Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1479 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1479 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato il 14/12/1967 a Napoli COGNOME NOMECOGNOME nato il 30/04/1984 a Napoli
avverso l’ordinanza in data 20/06/2023 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME in sost. dell’Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30/06/2023 il Tribunale di Napoli in sede di riesame ha confermato quella del G.i.p. del Tribunale di Napoli in data 21/04/2023, con cui nei confronti, tra gli altri, di NOME e di NOME NOME è stata applica la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di partecipazione con ruolo
apicale ad associazione dedita al narcotraffico, di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana, di detenzione e porto di armi e di tentato omicidio, reati aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen.
Ha rilevato il Tribunale, richiamando ampiamente l’ordinanza genetica che il quadro indiziario era desumibile da operazioni di intercettazione telefonica e ambientale, da videoriprese, da dichiarazioni di acquirenti di sostanze stupefacenti, da riconoscimenti fotografici, nonché da dichiarazioni di collaboratori.
Ha proposto ricorso NOME COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui al capo 87.
Il Tribunale non aveva tenuto conto della memoria difensiva e dei consolidati principi in materia di associazione dedita al narcotraffico, dando rilievo ai plurimi episodi di spaccio, ma senza spiegare in che modo potesse discenderne un fenomeno di tipo associativo, parlando contraddittoriamente di ripartizione e di interscambiabilità dei ruoli, facendo riferimento ad un luogo fisso per la gestione dello spaccio, senza che fosse stato dimostrato che presso l’abitazione del ricorrente si procedesse al confezionamento e alla custodia dello stupefacente, omettendo di delineare l’affectio societatis.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine ai reati di spaccio di cui ai capi 96, 97, 100, 109 110, 111, 112.
Indebitamente era stato ravvisato un quadro indiziario grave, senza dar risposta alle deduzioni difensive, volte a segnalare l’inidoneità dei riconoscimenti fotografici, non preceduti dalla descrizione del soggetto e dalla indicazione delle circostanze della percezione visiva, l’insufficienza del riconoscimento operato dalla P.G., a fronte della scarsa qualità dei filmati e, quanto al capo 100, dando rilievo ad una frase pronunciata da NOME COGNOME ma senza dimostrare che fosse rivolta al ricorre nte.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al reato in materia di armi di cui al capo 114.
Era stato dedotto nella memoria difensiva che dalla videoripresa risultava che il ricorrente aveva controllato un caricatore e che dunque non era stata dimostrata una minif ma permanenza del rapporto materiale con l’arma, necessaria per attestarne l’autonoma disponibilità.
2.4. Con il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al delitto di tentato omicidio di cui al capo 115.
Era stata segnalata una conversazione che assumeva rilievo dirimente, avendo la vittima dichiarato che non era presente il ricorrente.
Ma il Tribunale aveva affermato che l’assenza all’esecuzione materiale non valeva ad escludere che il ricorrente fosse stato uno dei mandanti in relazione al summit con COGNOME, COGNOME e COGNOME, avvenuto dopo la precedente sparatoria tra COGNOME, COGNOME e COGNOME, ciò che si risolveva nell’attribuzione di rilievo ad una mera suggestione, dovendosi inoltre considerare quanto emerso da dichiarazioni di collaboratori circa il fatto che COGNOME era da sempre costretto a versare una parte dei proventi a sodalizi egemoni, elemento in contrasto con l’assunto che il predetto potesse decretare l’eliminazione fisica di un soggetto vicino a colui di cui era vittima.
2.5. Con il quinto motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato inquadramento dell’ipotesi associativa nella violazione dell’art. 74, comma 6, d.P.R. 309 del 1990.
Il Tribunale aveva considerato solo il profilo dei guadagni senza spiegare perché esso potesse assumere rilievo a fronte di minimi quantitativi movimentati, essendo stata esclusa l’ipotesi minore solo sulla base di argomentazioni astratte.
2.6. Con il sesto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Il Tribunale non aveva valutato le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia in particolare COGNOME e COGNOME da cui avrebbe potuto semmai desumersi che COGNOME era vittima di estorsione dei clan operanti ai Quartieri Spagnoli e che dunque il contributo versato non poteva costituire espressione della finalità agevolatrice, implicante il carattere volontario dell’adesione a quelle finalità, non compatibile con un tributo di vassallaggio.
2.7. Con il settimo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.
Il Tribunale aveva dato rilievo alla gravità dei reati senza esaminare il tema dell’attualità delle esigenze, in relazione alla presenza di elementi indicativi idonei a dar conto dell’effettività del pericolo.
Solo su affermazioni apodittiche era stato dunque fondato il giudizio sulla necessità della custodia cautelare, essendo carente la valutazione circa l’inadeguatezza di misure meno afflittive.
Ha proposto ricorso NOME COGNOME tramite il suo difensore.
3.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui al capo 87
Il motivo coincide con quello corrispondente, presentato nell’interesse di NOME COGNOME
3.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine ai reati di spaccio di cui ai capi 89, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 97, 98, 100 101, 102, 103, 104, 109, 110, 111, 112.
Il motivo ricalca i temi oggetto del secondo motivo presentato nell’interesse di NOME COGNOME con riguardo all’inidoneità dei riconoscimenti fotografici e di quelli operati dalla P.G. sulla base di filmati poco nitidi.
3.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’imputazione avente ad oggetto detenzione e porto di armi, di cui al capo 114.
Il Tribunale aveva omesso di argomentare in ordine alle censure formulate nella memoria difensiva, in cui si era segnalato che era stata ravvisata la gravità indiziaria sebbene le immagini di sorveglianza avessero mostrato il ricorrente nel solo atto di mostrarsi più volte armato, in assenza di valutazione circa l’attendibilità del riconoscimento operato dalla P.G.
3.4. Con il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’ipotesi di tentato omicidio di cui al capo 115.
Il Tribunale aveva dato rilievo ad una mera suggestione, costituita dalla frase intercettata, pronunciata da COGNOME in ordine alla presenza del ricorrente nel gruppo di fuoco, che non aveva rinvenuto riscontri in ulteriori atti di indagine.
3.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata riconducibilità del reato associativo all’ipotesi di cui all’art. 7 comma 6 d.P.R. 309 del 1990.
Il motivo corrisponde al quinto motivo presentato nell’interesse di NOME COGNOME
3.6. Con il sesto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Il motivo riproduce gli argomenti del sesto motivo presentato nell’interesse di NOME COGNOME
3.7. Con il settimo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari.
Il motivo ricalca il settimo motivo del ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Deve in linea generale premettersi che tutti i motivi muovono dal presupposto che non siano state valutate le deduzioni esposte in una memoria
difensiva: si tratta di censura di per sé generica, con la quale in realtà si lamenta la mancata condivisione delle tesi difensive piuttosto che la pretermissione delle stesse, a ben guardare valutate ma ritenute inidonee a vulnerare il quadro indiziario alla base dell’ordinanza genetica, fermo restando che il giudice di merito può limitarsi ad una risposta sintetica e che nel motivo di ricorso deve essere, se del caso, dato conto dell’argomento decisivo esposto nella memoria e non valutato dal giudice (Sez. 5, n. 24437 del 17/01/2019, COGNOME, Rv. 276511).
Ciò posto, il primo motivo e il quinto motivo di entrambi i ricorsi, riguardanti l’associazione dedita al narcotraffico, è generico, in quanto volto a riproporre deduzioni già esaminate, senza misurarsi specificamente con la complessiva analisi del Tribunale.
3.1. In realtà la motivazione del provvedimento impugnato dà conto dell’esistenza di una consolidata piazza di spaccio, denominata «della sposa», di cui hanno parlato numerosi collaboratori di giustizia, la cui operatività faceva capo a NOME e rispetto alla quale anche NOME NOME rivestiva un ruolo apicale sotto il profilo direttivo e organizzativo: è stato in particolare rilevato com l’attività di spaccio avesse quale punto di riferimento vico INDIRIZZO, in corrispondenza dell’abitazione di NOME COGNOME e come la stessa fosse minuziosamente organizzata, così da consentire la consegna di sostanze di stupefacenti di varia specie ad una moltitudine di acquirenti con modalità consolidate, costituite da richieste telefoniche, cui seguiva l’indicazione del luogo in cui di volta in volta lo spacciatore avrebbe consegnato la droga all’acquirente, in un contesto presidiato dalla presenza di vedette, onde scongiurare l’intervento delle forze dell’ordine.
D’altro canto, è stato sottolineato come l’operatività fosse assicurata da una pluralità di soggetti, i quali agivano con le modalità indicate, sulla base delle direttive degli organi apicali e intervenendo, a seconda dei casi, come spacciatori o come vedetta, e come venissero effettuate numerose consegne di sostanze stupefacenti, così da garantire elevati introiti giornalieri, non inferiori ad eu 4.000,00.
E’ stato dato conto in tale quadro degli elementi a carico di COGNOME NOME, particolarmente attivo nell’attività di spaccio, venendo anche contattato dagli acquirenti, e di quelli a carico di COGNOME NOME, che aveva contatti con i clan camorristici operanti nei Quartieri Spagnoli, in particolare con il gruppo COGNOME–COGNOME, cui COGNOME erogava parte di quanto ricavato dall’illecita attività di spaccio, nel quadro di intese volte ad assicurare la protezione del sodalizio, come concretamente venuto in evidenza in occasione della sparatoria di cui si era reso protagonista NOME COGNOME cui era seguita la reazione della
consorteria, culminata nell’invio di un gruppo di fuoco che aveva sparato all’indiritto di Pesce e Masi, ferendo gravemente quest’ultimo.
Sulla base di quanto esposto dal Tribunale, che ha comunque richiamato e fatto propria l’ordinanza genetica, deve escludersi che la motivazione sia carente o presenti vizi deducibili in questa sede, peraltro solo genericamente prospettati, a fronte dell’inquadramento dell’assetto organizzativo, connotato dall’utilizzo di uomini e mezzi, sulla base di un’operatività consolidata e riconoscibile, implicante affectio societatis, potendosi peraltro registrare anche interscambiabilità dei ruoli nei singoli momenti, in funzione di una capillare attività di spaccio, tale da assicurare significativi profitti.
Deve dunque ritenersi che il Tribunale abbia dato conto degli elementi idonei a connotare un’associazione finalizzata al compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti e del ruolo apicale rivestito dai ricorrenti (p farsi rinvio al consolidato principio per cui al fine di attestare l’esistenza un’associazione dedita la narcotraffico rilevano «i contatti continui tra gl spacciatori, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive»: Sez. 3, n. 47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610; Sez. 5, n. 8033 del 15/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255207).
3.2. Nel contempo, il Tribunale ha ampiamente dato conto delle ragioni per cui non avrebbe potuto ravvisarsi un’associazione minore di cui all’art. 74, comma 6. D.P.R. 309 del 1990, non solo in ragione dei cospicui quantitativi di droga giornalmente movimentati, ma, più in generale, in considerazione dell’assetto organizzativo, connotato dalla gestione di una vera e propria piazza di spaccio, presidiata da attività di controllo e da vedette, assetto incompatibile con la configurabilità di un sodalizio che abbia quale proprio fine il compimento solo di delitti di lieve entità (si richiama sul punto Sez. 6, n. 13982 del 20/02/2018, COGNOME, Rv. 272529, in ordine alla rilevanza della gestione di una piazza di spaccio, connotata da presidi, ai fini dell’esclusione dell’ipotesi della lieve entit nonché Sez. 6, n. 12537 del 19/01/2016, COGNOME, Rv. 267267, in ordine alla necessità che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali ed operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestat con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art.73 comma quinto d.P.R. n. 309 del 1990).
Il secondo motivo di entrambi i ricorsi, riguardante le singole ipotesi di concorso nelle condotte di spaccio, contestate a NOME e a NOME COGNOME è da un lato generico e dall’altro manifestamente infondato.
Le doglianze ripropongono il tema dell’idoneità dei riconoscimenti fotografici effettuati dagli acquirenti e dei riconoscimenti effettuati dalla P.G. sulla base delle videoriprese.
Sul punto il Tribunale ha ampiamente motivato, rilevando come il riconoscimento fotografico non imponga il rispetto di modalità previste per la sola ricognizione personale, essendo necessario verificare l’attendibilità del riconoscimento, ciò in linea con consolidati principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 5, n. 23090 del 10/07/2020, COGNOME, Rv. 279437).
Deve aggiungersi che il Tribunale ha anche rilevato come i riconoscimenti provenissero da soggetti che erano stati individuati come acquirenti sulla base delle risultanze di tabulati telefonici e di conversazioni intercettate, attestan contatti con lo spacciatore, in molti casi direttamente con NOME NOME, essendo comunque emerso che quei contatti non avevano altra finalità che quella di preludere all’acquisto di stupefacenti.
Altrettanto deve dirsi per i riconoscimenti operati dalla Polizia Giudiziaria, costituendo rilievo generico quello incentrato sull’inaffidabilità dei filmati a fron di quanto rilevato dal Tribunale in ordine al fatto che gli operanti conoscevano bene i soggetti in ragione del protrarsi delle indagini, delle attività di osservazion dei luoghi dello spaccio e dell’esame delle videoriprese, nonché delle intercettazioni ambientali e telefoniche, che consentivano l’individuazione del tono di voce dei soggetti, talvolta menzionati con il loro nome.
Quanto al reato di cui al capo 100, la contestazione riferita alla valenza della frase pronunciata da NOME COGNOME non si misura con la descrizione dell’intero contesto: è stato infatti rilevata la presenza nella zona di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, nonché, nelle adiacenze, di Vitrano di Tucci, tutti intenti controllare il territorio, prima dell’arrivo di NOME COGNOME e di COGNOME a bordo d un ciclomotore, parimenti intenti a verificare l’eventuale arrivo delle forze dell’ordine, finché, dopo che erano stati fermati due giovani rinvenuti in possesso di stupefacente, appena acquistato, NOME COGNOME aveva gridato in direzione del padre e degli altri «c’è l’antidroga», a dimostrazione dell’originario comune intento di presidiare il territorio e sfuggire a possibili controlli nella conduzione dell’ill attività di spaccio.
Il terzo motivo di entrambi i ricorsi, riguardante il delitto in materia di arm di cui al capo 114, è ancora una volta generico e comunque manifestamente infondato.
Il Tribunale ha dato conto del fatto che la vicenda si è inserita nel contesto dello scontro a fuoco con Pesce, cui il gruppo di COGNOME ha reagito con la successiva azione, culminata nel tentato omicidio di COGNOME.
In tale quadro si è rilevato quanto emerso dalle videoriprese che hanno posto in evidenza il passaggio di armi dall’uno all’altro dei personaggi coinvolti o la diretta detenzione di armi da parte dei predetti: in particolare NOME COGNOME è stato notato nell’atto di mostrarsi più volte armato, fra l’altro estraendo bossoli da un caricatore di pistola a tamburo, e ha comunque poi attivamente partecipato allo scontro a fuoco, culminato nel ferimento di COGNOME; NOME COGNOME in un contesto nel quale, dopo la prima sparatoria, che aveva visto come protagonisti COGNOME e COGNOME, vari personaggi del gruppo risultavano armati, aveva avuto in consegna da COGNOME una pistola, di cui aveva controllato il caricatore.
Va al riguardo chiarito che il reato, concernente la detenzione e il porto di più armi, è stato contestato in concorso ai vari personaggi, compresi i COGNOME, a carico dei quali la gravità indiziaria è stata desunta dagli elementi descritti, tali d porre in evidenza una condotta concertata, implicante il possesso e il porto di armi, direttamente coinvolgente i due ricorrenti in quello specifico contesto, che preludeva ad una reazione di tipo potenzialmente omicidiario.
In particolare, la disponibilità dell’arma da parte di NOME COGNOME è stata comprovata anche dalle immagini delle videoriprese, essendo stata ritenuta tutt’altro che illogicamente rilevante l’immagine che ritraeva il predetto nell’atto di controllare un caricatore, accanto ad altri soggetti palesemente armati.
D’altro canto, con riguardo a NOME COGNOME, risulta del tutto generica la censura in ordine all’attendibilità delle immagini provenienti dalle videoriprese, posto che le stesse sono risultate ampiamente idonee a consentire la dettagliata descrizione di quanto accaduto, fino al momento in cui, con la presenza di NOME COGNOME, è partito il gruppo incaricato di dare corso alla sparatoria avente come bersaglio COGNOME e COGNOME.
Di qui la manifesta inidoneità delle deduzioni difensive a vulnerare la ricostruzione operata dal Tribunale.
Relativamente al quinto motivo dei due ricorsi, concernente il tentato omicidio di cui al capo 115, deve rilevarsi nuovamente la genericità e la manifesta infondatezza delle doglianze.
Richiamato quanto rilevato con riguardo al capo 114, si osserva che il Tribunale ha agevolmente ricostruito quanto accaduto: a tal fine è stato dato rilievo in primo luogo all’antefatto, costituito dalla sparatoria che aveva visto come protagonista COGNOME -presentatosi a NOME COGNOME per pretendere il versamento di una quota di partecipazione agli introiti dell’illecita attività di spaccio, fino a
momento erogatagli, secondo quanto riferito da alcuni collaboratori di giustizia-, cui era seguito un summit in casa di NOME COGNOME, cui avevano preso parte COGNOME, COGNOME e COGNOME -vertice del clan beneficiato da introiti rivenienti dall’attività gestita da NOME COGNOME-; in secondo luogo è stato dato conto, sulla base delle videoriprese, della successiva partenza del gruppo armato, comprendente NOME COGNOME incaricato di reagire all’azione di COGNOME; in terzo luogo e decisivamente è stato valorizzato quanto emerso da alcune conversazioni intercettate, in una delle quali COGNOME, nel parlare dell’azione, aveva sostenuto che a sparare c’era NOME COGNOME ma non NOME, denominato «o pop», mentre in un’altra la moglie di COGNOME aveva specificamente fatto riferimento alla responsabilità della squadra di «o pop».
In tale quadro risulta manifestamente infondata la censura incentrata sulla pretesa mancanza di riscontri in ordine alla frase pronunciata da COGNOME, giacché la stessa è stata coerentemente ritenuta decisiva a carico di NOME COGNOME nel quadro delineato dalla ricostruzione delle fasi precedenti, mentre appare generica, oltre che parimenti infondata, la deduzione volta a valorizzare la frase di COGNOME a vantaggio di NOME COGNOME giacché, non illogicamente ed anzi sulla base della stretta concatenazione degli eventi, comprendenti il summit intercorso tra personaggi di vertice, seguito dalla partenza del gruppo armato, il Tribunale ha reputato NOME COGNOME mandante dell’azione potenzialmente omicidiaria, in reazione a quanto poco prima avvenuto.
Con riguardo all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. che forma oggetto del sesto motivo, va rimarcata la genericità dello stesso nella parte in cui reitera la deduzione incentrata sulla pretesa sottoposizione di NOME COGNOME ad estorsione da parte del clan egemone nei Quartieri Spagnoli.
Il Tribunale ha in realtà sottolineato come nel quadro di una convergenza di interessi NOME COGNOME destinasse parte dei proventi al clan camorristico facente capo a COGNOME, COGNOME e COGNOME, sulla base di intese che, come confermato dalla reazione nei confronti di COGNOME, implicavano la protezione dell’operatività del sodalizio nella gestione della piazza di spaccio, la quale, dunque, sottendeva a sua volta una finalità di ausilio al clan condivisa dal vertice della consorteria.
Si tratta di GLYPH ricostruzione idonea a giustificare la configurabilità dell’aggravante, fermo restando che il Tribunale ha escluso la concreta sottoposizione di NOME COGNOME ad estorsione, mentre la deduzione difensiva è generica anche nella parte in cui si avvale di dichiarazioni di collaboratori di giustizia evocate in modo aspecifico, in assenza dell’indicazione o dell’allegazione dei passaggi dichiarativi decisivi.
Il settimo motivo, riguardante i profili cautelari, è generico e manifestamente infondato, oltre che volto a sollecitare alternativi esiti valutativi oltre i limiti dello scrutinio di legittimità, a fronte di quanto rilevato dal Tribu che ha dato rilievo alla presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. primariamente correlata al reato associativo, ma ha anche positivamente rilevato la consistenza e continuità del pericolo, desumibile dal ruolo assunto dai ricorrenti nella commissione dei gravi reati rispetto ai quali è stata ravvisata la gravità indiziaria e dalla nutrita serie di precedenti, anche specifici, dai quali i predet sono gravati, non seguiti da segnali concreti di rivisitazione della propria condotta e di recisione del collegamento con il contesto criminale, elementi che hanno condotto non illogicamente i giudici di merito a reputare inidonea qualsivoglia misura cautelare diversa dalla custodia in carcere.
All’inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell’inammissibilità, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter cod. proc. pen.
Così deciso il 15/11/2023