Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5022 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5022 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME LiberoCOGNOME nato a San Giovanni Rotondo 1’8/07/1987
avverso la sentenza del 30/09/2022 della Corte Appello di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria difensiva dell’Avvocata NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con la pronuncia indicata in epigrafe la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza di condanna emessa il 10 dicembre 2020 dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bari nei confronti di NOME COGNOME all’esito
del giudizio abbreviato, per i reati di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, aggravata ex art. 74, comma 4, d. P. R. n. 309 del 1990 (capo 41), da aprile 2016 fino all’attualità, e di cessione di oltre un chilo di eroina (capo 3 bis) dal 24 al 29 settembre 2016, irrogando all’imputato la pena finale di sette anni e quattro mesi di reclusione, previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, unificate le condotte sotto il vincolo della continuazione e ridotta la pena per il rito.
Le due decisioni di merito, in forza di un unitario compendio probatorio e valutativo, hanno dato atto che il presente processo trae la propria origine da una più ampia indagine che aveva disvelato la presenza di un’associazione dedita al traffico di stupefacenti, capeggiata da NOME COGNOME coadiuvato da NOME COGNOME alle cui dirette dipendenze era COGNOME L’attività investigativa si era sviluppata con plurimi servizi di intercettazione (su utenze mobili e in ambientale, oltre che con monitoraggi GPS), con sequestri di stupefacenti e armi in concomitanza ai dati raccolti con i servizi di ascolto dei dialoghi degli imputati, appostamenti, riprese video e arresti, elementi su cui i Giudici di merito avevano fondato le loro pronunce.
Avverso la sentenza della Corte distrettuale ha proposto ricorso il difensore del ricorrente articolando i seguenti motivi.
2.1. Con il primo, relativo al capo 42), censura la violazione di legge in relazione all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 in ordine sia alla sussistenza dell’associazione, sia al ruolo partecipativo di NOME COGNOME, risultato estraneo a tutti gli episodi delittuosi attribuiti agli altri associati, non basta coinvolgimento nella detenzione di armi o nella cessione di stupefacenti di cui al capo 33 bis), da ritenersi condotte estemporanee. Sempre ai fini del ruolo partecipativo, la sentenza impugnata non ha dimostrato né l’elemento oggettivo del reato (la sistematica messa a disposizione di COGNOME per un comune programma criminoso, il suo interesse economico, la presenza ad incontri, la continuità di contatti con altri coimputati) né l’elemento soggettivo dell’affectio societatis.
2.2. Con il secondo motivo, relativo al capo 33 bis), denuncia violazione di legge in quanto la Corte distrettuale ha desunto la prova del delitto da conversazioni ambientali e da annotazioni di servizi di osservazione dalle quali non emerge alcun contributo concorsuale di COGNOME, rispetto alla condotta contestata, risultando solo il suo ruolo di accompagnatore, in un segmento limitato, e in assenza della conoscenza di quanto avvenuto sia prima che dopo il contatto con COGNOME
Non è neanche configurabile una condotta agevolatrice vista la semplicità dell’apporto di COGNOME che chiunque avrebbe potuto dare.
2.3. Con il terzo motivo, relativo alla circostanza aggravante di cui all’art. 74, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990 e all’art. 59 cod. pen., denuncia la violazione di legge in quanto COGNOME non è stato mai coinvolto in dialoghi relativi alle armi e quelle rinvenute nella sua autovettura non risultano destinate all’associazione né il ricorrente poteva prevederlo.
2.4. Con il quarto motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 114 cod. pen., con riferimento al capo 33 bis), in quanto il contributo del ricorrente è stato accessorio ed inidoneo ad incidere sul risultato finale del reato contestato
2.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge per la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche in termini di prevalenza sulla contestata aggravante nonostante il ruolo subordinato tenuto da COGNOME
E’ stata disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, come successivamente modificato, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale.
Con memoria depositata nell’interesse del ricorrente, l’Avvocata NOME COGNOME premessa la correzione del ricorso (capo 32 bis da riferire al capo 33 bis), ha ribadito l’esclusione della condotta partecipativa di COGNOME in forza della modifica dell’originario capo di imputazione, relativo al delitto associativo di cui a capo 42, precisando che nel procedimento penale dinnanzi al Tribunale di Foggia il tempus commissi delicti era contestato sino al 27 maggio 2017.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e lambisce il margine dell’inammissibilità.
Il primo, il secondo ed il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente in quanto relativi alla configurabilità del reato di cui all’art. 7 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e alla condotta partecipativa di NOME COGNOME.
2.1. La Corte di appello di Bari ha esaminato le convergenti risultanze investigative, condividendo l’apprezzamento già operato dal Tribunale e confutando puntualmente le obiezioni difensive.
La sentenza impugnata ha identificato l’esistenza di un’associazione con base operativa a Monte S. Angelo (detta dei montanari), facente capo a NOME COGNOME supportato da NOME COGNOME partendo dall’accertamento dei reati fine
commessi dagli associati (capi 25, 33 bis, 34, 35, 36, 37, 39, 40 e 41) ed in particolare del capo 33 bis (vedi infra).
Le prove sono costituite soprattutto dalle numerose conversazioni intercettate, di cui è stata offerta una dettagliata e puntuale ricostruzione anche grazie ai servizi di osservazione, ai tracciati del GPS installato sulle auto di Lombani, agli arresti e ai sequestri di armi e droga, alla documentazione della locazione dei mezzi.
I rilievi formulati nel ricorso non sono idonei a disarticolare i dati oggettiv evincibili dal ragionamento della Corte di merito e si risolvono in non consentite censure in fatto alle quali, peraltro, vi è puntuale risposta nella valorizzazione del dato relativo alla particolare cautela adottata dagli associati, privi di utenze telefoniche dedicate, per la scelta di scambi di informazioni solo in presenza e in luoghi noti (pag. 73 della sentenza della Corte di appello e pagg. 92 e 122 della sentenza del Giudice per l’udienza preliminare), tanto da spiegare l’assenza di contatti tra il ricorrente e gli altri coimputati.
I primi due motivi di ricorso – relativi all’esistenza di un’associazione dedita al narcotraffico, alla condotta partecipativa e al reato fine di cui al capo 33 bis) -sono volti ad un’analisi atomistica di questioni di merito, precluse in questa sede, che non disarticolano i passaggi logico-argomentativi attraverso i quali si snoda, in modo lineare e completo, la sentenza impugnata.
Con argomenti puntuali e coerenti la Corte di merito ha ripercorso l’intero sviluppo dell’accertata cessione di un chilo di eroina da parte di COGNOME tramite COGNOME e COGNOME, confermata dall’arresto in flagranza di NOME COGNOME trovato in possesso dello stupefacente (pagg. da 62 a 73).
Dalle conversazioni intercettate risultano la programmazione, prima, e la conclusione, poi, della fornitura di un chilo di eroina ad una ‘ndrina calabrese, avvenuta a Monte S. Angelo, con la messa a disposizione del gruppo criminale di due auto intestate entrambe a Lombani (Smart e Audi), sviluppatasi prima con l’incontro tra l’acquirente, NOME COGNOME ed NOME COGNOME e poi con la materiale consegna al corriere, NOME COGNOME assistito in ogni esigenza da COGNOME e COGNOME (dall’arrivo alla stazione, all’accompagnamento in hotel, all’incontro al bar del centro di Monte S. Angelo, all’organizzazione della partenza con il carico), arrestato a Torino il 26 settembre 2016, in possesso dell’eroina e di quanto utile a costituire riscontro alle conversazioni (biglietto di sola andata per Torino comprato il giorno precedente presso una rivendita di Monte Sant’Angelo, ricevuta dell’hotel INDIRIZZO).
La sentenza ha dato conto di tutti gli spostamenti del ricorrente e dei suoi incontri sia con l’acquirente di droga, COGNOME, che con il corriere, COGNOME, ordinati da COGNOME, oltre che dell’utilizzo, anche da parte di altri sodali, delle sue auto per
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gli accompagnamenti dei calabresi, così da escludersi, anche sotto il profilo logico, il tentativo difensivo di ridimensionare il ruolo di COGNOME a quello di accompagnatore mosso da sentimenti di mera di cortesia, così erroneamente qualificando quella che, invece, è stata una sua piena e consapevole messa a disposizione, con la propria persona e con le proprie auto, a favore del gruppo criminale.
Ai fini della sussistenza dell’associazione, la sentenza impugnata, in adesione a quanto accertato da quella di primo grado (pagg. 122-124), ha preso le mosse soprattutto dall’accertato reato-fine (pagg. 79 e 80, con rinvio anche alle pagg. da 62 a 74), descrivendo una compagine strutturata su più persone, con ruoli assegnati e mansioni operative (COGNOME come capo, COGNOME come suo luogotenente e COGNOME suo assistente diretto, NOME COGNOME addetto al deposito e alla custodia dello stupefacente, NOME COGNOME contabile del gruppo, NOME COGNOME distributore tra gli acquirenti per lo smercio), che utilizza precise cautele nella comunicazione, con disponibilità di mezzi dedicati e veicoli presi a noleggio, luoghi per la custodia dello stupefacente (l’abitazione di Starace e i locali del campo sportivo di Monte Sant’Angelo), una cassa comune e l’assistenza mutualistica in caso di arresto o detenzione dei partecipi (sia COGNOME che COGNOME, dal carcere, avevano mandato le loro conviventi a chiedere a NOME COGNOME il corrispettivo in denaro per pagare i rispettivi difensori, pagg. 71 e 72 della sentenza). 22
Si tratta di elementi che, secondo il consolidato insegnamento di questa Suprema Corte, sono dimostrativi dell’esistenza di un’associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, quali: l’articolata organizzazione, la presenza soggetti che rivestono ruoli prestabiliti e che investono nel reciproco e tacito affidamento per l’attuazione del programma criminoso, la movimentazione di stupefacenti, la capacità di approvvigionare, l’esistenza di prestabiliti luoghi di stoccaggio, la sostituzione immediata dei corrieri una volta arrestati, l’uso di particolari cautele nella comunicazione, la capacità di proiettare la propria attività oltre i singoli episodi e così offendere l’interesse protetto per effetto della sua esistenza ed il numero di associati (tra le tante Sez. 6, n. 11526 del 16/02/2022, Rv. 283049).
Al fine di escludere la sussistenza del reato, non assume alcuna valenza la circostanza, valorizzata nella memoria difensiva, che, nel separato procedimento penale a carico degli altri coimputati di COGNOME, il pubblico ministero abbia limitato il tempus commissi delicti dell’associazione «sino al 27 maggio 2017».
In ordine al ruolo di COGNOME nel contesto associativo, le critiche mosse dal ricorso non si confrontano con i puntuali e convergenti argomenti utilizzati dalla sentenza impugnata, fondati peraltro su dati oggettivi non smentiti (captazioni,
monitoraggi con GPS, esiti dei servizi di appostamento, arresti anche del ricorrente e sequestri di armi e stupefacente).
Il ricorrente è stato ritenuto intraneo all’associazione non solo perché prescelto per accompagnare a Torino COGNOME e COGNOME dopo l’arresto di COGNOME, ma anche per essere stato fermato, in quella occasione, a bordo della propria auto con un carico di armi, previa modifica del mezzo – fatto per il quale si è proceduto separatamente -, elemento significativo per comprovare l’esistenza di un rapporto di stretta collaborazione e fiducia con i capi dell’associazione, ben oltre il singolo episodio delittuoso, tale da rendere residuale la censura difensiva circa l’assenza di un diretto interesse economico. A detti elementi, peraltro, la Corte di merito ha aggiunto la circostanza che COGNOME, immediatamente dopo l’arresto, aveva espresso la volontà di dissociazione, così da confermare la sua consapevole pregressa appartenenza al sodalizio criminale.
La condotta partecipativa, nell’ambito di un’associazione dedita al narcotraffico, secondo la giurisprudenza di legittimità può assumere contenuti variabili ed è sufficiente qualsiasi condotta, idonea ad arrecare un contributo causale rispetto all’evento tipico, purchè caratterizzata, come nel caso in esame, dall’apprezzabilità e dalla concretezza per l’esistenza o per il rafforzamento dell’associazione (tra le tante, Sez. 4, n. 28167 del 16/06/2021, Rv. 281736).
In ordine al discrimine con il concorso di persone nel reato si ribadisce, pertanto, l’orientamento di questa Corte secondo il quale, in questo caso, l’accordo criminoso è occasionale e limitato, perchè diretto soltanto alla commissione di uno o più reati determinati, mentre nel reato associativo, come già osservato, vi sono la stabilità del vincolo e l’indeterminatezza del programma criminoso che connotano il susseguirsi delle condotte illecite tra soggetti stabilmente collegati, così da rendere i reati-fine un epifenomeno della compagine criminale che non la esaurisce, mantenendosi questa salda anche dopo la loro consumazione (da ultimo, tra le tante, Sez. 2, n. 22906 dell’8/03/2023, Rv. 284724).
2.3. Altrettanto infondata è la doglianza in ordine alla mancata applicazione della circostanza di cui all’art. 114 cod. pen., che sussiste laddove l’apporto del correo risulti obiettivamente così lieve da apparire, nell’ambito della relazione causale, quasi trascurabile e del tutto marginale.
Si tratta di un accertamento di fatto che si sottrae al sindacato di legittimità se, come nella specie, logicamente e congruamente motivato, a fronte di una censura del tutto generica (Sez. 4, n. 35950 del 25/11/2020, Indelicato, Rv. 280081).
Infatti, la sentenza impugnata ha ritenuto che la condotta di NOME COGNOME, concretizzatasi nell’accoglienza degli acquirenti calabresi e poi del Corriere COGNOME,
con accompagnamento durante i giorni della contrattazione e della consegna dello stupefacente, non potesse qualificarsi marginale.
Il terzo motivo, relativo al riconoscimento dell’aggravante del carattere armato dell’associazione e della sua conoscenza da parte del ricorrente, è aspecifico.
La sentenza impugnata ha correttamente individuato i principi elaborati in materia dalla giurisprudenza di legittimità (pagg. 79 e 80), secondo i quali la fattispecie circostanziale, sul piano oggettivo, richiede unicamente la disponibilità di armi da parte degli aderenti al sodalizio, non esigendo anche la correlazione tra quelle e gli scopi da esso perseguiti (Sez. 5, n. 11101 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 262714), mentre è necessaria la prova che non vi sia un uso esclusivo del partecipe che le detiene (Sez. 5, n. 18756 del 08/10/2014, COGNOME, Rv. 263694) e, sotto il profilo soggettivo, è richiesto un coefficiente di colpevolezza, ex art. 59, secondo comma, cod. pen., nei termini quantomeno della prevedibilità concreta della presenza di armi nella disponibilità dell’associazione (tra le tante, Sez. 6, n. 15528 del 12/01/2021, Rv. 281212).
La Corte di appello, condividendo l’accertamento e la valutazione del giudice di primo grado (pag. 123), ha ravvisato la circostanza aggravante di cui all’art. 74, comma 4, d.P.R. cit. in ragione di convergenti e univoci elementi: a) il sequestro di numerose armi, munizioni e silenziatori nella disponibilità del ricorrente in data 05 novembre 2016, costituenti l’oggetto del delitto del capo 41) della rubrica, trattato in separato giudizio e tale da attestare la verità storica circa la loro detenzione da parte di COGNOME, quando si trovava in auto con i vertici del sodalizio, COGNOME e COGNOME (alle pagg. 70 e 71 è descritto il tentativo di eludere il controllo dell’auto da parte della polizia); b) lo stretto rapporto di COGNOME con questi ultimi; c) le conversazioni intercettate tra COGNOME e COGNOME, riportate alle pagine 1051 e seguenti della comunicazione di notizia di reato, da cui risultava la disponibilità di armi da parte del gruppo.
La deduzione non si presenta manifestamente illogica, soprattutto in assenza di concludenti emergenze di segno contrario, attesa l’assoluta irrilevanza del mancato coinvolgimento del ricorrente in specifici dialoghi in materia di armi.
Il quinto motivo di ricorso, circa la mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla contestata aggravante, è aspecifico in quanto la Corte di appello, nell’esercizio del proprio potere discrezionale e con motivazione che si sottrae ad ogni censura, ha valorizzato sia il ruolo di “fiduciario” assunto dall’imputato rispetto ai vertici dell’associazione, sia la gravità del fatto, valutat anche alla luce della condotta assunta nel delitto in materia di armi, in cui COGNOME
si era assunto la piena ed unica responsabilità scagionando i coimputati, elementi che, globalmente intesi, costituiscono valida ragione ostativa alla richiesta ulteriore diminuzione sanzionatoria.
Alla luce degli argomenti che precedono il ricorso deve essere rigettato perché infondato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024
La Consigliera estensora Il Presidente