Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30564 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30564 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA a FRANCAVILLA FONTANA
avverso l’ordinanza in data 12/01/2024 del TRIBUNALE DI LECCE; visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; sentito l’AVV_NOTAIO, che ha illustrato i motivi d’impugnazione e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME impugna l’ordinanza in data 12/01/2024 del Tribunale di Lecce che -a seguito di annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione con sentenza n. 50685 del 06/10/2023, limitatamente all’ipotesi di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990- ha confermato l’ordinanza in data 17/03/2023 del G.i.p. del Tribunale di Lecce, che aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere anche in relazione a tale ipotesi associativa.
Deduce:
Inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 34, 37 comma 1 lett. a), cod. proc. pen.; illegittimità costituzionale degli artt. 34 e 623, co. 1 lett. a), cod. proc. pen. perché in contrasto con gli artt. 3 e 111 Cost..
Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente sostiene la sussistenza di
ragioni d’incompatibilità nel collegio che ha deciso sul riesame nel giudizio di rinvio.
La sollecitazione veniva respinta sul presupposto della mancanza di una norma che sancisce l’incompatibilità nelle ipotesi descritte dal ricorrente.
Da qui la questione di legittimità costituzionale della norma, nella parte in cui l’incompatibilità a partecipare al giudizio di rinvio del giudice che abbia concorso a pronunciare l’ordinanza di accoglimento ovvero di rigetto della richiesta di riesame, annullata dalla Corte di cassazione.
La questione viene ampiamente illustrata.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 273, 292 co. 2 lett. c e c-bis, cod. proc. pen., art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, in relazione alla ritenuta partecipazione di COGNOME all’associazione dedita agli stupefacenti.
Il secondo motivo muove dal riassunto della motivazione della sentenza di annullamento della Corte di cassazione, evidenziando come la stessa fosse sovrapponibile alla sentenza pronunciata nei confronti di COGNOME NOME, atteso che in entrambi i casi veniva rilevata l’apoditticità della motivazione in relazione al dolo di partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico.
In particolare, al giudice del rinvio è stato rimesso il compito di individuare tale dolo in relazione a condotte realizzate in una realtà territoriale circoscritta e in mancanza di una piena sovrapposizione temporale tra i singoli fatti di traffico e l’operatività del gruppo associativo.
Lamenta, dunque, la violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., in quanto il giudice del rinvio svaluta il dato cronologico di non totale allineamento tra la vita dell’associazione (da marzo 2019 all’attualità) e le condotte specificamente addebitate a COGNOME (da aprile a ottobre 2020).
Aggiunge che il tribunale non ha considerato che i collaboratori di giustizia COGNOME NOME e COGNOME NOME non avevano mai indicato COGNOME quale partecipe dell’associazione, così come non venivano considerate le plurime deduzioni mosse per rappresentare la mancanza di un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori, in ragione dell’occasionalità dei contatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito specificate.
1.1. La prima questione, relativa all’incompatibilità dei giudici del riesame, risulta oramai superata dalla sentenza di questa Corte n. 15624 del 5 aprile 2024, con la quale è stato rigettato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 12/01/2024 della Corte di appello di Lecce, che aveva rigettato l’istanza di ricusazione presentata nei confronti dei giudici che hanno pronunciato l’ordinanza oggi impugnata.
1.2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Con esso la difesa deduce la violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc.
pen..
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Va, dunque, premesso che la sentenza rescindente demandava al giudice del rinvio il compito di rinnovare il vaglio dello specifico profilo del dolo di partecipazione del ricorrente alla contestata associazione dedita al narcotraffico.
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Il tribunale, in realtà, ha evaso il compìto demandatogli dalla Corte di cassazione, evidenziando una serie di elementi fattuali dai quali ha ritenuto che fossero sussistenti i gravi indizi di colpevolezza quanto alla partecipazione di COGNOME NOME all’associazione dedita agli stupefacenti così come contestata.
1.3. A tale riguardo risulta utile ricordare che «la condizione generale per l’emissione di qualsiasi provvedimento cautelare è la sussistenza di gravi indizi che, quantitativamente e qualitativamente valutati nella loro essenza e nella loro coordinazione logica, resistano a interpretazioni alternative e conducano a ritenere in modo altamente probabile, pur senza raggiungere la certezza propria del giudizio di cognizione, che il reato per cui si indaga sia attribuibile all’imputato» (Sez. 1, n. 4117 del 06/07/1995, COGNOME, Rv. 202435; più di recente, in motivazione, Sez. 6, Sentenza n. 37108 del 02/12/2020, Frunza).
Va precisato che l’insussistenza degli indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile dalla Corte di cassazione se si traduce in mancanza assoluta o manifesta illogicità della motivazione che regge il provvedimento applicativo o confermativo della misura cautelare o in violazione di norme di legge. Oggetto di ricorso, infatti, può essere soltanto la violazione da parte del giudice dell’obbligo, impostogli dall’art. 292 cod. proc. pen., di esporre gli indizi che giustificano in concreto la misura adottata e, in sede di impugnazione, le ragioni che si oppongono all’accoglimento delle critiche mosse dall’interessato al provvedimento restrittivo (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178).
Con l’ulteriore specificazione che la valutazione del peso probatorio degli indizi spetta al giudice di merito e nel giudizio di legittimità può essere contestata solo per «mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione» (Sez. 1, n. 3017 del 17/05/1995, Modafferi, Rv. 201732; Sez. 5, n. 780 del 30/07/1991, COGNOME, Rv. 188100; più di recente, non massimata, Sez. 6, Sentenza n. 3331 del 16/12/2021).
1.4. La motivazione del tribunale non si mostra affetta dai vizi denunciabili in sede di legittimità, in quanto i giudici hanno ritenuto la partecipazione di COGNOME NOME all’associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, evidenziando plurimi e convergenti elementi di fatto ritenuti dimostrativi del suo coinvolgimento nell’associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
In tal senso i magistrati del riesame hanno osservato che le forniture di
stupefacenti da parte di COGNOME NOME coincidono con l’inizio dell’operatività del sodalizio e si è protratta fino a ottobre 2020, così registrandosi una quasi totale sovrapposizione tra l’attività dell’associazione e quella dell’indagato; che COGNOME era fornitore stabile -sia pur non esclusivo- dell’associazione facente capo a COGNOME; che le forniture di stupefacente (cocaina e marijuana) erano per importi rilevanti e avvenivano secondo uno schema ripetuto e collaudato, che non necessitava di accordi preventivi; che la vicinanza territoriale tra Francavilla Fontana (luogo di operatività dei fratelli COGNOME) e Sava (ambito di operatività dell’associazione facente capo a COGNOME) era di soli 16 Km e quindi COGNOME era pienamente consapevole di contribuire in maniera stabile a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, capeggiata da COGNOME, in un regime di monopolio; che tale consapevolezza si ricavava da una serie di circostanze, quale la necessità di un previo assenso di COGNOME alle forniture prestate dai fratelli COGNOME, per il tramite di COGNOME NOME.
A conferma di tale ricostruzione, il tribunale ha indicato una conversazione intercettata il 3 giugno 2020, le videoriprese dell’incontro avvenuto tra COGNOME, COGNOME e COGNOME NOME all’interno dell’area cimiteriale di Sava in data 14/10/2020, l’intercettazione della conversazione intercorsa tra COGNOME e COGNOME dopo questo incontro; un ulteriore incontro del 28/10/2020 tra COGNOME e COGNOME NOME, a conferma della stabilità del rapporto e della consapevolezza dei fratelli COGNOME di contribuire scientemente all’associazione RAGIONE_SOCIALE.
Va evidenziato che il tribunale ha sottolineato come i due fratelli COGNOME agissero sinergicamente, per come dimostrato dal loro concorso in numerosi reatifine e in ragione della loro interfungibilità negli incontri con COGNOME presso il cimitero di Sava, oltre che per i contenuti delle intercettazioni, da dove emerge che i “fratelli COGNOME” sono considerati in maniera indistinta e vengono accomunati dagli acquirenti nella loro attività di spaccio.
Il tribunale conclude, dunque, nel senso che il numero delle transazioni intercorse, la periodicità delle forniture, la rilevanza degli approvvigionamenti garantiti dall’odierno ricorrente, il reciproco affidamento tra i fratelli NOME e NOME COGNOME -stabili fornitori dell’associazione- e l’associazione sono segni inequivoci della partecipazione dell’odierno ricorrente al sodalizio.
Tali elementi fattuali certi, esaminati in relazione alla loro valenza indicativa sia singolarmente che con valutazione unitaria e logica, sono stati ritenuti dai Giudici di merito dimostrativi -nei termini già specificati- della consapevole partecipazione di COGNOME NOME all’associazione di che trattasi.
Va rilevato che la valutazione dei Giudici di merito è stata correttamente effettuata e si fonda su argomentazioni congrue e non manifestamente illogiche che si sottraggono, al sindacato di legittimità.
Da ciò l’infondatezza della deduzione difensiva, non potendosi rinvenire la violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen..
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Una copia del presente provvedimento deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma iter, disp. att. cod. proc. pen., in quanto dalla sua pronuncia non consegue la rimessione in libertà del detenuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, Disp. Att. Cod. Proc. Pen..
Così deciso il 14/05/2024