Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13602 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13602 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MESSINA il 12/08/1963
avverso l’ordinanza del 28/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Proc. gen. NOME COGNOME per l’udienza camerale non panecipata che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e la memoria del 09/03/2025 dell’Avv. NOME COGNOME per COGNOME che ha insistito per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28/11/2024 il Tribunale di Messina, in parziale accoglimento della richiesta di riesame presentato nell’interesse dell’odierno ricorrente NOME COGNOME ha annullato l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Messina del 23 ottobre 2024, eseguita il 5 novembre 2024, limitatamente ai delitti di cui ai capi 41) e 42), con conferma della misura della custodia cautelare in carcere in corso di esecuzione in relazione al delitto di cui al capo 27) della rubrica.
il G.I.P. del Tribunale di Messina aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere in relazione al confermato reato ex art. 74 d.P.R. 309/90 di cui al capo 27) dell’incolpazione provvisoria, ovvero la partecipazione alla struttura associativa stabilmente dedita al narcotraffico organizzata e diretta dal figlio, il coindagato COGNOME NOME, nella quale il ricorrente avrebbe assunto la veste di pusher e di soggetto attivo nel recupero dei crediti vantati nei riguardi dei “clienti”, nonché per le cessioni di cui ai capi 41) e 42), ritenuta per tali ultimi due capi l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. 309/90. Valutata la sussistenza delle esigenze di cautela di cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen. )il Gip aveva poi motivato la necessità di sottoporre l’indagato alla misura della custodia cautelare in carcere richiamando l’operatività della presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. nell’assenza di acquisizioni che permettano di ritenere in concreto insussistente il rischio di recidiva.
Ricorre il Grasso a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
Con il primo motivo di ricorso, assume la difesa violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606 co. 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 74 d.P.R. 309/90, per avere riconosciuto i gravi indizi di colpevolezza della partecipazione del ricorrente al reato associativo di cui al capo 27), pur a fronte del ritenuto difetto di gravit indiziaria per il concorso negli episodi ex art. 73 DPR 309/90 di cui ai capi 41) e 42),
Per il ricorrente, nell’evidenziare che il giudizio di gravità indiziaria risul confermato solo con riferimento al reato associativo, non è allora superfluo osservare che l’impianto accusatorio ritenuto dal Gip, risulta mancante di qualsiasi contestazione riferibile a COGNOME Raffaele circa la commissione di reati fine.
Ne consegue che un primo scompenso motivazionale dell’impugnata ordinanza sarebbe rinvenibne, anzitutto, nella complessiva difformità tra il giudizio di gravità indiziaria espresso dal Gip e quello che il tribunale, in seconda istanza, ha
posto a fondamento della sua decisione, ossia di ritenere COGNOME, comunque, partecipe del ritenuto sodalizio criminoso dedito al narcotraffico di cui al capo 27 della rubrica dell’o.c.c..
Altro elemento da evidenziarsi al fine di dare contezza della fondatezza del presente gravame è secondo il ricorrente che il Collegio gravato per desumere la partecipazione del ricorrente alla ritenuta associazione, delineando un suo specifico ruolo all’interno del gruppo criminale, fa riferimento a fatti non costituenti, i sé, ipotesi di reato. La circostanza – si sottolinea – non è decisiva, ma nemmeno di poco conto.
Il ricorrente dichiara di non voler sottrarsi al confronto con la considerazione che il preteso ruolo di esattore dei crediti dell’associazione, in astratto, potrebbe costituire un compito nevralgico della organizzazione, funzionale alla sua operatività. Nondimeno proprio tale considerazione rappresenterebbe un elemento di straordinaria suggestione al quale, largamente, attinge l’ordinanza impugnata per colmare il suo vuoto argomentativo.
In altri termini, il preteso ruolo partecipativo di COGNOME COGNOME al sodalizio criminoso sarebbe meramente enunciato, senza che dal complessivo compendio investigativo possa desumersi una sua adesione all’associazione, sia nel ruolo ritenuto, sia in qualunque altro. Ed invero muovendo dal primo snodo argomentativo dell’ordinanza impugnata, il tribunale del riesame mette in evidenza la consapevolezza da parte del ricorrente che il figlio NOME, la figlia NOME e la nuora fossero dediti al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Muovendo dalla valutazione fattuale operata dai giudici di merito circa tale consapevolezza, chiaramente insindacabile in questa sede, per il ricorrente può certamente censurarsi la decisone impugnata nella parte in cui da essa ne fa discendere un primo indizio rivelatore dell’adesione di COGNOME NOME all’associazione diretta e coordinata dal figlio NOME.
In questo senso sotto il profilo logico sarebbe rivelatrice, in senso contrario a quello attribuitogli da! Tribunale, l’intercettazione della conversazione tra il ri corrente e il coindagato COGNOME NOMECOGNOME laddove egli manifesta il suo rammarico per l’intervenuto arresto della nuora NOME COGNOME affermando (“quando gliel’ho detto anche io che si dovevano fermare …” – (pag. 5 ordinanza impugnata), così rivelando la sua manifesta estraneità agli affari illeciti dei figli.
Sarebbe evidente ritenere, sotto il profilo logico, che se effettivamente COGNOME NOME avesse avuto una piena consapevolezza della sua adesione ai disegni criminosi dei figli NOME rimprovero avrebbe dovuto rivolgerlo, anzitutto, a sé stesso, risultando quindi che il dato probatorio il tribunale lo ha valutato in senso contrario alla sua oggettiva portata rappresentativa.
D’altra parte )per il ricorrente appare utile evidenziare che è lo stesso tribunale nella parte in cui ha annullato l’ordinanza custodiale in relazione all’ipotizzato concorso del COGNOME COGNOME nei reati dì cessione dello stupefacente rubricati ai capi 41) e 42) ) ad affermare che la sua presenza all’atto della cessione illecita, concretizzatasi sotto i suoi occhi, non consente di ipotizzare la sua partecipazione al reato («Tanto premesso ciò che, ad opinione di questo Collegio non può sostenersi, nemmeno nei termini probabilistici richiesti dal presente contesto, è il fatto che sia stato il Grasso ad operare le dazioni illecite o, comunque, che costui abbia in dette occasioni assicurato un contributo causalmente significativo” ipotizzando che egli si fosse “limitato ad assistere alle transazioni illecite avvenute nelle occasioni in cui era presente all’interno dell’abitazione del figlio e materialmente curate da taluno degli altri, soggetti che con lui lì si trovavano, è ricostruzione che appare dotata di non contestabile forza dimostrativa» pag. 8)
Orbene, la ritenuta non punibile connivenza del ricorrente rispetto a due significativi episodi di spaccio avvenuti all’interno della casa del figlio, adibita se condo l’ipotesi di accusa a supermarket della droga, a maggior ragione dal punto di vista logico e della prudenza valutativa avrebbero dovuto orientare il giudice del gravame cautelare a ritenere priva di rilevanza la ritenuta consapevolezza da parte del Grasso dell’esistenza di una struttura associativa facente capo à1 figlio, risultando erroneo il paradigma indiziario seguito in motivazione per dare dimostrazione della partecipazione del ricorrente alla struttura associativa.
Il tribunale, pertanto, proseguendo nel suo iter motivazionale afferma perentoriamente che «COGNOME NOME non è, però, mero conoscitore delle dinamiche criminali del gruppo criminale … Egli ne è stato diretco protagonista in prima persona per avere assunto, già a seguito dell’arresto del figlio e, ancor di più, in epoca successiva alla carcerazione della nuora e dello COGNOME, il ruolo di esattore dei “crediti” vantati nei riguardi della clientela.
Si lamenta, tuttavia, che, per dare dimostrazione del ruolo organico rivestito dal ricorrente, in realtà, il tribunale enfatizza oltre ogni misura un unico epi sodio nel quale COGNOME COGNOME si sarebbe ingerito nella gestione del recupero di un “credito” di 2.400 euro che il figlio NOME vantava nei confronti dei fratelli COGNOME, titolari di un’officina meccanica.
Si sostiene essere significativo a tal proposito rilevare come i giudici di merito in parte motiva si dilunghino e concentrino un ultroneo sforzo argomentativo per decifrare il contenuto di quelle intercettazioni e giungere alla conclusione che il suddetto credito di 2.400 euro aveva titolo nella cessione di sostanza stupefacente operata a beneficio dei COGNOME e non, come prospettato dallo stesso indagato in sede di interrogatorio di garanzia, nella lecita compravendita di un ricambio da sostituire in una autovettura.
Con riferimento ad altra condotta addebitata al ricorrente il tribunale rinvia per relationem al contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare (pagg. 116 e segg.).
Il ricorrente specifica che la censura rivolta all’ordinanza impugnata non è la valutazione fattuale operata dai giudici di merito sulla ritenuta natura dei crediti, bensì l’apodittica affermazione secondo cui COGNOME sarebbe organicamente inserito nel contesto associativo con il suggestivo ruolo di “esattore” desunta da elementi comunque !abili. Ed invero anche movendo dal preteso coinvolgimento del ricorrente nel recupero di alcuni crediti aventi titolo in pregresse cessioni di sostanza stupefacente, tale fatto certamente non sarebbe idoneo in sé a dare contezza dell’assunzione dello specifico ruolo di esattore in senso all’organizzazione criminale facente capo al figlio e quindi di una sua consapevole partecipazione attiva e organica.
Sul punto il ricorrente richiama il principio giurisprudenziale secondo cui “La condotta di chi si adopera affinché un soggetto riscuota un credito originato dalla cessione di stupefacenti non è sufficiente “ex se” afar ritenere il concorso nella cessione, salvo che tale comportamento sia conseguenza di un previo accordo o, comunque, fornisca in qualche modo un contributo partecipativo alla altrui condotta, tale che, in sua assenza, l’azione illecita non sarebbe stata commessa o lo sarebbe stata con un programma diverso” (Sez. 1, n. 45335/2023).
Orbene, – ,se la condotta in sé ritenuta dai giudici di merito deve considerarsi priva di rilevanza penale, è chiaro che la qualificazione del ricorrente quale esattore dell’associazione esigeva la prova, in termini di gravità indiziaria, che questa funzione COGNOME NOME, l’avesse assolta con caratteri di professionalità, anche grossolana, ossia che ii ruolo organico attribuitogli fosse rivelato da un attività contraddistinta da continuità e rilevanza quantitativa svolta in un apprezzabile arco temporale (la partecipazione dell’imputato al sodalizio criminoso può essere desunta anche dalla commissione di singoli episodi criminosi, purché siffatte condotte, per le loro connotazioni, siano in grado di attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime’ di comune esperienza, un ruolo specifico della persona, funzionale all’associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale, e le stesse siano espressione non occasionale della adesione al sodalizio criminoso e alle sue sorti, con l’immanente coscienza e volontà dell’autore di farne parte e di contribuire al suo illecito sviluppo. (Sez. 6, n. 44102/2008).
Sicché,se ciò vale per ‘ , condotte penalmente illecite )a maggior ragione il suddetto principio deve riferirsi a condotte penalmente irrilevanti.
Il giudizio di gravità. indiziaria ritenuto nei confronti del ricorrente, s punto, secondo la tesi proposta in ricorso deve ritenersi assolutamente mancante.
A tal proposito il primo elemento, a contrario, che i giudici della cautela non potevano trascurare era il legame parentale intercorrente tra COGNOME NOME e i figli NOME NOME e la sua compagna.
L’indagine espletata in un lungo arco temporale, invero, registra la presenza del COGNOME COGNOME solo successivamente all’arresto del figlio NOME e, successivamente, della nuora COGNOME NOMECOGNOME
Sicché potrebbe plausibilmente ritenersi che l’ingerenza del ricorrente nelle vicende dei suoi congiunti sia riconducibile a comprensibili sentimenti di solidarietà familiare, piuttosto che a una sua cointeressenza agli interessi criminali del gruppo e tanto si può agevolmente, desumere dal contenuto delle intercettazioni, laddove il Grasso esorta un debitore a saldare il suo debito atteso che tale denaro è destinato al mantenimento in carcere del figlio.
Altro elemento di valutazione con il quale il Tribunale non si sarebbe confrontato attiene al limitato periodo in cui il COGNOME NOME si sarebbe adoperato per recuperare crediti del figlio, individuabile, secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, tra il mese di febbraio e il mese di maggio del 2022.
Infine, osserva il ricorrente come il giudizio di gravità indiziaria attribuisce alla ritenuta associazione facente riferimento a COGNOME NOME una frenetica attività di spaccio di droga al dettaglio fonte di ingenti guadagni, esemplificativamente desumibile dal dato probatorio oggettivo dato dal quantitativo di cocaina (110 g) e della somma di € 15.775,00 rinvenuti a casa dei COGNOME NOME* il 17.12.2021, in conseguenza del quale era arrestato.
In tale contesto, quindi, viene denunciata la manifesta illogicità della moti-i: vazione laddov (i -Ft- é – fiuta provata la condotta del ricorrente di aver proceduto al recupero di crediti di entità esigua rispetto ai presunti ricavi monetari dell’associazione, ne fa discendere il suo organico inserimento nell’associazione con lo specifico ruolo di esattore.
Il vizio di incongruenza logica della motivazione, invero, sembra per il ricorrente sostenuto dalla ineludibiie considerazione che COGNOME NOME a seguito dell’arresto del figlio si sia “invischiato” nella vicenda per sostenere i suoi congiunti animato da autentico spirito di solidarietà familiare.
In questo senso la modesta entità delle somme che lo stesso ha recuperato o intendeva recuperare sembrano logicamente compatibili con la soddisfazione di esigenze di vita essenziali del figlio e della nuora detenuti, nonché della figlia rimasta libera in un contesto probatorio che proietta la vita dell’associazione cessata o quanto meno prossima alla sua estinzione.
Con un secondo motivo il ricorrente lamenta violazione degli artt. 292, 274 lett. c) e 275 cod. proc. pen. e vizio motivazionale in punto di valutazione delle esigenze cautelari.
Si sostiene che il rinvio operato. dai giudici di merito alla presunzio sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura di massimo gore di cui all’art.275, comma 2, cod. proc. pen. non li esimeva dal dare cont motivazione dell’assenza di elementi contrari, pur in assenza di allegazioni di sive, idonei a superare la suddetta presunzione.
Emergerebbe per tabulas che i giudici della cautela abbiano adoperato un irricevibile schema geometrico che ha visto applicata indistintamente a tuti gl dagati per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 la misura della custodia cere.
Per quanto qui di rilevo è evidente che l’ordinanza impugnata non avrebbe minimamente considerato l’incidenza del ruolo ritenuto a carico dell’indagato n giudizio di pericolosità sociale.
In altri termini il vizio di motivazione si anniderebbe laddove nei provved menti impugnati non risulta operata una equa discriminazione delle singole posi zioni in relazione al giudizio di adeguatezza della misura cautelare prescelta.
Chiede pertanto che questa Corte annulli l’ordinanza impugnata, con tutt le conseguenze di legge.
Le parti hanno reso le conclusioni scritte riportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sopra illustrati appaiono infondati e pertanto il proposto ric va rigettato.
Va rilevato, in primis, che il difensore ricorrente ripropone, tout court, quelli che sono stati i motivi di riesame, contestando genericamente, in re senza confrontarvisi criticamente, le argomentazioni addotte dal tribunale del same a sostegno del rigetto del proposto gravame.
Il provvedimento impugnato appare contrassegnato da motivazione che, secondo il perimetro di cognizione del giudice di legittimità in sede cautelare, tiene l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno dete nato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazi spetto al fine giustificativo del provvedimento (anche con riferimento alla punt analisi delle specifiche doglianze difensive), oltre ad essere corretto in diri
Come ricorda il provvedimento impugnato, il presente procedimento compendia gli esiti di una complessa attività di indagine posta in essere da pe nale appartenente alla Questura di Messina ed attuatasi attraverso lo svolgime
di un’articolata opera di captazione, telefonica ed ambientale, nonché per mezzo di un capillare controllo del territorio di alcuni quartieri della città di Messina, putati il teatro di una frenetica attività di spaccio di sostanze stupefacenti dell quale, secondo la prospettazione di accusa, condivisa dal giudice di prime cure, gli odierni indagati si sono resi protagonisti.
L’attività investigativa prese le mosse da una qualificata informazione confidenziale che aveva ascritto al coindagato COGNOME NOME, inteso “pinocchio”, la gestione di un’importante “piazza” di spaccio all’interno del quartiere di Santa Lucia Sopra Contesse. Sin da subito le acquisizioni hanno permesso non solo di confortare appieno l’ipotesi di accusa e di apprezzare, in particolare, come il predetto COGNOME fosse al vertice di un gruppo criminale sistematicamente dedito all’attività di spaccio (capo 1) della rubrica), ma hanno altresì condotto a ricostruire la consimile opera criminale posta in essere da altre due autonome cellule, una delle quali, quella descritta ai capo 27) della rubrica, capeggiata da COGNOME NOME, soggetto che il 37 dicembre 2021, proprio all’esordio dell’attività di indagine, era stato tratto in arresto perché trovato in possesso, presso la sua abitazione, di circa 110 grammi di sostanza stupefacente di tipo pesante (cocaina), di quanto necessario per procedete alla suddivisione in dosi della stessa, nonché di una rilevante somma di denaro in contanti (15.775,00 curo), costituente, all’evidenza, profitto di una proficua opera di smercio già svolta. Gli approfondimenti investigativi nell’immediatezza operati hanno, quindi, condotto ad apprezzare come il Grasso, nonostante lo stato di detenzione, abbia continuato a gestire l’attività illecita, avendo potuto fare affidamento (recte: continuare a fare affidamento) su una pletora di congiunti e di soggetti agli stessi legati (la sorella NOME, la compagna, NOME, il cognato di quest’ultima NOME, la madre, NOME, il compagno di quest’ultima COGNOME NOME e, da ultimo, il padre ed odierno ricorrente a nome NOME). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ricorda ancora il provvedimento impugnato che alle pagg. 97 e ss. del provvedimento di rigore il giudice di prime cure ha illustrato, con apprezzabile compiutezza, le modalità con le quali il vertice del sodalizio è riuscito a mantenere dal carcere la gestione dell’attività di spaccio (il Grasso si è in breve tempo dotato, grazie al contributo assicuratogli dalla fidata compagna, di un telefono cellulare con il quale, dalla cella, ha continuato indisturbato ad impartire le direttive all’uopo necessarie) cd ha, quindi, delineato i ruoli che ciascuno dei predetti ha assunto per garantire che l’immissione nel mercato della sostanza stupefacente proseguisse con regolarità, soffermandosi ad illustrare e valutare criticamente, alle pagg. 113 e ss. dell’ordinanza, le acquisizioni che involgono la posizione processuale del ricorrente.
Il richiamo è consentito.
L’onere motivazionale imposto al Tribunale per il Riesame non può dirsi assolto solo nella misura in cui si sia dato corso ad un’integrale rivisitazione dei profili fattuali e giuridici già ricostruiti nel corpo del provvedimento di rigore. No è questa la funzione che il giudice del gravame cautelare è chiamato ad assolvere (e ciò specie nei casi come quello in esame, in cui l’ordinanza raccoglie in quasi 130 pagine le motivazioni che hanno persuaso il G.I.P. del Tribunale di Messina a sottoporre a misura custodiale ventiquattro indagati).
Costituisce, invece, ius ormai receptum che il confronto con le censure difensive ben può muovere da un preliminare rinvio per relationem al contenuto dell’atto impugnato. Si ricordi, infatti, che, secondo condiviso orientamento della Suprema Corte, l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen. ed il provvedimento del giudice di prime cure finiscono per costituire, sotto il profilo motivazionale, un corpo unico (cfr., ex plurimis, Sez. 3, n. 8669 del 14/12/2015, dep. 2016, COGNOME, nel quale, cioè, gli argomenti critici posti a fondamento della prima ben possono muovere da una preliminare ricezione della ricostruzione e delle valutazioni nel secondo operate, se delle stesse se ne condivide ed apprezza metodo, completezza e rigore argomentativo).
4. Il primo motivo di ricorso è infondato in quanto propone argomenti generici, meramente ripetitivi dei motivi di riesame e, in ogni caso, non idonei a confutare l’adeguatezza delle ragioni addotte dal giudicante ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze indiziarie, non mettendo in effetti neppure la difesa in discussione come l’odierno ricorrente possa essere intervenuto a riscuotere dei crediti derivanti dal narcotraffico dopo l’arresto del figlio NOME (asseritamente al vertice dell’organizzazione criminosa) e della nuora, ma riconducendo tali interventi a fatti isolati, riferibili “a comprensibi sentimenti di solidarietà famigliare”, con argomenti certamente aspecifici, e comunque contraddetti dalla rilevanza attribuita ad interventi funzionali al mantenimento dell’associazione, caratterizzati dalla stabilità (per la durata da febbraio a maggio 2022), dalla fiducia sottesa con i capi del sodalizio, dalla conoscenza e intraneità da parte di COGNOME nelle dinamiche del gruppo, tutti correttamente soppesati ai fini dell’affectio societatis.
Con motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto il tribunale del riesame evidenzia come, diversamente da quanto adombrato dal difensore, sia acclarato, anzitutto, che il Grasso abbia avuto piena consapevolezza che il figlio, gli altri familiari ed i soggetti a loro contigui fossero dediti, nel pe temporale in esame, ad una frenetica e strutturata attività di spaccio per la quale essi avevano eletto a base logistica l’abitazione del primo di essi.
Nell’ordinanza impugnata si evidenzia che non vi è un solo frammento delle risultanze intercettative agli atti che non conforti appieno il giudizio appena formulato, giudizio che, pertanto, è ben lontano dall’integrare gli estremi di un mero sospetto privo di ogni capacità persuasiva. E a conforto della valutazione appena espressa ed a titolo puramente esemplificativo, viene richiamato il passo della conversazione che COGNOME COGNOME ha intrattenuto 1’11 maggio 2022 con il coindagato COGNOME NOME, quel dialogo che la difesa ha richiamato in sede di riesame per sostenere l’estraneità del ricorrente dalla consorteria criminale qui in esame.
Nella data appena menzionata NOME, compagna di COGNOME NOME, e il cognato NOME erano stati tratti in arresto a seguito di una perquisizione operata all’interno della già menzionata dimora. Nell’occasione, infatti, gli operanti avevano individuato e sequestrato 190 grammi di cocaina, 12 grammi di canapa indiana, 4 bilancini di precisione, taglierini e carta stagnola utile per il confezionamento, 3.530 euro in contanti nonché taluni fogli manoscritti riportanti nomi e cifre riconducibili all’evidenza a quella sorta di contabilità domestica che risultava curata, per come emerge in termini eclatanti dalle intercettazioni acquisite al compendio, proprio dallo COGNOME e dal COGNOME, i due soggetti incaricati di garantire lo smercio a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Orbene, alle ore 14.19, nemmeno due ore dopo che la perquisizione aveva avuto inizio, proprio il COGNOME aveva contattato l’utenza in., uso al ricorrente e gl aveva domandato se avesse già saputo quanto appena accaduto (“l’hai saputo?’).
NOME COGNOME aveva replicato positivamente in quanto era stato telefonicamente informato dalla COGNOME (“si ora mi ha chiamato NOME‘) che, in quel contesto temporale, era stata nuovamente condotta dagli operanti a casa per raccogliere gli indumenti dei quali necessitava prima di essere condotta in carcere (COGNOME: “ora, lei se n andata con i carabinieri a casa a prendere i vestili’).
Senza manifestare alcuna sorpresa o turbamento per l’avvenuto arresto della “nuora” e del giovane, che, come detto, faceva seguito alla consimile “disavventura” della quale il figlio NOME era stato protagonista appena cinque mesi prima, il ricorrente aveva colto l’occasione per formulare una severa reprimenda nei confronti degli appartenenti al gruppo che poco peso avevano dato alle sue parole allorché egli nel recente passato aveva rimarcato l’inadeguatezza dello COGNOME a svolgeltil delicato compito che gli era stato affidato “quando gliel’ho detto anche io che si dovevano fermare… NOME, certi momenti quando parlo loro non mi credono, non era cosa di NOME, non era cosa di NOME‘).
Temendo la furiosa reazione del figlio (“minchia sentilo. .senti a quello ora, perché ha ragione, il COGNOME aveva poi manifestato l’auspicio che lo COGNOME assumesse su di sé la responsabilità della detenzione delle sostanze in modo da
consentire alla NOME di riacquistare la libertà (“se lui è furbo, la deve scagionare… se lui si accolla tutto la lasciano… certo a lei danno gli arresti domicili perché è incensurata’).
Il ricorrente, infine, aveva chiesto all’interlocutore se gli operanti avessero rinvenuto, all’interno della dimora, non solo la droga ma anche i soldi provento dello spaccio (“ma dimmi una cosa, ma gli hanno trovato i soldi dentro?”) e, ricevuta una risposta positiva (Celi: “ma penso di sì, tutte cose dentro avevano’), sì era abbandonato ad una volgare imprecazione.
COGNOME NOME – evidenzia ancora l’ordinanza impugnata – non è, però, mero conoscitore delle dinamiche criminali del gruppo criminale ila cui esistenza e la cui operatività non è stata nemmeno oggetto di contestazione da parte della difesa né, per il vero, secondo i giudici del gravame cautelare, avrebbe potuto esserlo atteso che le emergenze in atti restituiscono un quadro connotato da così patente chiarezza da non poter essere seriamente contrastato/
Egli ne è stato diretto protagonista in prima persona per avete assunto, già a seguito dell’arresto del figlio e, ancor di più, in epoca successiva alla carcerazione della nuora e dello COGNOME, il ruolo di esattore dei “crediti” vantati nei riguard della clientela.
Già ampiamente dimostrativo dell’assunto, secondo la logica motivazioèt)-del provvedimento impugnato, è quanto avvenuto il 2 febbraio 2022, allorché il ricorrente, recatosi insieme alla ex moglie, NOME, ed alla COGNOME presso la struttura carceraria ove il figlio era ristretto per svolgere un colloquio e dopo essere stato da quest’ultimo informato dei crediti vantati nei riguardi di due soggetti, indicati come NOME il meccanico ed il di lui fratello, per un importo pari a 2.400 euro, aveva reso edotto il congiunto di essersi già immediatamente attivato per ottenere il “dovuto”.
Nonostante i tentativi dei colloquianti di rendere criptico il loro dire, per giudici messinesi il senso del dialogo, specie se letto in uno alla conversazione che qualche tempo dopo (per l’esattezza il 12 marzo 2022), il ricorrente e la COGNOME hanno intrattenuto sullo stesso oggetto (il persistente inadempimento di NOME il meccanico), appare oltremodo esplicito.
L’interpretazione offerta al riguardo nell’ordinanza genetica (pagg. 113 e ss.), che ha diffusamente argomentato in merito all’assoluta irragionevolezza dì ogni lettura alternativa rispetto a quella posta a fondamento dell’ipotesi di accusa, appare n toiudici del gravame cautelare fondata su stringente logica e, per l’effetto, pienamente condivisibilE. , .. Essa, nemmeno contestata, peraltro, nel corso della discussione durante l’udienza camerale, viene ritenuta non efficacemente contrastata dalle propalazioni che l’indagato ha reso ne! corso dell’interrogatorio di garanzia. Queste ultime, infatti, vengono considerate, nelle premesse, palesemente
mendaci (il ricorrente ha, infatti, sostenuto che i rapporti con il figlio NOME erano da tempo interrotti, dato, quest’ultimo, smentito per tabulas dalle emergenze in atti) e, in ordine alla vicenda qui in esame, totalmente contrastanti con il tenore delle risultanze intercettative (il ricorrente ha sostenuto di essere stato incaricato dalla nuora di riferire a NOME il meccanico di non consegnare più una non meglio precisata turbina stante l’intervenuto arresto del figlio, mentre nel corso delle conversazioni intercettate egli, al contrario, si era arrogato l’acquisto dell’oggetto).
Analoghe considerazioni possono spendersi secondo il tribunale del riesame per quanto concerne le ulteriori risultanze intercettative che attestano, nella condivisibile valutazione offerta dal giudice della cautela, il persistente spendersi del ricorrente, di concerto con i sodali, anche in epoca successiva all’arresto dello COGNOME e della COGNOME, per garantire che i crediti vantati venissero onorari nel più breve tempo possibile, se del caso ricorrendo al contributo prestato da un terzo soggetto che, mediante contegni minatori, avrebbe più agevolmente vinto le resistenze dei riottosi debitori.
Dette emergenze, compendiate alle pagg. 116 e ss. dell’ordinanza, appaiono particolarmente esplicite e non tollerano, ancora una volta, secondo i giudici messinesi alcuna lettura alternativa che, per il vero, ancora una volta, non è stata nemmeno prospettata.
Logica, appare, pertanto, la conclusione cui pervengono i giudici del gravame cautelare nel senso che ben oltre i termini probabilistici richiesti dal presente contesto cautelare può sostenersi che l’indagato, per un apprezzabile arco temporale, abbia assunto su di sé il compito di esattore delle somme di denaro dovutti da coloro che, dopo aver acquistato sostanza stupefacente dai componenti del gruppo, unica attività illecita cui gli stessi sono risultati dediti con fare compulsivo durante l’arco temporale oggetto della presente indagine, erano rimasti debitori.
Le summenzionate emergenze già valgono, secondo la corretta opzione ermeneutica dei giudici siciliani, a delineare una relazione criminale che è valsa a legare nel tempo il ricorrente al vertice del sodalizio ed ai molteplici soggetti che le risultanze investigative restituiscono come parti del reticolo criminale che quest’ultimo ha diretto, che ha all’evidenza assunto i connotati di un vincolo stabile, con conseguente adesione del Grasso al programma criminoso del gruppo, del quale ha condiviso le scelte operative ed a vantaggio del quale si è speso per assicurare, mediante la propria azione delittuosa, il perseguimento degli obiettivi. Tanto è stato ritenuto logicamente integrare l’in sé di una relazione-qualificata ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90.
A fronte poi deVinfondatezza di doglianze che vorrebbero svilire il valore dimostrativo delle risultanze investigative utilizzate dal giudicante a supporto del ruolo attribuito al ricorrente nella compagine organizzativa, come le intercettazioni
di cui si richiede una differente lettura, si aggiunge l’aspecificità della considerazione per cui COGNOME non sarebbe indiziato di alcuno dei reati-scopo, stante il costante orientamento della giurisprudenza secondo cui l’appartenenza di un soggetto a un sodalizio criminale prescinde dalla commissione di un reato-fine, laddove il ruolo svolto e le modalità dell’azione siano tali da evidenziare la sussistenza del vincolo, come nella fattispecie in cui è emerso come l’organizzazione abbia fatto affidamento sul ricorrente proprio in un momento di sua difficoltà (“In materia di reati associativi, la commissione dei “reati-fine”, di qualunque tipo essa sia, non è necessaria né ai fini della configurabilità dell’associazione né ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione”: Sez. 4 n. 11470 del 09/03/2021, Rv. 280703).
5. Il secondo motivo di ricorso, in punto di esigenze cautelari, è inammissibile in quanto del tutto generico ed aspecifico e privo del benché minimo confronto critico con l’ordinanza impugnata.
Il ricorrente è stato ritenuto gravemente indiziato di essere partecipe di una struttura associativa ex art. 74 d.P.R. 309/90.
Opera, pertanto, nei suoi confronti la duplice presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura carceraria di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Orbene, nel caso in esame, come rileva il provvedimento impugnato, a fronte dell’apprezzamento dell’esistenza. di un organismo criminale i cui membri hanno consumato fatti delittuosi con continuità lungo un apprezzabile arco temporale, peraltro ben lontano dal potersi definire vetusto, e di un contributo pregnante ed infungibile che il ricorrente ha assicurato, non esiste in atti, né è stato prospettato dalla difesa, un solo elemento fattuale che permetta di ritenere superata detta presunzione o di ipotizzare, comunque, che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte attraverso misure meno afflittive – ivi compresa la misura degli arresti domiciliari – tutte connotate dall’attribuire maggiori spazi di libertà movimento e di comunicazione del tutto incompatibili con la non comune vocazione criminale della quale il ricorrente ha dato prova.
6. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Vanno dati gli avvisi di cui all’art. 94 c. 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp.
att. cod. proc. pen. Così deciso il 25/03/2025