Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38779 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38779 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Roma il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del/57042024 del Tribunale del riesame di Roma visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame di Roma ha accolto l’appello proposto dal Pubblico ministero avverso l’ordinanza emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma il 6 febbraio 2024, disponendo, nei confronti di COGNOME NOME, la misura cautelare della custodia in carcere relativamente al reato di costituzione organizzazione e direzione di una associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di hashish e marijuana, nella
piazza di spaccio di Montespaccato-Primavalle (capo 1 di incolpazione provvisoria). COGNOME è anche indagato per 44 reati fine (art. 73, commi 1 e 6 d.P.R. 8 ottobre 1990, n. 309) rispetto ai quali il Pubblico ministero non ha presentato impugnazione.
Il G.i.p. rigettava la richiesta di applicazione della misura cautelare, ritenendo l’associazione riconducibile nell’alveo del comma 6 dell’art. 74 d.P.R. cit.; quanto alle esigenze cautelari rilevava, che lo spaccio veniva svolto nei pressi di una pizzeria, e quindi in ambito ristretto, e che l’associazione era cessata a luglio 2019. Così, tenuto conto della concreta pericolosità dell’indagato, del tempo trascorso dai fatti e della pena concretamente erogabile all’esito del giudizio di merito, non riteneva di applicare alcuna misura cautelare.
Il tribunale del riesame ha accolto il ricorso del Pubblico ministero richiamando, quanto ai gravi indizi, numerose intercettazioni aventi ad oggetto condotte di cessione e detenzione di stupefacente per quantitativi notevoli, talvolta nell’ordine anche di diversi chili. Oltre a tali reati fine, il Tribunale riesame ha richiamato intercettazioni indicate dal Pubblico ministero, ritenute particolarmente indicative dell’esistenza di una stabile organizzazione tra i consociati.
E, infine, il Tribunale del riesame ha ritenuta errata la tesi del G.i.p. della limitata rilevanza penale della associazione, ovvero della incapacità di immettere nel mercato quantitativi rilevanti di droga. La stessa appare superata, come sostenuto dal Collegio del riesame, dagli stessi elementi di fatto indicati nella richiesta di applicazione della misura cautelare. In ogni caso, non è stata ritenuta convincente l’argomentazione secondo la quale la cessione di mezzo chilo di hashish costituisce fattispecie inquadrabile nell’ambito dell’art. 73, comma 5, d.P.R. cit.
Quanto alle esigenze cautelari, il Collegio della cautela ha sottolineato che:
se è pur vero che la associazione ha operato tra aprile e giugno 2019, il rischio di reiterazione di condotte analoghe si desume dalla personalità e dalla condotta di COGNOME, il quale ha commesso i fatti oggetto di interesse quando già si trovava ristretto agli arresti domiciliari;
per i fatti relativi al suo arresto avvenuto il 17 giugno 2019 è stato condanNOME alla pena di mesi dieci di reclusione con sentenza irrevocabile;
dopo i fatti di interesse ha continuato a delinquere: risulta dai carichi pendenti una condanna ad anni tre e mesi quattro di reclusione per violazione dell’art. 73 d.P.R. cit., commessa il 13 gennaio 2024.
Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione COGNOME, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, nonché della loro attualità.
Non vi è alcuna certezza che le conversazioni intercettate, sia telefoniche che ambientali, siano riconducibili alli indagato. Inoltre, i fatti contestat all’indagato risalgono a un periodo in cui lo stesso era agli arresti domiciliari. Per l’episodio del 16 luglio 2019 COGNOME è stato assolto, mentre per quello del 1 aprile 2019 i concorrenti del reato non corrispondono a quelli della contestata associazione.
Quanto alla attualità della misura cautelare, sono trascorsi quasi cinque anni dall’ultima contestazione e, ad oggi, nessuna evidenza di permanenza nel reato contestato è stata apprezzata dagli inquirenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è generico e, comunque, manifestamente infondato.
2.11 Tribunale ha, infatti, ritenuto fondato l’appello del Pubblico ministero sulla base di elementi concreti che portano ad escludere l’ipotesi della “associazione minore”.
Del resto, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito (da ultimo Sez. 6, n. 20678 del 19/03/2024, Bonotti, Rv. 286479 – 01) quali devono essere gli elementi da considerare per valutare se l’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanza stupefacente rientri nella ipotesi della lieve entità di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. cit. In particolare, sono necessari:
-l’esistenza di un gruppo, i membri del quale siano aggregati consapevolmente per il compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti;
l’organizzazione di attività personali e di beni economici per il perseguimento del fine illecito comune;
l’apporto individuale apprezzabile non episodico di almeno tre associati, che integri un contributo alla stabilità dell’unione illecita.
Inoltre, questa Corte ha più volte specificato che «in tema di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la prova del vincolo permanente nascente dall’accordo associativo può essere data anche per mezzo dell’accertamento di facta concludentia quali i contatti continui tra gli spacciatori, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione di compiti tra gli associati, la
commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive» (Sez. 5, n. 8033 del 15/11/2012, COGNOME, Rv. 255207; Conf. Sez. 3, n. 47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610 – 01).
E’ stato, infine, affermato il principio di diritto in base al quale la fattispeci associativa prevista dall’art. 74, comma 6, d.P.R. cit. è configurabile «a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità predisponendo modalità strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990» (Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019 -dep. 16/01/2020-, Degli Angioli, Rv. 278098 ).
2.1. Orbene, nel caso di specie il Tribunale del riesame ha indicato gli elementi concreti, nel rispetto dei principi enunciati dalla giurisprudenza, sulla base dei quali ha ritenuto che non si fosse in presenza di una c.d. associazione minore, e ciò con specifico riguardo alla serialità delle singole cessioni e all’arco temporale preso in considerazione. L’esistenza di una stabile organizzazione, le modalità di approvvigionamento della sostanza stupefacente, l’esercizio di una vera e propria piazza di spaccio nel quartiere di Primavalle presso l’esercizio commerciale “RAGIONE_SOCIALE“, come congruamente motivato nel provvedimento impugNOME, ha portato i Giudici a ritenere che i quantitativi di sostanza stupefacente movimentati fossero tutt’altro che lievi.
2.2. Infine, anche in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla attualità delle stesse, la motivazione adottata a pag. 13 appare congrua, là dove desume il concreto pericolo di reiterazione del reato avendo riguardo alla personalità del ricorrente, al ruolo apicale ricoperto nell’associazione, ai numerosi precedenti specifici, al fatto che, anche quando si trovava agli arresti domiciliari, ha continuato a delinquere.
3.Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 16 settembre 2024
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