Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34932 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34932 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME nato a Biella il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato ad Anagni il DATA_NASCITA
avverso la sentenza resa il 15/4/2025 dalla Corte di appello di Torino
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; preso atto che non è stata avanzata richiesta di trattazione orale dell’udienza; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità d ei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino, parzialmente riformando la sentenza resa dal Tribunale di Torino il 12 luglio 2023, ha confermato la responsabilità di COGNOME NOME per avere partecipato ad una associazione a delinquere finalizzata alla commissione di più delitti di truffa, riciclaggio e autoriciclaggio, agendo quale persona di fiducia del coimputato COGNOME, separatamente giudicato, nella veste di addetto alle vendite della RAGIONE_SOCIALE e, successivamente, della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e per avere consumato una pluralità di reati fine, e lo ha assolto da due specifiche ipotesi di truffa contestate ai capi 34 e 37, rideterminando la
pena inflitta in primo grado; ha confermato la responsabilità di COGNOME NOME per il reato di ricettazione contestato al capo 49 e lo ha assolto dai reati di frode e simulazione di reato a lui ascritti al capo 50, rideterminando per l’effetto la pena.
Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso l’imputato COGNOME, deducendo:
2.1. violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. e vizio di motivazione per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della stessa in ordine all’affermazione di responsabilità. Nel caso in esame mancherebbe la prova della sussistenza degli elementi costitutivi del reato associativo, non essendo stati compiutamente dimostrati i singoli ruoli degli affiliati, l’esistenza di un accordo preliminare e successivo e di un sodalizio criminoso, posto che le truffe sono state consumate nell’arco di poco più di un mese. COGNOME avrebbe operato quale semplice dipendente di un altro soggetto, il coimputato COGNOME, con cui aveva lavorato correttamente per oltre quindici anni, sicchè le medesime modalità operative, nel caso di specie, potrebbero al più configurare il reato continuato in concorso tra più persone, in quanto l’accordo illecito è intervenuto in via occasionale e incidentale. La Corte ha invece erroneamente desunto dalle modalità di esecuzione delle truffe, supportate da una struttura organizzativa, la prova di una vera e propria associazione a delinquere. Non è stata dimostrata alcuna relazione tra COGNOME e gli altri coimputati, ai quali è stata contestata la partecipazione all’associazione, e questi è rimasto assolutamente estraneo alle vicende che hanno coinvolto le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
2.2. Mancanza di motivazione e violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. nonché vizio di motivazione per manifesta illogicità della stessa in ordine all’elemento soggettivo dei reati a lui contestati posti in essere da altri soggetti. La presunta partecipazione del COGNOME, in qualità di soggetto interessato all’acquisto di un’autovettura e, quindi, quale parte attiva nell’attuazione di una delle truffe, non è provata compiutamente, posto che la parte offesa, COGNOME NOME non aveva riconosciuto COGNOME con assoluta certezza e non lo aveva mai indicato in sede di riconoscimento fotografico. Il ricorrente è stato riconosciuto da decine di altre persone, le quali hanno dichiarato che lo stesso si era sempre limitato a far provare l’autovettura e lo stesso coimputato COGNOME aveva negato ogni coinvolgimento del COGNOME in ruoli diversi da quello di mero esecutore di ordini riguardanti la prova delle autovetture.
La Corte ha poi valorizzato la presenza continuativa del COGNOME nell’autosalone e la conoscenza pregressa con il COGNOME, senza considerare che il predetto prestava attività lavorativa e non conosceva le dinamiche con cui operava il COGNOME.
Dopo avere riportato ampi stralci della deposizione del coimputato COGNOME, il ricorrente lamenta che le dichiarazioni d i quest’ultimo non siano state ritenute attendibili e siano state interpretate in forma contraddittoria, tanto è vero che COGNOME è stato assolto dai reati contestati ai capi 34 e 37, sul rilievo che la presenza dell’imputato
nell’autosalone non fosse sufficiente a fornire un contributo causale alla realizzazione della frode.
2.3. Mancanza e vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione della pena in misura superiore ai minimi edittali, poiché il Tribunale non ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche valorizzando la mancata partecipazione dell’imputato al processo e una linea difensiva ritenuta defatigante e dilatoria nonostante le evidenze a suo carico, ma proprio l’esame dei singoli testi ha consentito di pervenire all’assoluzione da alcune ipotesi delittuose addebitate cumulativamente all’imputato.
Inoltre, la Corte ha ritenuto di giustificare il diniego delle circostanze attenuanti generiche valorizzando il danno cagionato ad una pluralità di persone, elemento che non può essere addebitato all’imputato, sottolineando il mancato risarcimento del danno, sebbene COGNOME non avesse mai fruito del provento dei reati, avendo percepito un regolare stipendio; ciononostante, lo stesso ha subìto una pena pari a quella applicata ai soggetti che hanno programmato e attuato il piano criminoso e incassato la totalità dei proventi illeciti.
In via alternativa il ricorrente deduce nullità assoluta della sentenza per mancanza di motivazione.
COGNOME NOME, ritenuto responsabile di concorso nella ricettazione dei 6 veicoli di provenienza furtiva rinvenuti nel capannone di Nichelino, deduce manifesta illogicità della motivazione e violazione degli artt. 110 e 648 cod. pen. in ordine alla prova del ritenuto concorso di persona nel reato.
La difesa aveva evidenziato la natura indiziaria e congetturale della prova del possesso da parte di COGNOME del magazzino sito nel Comune di Nichelino, dove erano custodite le auto rubate, possesso da cui il Tribunale aveva desunto la prova della sua consapevolezza in merito alla provenienza illecita dei beni e dunque della sua responsabilità in ordine al delitto di ricettazione.
Osserva il ricorrente che è illogico far discendere dalla mera detenzione delle chiavi del magazzino in cui erano custoditi i veicoli, disponibilità acquisita in epoca successiva alla materiale apprensione delle vetture, la prova della sua partecipazione concorsuale al reato di ricettazione. La sentenza, invece, evidenzia l’intervento di COGNOME in un momento successivo e richiama una conversazione in cui tale NOME chiedeva a COGNOME il permesso di lasciare le chiavi del magazzino a COGNOME. Proprio da tale conversazione avrebbe dovuto desumersi che COGNOME COGNOME era partecipe delle operazioni illecite, altrimenti l’interlo cutore non avrebbe avuto necessità di autorizzazione, ma era coinvolto solo per la sua esperienza di carrozziere, dovendo fare un intervento su un’auto e non aveva alcun collegamento con le altre vetture.
Sotto altro profilo la sentenza impugnata non chiarisce quali sarebbero gli elementi di fatto da cui desume che l’imputato era a conoscenza della illiceità della
provenienza delle vetture. La sua condotta va invece inquadrata come post factum non punibile rispetto al reato di ricettazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono entrambi inammissibili poiché deducono censure manifestamente infondate e generiche in quanto non si confrontano con la puntuale motivazione resa dai giudici di merito nelle due sentenze di condanna che si integrano reciprocamente, versando in ipotesi di doppia conforme affermazione di responsabilità.
2. Ricorso COGNOME.
2.1. Il primo motivo, avete ad oggetto la partecipazione del COGNOME al reato associativo, è manifestamente infondato e generico.
E’ noto che l’elemento distintivo fra il delitto di associazione per delinquere e il concorso di persone nel reato continuato è rappresentato dal carattere dell’accordo criminoso, che, ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all’art. 416 cod. pen., deve essere stabile e finalizzato alla costituzione o al sostegno di una struttura collettiva idonea alla realizzazione di un programma delittuoso indeterminato, condiviso tra i partecipi, con permanenza del vincolo associativo anche dopo la commissione dei singoli reati (Sez. 6, n. 28651 del 30/10/2024, dep. 2025, Montante, Rv. 288500 -01, ove, in motivazione, la Corte ha precisato che alla categoria dei delitti associativi è estranea quella del concorso di persone nel reato continuato, perché in quest’ultima il programma criminoso è comunque determinato, seppure in maniera temperata, siccome riferito ad una pluralità di condotte tutte facenti parte di un medesimo disegno).
L’addebito a carico dell’odierno ricorrente scaturisce da un’articolata indagine che ha evidenziato la stabile operatività di un gruppo di soggetti i quali, attraverso lo schermo di diverse società, ponevano in essere truffe di analogo contenuto in danno di ignari acquirenti che intendevano acquistare autovetture usate e che, dopo avere versato il relativo acconto, non ricevevano nulla o acquisivano veicoli con il contachilometri alterato, avendo in effetti coperto un numero di chilometri superiore al dichiarato. La truffa si consumava o manomettendo il contachilometri delle autovetture, che risultavano ben più usurate e di minore valore rispetto a quanto palesato dal venditore, o nella totale perdita dell’acconto versato in relazione a un’autovettura che non veniva poi consegnata, perché venduta nel contempo a più soggetti.
La truffa si inseriva in una ben strutturata messa in scena, anche tramite la predisposizione di locali adeguati alla vendita di auto, in cui le persone offese erano poste nelle condizioni di provare e visionare le autovetture da loro individuate; l’imputato operava all’interno di questo contesto organizzato, svolgendo diverse mansioni, ma soprattutto assolvendo al compito di accompagnare le vittime nell’esecuzione del drive test dell’auto prescelta.
Le venticinque truffe realizzate tramite la RAGIONE_SOCIALE si sono consumate in un arco temporale di appena un mese, tra il 15 settembre e il 5 ottobre del 2019, mediante la predisposizione di una sede commerciale attrezzata e dotata di un ricco parco auto, che poi in data 14 ottobre era stata completamente smantellata, senza lasciare più traccia alcuna né delle persone addette, né delle autovetture promesse in vendita.
Altre truffe sono state consumate successivamente, utilizzando lo schermo di altre società, tra cui la RAGIONE_SOCIALE , in cui operava l’imputato, e la RAGIONE_SOCIALE facente capo formalmente a COGNOME NOME, ma sempre gestita dal medesimo gruppo di persone, nell’ambito del quale ognuno rivestiva un ruolo preciso teso a perseguire un obiettivo delinquenziale comune.
La sentenza evidenzia che COGNOME espletava diverse mansioni nell’ambito di questa organizzazione ma, in prevalenza, accompagnava i clienti a valutare le condizioni dei veicoli e con il suo aspetto rassicurante e la sua abilità rafforzava l’immagine di serietà e solidità della RAGIONE_SOCIALE prima, e della RAGIONE_SOCIALE dopo.
La Corte territoriale, sulla base dei numerosi elementi valorizzati in sentenza, ha concluso che NOME era pienamente consapevole della natura simulata delle vendite di autovetture realizzate presso l’autosalone della RAGIONE_SOCIALE Car e degli artifizi con cui i clienti venivano indotti a versare un acconto per garantirsi l’acquisto di un veicolo che non sarebbe mai stato loro consegnato, ed era cosciente di apportare un contributo all’operatività di un sodalizio stabile dedito alla commissione di truffe e anche di altri delitti connessi, in cui interagiva stabilmente un gruppo di soggetti a lui noti.
La consapevolezza del carattere illecito dell’attività a cui collaborava emerge non solo dalla reiterazione delle condotte svolte con criteri di professionalità, ma anche dal tenore di alcune intercettazioni, da cui si evince chiaramente che COGNOME non agiva come un semplice lavoratore dipendente ma era a conoscenza del carattere fraudolento delle attività del gruppo e avanzava richieste economiche sempre maggiori, facendo intendere che se non fosse stato accontentato avrebbe potuto porre in essere condotte ritorsive.
La Corte territoriale ha sottolineato inoltre come l’imputato non potesse non essere a perfetta conoscenza del carattere simulato delle vendite effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE, poiché, peraltro, era stato testimone dello smantellamento della struttura del punto vendita da un giorno all’altro e ciononostante aveva, dopo un breve periodo di allontanamento, ripreso a collaborare con gli altri membri del gruppo. L’allontanamento del COGNOME dagli altri associati era stato soltanto temporaneo, poiché successivamente, nel corso dei primi mesi del gennaio 2020, dalle intercettazioni emerge che l’imputato era di nuovo stabilmente a disposizione del sodalizio e veniva definito come un collaboratore della squadra. Ed infatti, a riprova della sua rinnovata disponibilità, era nuovamente presente e collaborava alla realizzazione delle truffe nell’ambito della società RAGIONE_SOCIALE, amministrata da COGNOME.
Certamente nella sentenza impugnata non ricorre alcuna violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. ed anche gli elementi strutturali dell’associazione a delinquere vengono delineati in modo corretto e congruo alle emergenze processuali.
A fronte di un’articolata esposizione della numerosa serie di elementi a sostegno della prospettazione accusatoria, il ricorso si limita in modo generico a contestare la fondatezza della prospettazione, lamentando una presunta mancanza di motivazione, in ordine alla consapevolezza di partecipare alle attività realizzate da un gruppo stabile e strutturato.
2.2. Il secondo motivo non è consentito poiché con i motivi di appello non è stata formulata alcuna censura specifica in ordine all’affermazione di responsabilità per i singoli reati fine, ma sono state avanzate doglianze solo in merito alla ritenuta partecipazione del COGNOME all’associazione a delinquere.
Inoltre, il motivo è del tutto generico poiché, a fronte di una affermazione di responsabilità dell’imputato in ordine a diversi reati di truffa, sarebbe stato onere dell’impugnante individuare gli specifici episodi in relazione ai quali non sussisterebbero gli elementi per affermare la responsabilità dell’imputato, mentre la censura fa generico riferimento alla ritenuta partecipazione del COGNOME a tutte le truffe addebitategli, senza individuarle.
L’unico appunto specifico è all’episodio di truffa in danno di NOME, il quale ha riconosciuto l’imputato come un soggetto presente nell’autosalone, che aveva finto di essere un cliente interessato all’acquisto della medesima autovettura che lui stava visionando, per fare pressione ed indurlo ad accelerare la trattativa di acquisto.
Anche in relazione a questa vicenda, la censura, sommariamente prospettata con l’ atto di appello, è manifestamente infondata, poiché la Corte territoriale rende idonea motivazione valorizzando le dichiarazioni della persona offesa e il fatto che la descrizione del terzo finto acquirente coincide con alcune peculiarità dell’imputato, la cui effige è stata peraltro riconosciuta dal teste. A conferma e conforto della veridicità di questa individuazione è stata valorizzata la circostanza che, in quella occasione, l’imputato era presente nei locali dell’autosalone, come dimostrato dai tabulati telefonici.
2.3. La terza censura, in merito al diniego delle circostanze attenuanti generiche, è generica e manifestamente infondata poiché la Corte ha negato il riconoscimento del beneficio in parola valorizzando diversi elementi e non solo quelli indicati dal Tribunale; in particolare, la Corte territoriale ha evidenziato i precedenti penali dell’imputato per reati contro il patrimonio e l’assenza di segni di resipiscenza e di un qualche tentativo di risarcimento nei confronti delle persone offese.
La Corte territoriale ha poi spiegato che il trattamento sanzionatorio è stato determinato in misura superiore al minimo edittale in ragione dell’intensità del dolo, della persistenza nel tempo del vincolo associativo, del numero delle truffe consumate, del danno patrimoniale arrecato alle vittime e non ultimo della personalità dell’imputato, propenso alla realizzazione di reati contro il patrimonio. La circostanza addotta che
l’imputato non avrebbe tratto ulteriori vantaggi dall’attività illecita rispetto al regolare stipendio trova smentita nel tenore delle intercettazioni, che palesano la sua intenzione di sfruttare i proventi della frode, e comunque non incide sulla rilevanza causale del suo contributo.
3. Ricorso COGNOME.
Il ricorso, con cui si contestano gli elementi posti a sostegno dell’affermazione di responsabilità, è del tutto generico.
Come è noto, l’integrazione della fattispecie di ricettazione richiede il conseguimento, in qualsivoglia modo, del possesso della cosa proveniente da delitto (Sez. 2, n. 22959 del 29/03/2017, Bogdan, Rv. 270292 – 01) e sia il Tribunale che la Corte d’appello ( pagina 41 della sentenza impugnata), hanno evidenziato l’esito dei servizi di osservazione effettuati dai Carabinieri, da cui emerge la stabile disponibilità da parte di COGNOME del locali di un capannone, locato dal coimputato NOME COGNOME, all’interno del quale erano custodite sei carcasse di auto provento di furti e svariate parti di carrozzeria; COGNOME non solo possedeva le chiavi di accesso del magazzino, ma è stato notato dai militari in due distinte occasioni, il 12 febbraio 2020 e il 15 febbraio 2020, mentre entrava all’interno del deposito. La Corte territoriale, pertanto, con motivazione ampiamente giustificata, ha concluso che le prove acquisite dimostrano che COGNOME avesse la disponibilità del capannone per potere effettuare lo smontaggio delle autovetture ivi custodite, grazie alle sue competenze di carrozziere meccanico.
A ciò si aggiunga che l’imputato, secondo l’Accusa, concorre nel delitto di ricettazione e ciò comporta che non deve necessariamente porre in essere la condotta tipica del reato, ma può limitarsi a fornire un contributo consapevole e funzionale alla ricezione dei beni illeciti e la disponibilità del capannone in cui le vetture rubate erano custodite è elemento idoneo ad integrare la fattispecie contestata.
La consapevolezza della provenienza furtiva è stata correttamente desunta anche dal suo comportamento in occasione dell’intervento dei Carabinieri, poiché il predetto non ha esitato a darsi alla fuga.
Per le ragioni sin qui esaminate i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con le conseguenti statuizioni, come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Roma 9 ottobre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME