Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19925 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19925 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nata a Gela il DATA_NASCITA
NOME nata a Gela il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a Gela il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a Gela il DATA_NASCITA
NOME nato a Gela il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/05/2023 della Corte di Appello di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
udito il difensore dei ricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore dei ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore della ricorrente NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza del 02 maggio 2023 con la quale la Corte di appello di Caltanisetta, ha confermato le condanne inflitte nei confronti dei ricorrenti dal Tribunale di Gela con sentenza emessa in data 02 febbraio 2022.
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso avverso la sentenza di condanna con la quale è stato ritenuto colpevole dei reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione.
2.1. Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 74 d.p.r. 309/90 nonché vizio di motivazione in ordine all’esistenza degli elementi costitutivi del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
La motivazione sarebbe carente in ordine alla sussistenza di una stabile struttura associativa ed al ruolo apicale rivestito dal padre NOME; le conversazioni intercettate avrebbero, infatti, ad oggetto argomenti di natura familiare che i membri della famiglia gli confidavano nella sua veste di capo della famiglia di sangue.
La motivazione sarebbe carente anche in relazione alla dimostrazione della sussistenza di stabili canali di approvvigionamento: l’esiguo numero di viaggi effettuati da NOME COGNOME e da NOME COGNOME a Catania, denoterebbe, infatti, che la piazza catanese non era un luogo in cui gli associati si approvvigionavano di stupefacenti in modo stabile e sistematico.
A giudizio della difesa sarebbe assente anche il requisito dell’interscambiabilità dei ruoli tra gli affiliati; in particolare il ricorrente, a seguito del suo arresto sarebbe stato sostituito dal cognato NOME COGNOME, il quale si sarebbe limitato a pagare il debito contratto dal ricorrente nei confronti di NOME COGNOME, su incarico del suocero NOME COGNOME.
La difesa ha evidenziato che gli imputati avrebbero rapporti tra loro in considerazione dell’appartenenza al medesimo nucleo familiare ovvero dei rapporti amicali nati in occasione dei colloqui in carcere con i parenti detenuti.
La Corte di merito non avrebbe adeguatamente dimostrato l’elemento della continuità dei rapporti e le reciproche interessenze tra gli associati; i contatti co il detenuto NOME COGNOME sarebbero, infatti, tutti fondati sul desiderio di aver contatti con il congiunto ristretto in carcere.
La motivazione sarebbe carente in ordine al ruolo rivestito da NOME COGNOME per la realizzazione degli scopi dell’associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti, stante la mancanza di elementi logico-probatori idonei a provare un ruolo attivo del ricorrente.
In particolare, lo scambio di battute intercorso tra COGNOME NOME e COGNOME NOME, nel corso dei colloqui in carcere, sarebbe inidoneo al raggiungimento di un accordo associativo; il primo acquisto di droga si sarebbe verificato otto giorni dopo tale colloquio ed a credito, circostanze che escluderebbero, ad opinione della difesa, che tale acquisto costituisca atto esecutivo di un generico pactum sceleris.
Il ricorrente, anche a causa della sua dipendenza dalla cocaina, avrebbe manifestato con i suoi comportamenti, una evidente volontà di non aderire all’associazione di cui il padre sarebbe il promotore mentre NOME COGNOME, sarebbe intervenuto solo per saldare il debito contratto dal ricorrente su mandato del suocero NOME COGNOME e non per sostituirsi al ricorrente nell’associazione;
La difesa ha evidenziato l’insussistenza di alcun riferimento al conteggio ed alla successiva suddivisione dei proventi da spaccio in occasione delle conversazioni intrattenute da NOME COGNOME.
2.2. Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell’imputato in relazione al reato di cui al capo 2) della rubrica.
La Corte territoriale non avrebbe superato con esaustivi elementi logici la tesi difensiva, sostenuta in entrambi i gradi di giudizio, secondo cui gli episodi del 5 e 6 gennaio 2016 non avrebbero riguardato la fornitura di sostanza stupefacente nella misura di ottanta grammi e per la somma di euro 4.700,00 bensì un prestito che COGNOME fece a NOME COGNOME, nella convinzione che il giovane si fosse presentato dietro incarico del padre.
Ad avviso della difesa, non sarebbe strana, come sostenuto dalla Corte, la circostanza secondo la quale il COGNOME, soggetto con precedenti per usura e per associazione mafiosa, avrebbe prestato dei soldi a NOME COGNOME dal momento in cui è dato di esperienza che tra detenuti di una certa leva vengano ad istaurarsi rapporti fiduciari in ragione dell’affidabilità scaturente dal prestigio criminale.
2.3. Il ricorrente, con il terzo motivo di ricorso, lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 73 d.p.r. 309/90 e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei reati di cui ai capi 20) 21) 22) e 23).
La motivazione, fondata esclusivamente sul contenuto delle conversazioni intercettate in assenza di sequestri di droga, sarebbe carente quanto alla prova che le conversazioni telefoniche abbiano ad oggetto le sostanze stupefacenti nonché in ordine destinazione delle sostanze stupefacenti oggetto delle cessioni di cui al capo di imputazione, anche e soprattutto in considerazione del fatto che il ricorrente sarebbe un accanito assuntore di sostanze stupefacenti e della mancanza di elementi attestanti la natura consuetudinaria degli incontri.
2.4. COGNOME NOME, con il quarto motivo di ricorso, lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 629 comma 1 e 2 e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui al capo 27).
La Corte di merito avrebbe desunto la natura estorsiva dell’assunzione del ricorrente da parte della persona offesa dal fatto che tale assunzione sarebbe stata antieconomica e dal fatto che il COGNOME, nonostante il NOME non si sia mai recato sul luogo di lavoro, non lo abbia licenziato. Tale affermazione non terrebbe conto del contrasto tra le dichiarazioni della persona offesa e le altre emergenze probatorie.
Peraltro, le condotte attribuite al ricorrente sarebbero prive dei requisiti dell violenza e minaccia in considerazione del fatto che la stessa persona offesa avrebbe dichiarato di aver accettato “per timore” la proposta della madre di NOME senza precisare da cosa derivasse tale timore e riferendo di non conoscere il soggetto che aveva accompagnato la donna.
I giudici di appello non avrebbero fornito elementi da cui desumere l’esistenza degli ulteriori elementi costitutivi del reato di estorsione (ingiusto profitto c altrui danno); in particolare l’eventuale ammissione alla misura alternativa del collocamento in comunità non sarebbe idonea a causare un danno alla persona offesa in quanto il COGNOME non avrebbe corrisposto alcuna somma di denaro per l’attività lavorativa prestata dal ricorrente.
Dall’esclusione da parte dei giudici di appello della circostanza aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91 discenderebbe l’impossibilità di affermare che l’assunzione del ricorrente presso il proprio autolavaggio sia frutto di una scelta della persona offesa coartata dai comportamenti degli imputati, anche in considerazione che il ricorrente non avrebbe mai fatto alcuna allusione alla cosca del padre NOME COGNOME per intimorire la persona offesa.
2.5. Il ricorrente, con il quinto motivo di ricorso, lamenta violazione ed erronea applicazione degli artt. 10 e 14 della L. 497/4 e vizio di motivazione in relazione al reato di cui al capo 29 della rubrica.
La motivazione sarebbe fondata esclusivamente sul contenuto di intercettazione ambientali generiche, ambigue, prive di riscontri esterni e soprattutto in assenza del rinvenimento e sequestro del fucile di cui al capo di imputazione.
L’intercettazione posta a fondamento della condanna non dimostrerebbe che la conversazione intercorsa tra il ricorrente e la fidanzata avesse ad oggetto un’arma da fuoco o un altro oggetto, né fornirebbe elementi da cui desumere l’identità del detentore dell’arma.
2.6. Il ricorrente, con il sesto motivo di ricorso, lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 612 comma 2, in relazione all’art. 339 cod. pen. e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei capi 30), 31), 32).
La condanna in ordine a tali reati, asseritamente commessi in concorso con COGNOME NOME, sarebbe fondata su elementi indiziari non gravi né univoci; i giudici del merito si sarebbero limitati ad individuare il movente della condotta criminosa nelle tensioni tra marito ed ex amante di NOME sulla base delle conversazioni intercorse tra quest’ultima ed il NOME e dell’esito della perizia balistica, senza valutare e confutare la tesi difensiva secondo cui le condotte rubricate sarebbe conseguente ad una rissa in cui era stato coinvolto il NOME nei giorni precedenti, circostanza emersa nel corso di un colloquio intercorso in carcere tra il ricorrente e il padre.
2.7. Il ricorrente, con il settimo motivo di ricorso, lamenta violazione degli art 125 cod. proc. pen., 62-bis e 133 cod. pen. e carenza di motivazione in ordine alla determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti sulla contestata circostanza aggravante.
La Corte avrebbe dovuto riconoscere la prevalenza delle attenuanti e determinare una pena più lieve in considerazione della giovane età del ricorrente, dell’influenza nefasta del contesto familiare e della breve durata della condotta ascrittag li.
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso avverso la sentenza di condanna con la quale è stato ritenuto colpevole del reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
3.1. Il ricorrente, con il primo motivo di ricorso, lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 74 d.p.r. n. 309/90 e motivazione manifestamente illogica in ordine alla sussistenza dell’ipotizzata associazione a delinquere con le medesime argomentazioni esposte nel primo motivo del ricorso proposto dal figlio NOME.
3.2. Il ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, lamenta violazione dell’art 73 d.p.r. 309/90 e mancanza contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al reato di cui al capo 2).
La Corte di merito non avrebbe adeguatamente valutato e confutato la ricostruzione prospettata nell’atto di appello secondo cui il viaggio a Catania sarebbe stato giustificato dall’estinzione del debito contratto da NOME COGNOME con il COGNOME, soggetto con precedenti per usura, e non per attività legate al narcotraffico.
La motivazione sarebbe fondata su intercettazioni dal contenuto ambiguo e generico e, quindi, del tutto inidonee a dimostrare la sussistenza dei contestati reati.
3.3. Il ricorrente, con il terzo motivo di ricorso, lamenta violazione dell’art 9 comma 4 cod. pen. e carenza di motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva.
I giudici del merito avrebbero riconosciuto la sussistenza dell’aggravante della recidiva reiterata basandosi unicamente sui precedenti penali del ricorrente, senza valutare in concreto la situazione personale del ricorrente e senza fornire adeguata motivazione delle ragioni poste a fondamento del riconoscimento della contestata recidiva.
3.4. Il ricorrente, con il quarto motivo di ricorso, lamenta violazione degli artt 125 cod. proc. pen., 62-bis e 133 cod. pen.
La difesa lamenta l’eccessività della pena inflitta e la mancata concessione delle circostanze attenuanti: i giudici di appello avrebbero omesso di considerare che le condotte contestate al NOME sarebbero non attuali ed occasionali per via del lasso di tempo intercorso dalla precedente condanna riportata dal ricorrente.
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso avverso la sentenza di condanna con la quale è stata ritenuta colpevole del reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
La ricorrente, con l’unico motivo di ricorso, lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 74 d.p.r. n. 309/90 nonché motivazione manifestamente illogica in odine alla penale responsabilità della ricorrente.
La sentenza sarebbe priva di adeguata motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato associativo, la difesa ha sostenuto tale carenza con le medesime argomentazioni espresse nel ricorso proposto da NOME COGNOME cui ci si riporta per evitare inutili ripetizioni.
I giudici di appello non avrebbero tenuto in considerazione quanto affermato nell’atto di impugnazione in ordine all’indipendenza manifestata da NOME COGNOME nei confronti del padre; all’assenza di espliciti riferimenti alla droga nelle conversazioni intercettate; alla mancata prova dell’acquisto di droga da parte di NOME COGNOME ed al ruolo marginale rivestito dalla NOME nelle vicende contestate.
La lettura delle intercettazioni escluderebbe che la ricorrente abbia posto in essere condotte causalmente riconducibili all’attività associativa; la stessa avrebbe partecipato, in modo passivo e marginale, ai colloqui intercettati solo in virtù del vincolo familiare che la lega a NOME COGNOME; la difesa ha rimarcato, inoltre, la mancanza di intercettazioni telefoniche relative all’utenza della
ricorrente e la carenza di prova in ordine all’ipotizzato acquisto di droga effettuato dal COGNOME e dal COGNOME a Catania nei giorni 5 e 16 febbraio.
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso avverso la sentenza con la quale è stato ritenuto colpevole del reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
5.1. Il ricorrente, con il primo motivo di ricorso, lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 74 d.p.r. n. 309/90 e motivazione manifestamente illogica in ordine alla sussistenza dell’associazione a delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti.
La Corte di merito non avrebbe adeguatamente motivato in ordine all’esistenza del pactum sceleris a fondamento dell’ipotizzata associazione, non essendo sufficiente a dimostrare tale accordo il colloquio intercorso in carcere tra i COGNOME e NOME COGNOME.
La difesa considera manifestamente illogica la motivazione in considerazione del fatto che, dalla lettura delle intercettazioni, non emergerebbe alcun riferimento alla droga né alcun interesse del COGNOME ad esser coinvolto nel narcotraffico, essendosi il ricorrente limitato ad estinguere il debito contratto NOME NOME.
5.2. Il ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 74 d.p.r. n. 309/90 e motivazione manifestamente illogica in ordine in ordine alla partecipazione del COGNOME all’ipotizzato sodalizi dedito al narcotraffico.
La motivazione non indica gli elementi da cui desumere che il ricorrente abbia aderito ad un programma delittuoso indeterminato volto alla commercializzazione di sostanze stupefacenti, anche in considerazione della mancanza assoluta di elementi indicativi dell’appartenenza al sodalizio quali la partecipazione agli utili del narcotraffico ovvero eventuali contatti con NOME COGNOME in riferimento ad episodi di spaccio o acquisti di droga.
5.3. Il ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei reati di cui ai capi 3 31) 32) con le medesime argomentazioni esposte nel terzo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME.
5.4. Il ricorrente, con il quarto motivo di ricorso, lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 73 d.p.r. n. 309/90 e motivazione apparente in ordine ai capi da 10 al 19.
La Corte territoriale, con motivazione del tutto assertiva ed apparente, avrebbe ignorato le doglianze difensive e le ipotesi alternative prospettate in sede di
appello (inidoneità delle conversazioni intercettate a dimostrare un coinvolgimento del ricorrente nei singoli episodi di spaccio).
5.5. Il ricorrente, con il quinto motivo di impugnazione, lamenta vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei reati di cui ai capi 4 e 6
La motivazione sarebbe del tutto carente in ordine al presunto acquisto di droga a Catania e nella parte in cui non rileva l’illogicità del comportamento del ricorrente che avrebbe iniziato a spacciare lo stupefacente acquistato a Catania soltanto 3-4 giorni dopo il suo rientro a Gela.
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso avverso la sentenza di condanna con la quale è stata ritenuta colpevole dei reati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, estorsione e ricettazione.
6.1. La ricorrente, con il primo motivo di ricorso, lamenta violazione degli artt. 125 cod. proc. pen., 74 e 73 d.p.r. 309/90 nonché difetto di motivazione in ordine alla sua partecipazione all’ipotizzata associazione a delinquere.
La Corte di merito avrebbe apoditticamente riconosciuto un ruolo attivo della NOME negli affari illeciti organizzati e coordinati dal marito, limitandosi ricondurre la posizione della ricorrente a quella rivestita dagli altri familiari.
I giudici di appello avrebbero travisato le prove affermando che la ricorrente, unitamente alla figlia ed al genero, avrebbero dovuto ritirare un “carico” di droga a Catania, senza tenere conto del fatto che la COGNOME si sarebbe recata a Catania solo per riappianare il debito contratto dal figlio nei confronti del COGNOME.
La Corte territoriale avrebbe apoditticamente riconosciuto il concorso della ricorrente alle condotte di spaccio poste in essere dal figlio in adesione di uno specifico programma criminoso riferibile ad un limitato arco temporale.
6.2. La ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, lamenta violazione dell’art. 629 cod. pen. e difetto di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di estorsione.
La Corte di merito, con motivazione apodittica, avrebbe basato la condanna sull’intercettazione del colloquio intercorso tra NOME e NOME in cui il padre rimproverava il figlio e lo invitava a presentarsi a lavoro con diligenza e costanza, in assenza di alcun riferimento alla NOME ed al non meglio identificato “NOME“.
In relazione all’ingiusto profitto, individuato dalla Corte nell’ottenimento e mantenimento del beneficio della messa alla prova, la difesa ha sostenuto che tale condotta sarebbe tutt’al più un escamotage per evitare conseguenze detentive al figlio e non un vantaggio economico.
Mancherebbe, in ultimo, il danno per la persona offesa in quanto il COGNOME non avrebbe corrisposto alcuna somma di denaro quale corrispettivo, configurandosi nel caso di specie tutt’al più un danno nei confronti dell’amministrazione della giustizia.
Il difensore di NOME COGNOME, in data 19 gennaio 2024 e 3 febbraio 2024, ha depositato motivi aggiunti con i quali ha insistito nei motivi di ricorso ed ha chiesto la mitigazione della pena in considerazione della lieve entità della fattispecie estorsiva contestata all’imputata desumibile dall’estemporaneità della condotta e dall’esiguità del danno patrimoniale e del correlato lucro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili per le ragioni che seguono.
Conviene trattare, in esordio, alcuni aspetti rilevanti per la decisione della totalità dei ricorsi, fissando i princìpi di diritto che il Collegio intende applica così, evitando inutili ripetizioni, che finirebbero per appesantire la motivazione.
Quanto alle statuizioni oggetto degli odierni ricorsi, si è in presenza di una c.d. doppia conforme con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza d’appello a quella del primo giudice sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595, Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 280654 – 01; da ultimo Sez. 2, n. 38963 del 25/05/2023, Arcidiacono, non massimata).
È, infatti, giurisprudenza pacifica di questa Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062, in motivazione; Sez. 2, n. 29007 del 09/10/2020, COGNOME, non mass.).
Le doglianze dedotte dai ricorrenti sono aspecifiche in quanto reiterative di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti, all’interpretazione del materiale probatorio ed alla determinazione del trattamento sanzionatorio già formulate in sede di appello ed affrontate e disattese dalla Corte di merito in esito ad un adeguato scrutinio, trasfuso in una motivazione priva di aporie e illogicità manifeste.
Tenuto conto della peculiare modalità di redazione dei ricorsi, che hanno sostanzialmente riprodotto il contenuto dei motivi di appello, si rende opportuna un ulteriore premessa: la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità, debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale del ricorso in cassazione è, pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione (in tal senso Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822-02; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01; da ultimo Sez. 2, n. 39563 dell’08/09/2023, COGNOME, non massimata).
Il motivo di ricorso in cassazione è, infatti, caratterizzato da una duplice specificità, dovendo contenere l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell’impugnazione e contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, deducendo, in modo analitico, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen, alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568-01; Sez. 2, n.11951 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259425-01; da ultimo Sez. 2, n. 38707 del 22/06/2023, COGNOME, non massimata).
Risulta, pertanto, di chiara evidenza che se il ricorso si limita a riprodurre motivo di appello, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.
Nel caso di specie, il percorso argomentativo dei giudici di appello non è validamente contrastato dalle critiche contenute nei ricorsi, le quali mirano ad una lettura alternativa delle risultanze istruttorie e non si confrontan compiutamente con le argomentazioni spese dalla sentenza impugnata con conseguente aspecificità delle doglianze.
Deve essere, inoltre, rimarcato che tutti i motivi di ricorso sono articolat esclusivamente in fatto e, quindi, proposti al di fuori dei limiti del giudizio legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
Le doglianze sono, peraltro, improntate ad una valutazione delle prove del tutto parcellizzata, caratterizzata dall’analisi dei singoli elementi in maniera del tutt avulsa dal contesto, prescindendo dagli evidenti elementi di coerenza palesati e valorizzati nelle sentenze di merito
Occorre ribadire, in proposito, che il sindacato di legittimità non ha ad oggetto la revisione atomistica del giudizio di merito, bensì la verifica della struttura logic del provvedimento, verifica che non può quindi estendersi alla valutazione dei singoli elementi di fatto acquisiti al processo, compito riservato alla competenza del giudice di merito.
3.1. Nel caso di specie, la Corte di merito non si è limitata a richiamare la sentenza di primo grado, ma ha risposto specificamente alle doglianze oggi riproposte con argomentazioni adeguate, logiche ed omogenee rispetto a quelle del primo giudice.
I giudici di appello hanno, in particolare, rimarcato la specifica valenza probatoria della fonte captativa sottolineando la chiarezza, univocità e concordanza del contenuto delle conversazioni intercettate e la conseguente idoneità a dimostrare la sussistenza dei reati contestati ai singoli imputati.
Le deliberazioni della Corte territoriale sono fondate su una interpretazione delle conversazioni intercettate conforme a consolidate massime di esperienza e fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Peraltro, le doglianze con cui viene eccepita l’inidoneità delle intercettazioni poste a fondamento della sentenza impugnata a dimostrare la sussistenza dei reati contestati e la penale responsabilità dei singoli imputati sono generiche e meramente valutative; i ricorrenti si limitano, in modo apodittico, ad attribuire un minimale valore indiziario alle conversazioni intercettate e, di conseguenza, a chiedere a questa Corte un’inammissibile rivalutazione in fatto del compendio probatorio.
3.2. Va, in proposito, ribadito che, in sede di legittimità, è possibile prospettare un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia qualora il decidente ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e tale difformità risulti decisiva ed incontestabile (vedi Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013,
COGNOME, Rv. 259516; Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, COGNOME, Rv. 272558 e da ultimo Sez. 5, n. 2245 del 14/12/2022, dep. 2023, Vallepiano, non massimata) così da rendere manifesta l’illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (vedi Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389 – 01; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01; da ultimo Sez. 1, n. 3019 del 27/09/2022, dep. 2023, Cremona, non massimata).
La valutazione dei contenuti delle conversazioni captate è infatti un apprezzamento di merito che investe il significato e, dunque la capacità dimostrativa della prova, sicché la sua critica è ammessa in sede di legittimità solo ove si rilevi l’illogicità manifesta e decisiva della motivazione o una decisiva discordanza tra la prova raccolta e quella valutata (vedi Sez. 2, n. 6414 del 23/11/2022, dep. 2023, Pitasi, non massimata).
Tutto ciò premesso, è possibile passare all’esame dei singoli motivi di ricorso degli imputati, partendo dai motivi comuni a più ricorrenti.
Il primo motivo di ricorso proposto da NOME COGNOME, il primo motivo di ricorso proposto da NOME COGNOME, l’unico motivo di ricorso proposto da NOME COGNOME, il primo ed il secondo motivo proposto da NOME COGNOME nonché il primo motivo dedotto da NOME COGNOME, da trattare congiuntamente in quanto condividono l’oggetto della doglianza, sono aspecifici e non consentiti.
La motivazione ha dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di appello a ritenere dimostrata la sussistenza di un’associazione a delinquere dedita al narcotraffico di cui i ricorrenti erano partecipi, a seguito d una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle prove.
4.1. Deve essere, preliminarmente, ricordato che i reati associativi si distinguono dal concorso di persone nel reato disciplinato dagli artt. 110 e segg. cod. pen. poiché l’accordo criminoso non associativo è circoscritto alla commissione di uno o più reati singolarmente individuati, si esaurisce dopo che questi sono stati commessi ed è caratterizzato dalla mancanza di una struttura organizzativa e dei mezzi necessari all’attuazione del programma comune (Sez. 1, n. 10107 del 14/07/1998, COGNOME, Rv. 211403-01; Sez. 2, n. 22906 del 08/03/2023, Bronzellino, Rv. 284724 – 01).
La giurisprudenza di legittimità ha ulteriormente precisato che il discrimine tra la fattispecie plurisoggettiva e quella concorsuale va individuato nella necessaria finalizzazione dell’accordo associativo alla costituzione di una struttura (almeno tendenzialmente) permanente, nella quale i singoli associati divengono – ciascuno nell’ambito dei propri compiti, assunti od affidati – parti di un tutto, e
propongono di commettere una serie indeterminata di delitti (così, in motivazione, Sez. 2, n. 20451 del 03/04/2013, COGNOME, Rv. 256054; Sez. 3, n. 45421 del 01/07/2022, COGNOME, non massimata).
Non occorre, peraltro, che tale organizzazione sia complessa, articolata o dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (vedi Sez. 2, n. 19146 del 20/02/2019, Cicciari, Rv. 275583-01; Sez. 4, n. 38018 del 05/07/2023, Comito, non massimata).
L’elemento “strutturale-organizzativo” assurge, così, ad elemento tipizzante della fattispecie associativa destinato a fornire materialità al fatto, in ossequio a principio di potenziale offensività del reato, sotto il profilo della idoneit adeguatezza dell’azione a ledere in modo permanente il bene protetto. Sicché l’elemento organizzativo deve essere valutato non solo e non tanto nel suo aspetto statico, quanto nella sua dimensione dinamica, dimostrativa dell’esistenza di una affectio societatis destinata a perpetuarsi nel tempo e che sopravvive al singolo episodio criminoso.
Tanto sta a significare, sotto un profilo ontologico, che la ricerca dei trat organizzativi non è diretta a dimostrare l’esistenza degli elementi costitutivi del reato, ma a provare, attraverso dati sintomatici, l’esistenza di quell’accordo fra tre o più persone diretto a commettere più delitti, accordo in cui il reato associativo di per sé si concreta (Sez. 2, n. 16540 del 27/03/2013, COGNOME, Rv. 255491, in motivazione; Sez. 3, n. 38096 del 15/07/2022, COGNOME, non massimata).
Non occorre, peraltro, un patto espresso fra gli associati, potendo desumersi la prova del vincolo dalle modalità esecutive dei reati fine e dalla loro ripetitivi dalla natura dei rapporti tra i loro autori, dalla ripartizione di compiti e ruoli vari soggetti in vista del raggiungimento del comune obiettivo di effettuare attività di commercio di stupefacenti (Sez. 6, n. 9061 del 24/09/2012, dep. 2013, Cecconi, Rv. 255312; Sez. 2, n. 28868 del 02/07/2020, COGNOME, Rv. 279589 01).
4.2 Quanto ai profili probatori, il giudice può dedurre i requisiti della stabili del vincolo associativo, trascendente la commissione dei singoli reati fine, e dell’indeterminatezza del programma criminoso dal susseguirsi ininterrotto, anche per un breve periodo di tempo, delle condotte integranti detti reati ad opera di soggetti stabilmente collegati (Sez. 2, n. 53000 del 04/10/2016, Basso, Rv. 268540-01; Sez. 2, n. 38964 del 14/06/2023, COGNOME, non massimata), proprio perché attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività
dell’associazione medesima (Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266670-01; Sez. 4, n. 38017 del 05/07/2023, COGNOME, non massimata).
È, pertanto, consentito al giudice dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che attraverso gli stessi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima, specie quando ricorrano elementi che dimostrino il tipo di criminalità, la struttura e le caratteristiche dei singoli r le modalità di esecuzione (Sez. U, n. 10 del 28/03/2001, Cinalli, Rv. 218376; Sez. 6, n. 13844 del 02/12/2016, dep. 2017, Aracu, Rv. 270370).
La prova dello svolgimento di un’attività sistematica e continuativa di cessione di sostanze droganti per un apprezzabile periodo temporale può essere raggiunta anche nel caso in cui risultino dimostrate soltanto alcune cessioni, monitorate attraverso servizi di intercettazione di conversazioni, quando le stesse, come nel caso di specie, siano collegate probatoriamente alle altre condotte contestate, non occorrendo riscontrare tutti i singoli episodi, specie quando tali fatt coinvolgano le medesime persone, si presentino omogenei e risultino avvinti tra loro da continuità cronologica (Sez. 3, n. 14954 del 02/12/2014, dep. 2015, Carrara, Rv. 263043-01; Sez. 3, n. 42537 del 21/05/2014, COGNOME, Rv. 26114601).
4.3. In applicazione dei principi esposti nei precedenti paragrafi, possono ritenersi ampiamente concludenti i plurimi e convergenti elementi da cui è stata desunta l’esistenza del sodalizio dedito al traffico di sostanze stupefacenti e, di conseguenza, è incensurabile la motivazione rassegnata sul punto.
I giudici di appello hanno illustrato, con motivazione priva di aporie o contraddizioni, gli elementi logico-fattuali che sono stati ritenuti idonei dimostrare la sussistenze di un tessuto organizzativo sufficiente per l’integrazione dell’associazione criminale tipizzata dal citato art. 74 nonché a comprovarel’esistenza di un unitario piano criminoso e la consapevolezza degli affiliati della dimensione collettiva dell’attività di spaccio, con motivazio sufficientemente articolata ed aderente alle risultanze istruttorie che non può esser rivalutata, in questa sede, non essendo i giudici di merito incorsi in contraddizioni o illogicità manifeste (vedi pagg. da 10 a 12 della sentenza impugnata).
Occorre ribadire, in proposito, che il sindacato di legittimità non ha ad oggetto la revisione atomistica del giudizio di merito, bensì la verifica della struttura logi del provvedimento, verifica che non può quindi estendersi alla valutazione dei singoli elementi di fatto acquisiti al processo, compito riservato alla competenza del giudice di merito.
4.4. I giudici di merito hanno basato il rilievo dell’avvenuta costituzione di una vera e propria associazione criminosa su un quadro probatorio adeguatamente evocativo di una persistente attività di narcotraffico, ruotante sull’operato sinergico dei soggetti chiamati a rispondere della corrispondente partecipazione. La regolarità dei traffici di sostanza, la diversificazione dei canali approvvigionamento, il carattere non estemporaneo degli acquisti e delle cessioni e un predefinito grado di distribuzione dei ruoli appaiono indici dimostrativi in sé eloquenti, che i motivi in scrutinio revocano in dubbio in termini solo generici o di pura e non consentita argomentazione controvalutativa.
La sentenza impugnata ha derivato la partecipazione associativa non solo dal dato storico della reiterata consumazione di reati-fine in concorso, ma anche dall’esistenza di rapporti collaudati di collaborazione tra gli imputati, con studiata predeterminazione dei compiti di ciascuno, in maniera destinata a produrre effetti ben oltre il singolo episodio delittuoso. Nella organicità della relativ programmazione e nelle modalità di esecuzione, coinvolgente a vario titolo gli odierni ricorrenti, sono stati ragionevolmente colti i necessari segnali non solo di manifestazione dell’associazione ma anche di intraneità ad essa degli odierni ricorrenti.
Le sentenze di merito espongono plurimi, significativi e convergenti elementi, logico-probatori a sostegno dell’intraneità dei ricorrenti all’associazione oggetto di scrutinio, desumibili dalle conversazioni intercettate nel corso delle indagini preliminari che, a differenza di quando sostenuto dalla difesa, appaiono idonee a dimostrare la stabile ed attiva adesione di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME all’attività del sodalizio dedito al narcotraffico capeggiato da NOME NOME (vedi pagg. da 8 a 28 della sentenza impugnata).
I giudici di merito non si sono fermati al solo dato storico-statico della consumazione dei singoli reati-fine, ma li hd contestualizzati e analizzati nella loro proiezione dinamica quali espressione di un rapporto di collaborazione collaudato, stabile, duraturo, destinato a produrre effetti ben oltre i singoli episodi delittuosi, che dà linfa ad un programma potenzialmente indefinito di forniture e acquisti, in piena coerenza con la costante affermazione della giurisprudenza di legittimità secondo cui la condotta di partecipazione all’associazione di cui all’art. 74 d.P.R., è a forma libera. Deve ribadirsi, in proposito, che la singola condotta di partecipazione può atteggiarsi, nella pratica, nel modo più diverso: il dato qualificante e decisivo, come per tutte le fattispecie associative, consiste nel contributo alla vita ed all’operatività del sodalizio, anche soltanto per una fase temporalmente limitata (Sez. 3, n. 27910 del 27/03/2019, COGNOME, Rv. 276677; Sez. 3, n. 32705 del 06/04/2023, COGNOME, non massimata) o addirittura già ab origine prestabilita, dovendo l’indeterminatezza riguardare
soltanto la serie dei delitti che s’intendono commettere e non la durata del pactum sceleris (Sez. 6, n. 38524 del 11/07/2018, P., Rv. 274099).
4.5. Il solido percorso argomentativo seguito dai giudici di appello non viene scalfito dalle doglianze difensive, essendosi i ricorrenti limitati a confutazioni principio ed affermazioni apodittiche che di fatto ignorano gli elementi probatori valorizzati nella sentenza impugnata.
I ricorrenti, invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato di legittimità, chiedono a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e d privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a loro più gradite, sen confrontarsi con quanto motivato dalla Corte territoriale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di appello e con le emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità dei motivi di ricorso.
La complessiva ricostruzione del materiale probatorio esposta in motivazione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata, pertanto, su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Il secondo ed il terzo motivo proposti da NOME COGNOME, il secondo motivo proposto da NOME COGNOME ed il quarto e quinto motivo proposti dal COGNOME, che possono essere trattati congiuntamente avendo ad oggetto la sussistenza delle singole condotte violative dell’art. 73 d.P.R. 309/90, non sono consentiti in sede di legittimità.
L’errore di impostazione nel quale cadono i ricorrenti è quello di far leva su elementi di prova negativi e cioè su considerazioni generiche ed astratte, abbandonando il piano dell’esperienza fenomenica per privilegiare ipotesi alternative e ciò all’evidente scopo di tacciare di illogicità manifesta il governo de fatti positivamente accertati e sollecitare una diversa interpretazione e valutazione del compendio probatorio, inammissibile in questa sede.
In particolare, quanto alle critiche difensive sulla ritenuta inidoneità dell conversazioni intercettate a dimostrare la penale responsabilità dei singoli ricorrenti in relazione alle plurime violazioni dell’art. 73 d.P.R. 309/90, sufficiente ribadire il già operato richiamo (par. 3.2) ai principi di diritto affer da questa Corte in materia di interpretazione delle conversazioni intercettate e dei limiti di sindacabilità delle stesse.
Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno rappresentato divergenze tra il contenuto delle conversazioni trascritte e quelle registrate ma si sono limitati a obiettare circa l’efficacia dimostrativa della sussistenza dei reati contestati ag imputati, sicché devono ritenersi non consentite le censure sviluppate nei ricorsi
inerenti all’interpretazione delle conversazioni intercettate, stante la mancanza prospettazione di alcun travisamento da parte dei giudici di merito.
Il quarto motivo dedotto da NOME COGNOME ed il secondo motivo proposto da NOME COGNOME, con cui i ricorrenti lamentano violazione ed applicazione dell’art. 629 cod. pen. e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione di cui al capo 27), sono aspecifici.
I giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi (le attendibili dichiarazioni rese dalla persona offesa suffragate dalle conversazioni intercettate e dalle dichiarazioni dei testi COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME) idonei a dimostrare la penale responsabilità dei ricorrenti in ordine al reato di estorsione. La Corte territoriale ha sottolineato, in particolare, che la ricorrente NOME COGNOME, in compagnia del non meglio identificato “NOME“, si è recata presso l’autolavaggio del COGNOME per costringerlo, con toni minacciosi, ad assumere il figlio NOME, con conseguente danno ingiusto per il COGNOME dal momento in cui tale assunzione era sostanzialmente antieconomica per la piccola impresa gestita dalla persona offesa ed in considerazione del fatto che il NOME non si presentava in officina per svolgere i propri compiti, circostanze che i giudici di appello hanno ritenuto idonee a dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 629 cod. pen. (vedi pagg. da 18 a 21 e pag. 27 della sentenza impugnata).
Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
6.1. Le censure con cui le difese affermano l’insussistenza dell’elemento materiale del reato di estorsione sono destituite di fondamento.
I giudici di appello hanno correttamente evidenziato come le conversazioni intercettate dimostrino che il COGNOME nutriva timore nei confronti del NOME e della COGNOME e che l’assunzione del ricorrente è stata presa esclusivamente a seguito delle intimidazioni subite dalla persona offesa, nonostante l’evidente svantaggio economico ricadente sul COGNOME a seguito di tale assunzione (vedi pagg. 19 e 20 della sentenza impugnata).
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del consolidato principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la minaccia costitutiva del delitto di estorsione oltre che essere palese, esplicita, determinata può essere manifestata in modi e forme differenti, ovvero in maniera implicita, larvata, indiretta ed indeterminata, essendo solo necessario che sia idonea ad
incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali, in cui questa opera (Sez. 2, n. 37526 del 16/06/2004, COGNOME, Rv. 229727 – 01; da ultimo, Sez. 2, n. 33663 dell’11/07/2023 COGNOME, non massimata).
I giudici di appello hanno, inoltre, correttamente ritenuto sussistente l’elemento costitutivo dell’ingiusto profitto, dando seguito al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui una pretesa contrattuale è contra ius ed integra il reato di estorsione contrattuale quando lil soggetto attivo, pur avvalendosi di mezzi giuridici legittimi, li utilizzi per conseguire vantaggi estranei al rappo giuridico controverso, perché non dovuti nell’an o nel quantum o perché finalizzati a scopi diversi o non consentiti rispetto a quelli per cui il diritto è riconosciu tutelato (vedi Sez. 2, n. 34242 del 11/07/2018, COGNOME, Rv. 273542 – 01); da ultimo Sez. 2, n. 10201 del 13/02/2024, COGNOME, non massimata) e quindi per realizzare un profitto ingiusto con conseguente violazione dell’autonomia negoziale della vittima cui viene impedito di perseguire i propri interessi economici nel modo ritenuto più opportuno (vedi Sez. 5, n. 9429 del 13/10/2016, COGNOME, Rv. 269364 – 01; Sez. 2, n. 12434 del 19/02/2020, COGNOME NOME, Rv. 278998 – 01).
L’ingiustizia del profitto a cui era finalizzata la condotta degli imputati, pertan è stata correttamente individuata dai giudici di merito nell’uso di mezzi giuridic legittimi per ottenere scopi non consentiti, o comunque non conformi a giustizia.
6.2. Attraverso i motivi di impugnazione i ricorrenti invocano una diversa ed alternativa lettura dei fatti di causa, che non può trovare ingresso in sede di legittimità a fronte di sentenze di merito congruamente e logicamente motivate. Peraltro, i ricorrenti non hanno rappresentato divergenze tra il contenuto delle conversazioni trascritte e quelle registrate ma si sono limitati a obiettare circa l’efficacia dimostrativa della sussistenza degli elementi costitutivi del reato d estorsione ed a proporre interpretazioni alternative delle conversazioni intercettate, sicché devono ritenersi inammissibili le censure sviluppate nel ricorso inerenti alla presunta illogicità della motivazione, stante l’assenza di travisamento del contenuto delle intercettazioni da parte dei giudici di merito.
I ricorsi, a fronte della ricostruzione e della valutazione adottata dai giudici appello, non offrono la compiuta rappresentazione e dimostrazione, di alcuna evidenza di per sé dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati.
La motivazione oggetto di ricorso contiene, in conclusione, una valutazione globale e completa in ordine a tutti gli elementi rilevanti acquisiti e s’appalesa
esente da errori nell’applicazione delle regole della logica come pure da contraddizioni interne tra i diversi momenti di articolazione del giudizio, sottraendosi pertanto a rilievi in questa sede.
Le peculiarità del caso concreto sono state attentamente vagliate in sede di merito e la valutazione della complessiva “non lieve” portata della condotta estorsiva appare riconducibile ad una corretta interpretazione della normativa di riferimento in relazione ai dati fattuali processualmente emersi.
Il sesto motivo dedotto da NOME COGNOME ed il terzo motivo proposto da NOME COGNOME, con i quali i ricorrenti lamentano violazione ed erronea applicazione dell’art. 612 comma 2, in relazione all’art. 339 cod. pen. e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei capi 30), 31), 32), sono aspecifici ed articolati esclusivamente in fatto e, quindi, proposti al di fuori dei limiti giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
Entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare come i ricorrenti abbiano commesso i reati di minaccia aggravata dall’uso di arma da sparo e di porto di fucile, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle prove (vedi pagg. 22, 23, e 29 della sentenza impugnata).
I ricorrenti limitandosi ad affermare, in modo generico ed apodittico, la carenza ed irragionevolezza della motivazione, non si sono confrontati adeguatamente con le argomentazioni della Corte di merito con conseguente aspecificità dei motivi di ricorso.
Il quinto motivo di impugnazione con cui NOME COGNOME lamenta l’inidoneità delle conversazioni intercettate a dimostrare la sussistenza del reato di cui al capo 29 della rubrica non è consentito in sede di legittimità.
La semplice lettura dell’atto di impugnazione esclude, infatti, la presenza di travisamenti nelle operazioni di interpretazione e valutazione delle conversazioni intercettate, non emergendo in alcun modo quella palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco delle conversazioni captate e quello tratto dai giudici di merito (vedi pagg. 22 e 23 della sentenza impugnata), soltanto in presenza della quale si può parlare di travisamento.
Deve essere, in proposito, richiamato quanto in precedenza argomentato (par. 3.2.) in ordine ai principi di diritto affermati da questa Corte in materia d
interpretazione delle conversazioni intercettate e dei limiti di sindacabilità delle stesse.
9 II settimo motivo del ricorso con cui NOME COGNOME lamenta la determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza sulla contestata aggravante, è aspecifico e non consentito in sede di legittimità.
9.1. La Corte territoriale ha adeguatamente motivato in ordine alla congruità della pena stante l’oggettiva gravità della condotta ed i precedenti specifici a carico del ricorrente (vedi pagg. 14 e 23 della sentenza impugnata), elementi con i quali il ricorso ha omesso di confrontarsi con conseguente difetto di specificità del ricorso.
Deve esser, in proposito, ribadito il principio di diritto secondo cui la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito il quale, per assolver al relativo obbligo di motivazione, nell’osservanza dei criteri stabiliti dagli artt. e 133-bis cod. pen., è sufficiente che richiami la gravità del reato o la capacità a delinquere dell’imputato con espressioni del tipo: «pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento», essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena, diversamente dal caso di specie, sia di gran lunga superiore alla misura media edittale (vedi Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243-01).
Ne discende che è inammissibile la censura che, come nel caso di specie, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 2, n. 43893 del 29/09/2022, COGNOME, non massimata), vizi non ravvisabili nel caso oggetto di scrutinio.
9.2. Anche il giudizio di equivalenza è fondato su motivazione esente da manifesta illogicità (in particolare i giudici di appello hanno rimarcato l’inesistenz di motivi idonei a giustificare la prevalenza delle attenuanti generiche) e, pertanto, insindacabile in cassazione, dovendosi ribadire il principio affermato da questa Corte secondo cui il giudice di merito, nel motivare il giudizio di equivalenza, non è tenuto ad effettuare una analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati, costituendo il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti ed attenuanti, esercizio di un potere valutativo riservato alla discrezionalità del giudice di merit (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838- 02).
La Corte territoriale, con argomentazioni coerenti con le risultanze processuali ed immuni da illogicità manifeste, ha ritenuto congrua la pena determinata dal primo giudice in misura di poco superiore al minimo edittale in ragione della capacità a delinquere dell’imputato e della gravità dei fatti (vedi pag. 23 dell
sentenza impugnata), elementi con i quali il ricorso ha omesso di confrontarsi adeguatamente.
Il Collegio intende ribadire, in proposito, il consolidato orientamento di questa Corte in materia di oneri motivazionali correlati alla definizione del trattamento sanzionatorio, secondo il quale la determinazione della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo di una motivazione rafforzata sussiste solo allorché la pena si discosti significativamente dal minimo edittale, mentre, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media, è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’ar 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01; Sez. 5, n. 47783 del 27/10/2022, COGNOME, non massimata).
10. Il terzo motivo di impugnazione con il quale il ricorrente NOME COGNOME lamenta violazione dell’art. 99 cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine all’applicazione dell’aumento di pena a titolo di recidiva è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, anche in considerazione della genericità del motivo di appello, ha correttamente fatto richiamo alla motivazione con la quale il primo giudice ha ritenuto la sussistenza della contestata recidiva in considerazione della pericolosità ingravescente del ricorrente desumibile dai numerosi, gravi e specifici precedenti penali già a partire dal 1998 e dalla pervicacia a delinquere manifestata da NOME COGNOME, il quale non ha inteso minimamente attenuare né recedere dalla sua già manifesta propensione criminale e anzi, ha cercato di coinvolgere i suoi familiari nell’esecuzione dei delitti che egli, nella sua condizione restrittiva, non poteva mettere in esecuzione (vedi pagg. 14 e 15 della sentenza oggetto di ricorso).
11. Il quarto motivo di ricorso proposto da NOME COGNOME è aspecifico non risultando adeguatamente enunciati e argomentati rilievi critici rispetto alle ragioni poste a fondamento del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
I giudici di appello hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego, l’intensa capacità criminale del ricorrente desumibile dai numerosi precedenti penali e la mancanza di elementi favorevoli ad una mitigazione della pena (vedi pag. 14 della sentenza impugnata). Deve esser, in proposito, ribadito il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli ma è sufficiente che, come nel caso di specie, la motivazione faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gl
altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, COGNOME, Rv. 282693 01; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02).
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2024
Il Con,siglretensore
La Presidente