Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20919 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20919 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a Villemomble (Francia) il 07/05/1965
avverso la sentenza dei 19/06/2024 della Corte di appello di Cagliari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, d Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedido l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale di Cagliari e impugnata dall’imputato, la Corte di appello di Bari ha assolto NOME COGNOME dai reati di cui ai capi da H) a S) e, per l’effetto, ha rideterminato in dieci anni e sei mesi di reclusione la pena inflitta per i restant delitti di cui agli artt. 74 (capo A) e 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (capi C, D, E, F, G).
Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, che, con un unico complesso motivo, deduce il vizio di motivazione in relazione all’affermazione della penale responsabilità. Rappresenta il difensore che la Corte di merito, superando le articolate critiche alla decisione di primo grado, si è adagiata sulla motivazione del Tribunale, senza specificare le ragioni della condanna, attraverso il semplicistico richiamo alle valutazioni compiute da! primo giudice. Quanto al capo C), espone il difensore che non è dato comprendere quali siano gli indizi relativi a tale episodio e quale sia il contenuto del trasporto. Con riferimento al capo D), rappresenta il difensore che U nome del COGNOME è del tutto assente, e viene coinvolto sulla base di un ragionamento apodittico, trascurando la circostanza che all’epoca l’imputato trasportava piante e fiori tra l’Olanda e la Sardegna, come emerge dal progressivo n. 2023, riportato per stralcio nel ricorso. Quanto al capo E), l’affermazione della penale responsabilità si fonda su una motivazione apodittica, posto che l’imputato trasportava fiori e che la individuazione dell’imputato in “un’altra figura” è una mera congettura. In relazione al capo F), manca qualsiasi riscontro sul percorso delle persone coinvolte e sulla merce trasportata, mentre, quanto al capo G), si asserisce che gli squilli “muti” servono da strumento per ripercorrere i! traffico degli imputati e individuare la asserita quantità della merce, senza però alcun tipo di riscontro. Ribadisce il difensore che, con riguardo ai capi da A) a G), l motivazione è contraddittoria e carente, e, inoltre, non viene individuato il ruolo svolto, anche considerando che il Floris è stato assolto dai capi H) e S), in relazione ai quali il sostrato probatorio è de tutto simile agli episodi per cui è stata ipropunciata condanna, non essendo sufficiente, in assenza di intercettazioni telefoniche, il mero uso anomalo del telefono. Ad avviso dei difensore, la prova della responsabilità si basa su elementi indiziari che, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, non hanno la consistenza richiesta dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. Considerazioni analoghe valgono per delitto associativo, illogicamente ascritto al COGNOME sulla base di una valutazione semplicistica dell’episodio di Bardonecchia, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
in quanto l’accertamento di tale episodio non può comportare la condanna per gli altri cinque episodi e per il delitto associativo, posto che non è emerso alcun elemento al di fuori dei viaggi tra l’Olanda e la Sardegna per il trasporto dei fiori sicché il giudizio di condanna si fonda su mere congetture, anche considerando l’esito negativo degli accertamenti bancari. Quanto, infine, al capo D), si è in presenza di una mera connivenza passiva del Floris, il quale non ha realizzato alcun contributo per la realizzazione di tale episodio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articola censure di contenuto fattuale, peraltro già prospettate in sede di merito, che sono state rigettate dalla Corte di appella con una motivazione immune da vizi logici e con la quale il ricorrente omette di misurarsi criticamente.
In via preliminare, appare opportuno ribadire gli stringenti limiti del sindacato di legittimità, a fronte di censure che, per larga parte, contestano la motivazione in relazione alla valutazione del materiale probatorio già concordemente effettuata dai giudici di merito.
La rilevabilità del vizio di motivazione soggiace alla verifica del rispetto delle seguenti regole: a) il vizio deve essere dedotto in modo specifico in riferimento alla sua natura (contraddittorietà o manifesta illogicità o carenza), non essendo possibile dedurre il vizio di motivazione in forma alternativa o cumulativa; infatti non può rientrare fra i compiti del giudice della legittimità la selezione del possibile vizio genericamente denunciato, pena la violazione dell’art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 39138 del 10/09/2019; Sez. 2, n. 37298 del 28/06/2019); b) per il disposto dell’art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc, pen., il vizio della motivazione deve essere desumibile dalla lettura del provvedimento impugnato, nel senso che esso deve essere “interno” all’attosentenza e non il frutto di una rivisitazione in termini critici della valutazione d materiale probatorio, perché, in tale ultimo caso, verrebbe introdotto un giudizio sul merito valutativo della prova che non è ammissibile nel giudizio di legittimità: di qui discende, inoltre, che è onere della parte indicare il punto della decisione che è connotata dai vizio, mettendo in evidenza, nel caso di contraddittorietà della motivazione, i diversi punti della decisione dai quali emerga il vizio denunciato, il che presuppone la formulazione di proposizioni che si pongono in insanabile contrasto tra loro, tale per cui l’accoglimento dell’una esclude l’altra e viceversa (Sez. 2, n. 11992 del 10/04/2020; Sez. 1, n. 53600 del 24/11/2016,
dep. 2017, Rv. 271635); c) il vizio di motivazione deve presentare il carattere della essenzialità, nel senso che la parte deducente deve dare conto delle conseguenze del vizio denunciato rispetto alla complessiva tenuta logicoargomentativa della decisione; sono perciò inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità, quando non manifesta, della motivazione, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della vale probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
Il sindacato di legittimità sui vizi della motivazione attiene perciò esclusivamente alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argornentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, COGNOME, Rv. 243247).
Sono perciò inammissibili – perché fuoriescono dal sindacato che, ex art. 606 cod. proc. pen., compete a questa Corte – i motivi che, pur formalmente deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., si risolvono nella richiesta di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e nell’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti, attività entrambe precluse nel giudizio di legittimità. La Corte di cassazione, infatti, non ha il compito di ripeter l’esperienza conoscitiva dei giudice del merito, bensì esclusivamente quella di riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o il livello della loro rispondenza alle acquisizioni processuali.
Va rilevato, inoltre, che, con sentenza n. 42613 emessa dalla Quarta Sezione di questa Corte di cassazione in data 11 settembre 2024 a carico di otto compiutati che hanno scelto i! giudizio abbreviato, è stata definitivamente accertata la sussistenza dell’associazione di cui ai capo A) e dei relativi reati fini.
Ciò posto, la Corte di merito ha ribadito la partecipazione del ricorrente sia ai delitti scopo a lui ascritti, sia ai delitto associativo con un percor argomentazione privo di criticità logiche.
In primo luogo, la Corte di appello ha fornito adeguata risposta ai dubbi sollevati dalla difesa in ordine all’identificazione personale, evidenziando il collegamento tra le utenze adoperate dal Floris (quella a lui in uso e quella prestata dal Nonno), l’analisi dei tabulati e i riscontri incrociati conseguenti alla contestuaie verifica degli spostamenti del Floris.
A tal proposito, il ricorrente reitera le generiche censure già prospettate in sede di merito, senza neanche tentare di confutare le predette risultanze, senza fornire elementi utili a smentire l’impianto accusatorio e senza nemmeno chiedere una perizia fonica, essendosi limitato a formulare congetture e a contestare il riconoscimento vocale.
In secondo luogo, quanto all’affermazione della penale responsabilità del Floris nei reati fine contestati ai capi C), D), E), F) e G), i giudici di merito hanno valorizzato una serie di elementi che, seppure di carattere indiziario, complessivamente intesi, hanno consentito, per prova logica, di ritenere il coinvolgimento dell’odierno ricorrente nei fatti a lui ascritti.
Invero, i giudici di merito hanno fornito una descrizione dettagliata del modus operandi, sostanzialmente ripetitivo, utilizzato in occasione di tutte le operazioni di trasporto dello stupefacente: i preliminari contatti tra gli altri sodali; il contatto, da parte del COGNOME, da una cabina telefonica di una utenza del COGNOME, impiegata esclusivamente in tali circostanze; i successivi contatti con il COGNOME, stavolta con il proprio celiulare; gli squilli a vuoto, indicativi dell’avvenu consegna del danaro oppure dell’andamento regolare del traffico illecito; il trasporto della droga da parte del COGNOME, sfruttando l’attività di copertura del commercio di fiori; gli incontri tra i correi per il trasporto del danaro da parte d COGNOME e per il trasporto della cocaina da parte del COGNOME.
Si trattava di un meccanismo collaudato, che era stato impiegato anche in occasione della vicenda del 4 ottobre 2013, per la quale si è proceduto separatamente, concernente il trasporto, da parte del Floris, in concorso coi medesimi correi, di 25 kg. di cocaina, fatto in relazione al quale il ricorrente f tratto in arresto in flagranza di reato al confine di Bardonecchia all’esito del monitoraggio, da parte degli investigatori, di tutte fasi del trasporto: dall preparazione e del finanziamento dell’operazione, del viaggio del corriere deputato a portare il denaro in Olanda, della consegna e del trasporto della cocaina compiuto dal Floris attraverso il territorio francese, sicché gli operanti, dopo aver seguito passo a passo tutto lo sviluppo della vicenda, erano
intervenuti “a colpo sicuro”, procedendo, come detto, al sequestro dell’ingente carico di sostanza stupefacente e al conseguente arresto del COGNOME.
Orbene, come ritenuto in maniera certamente non implausibile sul piano logico, proprio l’episodio del 4 ottobre 2013 – in relazione al quale il COGNOME stato definitivamente condannato – getta una chiara luce sugli ulteriori fatti realizzati con il medesimo modus operandi (sul punto, la Corte di merito ha rinviato alla puntuale ricostruzione operata, per ciascun episodio, dal Tribunale alle p. da 23 a 39 della sentenza di primo grado) riscontrato, appunto, nell’occasione del trasporto, da parte del COGNOME, di 25 kg. di cocaina.
In relazione a tale decisivo aspetto, la difesa si limita a fornire censure parcellizzate, senza però contrastare la ricostruzione logica complessiva della vicenda, che coinvolgeva sempre i medesimi appartenenti all’associazione dediti esclusivamente al traffico di droga – e non certo all’acquisto di fiori -, come peraltro definitivamente accertato con l’indicata sentenza n. 42613 emessa dalla Quarta Sezione di questa Corte in data 11 settembre 2024, non comprendendosi, del resto, perché, per presunti trasporti di fiori, gli aderenti al sodalizio avrebbero dovuto adoperare le medesime modalità criptiche impiegate per il trasporto di droga, né il ricorrente fornisce una logica spiegazione alternativa circa le ragioni di tali contatti e l’adozione di segni e meccanismi diretti ad occultare l’oggetto della discussione.
Una conclusione del genere non è scalfita, come pretende il ricorrente, dall’assoluzione dai capi da H) ad 5), avendo la Corte di merito logicamente evidenziato che, in relazione a detti reati, gli indizi sono caratterizzati da una minore pregnanza, posto che la ricostruzione degli asseriti trasporti di droga si fonda unicamente sull’analisi e sull’incrocio dei dati relativi ai tabulati telefonic sulla geo localizzazione delle utenze, quando ancora – a differenza dei reati per i quali è stata affermata la penale responsabilità – non erano state intraprese le operazioni di intercettazione telefonica-
Quanto, poi, al coinvolgimento .del COGNOME nel delitto associativo, va ricordato la condotta di partecipazione ,può atteggiarsi, nella pratica, nel modo più diverso: il dato qualificante e decisivo, come per tutte le fattispecie associative, consiste nel contributo alla vita ed all’operatività del sodalizio, anche soltanto per una fase temporalmente limitata (Sez. 3, n. 27910 del 27/03/2019, COGNOME, Rv. 276677) o addirittura già ab origine prestabilita, dovendo l’indeterminatezza riguardare soltanto la serie dei delitti che s’intendono commettere e non la durata del pactum sceleris (Sez. 6, n. 38524 del 11/07/2018, P., Rv. 274099).
Ai fini probatori, una particolare rilevanza può assumere il concorso nei reati-fine: costituendo, questi últiml, altrettanti momenti attuativi dello scopo sociale, la reiterata partecipazione agli stessi, in concorso con altri partecipi assume una valenza indiziaria qualificata, e dunque una capacità dimostrativa della partecipazione del singolo al reato associativo, suscettibile di essere superata solo con la prova contraria dell’assenza di un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, stante la natura permanente del reato associativo, detta prova non può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279505; Sez. 2, n. 5424 del 22/01/2010, Syndial, Rv. 246441).
Pertanto, la partecipazione dell’imputato al sodalizio criminoso può essere desunta anche dalla commissione di singoli episodi criminosi, purché siffatte condotte, per le loro connotazioni, siano in grado di attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico della persona, funzionale all’associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale, e risultino compiute con l’immanente coscienza e volontà dell’autore di fare parte dell’organizzazione (Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019, Cruzado, Rv. 276701-06; Sez. 6, n. 1343 del 04/11/2015, dep. 2016, Policastri, Rv. 265890; Sez. 6, n. 50965del 02/12/2014, COGNOME, Rv. 261379).
Nel caso in esame, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi dinanzi indicati, ravvisando la partecipazione del Floris al sodalizio in quanto impegnato stabilmente, unitamente ai correi, per l’espletamento di operazioni di trasporto di stupefacente, nella piena consapevolezza di operare anche nell’interesse di un sodalizio sottostante.
In tal modo, infatti, come rilevato dalla Corte di merito (cfr. p. 12 della sentenza impugnata), egli contribuiva fattivamente all’attuazione del programma criminoso, rendendosi disponibile costantemente per l’espletamento dei compiti assegnatigli, mantenendosi sempre pronto per collaborare in ulteriori reati, che non costituivano il frutto di ideazioni estemporanee, bensì si inserivano nel metodo ripetitivo e stabile di compimento di un numero indeterminato di importazioni di consistenti quantitativi di sostanza stupefacente.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cot. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 17/04/2025.