Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29239 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29239 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a GELA il 05/07/1971
avverso l’ordinanza del 27/02/2025 del TRIB. LIBERTA di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 27 febbraio 2025 il Tribunale di Caltanisetta ha respinto l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza con cui il Gip del locale Tribunale in data 30.1.2025 aveva applicato al medesimo la misura della custodia cautelare in carcere perché ritenuti sussistenti a suo carico gravi indizi di colpevolezza dei reati di tentato omicidio e detenzione illegale di armi e munizioni (capi A) e B) della rubrica), del reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (capo D) e dei reati scopo ex art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 contestati ai capi H), I), L), P), Q), S) dell’incolpazione provvisoria nonché in ragione di un concreto ed attuale pericolo di reiterazione criminosa ex art. 274 lett. c) cod.proc.pen. rispetto al quale l’unica misura idonea era ritenuta quella della custodia cautelare in carcere.
Avverso la suddetta ordinanza COGNOME EnricoCOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo deduce ai sensi dell’art. 606 lett. c) cod.proc.pen. in relazione all’art. 111 Cost. la motivazione apparente e/o contraddittoria.
Si assume che l’ordinanza impugnata non ha preso posizione sulle doglianze difensive in ordine alla dedotta inidoneità degli atti univocamente diretti a cagionare la morte di COGNOME NOME limitandosi a ripercorrere la motivazione dell’ordinanza impugnata, ma in più discostandosi dai dati investigativi ed introducendo elementi nuovi, diversi e non riscontrabili.
Si sottolinea, in particolare, che l’ordinanza del riesame ha travisato la ricostruzione investigativa di cui all’ordinanza genetica mutando i luoghi ed i risultati del sopralluogo della Polizia Scientifica nei pressi dell’abitazione del Raniolo desunti dalle intercettazioni telefoniche e proponendone una diversa interpretazione pur confermando l’ordinanza genetica con riguardo ai reati di cui ai capi A) e B).
Con il secondo motivo deduce ai sensi dell’art. 606 lett. c) cod.proc.pen. in relazione all’art. 111 Cost. la motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica.
Si assume che l’ordinanza non ha risposto alle censure difensive in ordine alla configurabilità del reato di cui all’art. 74 d.p.r. n. 309 del 1990, contestato a capo D), non essendo a tal fine sufficiente il mero riferimento alla conversazione del 23.10.2022 e limitandosi il Tribunale adito a ripercorrere quanto già espresso dal Gip.
Si assume altresì che l’ordinanza reca una motivazione apparente ed illogica anche in ordine alla censurata continuità e frequenza dei rapporti tra i sodali.
Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente si osserva che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, la Corte di cassazione è tenuta a verificare, nei limiti consentiti dalla peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno determinato ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, verificando il rispetto dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Non è, dunque, consentito proporre censure riguardanti la ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, come invece richiesto dal ricorrente, soprattutto attraverso l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se non quando manifestamente illogico ed irragionevole (tra le tante Sez. 3, n. 44938 del 5/10/2021, Rv. 282337).
1.1. Ciò premesso, il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Con riferimento alla gravità indiziaria in relazione ai reati di cui al capo A) (tentato omicidio ai danni di NOME NOME, in concorso con NOME) e B) (illegale detenzione di armi a da sparo e munizioni, in concorso, utilizzate per commettere il reato sub A), l’ordinanza impugnata, nel confermare integralmente l’impostazione dell’ordinanza genetica, ha puntualmente analizzato l’ampio compendio investigativo costituito da intercettazioni telefoniche ed ambientali e da filmati estrapolati dalle telecamere di videosorveglianza che tratteggiano il grave episodio occorso nella notte tra il 2 ed il 3 settembre 2022 in Gela. Segnatamente nel corso di una serata danzante organizzata nel lido “RAGIONE_SOCIALE” sito sul lungomare di Gela, scoppiava una lite derivante da una “spallata” da cui originavano due distinte sparatorie l’ultima delle quali presso l’abitazione del Raniolo il quale veniva attinto da colpi di arma da fuoco e, successivamente portato presso il locale ospedale, operato d’urgenza.
Rispondendo ad analoghe doglianze, mosse dalla difesa deil’indagato, l’ordinanza impugnata, analizzando il contenuto delle captazioni corredato dagli altri elementi di prova ed in particolare dalle sommarie informazioni assunte e dai filmati, ha ritenuto, con motivazione priva di aporie logiche, la gravità del
quadro indiziario in ordine alla sussistenza dei reati di cui ai capi A) e B), confutando puntualmente le interpretazioni alternative fornite dalla difesa.
In particolare, con riguardo al reato di cui al capo A), l’animus necandi viene desunto, oltre che dal contenuto inequivoco di alcune intercettazioni, anche dalla circostanza oggettiva che i tre colpi di arma da fuoco esplosi contro il COGNOME erano stati direzionati non già in aria o in prossimità della vittima, ma invece verso la parte centrale del corpo della medesima.
È peraltro principio acquisito che, in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337).
Parimenti manifestamente infondato é il secondo motivo, afferente il reato di cui al capo D).
Costante è, infatti, l’orientamento secondo cui per la configurabilità dell’associazione dedita al narcotraffico se non è sufficiente il semplice accordo di commettere in futuro una serie indeterminata di reati fine, è comunque sufficiente, perché rispettosa del principio di offensività, l’esistenza di struttura minima, non particolarmente articolata e complessa, anche di tipo rudimentale, non necessariamente dotata di notevoli disponibilità economiche, purché in grado di realizzare una serie indeterminata di episodi di spaccio (ex multis, Sez. 2 n 19146 del 20/02/2019, COGNOME, Rv 275583; Sez. 6, n. 27433 del 10/01/2017 Rv. 270396).
È, inoltre, affermazione costante quella secondo cui la stabilità del vincolo associativo e l’indeterminatezza del programma criminoso possono essere anche tratte dal susseguirsi ininterrotto delle condotte integranti i reati oggetto del programma ad opera di soggetti stabilmente collegati. Non occorre, invece, anche la dimostrazione del ruolo specifico svolto dal singolo soggetto nell’ambito dell’associazione, attesa la possibilità di realizzare nei modi più disparati la partecipazione al sodalizio criminoso, la cui specificazione non è necessariamente richiesta dalla norma incriminatrice (così ex multis Sez. 2, n. 43632 del 28/09/2016, COGNOME, Rv. 268317 – 01; Sez. 5, n. 35479 del 07/06/2010, P., Rv. 248171).
D’altronde, al cospetto di un iter logico – argonnentativo congruo ed immune da deficit logici, le doglianze difensive sono inidonee ad indebolire la gravità del quadro indiziario ex art. 273 cod. proc. pen., basandosi ora su una lettura frammentaria degli elementi indiziari, ora su affermazioni deficitarie di un reale confronto con il decisum del Tribunale.
Ed invero, a questa Corte spetta il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad
affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (così
ex multis,
Sez. U, n. 11 del
22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv.
255460)
2.1.
Nella specie l’ordinanza impugnata ha desunto la gravità indiziaria con riferimento all’associazione dedita al narcotraffico costituita da COGNOME NOME
(del quale già in primo grado è stata esclusa la qualifica di organizzatore) e dai due figli NOME NOME e NOME da quanto emerso dalle numerose
intercettazioni telefoniche, analiticamente individuate nell’ordinanza genetica e richiamate da quella impugnata, riscontrate dal rinvenimento di sostanza
stupefacente di tipo cocaina, marijuana e hashish oltre ad un bilancino di precisione presso l’abitazione del nucleo familiare dei Nastasi
) dando altresì atto della continuità e frequenza dei rapporti tra i sodali nonché dall’esistenza di una cassa comune. Ha del pari valorizzato la ripartizione di ruoli, seppure non netta, l’esistenza di prassi operative standardizzate e la percezione dei Nastasi come componenti un’unica organizzazione da parte degli acquirenti.
Alla stregua di quanto fin qui esposto, il ricorso manifestamente infondato va dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’ art. 94, comma 1 ter, disp.att. cod.proc.pen.
Così deciso il 10.713.2025