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Associazione a delinquere: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per partecipazione ad un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha ritenuto le prove del suo pieno coinvolgimento, basate su intercettazioni e video, sufficienti a superare il mero legame familiare con gli altri membri e a giustificare la misura, confermando l’attualità del pericolo di recidiva.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a Delinquere e Misure Cautelari: La Cassazione Conferma la Custodia in Carcere

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46352/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo contro una misura di custodia cautelare in carcere. Il caso riguardava la sua presunta partecipazione a un’associazione a delinquere a base familiare, dedita al traffico di sostanze stupefacenti. Questa pronuncia offre importanti spunti sulla valutazione delle prove in materia di sodalizi criminali e sull’attualità delle esigenze cautelari.

I Fatti del Caso: dal Rigetto Iniziale all’Ordinanza del Tribunale

Il procedimento ha avuto un iter complesso. Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale aveva rigettato la richiesta del Pubblico Ministero di applicare la custodia in carcere nei confronti dell’indagato. Successivamente, il Pubblico Ministero ha proposto appello e il Tribunale, in riforma della prima decisione, ha disposto la misura cautelare massima. L’accusa era di aver preso parte a un’associazione criminale operante fino all’aprile 2022 e di aver commesso diversi reati legati allo spaccio di cocaina e marijuana. Contro questa ordinanza, la difesa dell’indagato ha presentato ricorso per cassazione.

L’Appello e le Argomentazioni Difensive

Il ricorso si basava su due motivi principali:
1. Vizio di motivazione sui gravi indizi di reato: La difesa sosteneva che il Tribunale avesse fondato la sua decisione esclusivamente sul rapporto di parentela tra l’indagato e gli altri co-indagati, senza dimostrare una reale volontà di far parte del gruppo criminale (la cosiddetta affectio societatis).
2. Vizio di motivazione sul pericolo di reiterazione del reato: Si contestava che la valutazione del pericolo fosse basata su fatti risalenti nel tempo (fino al 2022) e su parametri di giudizio errati, assimilabili a quelli previsti per reati di stampo mafioso (art. 416-bis c.p.), diversi da quelli contestati.

La Decisione della Cassazione sull’associazione a delinquere

La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza.

Il Quadro Indiziario: Oltre il Legame Familiare

Secondo la Cassazione, il ricorso era generico rispetto all’articolata motivazione del Tribunale. L’ordinanza impugnata aveva infatti dimostrato il pieno coinvolgimento dell’indagato nell’associazione a delinquere, non solo sulla base del legame familiare, ma attraverso prove concrete. L’uomo svolgeva i compiti di pusher e vedetta sotto le direttive del fratello, capo del sodalizio. Gli elementi a sostegno erano molteplici:
– Intercettazioni che provavano la sua collaborazione nella condotta illecita.
– Il suo coinvolgimento nella gestione della cassa comune.
– La conoscenza dei membri, dei turni di lavoro e degli obiettivi criminali.
– Lo svolgimento abituale dell’attività di spaccio.
– La partecipazione a riunioni operative.
– L’uso di un linguaggio criptico comune agli associati.
– Riprese video che ne attestavano la presenza assidua nei luoghi di spaccio.

Il Pericolo di Recidiva: Attualità delle Esigenze Cautelari

Anche riguardo al secondo motivo, la Corte ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale. Sebbene le indagini si fossero fermate al 2022, il pericolo di reiterazione del reato è stato considerato ancora attuale. Questa valutazione si fondava su:
– L’elevato grado di coinvolgimento dell’indagato nell’attività criminale.
– La modalità e la gravità dei fatti contestati.
– La professionalità e la dedizione dimostrate.
– I precedenti penali specifici.

Questi elementi, nel loro complesso, delineavano un profilo di pericolosità sociale che giustificava il mantenimento della misura cautelare più afflittiva.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto il ricorso difensivo generico e incapace di scalfire la logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato. Il Tribunale aveva correttamente desunto il pieno coinvolgimento dell’imputato da una pluralità di elementi probatori concordanti, come intercettazioni e riprese video, che ne attestavano il ruolo attivo di ‘pusher’ e ‘vedetta’ all’interno del sodalizio criminale a base familiare. La semplice parentela, secondo la Corte, era solo uno degli elementi, ma il quadro probatorio complessivo dimostrava una piena e consapevole partecipazione all’associazione, inclusa la gestione della cassa e la conoscenza dei turni degli altri sodali. Anche il pericolo di recidiva è stato ritenuto correttamente motivato, basandosi non su un automatismo presuntivo, ma sull’elevato grado di coinvolgimento, sulla gravità dei fatti, sulla professionalità dimostrata e sui precedenti specifici dell’imputato, elementi che rendono tuttora attuali le esigenze cautelari nonostante il tempo trascorso.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce che, per configurare la partecipazione a un’associazione a delinquere, il legame familiare può essere un indizio, ma deve essere corroborato da prove concrete di un contributo attivo e consapevole alla vita e agli scopi del gruppo. Inoltre, la valutazione sull’attualità del pericolo di recidiva ai fini di una misura cautelare non è legata solo al momento dei fatti, ma deve considerare il profilo criminale complessivo dell’indagato. La declaratoria di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Avere un legame di parentela con membri di un’associazione criminale è sufficiente per essere considerati parte del gruppo?
No, la sentenza chiarisce che il solo rapporto familiare non è sufficiente. È necessario dimostrare un pieno e consapevole coinvolgimento nelle attività illecite, come la partecipazione attiva allo spaccio, alla gestione della cassa e alle riunioni, come provato nel caso di specie da intercettazioni e video.

Se le indagini si sono concluse da tempo, una misura cautelare può essere ancora considerata attuale?
Sì. La Corte ha stabilito che la pericolosità sociale può essere ritenuta attuale anche se i fatti risalgono a due anni prima. Vengono considerati l’elevato grado di coinvolgimento del soggetto, la gravità dei fatti, la professionalità dimostrata e i precedenti penali specifici, che insieme indicano una perdurante attualità delle esigenze cautelari.

Cosa significa quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato “inammissibile”?
Significa che la Corte Suprema non entra nel merito della questione perché il ricorso è palesemente infondato o presenta vizi formali. In questo caso, il ricorso è stato ritenuto “generico” rispetto alla solida motivazione del provvedimento impugnato, portando alla sua reiezione senza un’analisi di fondo e alla condanna del ricorrente alle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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