LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Associazione a delinquere: quando si applica l’art. 74

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un individuo accusato di essere a capo di un’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio. La sentenza chiarisce che la prova di tale reato non può basarsi su un singolo elemento, ma su un complesso di prove come intercettazioni e pedinamenti. Viene inoltre specificato che per configurare l’ipotesi lieve dell’associazione, l’intero assetto organizzativo deve essere finalizzato a fatti di minima gravità, non solo i singoli episodi di spaccio. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per la sua genericità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a Delinquere per Stupefacenti: La Cassazione sui Requisiti di Prova

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 1275/2024) offre importanti chiarimenti sui presupposti per la configurabilità del reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ai sensi dell’art. 74 del D.P.R. 309/1990. La Corte ha esaminato il ricorso di un imputato contro un’ordinanza di custodia cautelare, stabilendo principi chiave sulla valutazione delle prove e sulla distinzione tra l’ipotesi associativa ordinaria e quella di lieve entità.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale del riesame che confermava la misura della custodia cautelare in carcere per un soggetto, ritenuto capo e promotore di un sodalizio criminale dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, articolando tre motivi principali:

1. Carenza di motivazione sui gravi indizi di colpevolezza: Si sosteneva che l’ordinanza si basasse esclusivamente sulle dichiarazioni di un collaboratore, senza considerare elementi contrari e senza una valutazione approfondita di altre prove come le intercettazioni.
2. Errata qualificazione giuridica: Si lamentava una motivazione contraddittoria sulla sussistenza del reato associativo, sostenendo che si trattasse al più di episodi di spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5), incompatibili con una struttura associativa complessa.
3. Vizio di motivazione sulle esigenze cautelari: Si contestava la mancanza di una valutazione sull’attualità e adeguatezza della misura carceraria.

L’Analisi dell’Associazione a Delinquere e la Valutazione delle Prove

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso per genericità. I giudici hanno sottolineato come l’affermazione difensiva, secondo cui la decisione si fondasse unicamente sulle dichiarazioni di un collaboratore, fosse smentita dal provvedimento impugnato.

Il Tribunale del riesame aveva infatti basato la propria valutazione su un quadro probatorio ampio e variegato, che includeva:
Massiccia attività di intercettazione (ambientali, telefoniche e telematiche).
– Immagini di videosorveglianza.
– Servizi di osservazione e controllo.
Perquisizioni e sequestri di droga e armi.
Arresti in flagranza di corrieri e detentori.
Dichiarazioni di assuntori e del collaboratore.

Le dichiarazioni del collaboratore, quindi, non erano l’unica prova, ma uno degli elementi che, unitamente a precisi riscontri oggettivi, avevano permesso di decodificare il linguaggio criptico usato dagli associati. La Corte ha ribadito che un’impugnazione non può limitarsi a una critica generica, ma deve confrontarsi puntualmente con le argomentazioni del provvedimento contestato.

La Distinzione tra Associazione Semplice e Ipotesi Lieve (art. 74, comma 6)

Il secondo motivo, relativo alla presunta lieve entità dei fatti, è stato ritenuto infondato. La Corte ha ricordato che, sebbene l’ipotesi di associazione a delinquere di lieve entità (art. 74, comma 6) non sia incompatibile con un’attività di spaccio continuativa, la sua configurabilità richiede una valutazione complessiva.

Non è sufficiente osservare la piccola quantità delle singole cessioni. Occorre analizzare:
1. Il “momento genetico” dell’associazione: il pactum sceleris deve essere finalizzato fin dall’inizio esclusivamente alla commissione di fatti di lieve entità.
2. Le potenzialità dell’organizzazione: la capacità del gruppo di approvvigionarsi e gestire quantitativi di sostanze, anche se poi cedute in piccole dosi.

Nel caso di specie, la sistematicità delle condotte, la molteplicità degli episodi, l’esistenza di una stabile organizzazione per l’approvvigionamento e la gestione dei flussi di droga erano elementi incompatibili con il carattere della lieve entità.

Le Esigenze Cautelari e la Presunzione di Legge

Anche il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile per genericità. La Corte ha richiamato l’art. 275, comma 3, c.p.p., che per reati gravi come l’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico stabilisce una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere.

Questo determina un’inversione dell’onere della prova: spetta all’imputato fornire elementi concreti per dimostrare che le esigenze cautelari manchino o possano essere soddisfatte con misure meno afflittive. Il ricorrente si era limitato a una censura generica sull’assenza di motivazione, senza fornire elementi positivi atti a superare tale doppia presunzione.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso perché i motivi presentati erano generici e non si confrontavano criticamente con la solida motivazione del Tribunale del riesame. La decisione impugnata aveva correttamente identificato una pluralità di indici rivelatori di un vero e proprio sodalizio criminale: un gruppo organizzato con una gerarchia, un elevato numero di reati, la capacità di alimentare costantemente il mercato, l’uso di un linguaggio criptico e una base logistica. Il ricorso, al contrario, si è limitato a riproporre argomentazioni fattuali in modo assertivo, senza evidenziare vizi logici o giuridici nel ragionamento del giudice del riesame.

Le Conclusioni

La sentenza in commento consolida alcuni importanti principi in materia di reati associativi e misure cautelari. In primo luogo, un ricorso per Cassazione deve essere specifico e non può limitarsi a una generica rilettura dei fatti. In secondo luogo, la prova di un’associazione a delinquere si basa su un’analisi complessiva di molteplici elementi indiziari, gravi, precisi e concordanti. Infine, per i reati di particolare allarme sociale, opera una presunzione legale che impone alla difesa l’onere di fornire prove concrete per evitare la custodia in carcere, non essendo sufficiente una mera contestazione della motivazione.

Su quali prove si può fondare un’accusa di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio?
L’accusa deve basarsi su un complesso di elementi probatori gravi, precisi e concordanti. La sentenza specifica che questi possono includere intercettazioni ambientali e telefoniche, videosorveglianza, osservazioni dirette, perquisizioni, sequestri, arresti, dichiarazioni di assuntori e di collaboratori, a condizione che queste ultime siano riscontrate da altri elementi oggettivi.

Quando un’associazione per lo spaccio può essere considerata di ‘lieve entità’ (art. 74, comma 6)?
Non è sufficiente che le singole cessioni di droga siano di piccola quantità. Per configurare l’ipotesi lieve, è necessario che l’associazione sia stata costituita fin dall’inizio (‘momento genetico’) con il programma di commettere esclusivamente fatti di lieve entità e che le sue modalità strutturali e operative siano incompatibili con fatti di maggiore gravità.

Perché il ricorso sulle esigenze cautelari è stato ritenuto inammissibile?
È stato ritenuto inammissibile per genericità. Per il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la legge prevede una presunzione sulla necessità della custodia in carcere. Spetta all’imputato fornire elementi concreti per superare questa presunzione. Il ricorrente si è limitato a lamentare una mancanza di motivazione senza offrire elementi positivi che dimostrassero l’assenza di esigenze cautelari o l’adeguatezza di una misura meno afflittiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati