riguardante la stessa sussistenza delle esigenze cautelari (l’an della cautela) la seconda l’adeguatezza della misura da applicare individuata nella custodia in carcere rilevando che la difesa non ha dedotto elementi idonei a superare la presunzione prevista dalla legge né gli stessi si ricavano dagli atti processuali che depongono in senso contrario.
E’ emersa l’esistenza di una associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti avente struttura complessa e gerarchicamente ordinata nella quale COGNOME riveste una posizione cruciale, di stabile gestore del canale di spaccio della droga. La doglianza omette di confrontarsi con il fatto che il delitto in parola incluso nel catalogo di cui all’articolo 275 cod. proc. pen., relativo ai «criteri di sce delle misure», il cui comma 3 stabilisce che quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui si discute è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. La giurisprudenza della Corte ha chiarito che la
norma in questione introduce un «giudizio semplificato» quanto alle esigenze cautelari in relazione a tali reati, determinando un’inversione dell’onere dalla prova: si presumono la sussistenza, l’idoneità e la proporzionalità della misura custodiale «a meno che», in concreto, non si rinvengano elementi, da indicare in modo chiaro e preciso, che facciano ritenere sufficienti misure di minor rigore (Sez. 3, n. 14248 del 14/01/2021, Dalla Santa, n.m.; Sez. 3, n. 30629 del 22/09/2020, COGNOME, n.nn.; Sez. 6, n. 12669 del 2/03/2016, COGNOME, RV. 266784: «la presunzione di esistenza di ragioni cautelari viene vanificata solo qualora sia dimostrata l’inattualità di situazion di pericolo cautelare)».
Tali elementi non possono consistere nella mera allegazione che nella vicenda in esame all’imputato sia stato contestato solo il reato di cui al capo 19), dato che per le ragioni sopra esposte, non si è trattato di condotta occasionale né unica.
Quanto poi alla dedotta “risalenza” al maggio del 2021 dell'”unico episodio” contestato all’COGNOME, la difesa non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato.
Anche a fronte di uno iato temporale “importante ° , la struttura associativa è stata descritta come particolarmente allarmante per la sua capacità di approvvigionarsi di notevoli quantitativi di droga avendo una stabile base economica e una stabile ramificazione sul territorio che consente ai sodali anche singolarmente di distribuire la sostanza stupefacente, coprendo un vasto mercato e avendo la possibilità di trafficare tanto droghe pesanti quanto leggere. E’ stata descritta l’attività del sodalizio come radicata nel tempo rilevando che la stessa è proseguita indisturbata anche in seguito all’arresto di alcuni partecipi e il sequestro dell stupefacente con episodi attestanti il permanere di un canale di cessione di droga che si sono protratti sino al 2023.
Quanto all’COGNOME ti° stesso è stato descritto come colui il quale, alla stregua di altri, con la sua attività ha consentito all’associazione di perseverare nella illeci attività. Ha aggiunto il Tribunale che COGNOME ha perseverato nell’attività illecita nonostante l’arresto nel febbraio 2021 per fatti analoghi mostrando così assoluta indifferenza anche rispetto ai risvolti penali della vicenda il che è stato considerato in linea con il curriculum criminale dell’indagato che si caratterizza per un conclamato allarme sociale, avendo costui riportato condanne per numerosi delitti specifici e continuato nelle attività delittuose senza remore. E’ stato, dunque, motivatamente escluso il superamento della presunzione di adeguatezza anche alla luce della allarmante e recidivante personalità dell’Amato rilevando che l’unica misura che consente di recidere i rapporti di cui il ricorrente fruisce con ambiti criminali di setto è quella intramuraria “non potendosi ritenere adeguata in tale ottica, una misura auto-custodiale” avuto altresì riguardo alla personalità dello stesso quale si desume dalla sua condizione di recidivo, reiterato, nel quinquennio.
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Ne consegue la complessiva infondatezza del ricorso, con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento, nonché la trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito all’art. 94 c. 1 ter disp. att. del c.p.p.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Deciso il 17 aprile 2025
NOME