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Associazione a delinquere: ruolo e prova cautelare

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata contro un’ordinanza di custodia cautelare per partecipazione ad un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. La Corte ha ritenuto logica la motivazione del tribunale del riesame sulla base degli indizi raccolti (custodia di denaro, controllo della piazza di spaccio) e ha sottolineato che, in fase cautelare, contestare il ruolo specifico all’interno del sodalizio è irrilevante se la partecipazione è comunque provata.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a delinquere: quando gli indizi bastano per la custodia cautelare?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43144/2024, torna a pronunciarsi su un tema delicato come la partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La decisione offre importanti chiarimenti sui criteri di valutazione della gravità indiziaria necessari per l’applicazione di misure cautelari e sui limiti del ricorso in Cassazione. Il caso analizzato riguarda la posizione della moglie di un capo clan, accusata di avere un ruolo attivo all’interno del sodalizio criminoso.

I fatti del caso

Una donna veniva sottoposta a misura cautelare (prima in carcere, poi ai domiciliari) con l’accusa di partecipazione a un’associazione criminale dedita al traffico di droga. Secondo l’accusa, la ricorrente, moglie del capo dell’organizzazione, svolgeva funzioni di direzione, gestione e controllo, custodendo i proventi illeciti e fornendo indicazioni operative. Il Tribunale del riesame, pur escludendo un’aggravante, confermava la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo. La difesa decideva quindi di ricorrere alla Corte di Cassazione, contestando la solidità del quadro probatorio e la qualifica del ruolo attribuito alla propria assistita.

I motivi del ricorso: la difesa contesta la partecipazione all’associazione a delinquere

La difesa basava il ricorso su due argomenti principali:
1. Carenza di motivazione sulla partecipazione: Secondo i legali, le prove raccolte, in particolare alcune intercettazioni, non dimostravano un inserimento stabile della donna nell’organizzazione. Un episodio in cui avvisava il marito dell’assenza di spacciatori sulla piazza veniva interpretato come un’azione isolata, non come un atto di gestione. Se avesse avuto un ruolo direttivo, sosteneva la difesa, sarebbe intervenuta direttamente.
2. Carenza di motivazione sul ruolo apicale: La difesa lamentava l’assenza di elementi concreti che potessero giustificare l’attribuzione di un ruolo di vertice, come quello di direzione o gestione, previsto dall’art. 74 del D.P.R. 309/1990.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni difensive. Le motivazioni della decisione sono fondate su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità.

Inammissibilità per la rilettura dei fatti

In primo luogo, la Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di riesaminare le prove e fornire una nuova interpretazione dei fatti. Il giudizio di legittimità si limita a verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della motivazione del provvedimento impugnato. Le censure della difesa, che proponevano una lettura alternativa delle intercettazioni, sono state considerate un tentativo inammissibile di invadere il merito della valutazione probatoria, riservato ai giudici delle fasi precedenti.

Congruità della motivazione del Tribunale del riesame

Per la Cassazione, il Tribunale del riesame aveva adeguatamente motivato la propria decisione. Gli elementi a carico della ricorrente erano stati considerati sufficienti a configurare un quadro di gravità indiziaria. Nello specifico, i giudici di merito avevano valorizzato il suo compito di custodire e recapitare al marito il denaro proveniente dallo spaccio e la sua piena consapevolezza dell’origine illecita di tali somme. Inoltre, l’episodio in cui sollecitava il marito a intervenire per riattivare la piazza di spaccio era stato logicamente interpretato non come un gesto isolato, ma come una dimostrazione del suo ruolo di controllo e del suo interesse a garantire l’operatività del sodalizio.

Inammissibilità per carenza di interesse sul ruolo apicale

Particolarmente interessante è la motivazione sul secondo punto. La Corte ha dichiarato il motivo inammissibile per “carenza di interesse”. Ha spiegato che, in tema di misure cautelari, l’indagato non ha un interesse giuridicamente rilevante a contestare la specifica qualifica del suo ruolo (es. organizzatore contro semplice partecipe) quando la mera partecipazione al sodalizio è di per sé sufficiente a giustificare l’applicazione della misura. Poiché l’esclusione del ruolo apicale non avrebbe comportato alcuna conseguenza favorevole per la ricorrente sul piano cautelare, il motivo di ricorso è stato ritenuto privo di scopo pratico.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce due principi fondamentali. Il primo è che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La Corte si limita a un controllo di legittimità e logicità. Il secondo, più specifico, chiarisce che nel contesto delle misure cautelari per reati associativi, una volta dimostrata con gravi indizi la partecipazione al sodalizio, le distinzioni sui ruoli interni diventano secondarie ai fini della legittimità della misura stessa. La decisione conferma quindi un approccio rigoroso nella valutazione dei presupposti per l’applicazione delle misure cautelari in materia di criminalità organizzata.

Perché la Corte di Cassazione non ha riesaminato le prove come richiesto dalla difesa?
Perché il suo ruolo nel giudizio di legittimità non è quello di rivalutare i fatti o le prove, ma solo di controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria.

È necessario dimostrare un ruolo di capo per applicare la custodia cautelare in un’associazione a delinquere?
No. Secondo questa sentenza, ai fini dell’applicazione di una misura cautelare è sufficiente che vi siano gravi indizi di semplice partecipazione al sodalizio criminoso. Contestare la specifica qualifica del ruolo (es. organizzatore o semplice partecipe) è stato ritenuto irrilevante in questa fase.

Quali comportamenti sono stati ritenuti indizi sufficienti per confermare la misura cautelare in questo caso?
Sono stati considerati indizi gravi e sufficienti il compito di custodire e consegnare il denaro proveniente dallo spaccio su richiesta del capo, la consapevolezza della sua provenienza illecita e il controllo attivo della piazza di spaccio, manifestato attraverso la sollecitazione al marito-capo affinché intervenisse per garantirne l’operatività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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