Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1275 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1275 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Nigeria il 02/01;1984
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro del 16/08/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale D.ssa
NOME COGNOME cui il medesimo P.G. si è riportato in udienza, che ha concluso per il rigetto d ricorso;
udita, per l’imputato, l’Avv. NOME COGNOME del Foro di Cosenza, che si è riportata ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 16/08/2023 il Tribunale del riesame di Catanzaro rigettava il riesame proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento del GIP di Catanzaro del 01/08/2023 di applicazione di misura cautelare custodiale per i delitti di cui agli articol
cpv. cod. pen., 73 e 74 d.P.R. 309/1990, sodalizio di cui il ricorrente sarebbe stato il capo promotore.
Avverso l’ordinanza l’imputato ha presentato, tramite il proprio difensore di fiducia, ricor per Cassazione, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato per i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo lamenta contraddittorietà e carenza della motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza; sostiene il ricorrente che l’ordinanza si fonda esclusivamente sul dichiarazioni del «collaboratore/indagato» COGNOME, laddove dovevano essere valutati anche elementi di segno contrario: difettavano, nel caso di specie, sia l’elemento della consapevolezza della appartenenza ad un sodalizio criminale, sia la rilevanza economica, trattandosi sempre di episodi di piccolo spaccio; è inoltre impensabile che la criminalità organizzata locale lasciasse ad un gruppo di nigeriani il controllo dello spaccio sul territorio. La motivazione, secondo ricorrente, si basa su una valutazione sbagliata del compendio probatorio, di cui peraltro non riporta il contenuto (ad esempio le intercettazioni telefoniche) se non in termini assolutamente generici;
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta motivazione contraddittoria e apparente in ordine alla sussistenza del delitto di cui all’articolo 74, comma 6, d.P.R. 309/1990; l’ordinan non si confronta con il materiale probatorio da cui emerge che oggetto delle singole cessioni erano piccolissime quantità di sostanze stupefacenti leggere (art. 73 comma 5);
2.3. Con il terzo motivo, lamenta vizio di motivazione in relazione all’erronea valutazione delle esigenze cautelari, mancando qualsiasi valutazione in ordine alla sussistenza dei requisiti dell’attualità e adeguatezza della misura in riferimento alla finalità special-preventiva de norma in parola.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non può essere accolto.
Preliminarmente, il Collegio evidenzia come, pur essendo contestati all’odierno ricorrente anche molteplici episodi di cessione di stupefacente, lo stesso ha impugnato l’ordinanza genetica esclusivamente in riferimento all’articolo 74 (v. pag. 1 e 10 dell’ordinanza impugnata).
Sulle violazioni di cui all’articolo 73 d.P.R. 309/1990 è dunque calata la preclusione del devolutum.
Il primo motivo è inammissibile per genericità.
Il ricorrente censura la circostanza che il Tribunale del riesame di Catanzaro avrebbe inferito l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza in capo allo Nwigwe, nonché la sua qualifica d promotore e capo dell’associazione, esclusivamente dalle dichiarazioni dello Yabuku, definito
come «collaboratore-indagato» (locuzione con cui devesi verosimilmente intendere un soggetto di cui all’articolo 210 cod. proc. pen.).
Tale affermazione è smentita dal dato testuale del provvedimento impugnato.
L’ordinanza, a pagina 4, precisa infatti che il provvedimento genel:ico si basava «su una massiccia attività di intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, servizi di contro immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza installato presso l’autostazione di Cosenza e presso il parco INDIRIZZO“, dirette osservazioni, perquisizioni e sequestri di sostanza stupefacente ed armi, arresti dei detentori e/o corrieri della droga riconducibili all’attiv narcotraffico esercitata dall’organizzazione criminale di cui al Capo 1), dichiarazioni rese dag assuntori di sostanza stupefacente, dichiarazioni rese dall’indagato NOME COGNOME in data 18.2.2020, 1.6.2021 3.6.2021, riconoscimento fotografico effettuato dal medesimo Yabuku in data 9.3.2020».
Evidenzia, poi, il Tribunale del riesame, nel riportare il contenuto delle dichiarazioni de COGNOME, che esse hanno consentito, unitamente a precisi riscontri oggettivi (sequestri di sostanze cedute) di decodificare il linguaggio criptico utilizzato nelle conversazioni telefoniche
Dagli anzidetti elementi di prova i giudici della cautela desumono l’esistenza di una serie d indici rivelatori della sussistenza del sodalizio criminale:
L’esistenza di un gruppo organizzato;
la suddivisione dei ruoli e l’esistenza di una gerarchia;
il numero elevato dei reati fine accertati;
la capacità del gruppo di sopperire a momenti di fibrillazione;
la capacità del gruppo di alimentare flussi costanti di droga sul mercato;
l’uso di un linguaggio criptico;
l’esistenza di una base logistica e delle piazze di spaccio (l’autostazione di Cosenza la vicina INDIRIZZO);
l’esistenza di una «bacinella» di denaro del gruppo, detenuta dall’odierno ricorrente, il quale forniva i singoli corrieri del necessario denaro per l’acquisto di sostanz stupefacente;
la reciproca solidarietà.
Ritiene conclusivamente, il provvedimento impugnato, la sussistenza di un sodalizio fondato «su un tacito accordo teso alla commissione di un numero indeterminal:o di delitti di scopo in materia di stupefacenti per mezzo di una stabile e sistematica struttura organizzativa».
Inoltre, a pagina 9, par. 3, l’ordinanza ricostruisce il ruolo di promotore e organizzazion dell’associazione dell’odierno ricorrente, il quale avrebbe ricoperto una posizione di vertic all’interno della stessa.
Conferma dell’ipotesi accusatoria si rinviene, secondo il provvedimento impugnato, oltre che dalle dichiarazioni dello COGNOME, dai riscontri forniti dalle intercettazioni captate e dalle imma video riprese in alcune aree pubbliche.
Ed infatti, dal narrato del dichiarante emerge che lo COGNOME fosse colui che forniva agli altr accoliti il compito di andare a prelevare a Rosarno più stupefacente dal proprio fornitore, d portarlo a casa sua al fine di confezionarlo e poi di distribuirlo ai pusher per la vendita s piazza di spaccio, operazioni cui lo COGNOME avrebbe personalmente assistito in più di una occasione.
Tali dichiarazioni sono riscontrate, secondo l’ordinanza impugnata, da numerose intercettazioni tra i sodali e dalle immagini di video sorveglianza (v. pag. 11, dove espressamente si qualificano gli indizi in termini di «gravità, precisione e concordanza»),
Conclusivamente, il Tribunale del riesame, ritiene sussistenti gravi indizi di colpevolezza i ordine nella esistenza di una sia pure un larvale associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, imperniata attorno ad un pactum sceleris che si evince dalla conoscenza degli associati fra loro che dal fatto che in momenti di fibrillazione i sodali si aiutassero tra prestandosi le dosi da vendere ai clienti bisognosi.
L’ordinanza si confronta altresì, rigettandole, con le argomentazioni difensive (assenza di riscontri alle dichiarazioni dello Yabuku, impossibilità di operare in autonomia in una piazza spaccio in un territorio governato dalle cosche mafiose), ritenute totalmente generiche e dubitative.
Con tale articolata motivazione il ricorrente non si confronta affatto in modo critico, m meramente assertivo quando non addirittura fattuale (v. pag. 4 del ricorso, peraltro non affollato, in cui si afferma che l’ordinanza «si fonda su una valutazione sbagliata del compendio probatorio»), destinando così il motivo all’inammissibilità.
La funzione tipica dell’impugnazione, infatti, è quella della «critica argomentata» avverso i provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione d motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli element fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (testualmente Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv 254584 e Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, cit.), circostanza non verificatasi nel caso in esame.
3. Il secondo motivo è infondato.
A pagina 11 dell’ordinanza, il Tribunale del riesame evidenzia come i fatti contestati non siano sussumibili nella ipotesi di cui all’articolo 74, comma 6, d.P.R. 309/1990, alla luce del gravità delle condotte e della sistematicità delle stesse. Tale parte della motivazione va posta i evidente correlazione con quella analizzata al paragrafo che precede, in cui si dà atto della sussistenza di una serie di indici rivelatori dell’associazione finalizzata allo spaccio.
Tale motivazione, sia pure sintetica, non appare contraddittoria o manifestamente illogica.
Ed infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, se, astrattamente, la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R ottobre 1990, n. 74, non è incompatibile con lo svolgimento di attività di spaccio non occasionale e continuativa, come si desume dall’art. 74, comma 6, del medesimo decreto (Sez. 3, n. 14017 del 20/02/2018, Caltabiano, Rv. 272706 – 01), in concreto, la fattispecie associativa prevista dall’art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concret l’attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’ar comma 5, d.P.R. n. 309/1990 (Sez. 6, n. 49921 del 25/01/2018, C., Rv. 274287 – 02; Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, Degli Angioli, Rv. 278098 – 0:1).
Non è, in altre parole, sufficiente considerare la natura dei singoli episodi di cessio accertati in concreto, ma occorre valutare: 1. il «momento genetico» dell’associazione, nel senso che essa deve essere stata costituita per commettere c:essioni di stupefacente di lieve entità; 2. le potenzialità dell’organizzazione, con riferimento ai quantitativi di sostanze che il gruppo è grado di procurarsi (Sez. 3, n. 44837 del 06/02/2018, COGNOME, Rv. 274696 – 01).
In concreto, poi, deve essere in ogni caso esclusa l’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, de medesimo decreto quando, «per la complessiva attività in concreto esercitata, per la molteplicità degli episodi di spaccio, reiterati in un lungo arco di tempo, e per la predisposizione di un’idone organizzazione che preveda uno stabile e continuativo approvvigionamento di quantitativi rilevanti di sostanze stupefacenti, quell’attività sia incompatibile con il carattere della entità» (Sez. 4, n. 34920 del 14/06/2017, B., Rv. 270803 – 01).
La motivazione fornita sul punto dall’ordinanza impugnata appare soddisfare il minimum di motivazione richiesto, né il ricorrente deduce concreti elementi che consentano di affermare che il pactum sceleris concernesse, sin dalla fase ideativa del reato, la commissione esclusiva di fatti di lieve entità.
Il motivo è pertanto infondato e va rigettato.
3. Il terzo motivo è inammissibile per genericità.
Come noto, per i reati inclusi nel catalogo di cui all’articolo 51, comma 3-bis, cod proc. pen. l’articolo 275 c.p.p., relativo ai «criteri di scelta delle misure», al comma 3 stabilisce che «quan sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis del presente codice … è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure».
La giurisprudenza della Corte ha chiarito che la norma in questione introduce un «giudizio semplificato» quanto alle esigenze cautelari in relazione a tali reati, determinando un’inversione dell’onere dalla prova: si presumono la sussistenza, l’idoneità e la proporzionalità della misura
custodiale «a meno che», in concreto, non si rinvengano elementi, da indicare in modo chiaro e preciso, che facciano ritenere sufficienti misure di minor rigore (Sez. 3, n. 14248 del 14/01/2021,
Dalla Santa, n.m.; Sez. 3^, n. 30629 del 22/09/2020, COGNOME, n.m.; Sez. 6, n. 12669 del
2/03/2016, COGNOME, RV. 266784: «la presunzione di esistenza di ragioni cautelari viene vanificata solo qualora sia dimostrata l’inattualità di situazioni di pericolo cautelare)».
Tale evenienza è stata espressamente considerata nell’ordinanza impugnata (pag. 12), laddove – dopo aver dato conto dell’esistenza nel caso di specie della «doppia presunzione» di
cui sopra, evidenzia «nel caso in esame, dunque, manca qualsivoglia elemento positivo che conduca a ritenere cessate o affievolite le esigenze di prevenzione. Il complesso degli elementi
sin qui evidenziati rende, quindi, concreto che attuale il pericolo che, se non sottopost all’estremo presidio del carcere, egli possa agevolmente ristabilire i contatti con l’ambien
criminale di appartenenza e la rete di fornitori-acquirenti che alimentano i suoi traffici illec tal modo perseverando nel compimento di condotte analoghe a quelle per cui si procede …
In una visione di insieme tali elementi escludono la possibilil:à di formulare nei su confronti un giudizio prognostico favorevole sull’osservanza degli obblighi derivant
dall’esecuzione degli arresti domiciliare … … Ulteriore ragione di inadeguatezza de arresti domiciliari è da individuarsi nella stessa tipologia e concreta conformazione delle condotte
in contestazione, rispetto alle quali il regime detentivo domiciliare, ancorché rafforza dall’impiego di strumenti di controllo elettronici … … non è in grado di impedir modo assoluto la reiterazione, comunque attuabile attraverso forme di gestione indiretta e/o a distanza di approvvigionamento e spaccio».
Il ricorrente, come evidenziato in riferimento al primo motivo di ric:orso, non si confron affatto criticamente con la motivazione del provvedimento, limitandosi a censure relative all’assenza di motivazione sull’esistenza e l’adeguatezza della misura custodiale rispetto all’esigenza cautelare special-preventiva, e non anche, come avrebbe dovuto, sull’esistenza, «in positivo», di elementi atti a superare la doppia presunzione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 19/12/2023.