LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Associazione a delinquere: quando non è lieve entità

La Corte di Cassazione ha confermato la custodia cautelare in carcere per un individuo accusato di dirigere un’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio. La Corte ha stabilito che l’organizzazione non poteva essere considerata di ‘lieve entità’ a causa della sua struttura stabile, dei quantitativi di droga gestiti e della pericolosità sociale del soggetto, che continuava a delinquere anche agli arresti domiciliari. Il ricorso dell’indagato è stato dichiarato inammissibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a delinquere per spaccio: quando si esclude la lieve entità?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38779/2024, ha affrontato un caso cruciale in materia di stupefacenti, delineando i confini tra un’associazione a delinquere di lieve entità e una pienamente operativa. La pronuncia chiarisce quali elementi concreti portano a escludere l’ipotesi attenuata prevista dall’art. 74, comma 6, del d.P.R. 309/1990, confermando la necessità di una misura cautelare severa come la custodia in carcere di fronte a una comprovata pericolosità sociale.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla decisione del Tribunale del Riesame di Roma, che, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, aveva disposto la custodia in carcere per un soggetto accusato di essere a capo di un’organizzazione dedita allo spaccio di hashish e marijuana. Inizialmente, il Giudice per le indagini preliminari (GIP) aveva rigettato la richiesta di misura cautelare, qualificando l’associazione come ‘minore’ e ritenendo le esigenze cautelari non attuali, dato che i fatti risalivano al 2019.

Il Tribunale del Riesame, tuttavia, ha ribaltato questa valutazione. Basandosi su numerose intercettazioni, ha evidenziato come il gruppo criminale gestisse quantitativi notevoli di stupefacenti, talvolta nell’ordine di diversi chili, e operasse attraverso una stabile organizzazione con una vera e propria ‘piazza di spaccio’. Inoltre, ha sottolineato la pericolosità dell’indagato, il quale aveva continuato a delinquere anche mentre si trovava agli arresti domiciliari per altri fatti e aveva riportato una recente condanna per reati analoghi.

La Decisione della Cassazione sull’Associazione a Delinquere

L’indagato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo sia ai gravi indizi di colpevolezza sia all’attualità delle esigenze cautelari. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo generico e manifestamente infondato.

I giudici di legittimità hanno confermato la correttezza del ragionamento del Tribunale del Riesame. Hanno ritenuto che la valutazione sulla non lieve entità dell’associazione a delinquere fosse solidamente ancorata a elementi di fatto concreti, incompatibili con la figura attenuata del reato associativo.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato che per escludere l’ipotesi della ‘associazione minore’ sono determinanti diversi fattori. Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame aveva correttamente valorizzato:

1. La stabilità organizzativa: l’esistenza di un gruppo coeso e strutturato, con una divisione dei compiti e modalità operative consolidate, come la gestione di una ‘piazza di spaccio’ presso un esercizio commerciale.
2. I quantitativi movimentati: le intercettazioni dimostravano che la sostanza stupefacente trattata era tutt’altro che modesta, escludendo così la lieve entità dei fatti.
3. La serialità delle condotte: le cessioni di droga erano ripetute e sistematiche, inserite in un programma criminoso a lungo termine.

Inoltre, la Corte ha ritenuto pienamente congrua la motivazione sulla sussistenza e attualità delle esigenze cautelari. Il pericolo di reiterazione del reato non era una mera ipotesi, ma era desunto da elementi specifici: la personalità dell’indagato, il suo ruolo apicale nell’organizzazione, i numerosi precedenti penali e, soprattutto, la sua capacità di continuare a delinquere anche durante la detenzione domiciliare. Questi elementi dimostravano una spiccata propensione al crimine, rendendo la custodia in carcere l’unica misura adeguata a prevenire la commissione di ulteriori reati.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la qualificazione di un’associazione a delinquere come ‘di lieve entità’ non dipende solo dalla qualità della droga, ma da un’analisi complessiva della struttura, dell’operatività e delle finalità del gruppo criminale. La presenza di una stabile organizzazione, la movimentazione di quantitativi significativi di stupefacenti e un’elevata pericolosità sociale dei partecipi sono elementi che escludono l’applicazione della fattispecie attenuata. La decisione sottolinea inoltre come l’attualità del pericolo di recidiva possa essere dimostrata dalla condotta complessiva dell’indagato, inclusi i reati commessi successivamente ai fatti per i quali si procede, confermando la legittimità di una misura cautelare detentiva anche a distanza di tempo.

Quando un’associazione a delinquere per spaccio di droga non è considerata di ‘lieve entità’?
Non è considerata di ‘lieve entità’ quando esistono elementi concreti come la serialità delle cessioni, una stabile organizzazione, modalità di approvvigionamento strutturate, la gestione di una vera e propria ‘piazza di spaccio’ e quantitativi di sostanza movimentati tutt’altro che lievi.

La condotta passata di un indagato può giustificare una misura cautelare anche se i fatti contestati sono datati?
Sì, il concreto pericolo di reiterazione del reato può essere desunto dalla personalità del ricorrente, dal suo ruolo apicale nell’associazione, dai numerosi precedenti specifici e dal fatto che abbia continuato a delinquere anche mentre si trovava agli arresti domiciliari, dimostrando così l’attualità della sua pericolosità sociale.

Quali elementi possono dimostrare l’esistenza di un’associazione a delinquere stabile?
La prova del vincolo associativo può essere fornita tramite ‘facta concludentia’ (fatti concludenti) come i contatti continui tra gli spacciatori, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate (gerarchiche o con divisione di compiti) e la commissione sistematica di reati rientranti nel programma criminoso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati